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Autore: gleebrittanastories    04/05/2015    2 recensioni
Argentina-1979
Dal testo: "Avete presente nei film, quando il protagonista va a sbattere contro una donna bellissima che puntualmente ha seimila cose in mano che si spargono nei cinque metri circostanti? E, nel mentre raccolgono il tutto, hanno il tempo di parlare e di innamorarsi e tutto sembra così facile e bello e destinato ad essere facile e bello per sempre? Beh, per me e Santana non è stato neanche lontanamente così. Nella nostra storia d'amore non c'è stato tempo per l'amore anche se è quello che ci ha fatto andare avanti."
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Sorrisi. Ci ripensai e sorrisi di nuovo. Ce l'ho fatta. Ce l'avevo davvero fatta.

Il libro era stato un successone. Davvero, era uscito quella mattina e già alla sera le librerie avevano esaurito le copie. E io che pensavo che certe cose succedessero solo nei film. Beh qualche dubbio mi doveva venire quando avevo conosciuto Santana. Quella che in quel momento era solo un'ombra, illuminata dalla luce proveniente dalla finestrella. Ma lei era molto più di un'ombra, e non solo perché non sentivo più il mio braccio sul quale si era addormentata. Eravamo nella mia stanzetta originale, ogni volta che dormivo lì mi tornava in mente tutto.

Era stato un successo. Ancora non potevo crederci. Il mio editore mi aveva scritto una lettera ed era riuscito a recapitarmela via aereo in tempi record per comunicarmi la notizia. Sorrisi, e non solo per i capelli di Santana che mi stuzzicavano il volto. Ero felice.

Quella sera avevamo festeggiato tutti insieme, Puck aveva tirato fuori delle bottiglie di vino che nel giro di un'ora a forza di brindisi erano rimaste vuote. Avevo bevuto anch'io, ma stranamente non ero già andata. Forse l'adrenalina mi faceva rimanere lucida. Sorrisi, e non solo per l'alcol in corpo. Avevo fatto la mia mossa, tutti conoscevano il mio nome nella mia patria. Non vedevo l'ora di festeggiare con i miei genitori. L'editore Beiste mi aveva comunicato che non potevo rimanere in Argentina per un sequel a causa del mio contratto che il giornale aveva rivendicato, ora che ero famosa.

L'unico ostacolo era la polizia argentina. Fortunatamente fuori di lì non risultano latitante, non esisteva l'universalità delle istituzioni.

Ma io volevo andarmene? Non lo sapevo.

Però dovevo andare a New York per forza, a riscuotere i ricavati dalle vendite e firmare un assegno per l'ospedale. E poi?

Pensai quasi di svegliare San per parlarne con lei, ne avevo bisogno ma poi optai per aspettare l'indomani. La guardai nella penombra e sorrisi, non solo perché con lei facevo il sesso migliore del mondo ma perché l'amavo come non avevo mai amato nessun altro.

 

"Ricordi che mi hai detto di volertene andare da qui?" le chiesi, finalmente si era svegliata. Io non avevo dormito molto quella notte, troppi pensieri.

"Sì, con te" rispose dolcemente.

"Beh, prima possibile io devo andare a New York a pagare la cura per mia madre"

"Non è che quando ti ricongiungerai con la enorme biblioteca ti dimenticherai di me?"

"Impossibile" risposi dandole un bacio sul collo "Ti faccio una proposta"

"Vai" si girò scrutandomi negli occhi.

"Andiamo là, sistemiamo mia madre e salutiamo i miei. Ritiriamo il restante ricavato del libro e partiamo"

"Dimentichi che sei ricercata" e che il giornale avrebbe potuto obbligarmi a restare se non volevo perdere il mio posto.

"Non è che quel tuo amico potrebbe farci un ultimo favore?" le chiesi alludendo al suo amico pilota.

"Non lo so Britt, questa volta sarebbe ancora più rischioso" ragionò.

Non volevo forzarla, non volevo che il suo amico finisse in guai seri per colpa mia.

"Ne devo parlare con Puck"

"Capisco" le risposi comprensiva "Beh hai qualcosa da farmi fare finché siamo in Argentina?"

"Date le circostanze direi stare ben nascosta qui"

"Ma qui qui?" le chiesi alludendo a sotto le coperte.

"Esattamente, e per un bel po'" ribatté sorridendomi.

 

"Chissà dove sono quei due" commentò Quinn, scuotendo la testa rassegnata.

"Chi lo sa è bravo" aggiunsi ridacchiando.

San e Puck erano partiti in missione quella mattina, avevano avvertito Sam che era di turno nella stanzetta d'avvistamento all'ultimo piano, e nessuno li aveva più visti.

Naturalmente io ero preoccupata, e lo era anche Quinn. Forse anche Beth ma non lo dava a vedere.

"Secondo me tu lo sai" dissi alla bambina facendole il solletico sui piedi microscopici "Parla"

Lei in tutta risposta si contorse ridacchiando facendo ridere anche noi. In fondo non eravamo così preoccupate, quei due se l'erano sempre cavata.

"Certo che non ci somiglia a Puck" dissi parlando di Beth. Pelle candida, capelli biondissimi. Forse la bocca era un po' più carnosa come quella dell'argentino. Anche gli occhietti, pur essendo azzurri, avevano una forma diversa da quella di Quinn.

"Santana l'ha già soprannominata Quinn II" risi, la latina aveva già usato quel nome con me riferendosi alla bambina.

"Non potrò mai ringraziarti abbastanza" mi disse dopo un po', mentre sistemava Beth nel letto per il pisolino.

Inarcai le sopracciglia, perplessa. Di cosa doveva ringraziarmi?

"Hai fatto davvero molto Britt, per tutti. E soprattutto per mia sorella"

"Nulla di eccezionale Quinnie" le risposi sincera "E poi non devi ringraziarmi, io la amo"

Quinn vedeva davvero San come sua sorella, si vedeva da come ne parlava. Allo stesso modo di come lo faceva Puck. Santana si era ricreata la famiglia che aveva perso.

"Hai cambiato tutto, in meglio" insistette "E ora con il tuo libro hai aiutato tutti gli argentini, hai dato speranza ai genitori si Buenos Aires che i figli possano crescere in condizioni migliori" quelle parole mi emozionarono.

La abbracciai dolcemente, Quinn era stata fin da subito una certezza. Inoltre non diceva mai nulla che non pensasse veramente quindi a maggior ragione quello che mi aveva detto mi rese davvero felice.

"Quindi rimarrete qui? Crescerete Beth a Buenos Aires?" le chiesi, dopo che ci fummo staccate.

"Sì, ne abbiamo parlato e siamo giunti a questa conclusione" ammirai il loro coraggio.

"Io e San vorremmo girare il mondo" le ammisi, ripensando al discorso che avevo avuto quella mattina con lei.

"Fate bene, avete già dato" in effetti l'Argentina non era stata il massimo dell'ospitalità "Soprattutto San ma anche te, di guerra ne avete vista abbastanza"

Quinn lasciò Beth a Kurt e Blaine che giocavano a scacchi poco distanti da noi e uscimmo sul terrazzo a fumare.

Praticamente appena arrivammo sentimmo delle risa, ci guardammo complici. Avevamo capito subito a chi appartenessero le voci.

"Oh ciao" ci salutò la latina quando arrivò in cima alle scale.

"Eccovi" esclamò invece Quinn.

Puck si avvicinò a lei e, dopo averle cinto la schiena con un braccio, la baciò appassionatamente facendola ridere.

San mi indicò di seguirla e così feci, arrivando in quella specie di radura che si trovava alle spalle dell'ospedale.

"Anch'io voglio un bacio" decretai facendo il broncio e fermandomi.

Lei allora si voltò sorridente, mi prese la mano e mi baciò con lentezza facendomi sciogliere.

"Ti va di andarci a prendere qualcosa da bere?" mi chiese timidamente. Forse perché ciò implicava di avere a che fare con Dani. Annuii convinta.

 

Un déjà-vu. Non era la prima volta che sorvolavo l'Argentina, anche se la bellezza di quel panorama era ogni volta mozzafiato. Ma questa volta non ero su un bimotore scassato, facilmente spostabile da ogni folata. Ero su un signor aereo, stabile e con addirittura un'hostess privata. Mia e di Santana.

Mi godetti davvero quel viaggio, cibo, tranquillità e coccole. E panorama.

Non avevamo dovuto scomodare l'amico argentino, gli Stati Uniti erano venuti a prendermi. Non seppi se era stato Beiste a mobilitarli o meno, ma l'importante era che potevo tornare a casa. E questa volta a missione compiuta.

Riguardai l'Argentina per l'ultima volta, una malinconia mista ad eccitazione per il futuro mi travolse.

"Non siamo molto comunicative credo" esordì la latina al mio fianco.

Mi voltai a guardarla, stava fissando davanti a sé.

"Intendo dire, hai presente le coppiette?" e si voltò con uno sguardo che non riuscii a decifrare "Credo che siano più comunicative" ripeté il concetto.

"Non capisco bene cosa tu voglia dire" le dissi sincera anche se un'idea ce l'avevo.

Addentò una patatina fritta pensierosa e io tornai a guardare fuori da finestrino.

"Non lo so Britt, non siamo sdolcinate per nulla questo intendo"

"Preferiamo i fatti alle parole, sbaglio?"

Sorrise.

"Vorrei sapere sempre come esprimermi come te" e dopo un'esitazione "Amore"

"Non devi per forza chiamarmi amore come fanno gli altri" la rassicurai "Mi basta lo sguardo che mi riservi"

"Deve essere una cosa spontanea" continuai "E poi se non siamo sdolcinate qual è il problema?"

"Per quello nessuno, ci amiamo da impazzire e non dobbiamo per forza ricordarcelo" mi fece l'occhiolino "Però il fatto di non comunicarci quello che proviamo potrebbe creare problemi"

Mi ero un attimo persa al suo occhiolino incredibilmente sexy e dovetti concentrarmi sulle sue parole.

"Allora da ora in poi dobbiamo sforzarci di dirci tutto" in effetti in questo modo avremmo evitato ogni malinteso.

"Ci sto"

La baciai dolcemente chiudendo gli occhi, una cascata di emozioni come la prima volta.

"A cosa pensi amore?" mi chiese quando riaprimmo gli occhi.

"A quando ti ho baciata la prima volta"

"Mi hai fatto morire, sei sparita così e io ero cotta"

"Mi hai chiamata amore o sbaglio?" mi rispose alzando le spalle, mi ci sarei potuta abituare.

"E tu a cosa pensi San?"

"Al fatto che mi sta venendo il diabete per quanto potrei fare un'eccezione, e anche che voglio altre patatine fritte" disse facendomi ridere.

Io non avevo fame così tirai fuori i miei fogli e cominciai a scrivere. Non sapevo ancora cosa fosse ma come era sempre stato non potevo resistere per molto senza la penna in mano.

 

"Brittany sei la mia eroina"

"Non dirlo neanche mamma" mi fece commuovere, ci ritrovammo entrambe a piangere abbracciate. Era sul lettino, l'avevano ripresa in ospedale dopo che avevo pagato l'intera cifra. La sanità americana non aveva agevolazioni, e non le ha tutt'ora. Ti dicono la cifra e se puoi pagarla bene, altrimenti tanti saluti.

Anche mio padre aveva gli occhi lucidi anche se cercava di non darlo a vedere.

"Io e la mamma te li restituiremo tutti"

"Papà non è necessario, davvero"

Non volevo che mi ringraziassero. Dopo quello che loro avevano fatto per me.

"E questo bel braccialetto?" sorrisi guardandolo.

"Me l'ha regalato San, l'ha preso in Argentina poco prima che partissimo"

"Così non ti dimentichi della mia città" aggiunse lei, appena arrivata con una merendina delle macchinette.

Me la porse, era la mia preferita. Mi chiesi come facesse a saperlo, lei che non aveva mai visto delle macchinette. Mi chiesi come facesse a sapere come funzionassero. Sorrisi, nulla la metteva in difficoltà.

"Sarà difficile dimenticarla" ribattei, ci dimenticammo un attimo di non essere da sole.

"Allora partite?" mi chiese papà, glielo avevo accennato.

"Sì, prima però devo passare in redazione a chiedere se hanno degli incarichi urgenti" gli risposi "Al massimo facciamo una sosta qui"

"In effetti non mi hai ancora fatto vedere la tua città come si deve" disse Santana, sottolineando la parola tua. Per fortuna non aveva preso male la possibilità che non saremmo partite subito.

/ Non manca molto alla fine, recensiteee. Fatemi sapere quello che pensate della storia /

  
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