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Autore: CrisBo    05/05/2015    3 recensioni
Niente odora di caciotta e umidità come il bancone del Green Man.
È oblungo, scuro e coperto da crepe e cicatrici informe di sigarette e sigari abbrustoliti. Colpa dei passanti che ci hanno riversato sopra lacrime e risate, grida e lamenti, chi per una partita del Manchester finita male e chi per una donna fatale senz'anima. Quanti bicchieri di whiskey e amaretto consumati, rotti e martoriati, quante storie hanno avvolto il legno composto e un po' rustico di quel locale casalingo. Se ogni uomo ha una sua storia allora il Green Man – che di uomo ha almeno il nome – ne ha contate più di diecimila. [Dal prologo]
************
In una città dell'Inghilterra farete la conoscenza di Grace, di Alex, di Penny, Locke e una miriade di altri personaggi che il Green Man ha adottato tra le sue mura. Sarà proprio lì che l'incontro con un gruppo di attori cambierà la loro quotidianità. Perché c'è chi resta e chi va: ma ciò che succede al Green Man rimane al Green Man.
[ STORIA IN SOSPESO. Riprenderò al più presto. ]
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aidan Turner, Dean O'Gorman, James Nesbitt, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12.
Che abbia inizio

Il grande giorno era arrivato e con esso anche l'ansia da prestazione.
Non che dovessi fare molto, durante la festa, ma in quello stato d'animo trovavo difficoltoso anche solo pensare e questo non era il modo migliore per prepararmi psicologicamente. Avevo passato tutta la giornata in fase analitica di me stessa per cercare di tranquillizzarmi. 
Non ero riuscita a rimanere a casa ad aiutare mio padre a dare nomi frizzanti ai suoi due nuovi strumenti: un banjo senza corde e due nacchere che sembravano due sotto bicchieri. 
Non aveva assunto la sua classica espressione dispiaciuta e mi aveva lasciato andare sventolandomi un plettro davanti al naso, instaurandomi un po' di fiducia.
Mi aveva suggerito di non passare da Wimbledon, quel giorno, e io lo avevo ascoltato.

Non c'era alcuna canzone imbarazzante a tormentarmi la testa né, tantomeno, sentivo altre cose che non fossero le note soavi di Bach. In realtà stavo tentando di placarmi con la musica classica ma aveva l'effetto di stordirmi ulteriormente. Non riuscivo a trovare un modo per annullare quello stato d'animo.

Provai a imbastire una conversazione sull'effetto serra con Walter ma dopo due abbai, da parte sua, avevo capito che non saremmo potuti andare oltre senza cadere nei classici cliché che questa conversazione comportava.

Ho provato a creare un'eccentrica torre di Mordor con i bicchieri ma ho fallito dopo che un bicchiere è crollato, portandosi giù tutti gli altri, creando un frastuono che ha fatto spaventare persino lo chef.

Ho tentato di scrivere un poema d'amore fatto di fiori e ghirlande per Jacq da parte del Belgo ma non mi sentivo in vena di aiutarli nei loro sentimenti.

Decisi che sedermi e non fare nulla sarebbe stato il metodo migliore per evitare di pensare.

La sera prima James aveva avuto l'ardire di accompagnarmi a casa, di nuovo.
Questa volta mi parlò di molte cose della sua gioventù, scoprì qual erano i suoi sogni, i suoi progetti prima di decidere di fare l'attore e mi chiese se io avevo intenzione di lavorare al Green Man per tutta la vita.

Fu una domanda trabocchetto, perché mi ritrovai senza una vera risposta.
In realtà, nella mia vita, speravo di incontrare un uomo abbastanza ricco da potermi mantenere così che io potessi prodigarmi nella scrittura, o nel finire tutte le serie tv che non riuscivo a portare avanti per mancanza di tempo.
Ma, in realtà, non avrei cambiato quel lavoro per nient'altro al mondo.

Ma questo non glielo dissi, la sera prima.
Mi fu d'aiuto il fatto che James, dopo aver cercato di rincorrere uno scoiattolo, mi strinse in un abbraccio e mi lasciò andare a dormire per prepararmi alla serata.

James mi stava facendo diventare matta.

Il fatto che non riuscissi più a nascondere ciò stava diventando un problema, per me, e non osavo immaginare come sarebbe andata a finire la sera, davanti a tutti quanti, in preda alla festa, all'alcol e alla musica del Belgo.

Non feci in tempo a illudermi su scene da film, dentro la testa, dove tutto ciò che poteva andare bene sarebbe andato bene – snobbando così la Legge di Murphy – che entrò Jacq dalla porta del Green Man con un paio di vestiti e un cesto di vimini pieno di cianfrusaglie colorate.

Era bella e raggiante, quel giorno, non potevo chiedere di meglio per tranquillizzarmi un po' l'anima.

«Non voglio sentire una sola parola. Stasera sarai bella come non lo sei mai stata, preparati Grace.»
«No Jacq, va bene i fiori nei capelli ma-»
«Cos'ho appena detto?»

Lei mi zittì con un indice alzato e un sorriso smaliziato sulle labbra. Aveva lo sguardo vittorioso, come di una che sapeva di aver vinto una scommessa. Io avevo evitato di dirle cose ambigue sulla serata con James ma credo che la mia faccia parlasse per me. Guardai verso i vestiti che aveva portato ed erano molto briosi: uno era giallo, con qualche fiorellino biancastro a spezzare quel colorito solare. L'altro era porpora scuro, più da donna raffinata, ma sempre delineato in tagli semplici.

Jacq mi conosce bene; almeno non s'azzarda a farmi indossare mini tubini senza spalline o minigonne ombelicali.

Nella cesta di vimini c'erano fiori, fermagli, piastre, pettini, elastici, pinze, mollette.
Non mancava niente. Neanche una parrucchiera professionista sarebbe stata così attrezzata.
Cercai di pensare a qualcosa che non mi facesse cadere nell'ennesimo stato d'agitazione ma fu Walter a salvarmi, questa volta, venendomi vicino per darmi affettuose testate sulla gamba.

«Quando ti vedrà deve rimanere abbagliato. Folgorato. Tramortito. Ipnotizzato. Amma-»
«Jacq.» La interruppi io, prendendole il viso tra le mani. «Ma di che cosa stai parlando?»
«Non preoccuparti tu e lascia fare a me.»

Con una rapidità pari a quella di Flash, Jacq aveva inserito un cantico celtico nel lettore e mi aveva portato nel retro, facendomi sedere su uno sgabello e preparando tutto l'armamentario. 
Ne vidi di tutti i colori lì dentro.

Polveri di borotalco, ciprie, mascara e forcine che danzavano tra le mani di Jacq, muovendosi con una grazia leggiadra. Mi sentivo molto come una hobbit, in quel momento, mentre mi tirava su i capelli ondulati e mi infilzava con gambi di fiori rossi e gialli. Non ero mai stata così profumata in tutta la mia vita, persino Walter venne ad accertarsi che la sua padrona non fosse stata sostituita con un roseto.

Alla fine Jacq decise che il giallo mi stava meglio, mi rendeva allegra. Mi avvolse il collo con una leggera sciarpa celeste e mi donò anche un paio di stivaletti. Quando mi prese per mano e mi mise davanti allo specchio non credevo ai miei occhi.

Nessuna maglietta sciupata o camiciola scozzese. Niente jeans strappati. Vans. Sciarponi da montagna o maglioni coi pinguini.
Non c'era stata la paura di assomigliare a Platina, una strana donna dal dubbio sesso con i capelli impomatati e il cerone sulla faccia.
Ero solamente diversa.

Dovetti concentrarmi molto per abituarmi a quell'immagine da donna di me stessa ma quando Jacq mi diede un bacio sulla guancia e mi disse che ero bellissima non riuscì a controllarmi. Mi sciolsi in un sorriso e la strinsi in un abbraccio.

In quel momento fece la sua comparsa Alex con Paul e Russò. Tutti e tre si fermarono a guardarci con aria un po' da pesce lessi, sgranando gli occhi.

«Qua c'è la festa e nessuno ci dice niente?» Disse Alex, spostando lo sguardo tra me e Jacq.
«Oh mon dieu!» Disse Russò, già avvicinandosi a me come un felino.
«Le mie due principesse. Ma come siete belle per stasera, ci volete fare ingelosire?»

Entrambe spintonammo Paul e ritornammo davanti al bancone per sistemare le ultime cose.

I cartonati di Bilbo erano ancora tutti al loro posto. Dalla cucina uscivano le imprecazioni da chi stava lavorando ad una torta mastodontica. L'architettura di boccali colorati splendeva sotto i lampadari. Le fiaccole erano pronte per essere accese. La veranda era stata aperta per permettere alla gente di potersi beare dell'allestimento per Bilbo. La zona del palco era stata riordinata e rifinita e, notai solo in quel momento, che erano presenti delle casse e delle pedaliere mai viste prima d'ora.

Sapevo che non erano del Belgo e la sua truppa di musicisti.

«Siete tutti carichi, miei prodi?»

Locke spuntò da dietro le nostre spalle e ci sorrise raggiante. Era di buon umore e, cosa assai importante, era vestito bene.
Indossava una giacca scura e una camicia stirata. Indossava un cappello che gli donava un aspetto colto e aveva rasato la barba.
Mi dispiaceva che l'avesse fatto; la barba da sempre un tocco in più.

«Complètement prêt.» Disse Russò.
«Stasera faremo una strage.» Disse Alex.
«Ho tutti i gadget pronti. Ho creato anche dei portachiavi.» Disse Paul infine, sfoderando una scatola piena di souvenir per la serata.

Ma Locke guardò verso di me e lo vidi sgranare gli occhi.
Stava già succedendo troppo spesso e io arricciai il naso, evitando di guardarlo.
«Cos'è successo a Grace? Chi sei tu? Dove l'hai infilata? Te la sei mangiata, vero?»
Io risi ma stavo letteralmente sprofondando dall'imbarazzo. Lui se ne accorse e mi cinse le spalle in un abbraccio.
«Jacq hai fatto un capolavoro con lei, finalmente si veste come una persona normale.»
«Grace non aveva bisogno di me, è lei a essere bella.»
«Bella è una parola grossa.» Rispose Locke, stringendomi più forte.
«Locke, anche se ti copri la testa con un cappello rimani sempre senza capelli.» Dissi io, maligna.
«D'accordo, questa me la sono meritata.»
Mi rispose lui e mi lasciò andare, dirigendosi verso la zona del palco.

Stava puntando l'ignobile macchinario per il karaoke ma si fermò giusto un paio di passi prima, girandosi di nuovo verso di noi.

«Chi ha messo la musica?»

Visto che non ero autorizzata a sentire la musica prima del suo arrivo – e solo se lui era consenziente – mi ritrovai a boccheggiare un paio di volte, cercando una scusa adeguata in cui non c'entrassero prove di danza col mio cane.
Jacq stava già per prendersi la colpa ma io la precedetti; non l'avrei mai data in pasto ai lupi.

«L'ho messa io. Ci vuole atmosfera e oggi ne abbiamo bisogno per incentivarci.»
Ci provai. Aspettai con impazienza una sua reazione ma lui mi sorrise e sventolò una mano, spezzando l'aria.
«Perfetto!»

Locke era ufficialmente impazzito, ma in meglio, quindi gli sorrisi felice e lo lasciai andare verso la sua postazione.

Jacq sorrise con me, sistemandosi qualche ciocca ribelle, prima di lisciarmi il vestito giallo e guardarmi un'ultima volta. Sembrava proprio soddisfatta del suo operato e io con lei. Non amo mettermi in mostra ma ero stranamente impaziente di vedere una particolare reazione a tutto ciò.

Il fatto che io stessi pensando a come avrebbe reagito James a vedermi conciata così non mi faceva assolutamente perdere la scommessa con Jacq.
Mentre quei pensieri mi tormentavano ripresi a fare qualsiasi cosa pur di non tenermi ferma.
Gironzolai con Walter verso ogni punto, ogni dove e ogni luogo.

Parlammo per molte ore, o meglio, io parlavo e lui mi ascoltava.
Mi aiuta molto farmi psicanalizzare dal mio cane, mi rendo conto che i miei problemi interiori non sono nulla rispetto a dover subire la mia voce per un quantitativo di ore non indifferente.
Decisi di smettere di torturare il mio cane con questo, cominciando solamente a cantare con lui una soave canzone sulle “paperelle che vanno al mercato” e lasciai fluire via dal mio corpo tutta la preoccupazione.

Ero riuscita a sopirla, così quando il Green Man cominciò ad animarsi mi sentivo pronta a cominciare quella folle e onirica serata.

Il sole era già calato da un paio d'ore e nell'aria c'era odore di cibo, di braci e di fiori.
Eravamo tutti belli e pronti, ognuno nella propria postazione tattica.

Paul e Shan si erano immersi in una conversazione concitata dietro un tavolo pieno di magliette e strani oggetti non identificati.
Il Belgo stava armeggiando con plettri e casse insieme ai suoi baldi componenti della “Zattera Bruciata” e Russò gironzolava come un adone tra i tavoli.
Locke stava impostando canzoni misteriose al suo karaoke. Jacq e Mya vorticavano, belle e profumate, da un tavolo all'altro per sistemare le ultime cose.
Alex continuava a rimirarsi allo specchio, sperando di non avere brufoli, macchie, capelli elettrici, bitorzoli, malattie strane sulla pelle.
Penny era bella come non mai, era rimasta stranamente in silenzio e s'era appostata su uno sgabello, mentre il suo vestito rosso e leggiadro fluttuava sulle sue gambe snelle. Non mangiava patatine, ma continuava a tamburellare le dita sul bancone con nervosismo.

Avrei voluto cantare per lei la canzone dei “piselli nel baccello” ma avevo già esaurito la mia fonte di sicurezza per quella serata, quindi diedi a Walter il compito di starle vicino per tranquillizzarla. Un po' servì, visto che si lasciò leccare le dita mentre lo accarezzava dietro le orecchie, con un sorriso.

Io continuavo a lisciarmi il mio vestito e sperare di non sembrare una bomboniera pirotecnica.

Ma non feci in tempo a domandarmelo per troppo tempo perché il Green Man, un po' maligno, cominciò a suonare i primi ingressi.
Io presi un respiro profondo e spensi la mente.

I primi ad arrivare furono Amanda e Richard.

Lei indossava un vestito chiaro, s'intonava perfettamente ai suoi capelli biondi e il suo spirito allegro. Entrando ci aveva salutati tutti con baci, abbracci e volteggi un po' da folletto. Non so come ce la fece, ma riuscì a mettermi a mio agio con la sola presenza.

Richard si era tolto i suoi occhiali da sole – mi chiedevo perché continuassero a indossarli fino a sera – e ci aveva abbagliato tutti con i suoi due occhi magnetici. Ma il suo sorriso enigmatico era per Penny; lo vidi fluire verso di lei e stringerle i fianchi con un abbraccio.

Subito andai a controllare che Alex non commettesse un omicidio colposo ma lo vidi intento a respirare piano, controllarsi il capello un po' ribelle e guardare incessante verso la porta. Mi venne da sorridere; qualsiasi potere avesse esercitato la sua nuova conquista su di lui aveva, senz'altro, fatto del buono.

«Martin sarà l'ultimo ad arrivare. Non ha la minima idea di cosa succederà stasera; pensa solamente che berremo una birra insieme.»

Ci disse Richard, mentre un ciuffo scuro gli cadeva sulla fronte. Commisi il fatale errore di guardarlo mentre se lo spostava con un palmo e mi sentì ipnotizzata. Ero sicura che tutte le figure di sesso femminile avessero avuto un mancamento estremo per quello ma non potei appurare la cosa perché mi ritrovai accerchiata da Dean e Aidan.

Aidan aveva tentato di sistemarsi i ricci con scarso successo. Dean era bello da far tremare le ginocchia e io mi ritrovai a boccheggiare cose ignobili, salutandoli con un cenno della mano.
Chiamai telepaticamente il mio cane che arrivò in mio soccorso, facendo deviare l'attenzione di Dean su di lui.

«Allora, siamo tutti pronti. Billy è arrivato? Allora, voi potete prendere posto laggiù. Io controllo che fuori il cibo non sia stato invaso dai moscerini. Belgo, tu non toccare il karaoke. Grace mangia la tua cheescake adesso che mi sembri pallida. Alex smettila di contarti le rughe e vieni a darmi una mano con il catering.»

Locke era piombato davanti a noi, gesticolando come un bravo direttore d'orchestra e io presi al balzo il suo ordine di mangiare. In effetti mi sentivo pallida, anche nell'anima, un po' come il nostro Orco.

Tra le altre cose era l'unico che ancora non avevo visto.

Tutti presero a muoversi all'impazzata, parlando, gesticolando, indossando strani cappelli, mantelli, vestiti, gingilli e io mi ritrovai con un ciondolo nanico al collo. Una vampata di farina di biscotti sui capelli e con un adesivo appiccicato al vestito che intimava a “Non passare”, appiccicato da Paul.

Tutto avvenne velocissimo; alcune ragazze entrarono euforiche dentro al Green Man e, poco dopo, Adam, Graham, Stephen e un muscoloso e possente Manu Bennet.

Mi voltai verso Penny per constatare le sue reazioni ma la trovai intenta a parlare ad un palmo dal naso dalla faccia di Richard, così presi un bel respiro e cominciai a creare boccali di pinte di ogni genere.

In meno di venti minuti riuscì a far bere tutti con ben due giri di birra, amaretti, cocktail molto elfici, biscotti alcolici.

Locke e Alex arrivarono anche con vassoi pieni di cibarie da fare invidia al matrimonio del Principe Pagnaccio, famoso per essere il più grande mangiatore del mondo, vincitore di dieci concorsi alla sagra della porchetta al chili e fagioli verdi.

La Zattera bruciata cominciò a suonare le sue prime canzoni allegro andante e tra ragazze, scatti fotografici, baci, abbracci e cheers da rompere i boccali tra di loro la festa stava iniziando.

Il fatto che non avessimo aspettato l'arrivo di Martin per ubriacarci faceva già intuire che tipo di serata sarebbe diventata e la cosa mi fece stare bene. La zona esterna adibita per la festa di Bilbo non era stata ancora toccata – Locke s'era prodigato come bodyguard per evitare che qualcuno la rovinasse – e Walter era trottato via senza scodinzolare, deluso dal suo cambio di gabinetto terreno.

Il mio povero botolo avrebbe dovuto fare molti sacrifici, quella sera, stando lontano dai tulipani.

La ragazza del mio socio Stranamore era arrivata e, quando la vidi, mi resi conto che poteva davvero cambiare le cose nel cuore di Alex. Capelli a caschetto, scuri, lentiggini e un vestito verde mela che la rendeva dolce.

Il sorriso sempre pronto sul suo visetto rosato e la consapevolezza che fosse perfetta per Alex.

Non riuscì a fare a meno di sgomitarlo, offrendogli due mie famosi cocktail passionali per farli parlare in santa pace, mentre io stavo pensando alla pazza opzione di iniettarmi, direttamente, del bailey's nelle vene.

Solo tre domande continuavano a suscitarmi strani scompensi interiori:
Chi era questo dannato Billy che tutti stavano aspettando?
Simon Pegg sarebbe venuto a darmi il colpo di grazia?
Dov'era James?

Mi ritrovai con un piatto di stuzzichini davanti al naso, lanciatomi da Locke mentre andava da una parte all'altra, intento a tenere a bada le ragazze strillanti, quando il Green Man fece il suo suono.
Il suono.
Era James.

E quando lo vidi qualcosa, in me, divenne ufficiale. Non ufficiale come potrebbe essere una relazione sui social network, dove il numero di “mi piace” aumenta il tuo successo..
Ufficiale come conferma. Senza dubbi. Senza pensieri.

Aveva l'aria di uno che aveva appena fatto a botte contro un lottatore di Sumo molto arrabbiato.
Indossava una camicia a quadri aperta, da cui spuntava una sottospecie di maglia scura. I jeans erano sporchi di terra – o almeno era quello che speravo che fosse – e non so che cosa gli fosse successo ai capelli.

Il mio cuore non batté forte, non mi lasciò in preda ad un attacco di epilessia, non mi si contorse lo stomaco.

Semplicemente mi sentì invasa da un sentimento completamente diverso. Uno di quelli che non si prova spesso, o forse nella vita non si prova mai, perché c'è gente che non lo permette. 
Con tutti che erano belli, profumati, pettinati e coi ciuffi spavaldi, lui era l'unico boscaiolo.

Mi versai in gola uno shots rosato – donatomi da Jacq in preda ad una creazione floreale alcolica – e scivolai via dal bancone per fronteggiarlo.
Lo vidi blaterare qualcosa mentre tentava di darsi un contegno e io già sorridevo.

«Mi spiace, ma non compriamo niente.»

Lui alzò gli occhi e rimase a guardarmi con un'aria che non seppi decifrare. Io continuavo a sorridere, convincendomi che non stavo assolutamente provando imbarazzo e che quel calore immenso fosse dovuto ad una menopausa precoce. In fondo i miei sbalzi di temperatura, ultimamente, stavano avendo picchi un po' insoliti.

Restammo a guardarci per un tempo che mi parve infinito e lui mi analizzò per un paio di volte, tentando di dire qualcosa.

«Stavo...non crederai mai a ciò che mi è successo.» Mi disse infine.

«Fammi indovinare: stavi venendo tranquillamente alla festa quando, ad un certo punto, un branco di opossum hanno deciso di accerchiarti. Hai provato a difenderti ma hai scoperto che uno di loro, un certo Abglak, famoso nella sua tribù, è un portentoso frequentatore di judo opossomico – indetto da Chuck Norris per incentivare le sue finanze – e ti ha steso con un paio di calci avvitati. Tu hai provato a vendicarti ma loro ti hanno legato ad un albero e ti hanno obbligato a guardare la soap opera “Le avventure del gelataio Fernando” dove le puntate si svolgono dentro una gelateria dove questo fantomatico Fernando, ottimo lavoratore in bianco, si prodiga nel riempire coni gelato al pistacchio e, il suo più grande tormento, è non riuscire a confidare i suoi sentimenti alla Joanna, che è una guidatrice di rimorchi per auto. Un donnone enorme e col carattere di un gorilla.» Presi un respiro. «Sei riuscito a liberarti perché, grazie a Mahal, sei bravissimo a sciogliere i nodi scorsoi ma sei inciampato nella tana del Bianconiglio e, purtroppo, la Regina ha deciso che era il caso di decapitarti.»

Questa volta fu lui a interrompermi, cominciando a ridere divertito.

«Ma come hai fatto a indovinare?»
«Ho del talento.»
«Ho provato a scappare dalla Regina, ho oltrepassato una strana fognatura dove un tricheco di nome Wando ha cercato di vendermi delle bustine di sale. Ma io ho smesso con quella roba.» James fa un gesto per aria. «Ho trovato un tunnel segreto ed eccomi qua!»
Io risi e scossi il capo, non riuscendo a trattenermi. Continuava a stupirmi il suo innaturale talento a starmi dietro a queste storie insensate.
«Meno male che sei arrivato, io non ce la faccio ad affrontare questa serata senza di te.»

Mi resi conto della frase appena detta un secondo dopo averla pronunciata e rimasi a guardarlo senza avere più difese a cui appigliarmi. Lui mi guardava con la stessa espressione ma, poi, lo vidi avvicinarsi. Intrecciò le dita con le mie e mi diede un bacio sulla guancia.
Probabilmente avevo raggiunto la temperatura del sole dopo tutto ciò.

«Sono qui.»
Mi sussurrò e tirò indietro la testa per guardarmi prima di alzare lo sguardo verso la sala. Gli altri impavidi amici avevano notato in quel momento il suo arrivo e gli erano piombati addosso con dei placcaggi mortali, trascinandolo verso i tavoli.

«Ma si può sapere chi ti veste, a te?»
«Non cominciamo con questa conversazione, Aidan. O devo cominciare a parlare di quel barboncino che hai al posto dei capelli.» Rimbeccò James, afferrando già un boccale.
Aidan si tastò i suoi capelli gellati con gelosia.
«Lascia stare la mia chioma, è bellissima.
«Un po' mocassino però lo sei.» Disse Dean, sghignazzando.
«Dean, parla per te. Tu sei biondo, non hai parola a riguardo.»
«Sì ma io sono più bello di te.»
«Oh senti...»

Una ragazza dall'aria minuta e dolce si avvinghiò al braccio di Aidan e gli spalmò sulla guancia un focoso bacio al lampone. Lui lo vidi sorridere come non lo aveva mai fatto in quei giorni e, mi resi conto solo dopo, che quella fanciulla mora doveva essere la sua fantomatica ragazza onnipresente.

Cominciai a farmi varie domande su come riuscisse a sopportare che molte ragazze dall'ormone impazzito volessero toccarlo, baciarlo, abbracciarlo. Forse, in quel mondo, queste cose sono all'ordine del giorno e uno ci si abitua. O forse non era una ragazza gelosa.

La vidi stritolare il suo braccio quando una ragazza tentò di fare un selfie con lui.
No, forse un po' gelosa lo era.

Passai di fianco a Manu Bennet, in preda ad una risata rauca, davanti ad un paio di ragazze e ad Alex con la sua nuova infatuazione. Vidi Graham lanciare un tortino di zucca in faccia a Stephen. Adam stava tentando di mettere a posto tutti i sottobicchieri lanciati come frisbee in ogni dove.

Shan stava parlando di quanto fosse bello il suo nuovo modello Adidas con le borchie a Richard e a Penny. Il Belgo continuava a cantare e a strimpellare note con la sua chitarra e vidi Jacq, con la coda dell'occhio, danzare allegra proprio davanti a lui, mentre il suo vestito roteava con grazia. Amanda, insieme a lei, stava facendo lo stesso.

Mi accorsi che io non facevo altro che gironzolare per i tavoli cercando sempre un pretesto per passare davanti a James.
Mi sentivo alquanto ridicola nel farlo ma, ogni volta, lui mi fermava. Mi sfiorava il braccio. O posava la sua mano sulla mia schiena.
Non erano più cose da cui volevo fuggire lesta come una zebra. Qua stava succedendo un finimondo, dentro di me.

«Scommettiamo che a Martin prende un colpo non appena arriva e si trova tutti i suoi cartonati.»
«Io non scommetto con te, perché sei un maledetto baro.» Disse Stephen, inforchettando una salsiccia.
«L'ultima volta è stato un errore di circostanze.» Biascicò James, facendo una smorfia.
«Se sviene però lo facciamo svegliare nel bosco e ci godiamo la scena da lontano.» Disse Aidan con un sorriso, mentre la sua ragazza gli avvinghiava il collo con le braccia.
«Ma perché vuoi farlo sempre morire di paura?» Chiese Dean, alzando gli occhi.
«Allora trova tu un'idea fantastica.»
«Rasiamolo e diciamogli che ha perso tutti i capelli con la caduta.»
Dopo quella massima di Graham tutti si misero a ridere.
«L'importante è che non vi azzardate a mettergli dei baffi, di qualsiasi natura essa siano.»

Amanda era apparsa dietro di noi come una lepre, non ero nemmeno riuscita a sentirla. Mi aveva messo una mano sulla spalla e aveva passato la mano sui capelli di Dean, per scombinarglieli.
«Ma uomo baffuto, sempre piaciuto.» Disse Graham.

«No
Ci ritrovammo tutti a rispondere all'unisono alla volta del nostro finto burbero Dwalin e, in quel momento sentii la mano di James tirarmi il vestito.

«Hai pronta la tua canzone d'amore?» Mi chiese, guardando di sbieco anche Amanda.
Io tentai di defilarmi da quella conversazione prendendo un qualsiasi bicchiere dal tavolo e bere – sentii Adam lagnarsi per averglielo rubato – Amanda mi passò vicino con un sorriso beato.
«Hai scritto una canzone d'amore per Simon Pegg?»
«No, non l'ho fatto. Lui mente.»
«Io non mento, l'hai fatto.»
«No!»
«Sì!»

Diedi a James una spinta sulla testa e lui mi tirò ancora di più il vestito, tanto che gli caddi addosso. Lui mi prese appena in tempo, evitandomi di finire con la faccia sul tavolo. Distruggermi il naso per la seconda volta in cui avrei visto Martin Freeman sarebbe stato un record.

«Ehi, occhio che se ti rompi il naso non te ne danno uno nuovo.»
«Davvero no? E io che ne volevo uno placcato per diventare come l'Uomo di Latta.»

Dissi io, cercando di tirarmi su. Ma lui mi stava trattenendo con le braccia e, così, mi ritrovai in braccio a lui e col viso pericolosamente vicino al suo. Il fatto che tutti ci stessero guardando non aiutava, mi sentivo un po' stordita.

«Sareste perfetti, tu in questo momento sei molto Spaventapasseri.»
Disse Dean, indicando James. Entrambi ci voltammo a guardarlo e io mi alzai in fretta dalle gambe di James, cercando di defilarmi dalla sua presa.

«Sì ma non glielo dire, James è permaloso.» Dissi io.
«Guarda che ti sento.» Mi disse James, tirandomi una pacca sul braccio.
«Non è diventato sordo come speravo, magari fra un paio d'anni.» Continuai io, parlando direttamente a Dean.
«Ehi!»
«Sta già diventando cieco, però.» Mi rispose Dean, annuendo.
«Non siete simpatici.» Rimbeccò James, continuando a fissarci.

In quel momento cominciammo a ridere divertiti, mentre l'ennesimo pezzo di tortino volava sopra le nostre teste. Questa volta la direzione che prese il pezzo di cibo venne deviato da una ventata provocata da una chioma fluente di una bionda che passò proprio in quel momento. Così, il piccolo pezzo di tortino, già indirizzato verso lidi pericolosi – ossia la faccia di Graham già intenta ad assumere connotati da serial-killer – deviò la sua traiettoria e si spiaccicò sulla mia faccia.

Ci fu un secondo di silenzio prima che tutti – e dico tutti – cominciarono a ridere come degli ossessi, sbattendo i palmi sui tavoli e brindando a quel perfetto colpo. Vidi Stephen, che imbracciava una forchetta come una catapulta, guardarmi con aria un po' mortificata.

Io non sapevo bene se ridere o non farlo, ma non ne ebbi il tempo.
Vidi Richard arrivare verso di noi velocissimo, richiamando la nostra attenzione.

«Tutti pronti ragazzi! Sta arrivando!»

Esclamò e tutti smisero di fare quello che stavano facendo, cominciando a nascondersi dietro i cartonati, sotto i tavoli, dietro le sedie, dietro i boccali.
Io venni presa per un polso da James e mi ritrovai sotto al tavolo, spiaccicata contro la sua spalla. Lui mi passò un pollice vicino alle labbra per levarmi via un pezzo di cibo.

«C'è una cosa che non ti ho detto.»
Mi sussurrò lui mentre io ero intenta a togliermi dalla faccia gli altri pezzi del tortino. L'egregio lavoro di trucco che aveva fatto Jacq ora era svanito sotto chili di pasta e zucchero.
«Non so se voglio sentirla.» Scherzai io, mentre arricciavo il naso.
«Sei bellissima stasera.»

Mi voltai a guardarlo di scatto, rossa in volto. Ecco che avevo perso di nuovo l'uso della parola.
Provai l'irrefrenabile impulso di agire senza pensare e fare la prima cosa che mi venisse in mente in quel momento.
Di nuovo quella sensazione piena, che mi avvolgeva, mi stava trasformando.

Lo fissai senza riuscire a dire niente, forse stavo persino sorridendo sotto quello strato di torta, prima di sentire lo scampanellio della porta.
Tutti trattenemmo il respiro.

 











 

NA.
Saaaaalve a tutti, scusate il mega super iper ritardo ma ho avuto una settimana schifida la scorsa e sono riuscita a scrivere solamente adesso. Questa è solo la prima parte della storia perché sennò veniva una roba lungaaaaa seicento pagine e non mi andava. La seconda parte, giuro, che sarà più bella di questa schifezza che ho scritto. Spero di riuscire ad aggiornare domani comunque sia :) come al solito vi ringrazio, mie prodi lettrici, perché siete voi che mi fate venire voglia di continuare ogni giorno a scrivere <3 non ve lo dirò mai abbastanza, credo.
Un bacione a tutte quante e vi auguro una buona giornata.
ps. Io e leila91 siamo d'accordo che Martin Freeman deve rimanere senza baffi xD Ho dovuto inserirla questa cosa.

  
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