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Autore: _browneyes    04/05/2015    8 recensioni
“Le paure superficiali sono facili, la paura del buio che hai quando sei bambino, solo perché temi che un mostro salti fuori dal tuo armadio, è facile.
Sai quando arriva il difficile?
Quando le tue fobie sono radicate dentro di te, quando la tua mente continua a farti rivivere le cose peggiori che ti sono capitate e ti tormenti, perché temi che possano succederti di nuovo, quelle cose.
E forse tu non lo capisci, ma è dannatamente difficile vivere in un mondo che ti sbatte in faccia le tue paure peggiori in continuazione, senza che tu possa fare nulla per impedirlo.
Vivere in questo mondo è come vivere in un incubo e il problema è che non puoi svegliarti."
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Capitolo Quattro.
 
Sbagliare.
 
 
 
Quando Calum si alza finalmente dal letto, la sveglia segna in rosso che sono le dieci e mezzo. Non che questo sia un problema, non ha niente da fare, comunque.
Sa di essere solo in casa ‘chè sia Euphemia che Nate si sono svegliati e sono usciti per andare al lavoro lei e all’università lui, da almeno due ore e mezzo. Quindi non si preoccupa nemmeno di infilarsi una maglietta o guardarsi allo specchio e si avventura verso la cucina così com’è, a torso nudo e le gambe lunghe coperte da una vecchia tuta, i capelli malamente scompigliati. Tanto non lo vede nessuno.
E, invece, sul divano del salotto, non c’è altri che Amethyst Lee, che avvolta in una felpa blu enorme, probabilmente di Nate, appena sente i suoi passi pigri e strascicati, si volta a guardarlo. E si, lo sguardo su Calum ci resta pure un po’, tanto lui è talmente assonnato da non accorgersene e un’occhiatina a quel fisico scolpito, secondo lei, è più che lecita.
«Che ci fai tu qui?», sbadiglia lui, non appena si accorge della sua presenza.
Lei gli rivolge un piccolo sorriso forzato, un po’ perché ha ancora sonno, un po’ perché per sorridere davvero non ha proprio la forza, «Buongiorno anche a te, Calum». Lui trattiene uno sbadiglio, «’Giorno», biascica per poi raggiungere con passi stanchi la cucina, seguito da lei, ed è così assonnato che manco nota che Amethyst ha gambe snelle nude sotto la felpa. Prende distrattamente una tazza e la riempie di caffè e i biscotti al cioccolato, che ha scoperto essere i preferiti di Euphemia, rischiando perciò la sua più totale ira una volta a casa; tipico per lei, questo comportamento, arrabbiarsi non appena le cose vanno in modo anche leggermente diverso da quello che aveva previsto, fossero anche solo tre biscotti, e Calum se ne sta accorgendo sempre di più.
«Vuoi?», fa cenno ad Amethyst indicando il pacco che tiene in mano, ma lei scuote la testa e va verso il frigo per prendere una mela, che tanto non mangerà comunque. Finalmente si decide a sedersi, di fronte al moro, che adesso appare appena più sveglio, i gomiti poggiati sull’isola di marmo della cucina, le mani che giocano con il picciolo della mela rossa. Sente lo sguardo di Calum su di sé, ma lei tiene il suo basso, non è in vena per una conversazione, non oggi. Ma lui, invece, vuole proprio sapere, «Allora, cosa ci fai qui?», biascica mandando giù un biscotto e continuando a tenere lo sguardo su Amethyst, che alla fine incrocia lo sguardo con il suo, «Pensavo te l’avessero detto, starò qui per un po’». Lui annuisce, buttando giù, l’ultimo sorso di caffè, «Come mai?»; la mora si limita a stringere le labbra, a metà fra l’annoiato e lo stupito per tutte quelle domande inaspettate, «Ho dei problemi a casa e per il momento non mi va di tornarci». Calum annuisce, capendo che non vuole parlarne, ma lui ormai deve sapere; «Amethyst», la richiama e lei si limita ad alzare lo sguardo, «Cos’è successo ieri sera?». Lei stringe le labbra, contrariata, «Cosa te ne importa?». Sa di essere stata aggressiva e antipatica e sa anche che ha sbagliato, non è giusto trattarlo in quel modo, ma non ha alternative. Ieri ha sbagliato a chiedergli quell’abbraccio, ma si è subito ripromessa di allontanarlo ‘chè non può fare entrare un’altra persona nella sua vita, non può affezionarsi a qualcun altro. Non può.
Lui però non si scompone alla sua risposta e alza leggermente le spalle, «Beh mi sei praticamente scoppiata a piangere addosso e volevo solo sapere cos’era successo e se era tutto apposto». Amethyst non si aspettava una risposta del genere, nessuno prima s’è mai interessato così tanto a lei, ma non può cedere per questo, «Scusami, non avrei dovuto lasciarmi andare così, è stato un errore ma non devi preoccuparti per me, quello che mi succede sono fatti miei». Si alza di scatto, lasciando la mela ancora integra sul tavolo, «Oh e se ancora non l’avessi capito, niente è mai tutto apposto». Poi va via, lasciando Calum a guardarla perplesso, senza capire dove abbia sbagliato.
 
Rain sta fissando con occhi vacui il suo panino del McDonald’s, senza dare nemmeno l’impressione di volerci dare un morso. Anche perché sono le undici del mattino e non è proprio l’ora adatta per un panino. Ma quel posto squallido è l’unico che non la faccia pensare ad Isaac, insieme non ci sono mai stati, e così non ha potuto far altro che chiamare Nirvana e, quasi, supplicarla di incontrarla lì. La mora è stata sicuramente più saggia a scegliere il milkshake al cioccolato, anche se ancora non ne ha toccato nemmeno un sorso.
«Rain», la chiama con voce gentile, cercando di usare tutto il tatto che ha. Sa meglio di tutti quanto faccia soffrire il mal d’amore, lei. La bionda alza lo sguardo, «Una pausa, capisci Nirvana? Una cazzo di pausa perché fra noi non funziona più e fin qui ci sta, discutevamo quasi ogni giorno. Ma cazzo, poi lo becco dopo due ore, due ore capisci?, che ci prova con Melanie Gibbs, ti ricordi di Melanie vero?, quello stronzo». Rain esplode e Nirvana nemmeno ci prova a fermarla, meglio che gridi insulti e parolacce, piuttosto che pianga.
«Si capisco, si mi ricordo di Mel, si è stato un vero e proprio stronzo», risponde la castana appena l’altra si calma e si accascia sulla sedia scomoda del locale. Nirvana, a dire il vero, prova quasi pena per lei.
«Cosa dovrei fare? Non voglio essere la stupida che viene mollata e ci sta male, non voglio dargli questa impressione», mormora la bionda, bevendo finalmente un sorso della sua Coca Cola Zero, ma lasciando comunque sempre da parte il panino. Nirvana una mezza idea l’avrebbe pure, ma non sa se a Rain piacerebbe, non è proprio il suo genere, ma tentar non nuoce, «Secondo me dovresti farlo ingelosire, fargli vedere che nemmeno per te è difficile rimpiazzarlo, magari con qualcuno che sa tutto, così non ci sta male nessuno», la bionda la guarda, leggermente spaesata; «Tutti vogliono qualcosa solo quando quella cosa non è più loro», mormora la castana, con l’amarezza nella voce.
«Ti stai riferendo ad Hayden?», chiede Rain, con un filo d’incertezza nella voce ‘chè sa che per Nirvana quello è un argomento difficile, tanto che non ha mai raccontato nemmeno a lei cosa sia davvero successo fra loro a Los Angeles. Infatti, l’occhiataccia dell’altra non tarda ad arrivare, «Sai che non mi piace parlare di Hayden e, comunque, adesso stiamo parlando di te e del tuo problema». La bionda rimane qualche attimo in silenzio, chiedendosi se insistere o meno ‘chè, accidenti, lei muore dalla voglia di sapere di Hayden e di cosa sia successo a Nirvana, del perché lei non si faccia più toccare, ma quella che una volta era la sua migliore amica, oggi è solo un impenetrabile mistero.
«Okay, quindi dovrei farlo ingelosire con qualcuno che è a conoscenza di tutto, quindi di un amico, no?», cambia argomento, ripromettendosi di tornare ad indagare su Hayden, prima o poi.
Nirvana si limita ad annuire, fissando lo sguardo su un punto del locale mentre Rain si immerge nei suoi pensieri, finche la castana non parla di nuovo, «Con lui». Le indica con lo sguardo uno dei due ragazzi che stanno pagando i loro due panini giganti, impensabile mangiarli a quell’ora, e alza un braccio per farsi vedere, «Hey». Entrambi si voltano a fissarla e se il primo non fa i salti nel vederla, lo sguardo improvvisamente brillante ed il sorriso spontaneo del secondo, compensano.
«Ashton? Ma sei impazzita?», sbotta Rain osservando l’amico che si avvicina al loro tavolo, seguito da Luke Hemmings, che ancora non ha staccato lo sguardo da Nirvana. L’altra alza le spalle, «Siete amici da tanto, non vedo che problema ci sia».
 
Euphemia chiude l’ennesima e, fortunatamente, ultima chiamata della giornata, prima di lasciare un appunto sulla scrivania di Esther, che fa il turno di pomeriggio, e prendere la borsa di tutta fretta. Oggi è l’ultimo giorno in cui troverà il signor Clifford a scrutarla severo da dietro la porta a vetri, da domani dovrebbe arrivare Michael, il figlio a cui Euphemia, nelle ultime ore, si è trovata a pensare più di quanto le piacerebbe ammettere. È che l’ha proprio colta di sorpresa, non se lo aspettava proprio un tipo così. Ma, infondo, chi avrebbe potuto aspettarselo, conoscendo il padre?
«Toc toc», e, lupus in fabula, eccolo lì, il protagonista dei suoi pensieri che bussa alla sua porta con un mezzo sorriso stampato in volto, cogliendola un’altra volta di sorpresa. Lei gli rivolge un sorriso e poggia di nuovo la borsa sulla sedia, abituata al padre, «Ciao, hai bisogno di qualcosa?». Michael esibisce una mezza risata scuotendo lievemente la testa, «Ma no, non sono mio padre, ero qui e ho pensato di passare a farti un saluto, spero che non ti dispiaccia»; Euphemia allarga leggermente il sorriso, illuminando gli occhi azzurri, quasi lusingata da quel pensiero tanto carino, «Perché dovrebbe dispiacermi? Anzi, mi fa piacere» e, a quella risposta, Michael non può che sorridere come un ebete. Non tanto per la risposta in sé, che per il fatto di avere la sensazione che per qualcuno, finalmente, lui non sia una delusione o qualcuno da valutare, un possibile intralcio; lui è solamente Michael.
«Menomale, allora», le risponde con il sorriso sulle labbra rosee, cominciando a percorrere il corridoio, con gli sguardi di tutti che si voltano a guardarli. E come biasimarli, per anni Michael non s’è fatto vedere lì, ha sempre lavorato nell’altra sede, dove non c’è il padre, e ora viene addirittura due giorni di fila; certo, non sanno che, volente o nolente, lui lì a partire da domani ci passerà le sue giornate. «Nervoso?», Euphemia lo distoglie dai suoi pensieri e lui scuote leggermente la testa, tornando bruscamente alla realtà; «Come?». Lei alza lievemente le spalle, «Sei nervoso?», ripete, alzando leggermente lo sguardo verso gli occhi del ragazzo, di cui in realtà non ha nemmeno capito davvero il colore.
Lui stringe appena le labbra, «E’ così tanto evidente?». Euphemia gli sorride, con la vaga intenzione di apparirgli incoraggiante, «E’ per domani, vero?». Michael sospira, per poi annuire ‘chè tanto mentire non avrebbe alcun senso, «Non hai idea, mio padre mi mette addosso così tanta pressione. Non voglio deluderlo».
La ragazza, a quelle parole, non può fare altro se non allargare ancora di più il sorriso, quasi intenerita da lui, «Andrà bene, stai tranquillo». Lui alza lievemente le spalle in risposta, cercando di mostrare non troppo disaccordo, «Se lo dici tu». Arrivano all’ingresso del palazzo e Michael, nonostante il disappunto, non può accompagnarla, deve tornare su da suo padre, che dice di dovergli spiegare chissà cosa. Ma prima che lui possa anche solo aprire bocca, è lei a prendere parola, «Dovresti distrarti un po’, tutta questa tensione non ti fa bene. Domani c’è una serata ad un bar dove lavora una mia amica, perché non vieni?»; Michael sa che non dovrebbe concedersi distrazioni, ma uno strappo alla regola, non ha mai ucciso nessuno, «Ci sarò».
 
«Nirvana!», è sempre la voce di Luke Hemmings a chiamarla e lei quasi non riesce capire come faccia a trovarsi esattamente in ogni luogo dove lei va, da quando è tornata. Si sente un po’ come se fossero due calamite di poli diversi che, nonostante la loro volontà, non possono fare a meno di attrarsi e ritrovarsi. Non che le dispiaccia, in realtà, questo improvviso avvicinamento. In realtà, per lui ha sempre nutrito una certa curiosità, sin dai tempi della scuola ma, per un motivo o l’altro, con lui non è mai riuscita ad andare oltre una sigaretta condivisa, finora. Però, anche a distanza di anni, la curiosità le è rimasta.
«Ciao Luke», rallenta il passo, facendo si che lui riesca a raggiungerla in un apio di grandi falcate, e gli sorride. E Luke, a quel sorriso, non può fare altro che rispondere con uno più grandi e i soliti occhi improvvisamente brillanti ‘chè, al diavolo tutti gli anni che sono passati, al diavolo Colleen, per lui resistere al fascino indiscutibile di Nirvana Harris resta sempre impossibile.
«Vai a casa?», lei annuisce, senza stupirsi o incuriosirsi per la domanda del biondo, ha smesso di farlo per le cose, è inutile. Continua a camminare in silenzio, le mani affondate nelle tasche degli skinny jeans blu, che le mettono in risalto le gambe tornite, che a Luke son sempre piaciute un po’ troppo; una delle cose che ha sempre adorato di Nirvana è il fatto che non abbia un fisico da modella, ma giusto e proporzionato, con tutte le curve al posto giusto, sexy.
«Ti accompagno», e glielo dice con un tono così sicuro che lei nemmeno ribatte, non ammette repliche.
Nirvana inarca leggermente le sopracciglia, «Ti viene almeno di strada?» e, stavolta, ad alzare le spalle, è lui. A stento, poi, riesce a concentrarsi ‘chè manco ci crede che accanto a lui ci sia proprio lei e che, per la prima volta, sembra avere una minima chance di avvicinarsi.
«Posso farti una domanda, Nirvana? Non devi rispondere per forza», ormai sono arrivati al portone e Luke, che voglia di lasciarla andare non ne ha proprio, si siede sul gradino davanti alla porta, facendole cenno di sedersi. Lei lo asseconda, stando ben attenta a non toccarlo, «Chiedi pure».
Oggi i suoi occhi tendono ad un grigio-verde che Luke, a dire il vero, ha sempre adorato nel suo sguardo, ma non può sbagliare adesso.
«So che non siamo mai stati amici, io e te, solo che mi sarebbe sempre piaciuto conoscerti meglio e ora che sei tornata, magari può essere l’occasione giusta. Quindi mi chiedevo se, per caso, ti andrebbe di uscire, una di queste sere?».
Il suo subconscio le urla di no, che non deve assolutamente, che sarebbe uno sbaglio enorme, ma lei non riesce a tenergli testa. Sarà quel sorriso, o forse quegli occhi tremendamente azzurri che la guardano in un modo diversa a quello a cui era abituata, e allora lei non può che sbagliare, tanto non è la prima volta per lei, «Mi piacerebbe molto».
 
 

Writer’s wall.
Solo io posso essere in grado di prendermi l’influenza a meno di una settimana dal concerto dei 5sos, la solita sfiga. Quindi se questo capitolo è orribile e delirante, è solo perché l’ho scritto imbottendomi di tachipirine e vitamine, ma alla fine ecco fatto.
Abbiamo un dialogo fra Amethyst e Calum, in cui lui cerca di capirla, ma lei si rivela sempre più sfuggente e arrabbiata; cerca di allontanarlo, ma il nostro moro non demorde.
Poi ci sono Nirvana e Rain, di cui si inizia a scoprire di più, ed ecco che torna Isaac, Rain seguirà il consiglio di Nirvana?
Euphemia e Michael, ci sono poco, ma tra poco saranno moolto più presenti, lei a quanto pare l’ha invitato fuori e lui ha accettato.
E, parlando di inviti, anche Luke ha invitato Nirvana, che alla fine ha accettato (tra pochissimo si inizierà a scoprire qualcosa in più su di lei).
Grazie di aver letto fin qui,
un bacio
-Mars
  
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