3)Se stai troppo vicina a
fuoco alla fine ti bruci.
I lunedì fanno sempre
schifo e sono persino peggiori se
sai che presto arriverà qualcuno a farti una predica. Mentre
Cheryl copia
fedelmente i miei compiti di mate, una ragazza dai lunghi capelli
biondi,
inguainata in un abito rosa fin troppo stretto avanza verso di noi con
la sua
falcata da modella: Madison.
“Ciao, ragazze. Passato un buon week-end?”
Cheryl annuisce, Jess invece grugnisce, io non rispondo.
“Tu cosa hai fatto Jen?”
“Mah, niente. I compiti, ho aiutato mia madre a cucinare, la
solita routine.”
“Ti sei persa una svendita in uno dei grandi magazzini del
centro, c’erano un
sacco di cose carinissime.”
“Non ho molti soldi in questo periodo, forse dovrei mettermi
a lavorare.”
“Lavorare?”
Lei sbarra gli occhi.
“No, tesoro. Le cheerleader non lavorano, fatti aumentare
la paghetta dai tuoi.”
Io sospiro.
“Ci proverò.”
Penso che non me la aumenteranno, perché non siamo
ricchissimi e io non ho
voglia di sprecare troppi soldi in vestiti che andranno di moda
quest’anno e
poi saranno out il prossimo. Devo fare come Coco Chanel, crearmi un mio
stile
intramontabile, ma con la macchina da cucire sono un disastro.
“A cosa stavi pensando?”
Mi chiede petulante Maddie.
“A nulla.”
“Nemmeno a Chris? È molto dispiaciuto di come sia
finito il vostro
appuntamento.”
“Lo sai che ho un orario di rientro.”
“Sei troppo remissiva e poi comunque potevate pomiciare un
pochino prima di
andarvene.”
“Lo conosco a malapena.”
“E allora? È figo!”
Decido di lasciar perdere ed entrare, DeLonge fa i suoi
soliti apprezzamenti da coglione, ma oggi non ho voglia né
di ascoltarlo né
tantomeno di rispondergli.
Sono già stanca e la prima ora non è nemmeno
iniziata,
quanto vorrei qualcuno che mi capisse!
Prendo i libri necessari ed entro nella classe di
spagnolo, pronta per il compito in classe, Cheryl si siede accanto a me.
“Ti sei divertita alla festa?”
“Ti ho chiesto Madison di chiedermelo?”
“No, volevo solo saperlo. Perché sei
così paranoica,
Jen?”
“Perché questa forma di controllo che esercita mi
dà
fastidio e soprattutto mi dà fastidio che non accetti le mie
decisioni e le mie
idee.”
Il nostro dialogo viene interrotto dall’arrivo del prof
che distribuisce i compiti, io inizio a scrivere in silenzio,
chiedendomi se
davvero posso parlare con Cheryl o è meglio che mi chiuda la
bocca perché lei
lo riferirebbe a Madison.
Finito il compito vado a fare due ore di arte, evitando
Cheryl, magari le parlerò dopo.
Oggi tocca a me disegnare Tom e lo vedo piuttosto gasato.
“Oggi per due ore sarai obbligata a guardarmi.”
“Che culo, oh!”
“Fortuna o no, oggi non puoi scappare Jen.”
“Stai zitto e non muoverti.”
Gli intimo fredda, poi inizio a disegnarlo con mio sommo dispiacere.
È un
pessimo modello, ogni tre secondi deve grattarsi quello o questo, tanto
che a
un certo punto – piuttosto spazientita – appoggio
la matita al cavalletto.
“Sentimi bene, DeLonge, se vuoi che ti disegni devi stare
fermo. FERMO.
Così non va bene, continui a muoverti e se continuerai a
farlo mi rifiuterò semplicemente di disegnare!”
Dopo la mia predica cerca di stare più fermo e in due ore
ho abbozzato un disegno almeno decente. Alla fine dell’ora il
prof passa da noi
per controllare.
“Buono anche il tuo risultato, Jenkins.”
“Non si può dire lo stesso delle
capacità di modello di Tom, si è mosso un
sacco.”
“Lo so che Tom è iperattivo, ma te la sei cavata
bene.”
Esco dall’aula e mi godo il breve intervallo, nascondendomi
nel mio luogo
segreto per fumare una sigaretta in pace. Se Madison sapesse che fumo
mi
farebbe un predica che finirebbe l’anno prossimo,
perché le cheerleader devono
avere uno stile di vita salutare ed essere un modello e bla bla bla.
Fa niente che poi si facciano tutti i ragazzi cosiddetti
fighi, esponendosi a malattie sessuali e gravidanze indesiderate, la
sigaretta
è un oggetto vietato e da biasimare.
“Ipocrisia. Non c’è
nient’altro che ipocrisia attorno a
me.”
Borbotto a bassa voce.
Rientro in classe per fare le ultime due ore di
letteratura e poi vado a mensa, Madison non fa altro che fare battutine sulle santarelline, tanto
che a un
certo punto cambio tavolo.
È un tavolo deserto, ma poco dopo Cheryl mi raggiunge.
“Sei qui per conto di Madison?”
“No, sono qui perché ti vedo strana.”
“La festa
di
sabato è stata uno schifo, lui si è ubriacato, mi
ha baciata senza un minimo di
romanticismo, mi ha palpeggiata e alla fine sono stata costretta a
guidare la
sua macchina fino a casa mia. Lui sembrava e deluso dal mio
comportamento,
forse si aspettava una scopata, ma io non scopo con gli sconosciuti
ubriachi,
anche se sono solo fighi.
Madison non è d’accordo su questo, ma io voglio un
po’ di
romanticismo, vorrei qualcuno che tenga un po’ a me come
persona e non solo
come cheerleader.
Non sono come voi e non sono come quelli che bullate, non
so cosa sono e mi sento imprigionata in una rete.”
“Madison ti sta organizzando un altro appuntamento con
Chris.”
Io sospiro finendo la mia insalata.
“Ci andrò. Così almeno
finirà questa pagliacciata.”
“Potresti perdere il posto in squadra.”
Io non dico nulla, penso a Dan e mi dico che vorrei
assomigliargli almeno un po’, il necessario per non essere
così perennemente
indecisa e spaventata.
Ormai non c’è più nulla sul mio
vassoio, quindi mi alzo
seguita da Cheryl e butto via gli avanzi, pensando che – come
i perdenti – la
mia vita faccia schifo.
Esco dalla mensa e trovo Chris che mi aspetta, un sorriso
dispiaciuto sui suoi lineamenti da bambino, un ciuffo di capelli biondi
che gli
ricade sugli occhi.
“Ehi, Jen. Come va?”
“Bene, tu?”
“Uhm, bene. Mi dispiace per sabato, ti ho fatto
trascorrere una serata non proprio carina, posso avere la
possibilità di
rimediare?”
-“È
solo un gorilla che si vanta di quante tizie scopa,
vuoi davvero finire sulla sua lista?”-
“Uhm, perché no?”
“Sono felice di sentirtelo dire. Cosa ne dici di
venerdì?”
“Va bene.”
“Vengo a prenderti alle sette, ti porto fuori a cena. A
venerdì.”
Lui si allontana e io rimango a guardarlo, domandomi se ho fatto la
cosa
giusta.
“Ti ha invitata fuori di nuovo?”
Mi chiede Cheryl, io annuisco lievemente.
“Tu cosa gli hai detto?”
“Sì, ovvio no?
Non potevo certo dirgli di no.”
“Non sembri felice.”
“No, non lo sono. Non so se ho fatto la cosa giusta, la me
stessa di qualche
giorno avrebbe fatti i salti di gioia, ma vedere come è il
vero Chris a quella
festa mi ha aperto gli occhi.”
“Il principe azzurro non esiste.”
“Non ho bisogno di un principe azzurro, solo di un ragazzo
che mi rispetti e
che mi ami.”
Lei mi regala un sorriso triste.
“Hai ragione, da un po’ di tempo non fai
più parte di
noi. Qualcosa si è svegliato in te, Maddie ti
butterà presto fuori dalla
squadra.”
“Se me l’avessero detto qualche tempo fa mi sarei
disperata, adesso non lo so, vedrò.”
Vado a seguire le lezioni del pomeriggio e quando
finiscono vado in palestra a cambiarmi in vista
dell’allenamento.
Prima che inizi vengo avvicinata da Madison.
“Ho saputo che Chris ti ha invitato fuori un’altra
volta,
vedi di dargli quello che ti chiede questa volta.”
Io non le rispondo e penso alle parole di mia madre, il
liceo non dura per sempre, nessuno mi obbliga a sottostare alla sua
dittatura.
Nessuno.
Devo solo trovare il coraggio di alzare la testa e
ribellarmi, ma sono ancora troppo spaventata e poi voglio vedere cosa
farà
Chris per il nostro appuntamento.
Chissà perché mi ha chiesto di uscire
un’altra volta?
Sabato mi sembrava scazzato da morire, perché non si
cerca una ragazza più carina e più disponibile?
Forse perché per lui rappresento una sfida, una ragazza
difficile da portarsi a letto e per cui bisogna impegnarsi. Non vedo
altra
spiegazione, quel gorilla è troppo impegnato a farsi
qualsiasi cosa che respiri
per pensare a una relazione seria.
Come ho fatto a pensare che potesse innamorarsi di me?
Dovevo avere due salami interi sugli occhi, come si dice?
Non c’è peggior schiavo di quello che non sa di
essere
schiavo.
Ah, la saggezza popolare ogni tanto ci azzecca.
L’allenamento a cui ci sottopone Hitler oggi è
massacrante, quando finalmente ci permette di andare a casa mi fanno
male tutte
le ossa e non vedo l’ora di farmi una doccia nel mio piccolo
bagno privato che
ho in camera.
Arrivo a casa, parcheggio, saluto la mia famiglia e mollo
la roba di scuola in camera, poi finalmente mi faccio una doccia.
Il calore e lo scorrere dell’acqua mi sciolgono un
po’i
muscoli e alleviano il dolore, uscita mi sento meglio o quantomeno
pronta per
affrontare i compiti, che – per fortuna – non sono
molti.
Sul cell c’è un messaggio di Maddie che ignoro,
immagino
mi darà dei consigli per “accontentare”
Chris, peccato che non sia quello che
voglia io.
Io ho altri
progetti.
Venerdì arriva con una
lentezza esasperante e io sono
stretta tra l’incudine e il martello, da una parte
c’è Madison che mi pressa
perché ci stia con Chris, dall’altra
c’è Tom che continua a provarci con me.
Basta!
Vorrei trascorrere una settimana da fantasma per
disintossicarmi da tutta questa attenzione non voluta. Mi sento come un
burattino con due burattinai che tirano uno da una parte, uno
dall’altra.
In ogni caso è finalmente arrivato l’ultimo
allenamento
della settimana e io posso tirare un sospiro di sollievo, scappo via
non appena
Maddie dà il segnale. Immagino che lei voglia parlarmi, ma
io non voglio
ascoltarla, ne ho le scatole piene. Adesso capisco alla perfezione
perché la
chiamino troia e – pur essendo una mia quasi amica
– devo ammettere che hanno
ragione.
Non fa altro che parlare di ragazzi e di quello che ci ha
fatto, io ogni volta mi trattengo dal dirle che – se non si
dà una calmata –
presto si ritroverà incinta o con l’aids.
Arrivata a casa mia, invece di entrare, decido di fare
una passeggiata nel parco che c’è lì
vicino. Ho bisogno di pace e silenzio.
Tanto silenzio.
Salgo su un’altalena lasciata libera dai bambini e inizio
a spingermi, cercando di non pensare a nulla, a concentrarmi su quello
che
vedo. L’azzurro limpido di un cielo autunnale, attraversato
solo a tratti da
nuvole dorate e da qualche uccellino, sui colori delle foglie, sul
verde acceso
del prato.
Lentamente sento la mia mente svuotarsi e riempirsi di
tutta la meraviglia che provoca la scoperta delle piccole cose.
Ora sì che mi sento meglio!
Con un salto agile e aggraziato scendo dall’altalena e
vado a casa mia, dentro c’è un buon odorino: mamma
sta cucinando e io non
mangerò nulla delle sue pietanze.
Salgo al piano di sopra e mi faccio subito una doccia,
radendomi più per la forza dell’abitudine che per
la voglia di fare qualcosa
dopo la cena con Chris.
Mi metto un tubino nero molto accollato, mi trucco
leggermente e metto qualche gioiello, poi scendo al piano di sotto e
guardo un
po’ di tv mentre la mia famiglia mangia.
Alle sette precise suona il campanello, io mi metto un
paio di scarpe a tacco alto e la mia giacca e li saluto ricevendo
borbottii
indistinti.
Chris mi sta aspettando appoggiato negligentemente alla
macchina, con il suo solito ciuffo e vestito elegantemente.
“Buonasera, Jennifer. Stai benissimo vestita
così.”
“Anche tu.”
Mi apre di nuovo la portiera e poi sale al posto del
guidatore e partiamo.
“Dove mi porti di bello?”
“In un posto che spero ti piaccia.”
Mi risponde lui con un sorriso disarmante.
“Oh, sono sicura che sarà un bel posto.”
Rispondo io con un sorriso falsissimo.
No, non c’è attesa, non c’è
elettricità o desiderio di
stare con lui; solo voglia di finirla alla svelta.
Si ferma in una pizzeria molto carina sul mare, dove ci
riservato un tavolo che dà sulla baia: maledettamante
romantico. Si vedono le luci
della città e delle navi.
“Ti piace?”
“Molto.”
Lui mi sorride
“Fanno un’ottima pizza.”
“Non vedo l’ora di assaggiarla.”
Una cameriera ci porta due menù e regala un sorrisone a
Chris, lui ricambia, ma
la cosa non mi turba. È come se non ci fossi io a questo
appuntamento, ma
qualcun altro.
Inizio a consultare il menù tanto per fare qualcosa, so
già che prenderò una margherita, la
più leggera, adatta a una cheerleader.
Una decina di minuti dopo la cameriera è di ritorno e fa
di nuovo gli occhi dolci a Chris, che li ricambia apertamente. E per
fortuna
eravamo partiti con il piede sbagliato alla festa di Ed!
Visto il silenzio che si è creato tra di noi inizia a
parlare degli allenamenti, della squadra e delle loro
possibilità di successo.
Io lo ascolto fingendomi interessata, almeno non devo parlare
perché altrimenti
finirei per chiedergli se una volta si è mai sentito preso
in giro da questa
gerarchia sociale del liceo.
Lui non capirebbe, lui sa di essere al vertice e ci sta
bene, senza farsi troppe domande. Fa quello che gli piace, ha le
ragazze che
vuole e quando andrà al college continuerà a
giocare più che a prestare
attenzione alle lezioni nella speranza di essere notato e diventare
famoso e
pagato.
Non ha tempo e forse nemmeno la struttura mentale per
pensare che tutto questo è solo una gabbia.
Arrivano le pizze e lui si getta sulla sua dopo avermi
augurato “buon appetito”, devo ammettere che ha
scelto una buona pizzeria: il
cibo è davvero buono.
Io mi gusto la mia con lentezza, ovviamente non ordino il
dolce e non rubo un po’ del suo. Una cheerleader non ordina
mai dolci.
“È stata una bella cena, non è
vero?”
“Sì, molto bella.”
No, una rottura di palle su di te, la tua squadra e il
tuo cazzo di futuro di cui io non farò parte, grazie a Dio.
“Che facciamo adesso?”
Gli chiedo.
“Mh, una passeggiata.”
Ci alziamo e lui paga per me, la cosa mi infastidisce un po’
perché so che
nella sua ottica, ora gli devo qualcosa.
Usciamo nel locale e ci incamminiamo lungo la marina, io
presto più attenzione al cielo in cui sono sorte le prime
stelle e la luna, al
mare che si infrange in onde calme lungo la spiaggia e alle bancarelle.
Lui non prova a prendermi per mano, ma ha un ghigno che
non mi piace: uno di quelli di uno che pensa di essersi meritato
qualcosa. La
mia verginità, in questo caso, ma io non cederò.
Io non voglio che la mia prima volta sia con lui, Dan ha
ragione: è solo un gorilla, niente di più e io
voglio qualcosa di diverso per
me. Adesso ne ho la certezza.
Mi infilo in parecchi negozi e compro qualcosa tanto per
tirare l’orario a cui deve portarmi a casa, per un
po’ me lo lascia fare e
penso di essere al sicuro. La mia sicurezza
inizia a vacillare quando mi trascina in un vicolo buio
tra la spiaggia
e il lungomare.
Faccio per protestare, ma lui mi ficca prepotentemente la
lingua in bocca, io mi dimeno un po’, lui prende i miei polsi
e li stringe
portandoli sopra la mia testa.
“Ti ho pagato il ristorante e le stronzate che hai
comprato, puttana. Una scopata me la devi.”
Io cerco di dimenarmi ancora di più e lui mi tira un
violento ceffone e mi
rificca la lingua in bocca per evitare che io urli, intanto con una
mano mi
strizza un seno.
Inizio lentamente a piangere.
“Sì, piangi. Amo le puttane che piangono mentre le
fotto!”
Con poca gentilezza mi strizza ancora le tette e prova a
baciarle, ma io urlo e lui è costretto a darmi
un’altra sberla. Vorrebbe
togliermi le mutande, ma non ci riesce così si toglie la
cintura, i pantaloni e
i boxer prima. Tenta di nuovo di baciarmi le tette, ma io urlo.
La prima cinghiata mi arriva dritta in pancia,
istintivamente mi volto e il resto dei colpi lo ricevo sulla schiena,
non si
ferma fino a che non sento un liquido caldo sulle pelle.
Sangue.
Con un’ultima manovra mi strappa le mutandine e sta per
violentarmi del tutto quando qualcuno me lo toglie di dosso.
Istintivamente mi
abbasso il vestito e cerco di coprirmi i seni.
Sento dei rumori di lotta e poi vedo il volto del mio
salvatore:Tom.
Senza dirmi niente mi dà la sua felpa e mi prende in
braccio, io gli sussurro le indicazione per dove ho lasciato la
macchina come
un trance.
Trovata, mi mette sul sedile passeggeri e si mette alla
guida. Mi porta a casa e non mi viene nemmeno in mente di chiedergli
come sappia il
mio indirizzo.
Arriviamo a casa mia e lui mi prende di nuovo in braccio
e suona il campanello, apre mia madre e urla non appena mi vede.
Mio padre e mio fratello accorrono.
“Chi è stato?”
Chiede duro il primo, in quanto a Dan corre fuori, prende una mazza da
baseball
dal garage e poi la mia macchina. I miei sono talmente scioccati che
non
tentano nemmeno di fermarlo, lo guardano e basta
“Chi è stato?”
Chiede di nuovo mio padre.
“Chris McBridge. Tom mi ha salvato, ha impedito
che…”
Mormoro io con un filo di voce.
“Il figlio dell’avvocato?”
“Sì, mi ha frustato sulla schiena. Fa
male.”
I miei e Tom si guardano sconvolti.
“Grazie, ragazzo. Adesso è meglio che tu vada a
casa, Jen
deve risposare.”
“Sì, signore. Posso chiamare domani per sapere
come sta?”
“Sì, certo.”
“Allora, arrivederci.”
Tom se ne va e mio padre chiude la porta.
“Domani parlerò a suo padre, ti prenditi cura di
Jen.”
Mia madre mi porta in bagno e poi va a prendere dei
vestiti e della biancheria puliti. Io mi tolgo lentamente il vestito,
lei urla
quando vede i segni delle frustate, facendo accorrere di nuovo mio
padre.
“Io lo denuncio.”
“Sì, tesoro. Ma adesso esci, Jenny si deve
cambiare.”
Mi cambio e poi mi butto a letto, a pancia in giù
sperando che tutto questo sia solo un incubo.
Un fottuto incubo di quelli che ti gelano la mattina alzata.
È la realtà.
La dura, fottuta e schifosa e realtà.
Il dolore pulsante alla schiena me lo ricorda ogni
minuto, ogni secondo.
Ho voluto giocare con il fuoco e mi sono bruciata.
Inizio a piangere silenziosamente. Non voglio più fare
parte dei popolari, non voglio più fare parte di nessuno
gruppo, voglio solo
sparire.
Sparire insieme al dolore che mi porto dentro.
Lacrima dopo lacrima cado finalmente tra le braccia di
Morfeo.
Angolo di Layla.
Mi piacerebbe ricevere qualche recensione.