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Autore: Espero    18/02/2005    6 recensioni
La mia prima storia.. a me piace ma non l'ho mai esposta al giudizio altrui.. commentate e siate inclementi.. ho bisogno di consigli per imparare o per decidere di lasciare perdere.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bologna era la scena giusta, tra tutte le città che quella testa di cazzo dell’uomo aveva deciso di tirare in piedi, Bologna, era l’unica scenografia adatta ad un personaggio simile. Nessun luogo poteva essere a questa maschera madre più dolce, amante più passionale, parca più implacabile. Bologna al di là di ogni giro di parole è stata il suo unico vero spettatore, dalla sua nascita alla sua fine, sempre con lui mentre sfrecciava a bordo della sua bici e sempre ad osservarlo mentre sognava tra i portici stanco e disperato, lontano da questo mondo con la sua strana e buffa mente a immaginare altri futuri, altri passati o semplicemente altre realtà, lontane dalla sua frastornante esistenza. Bologna e sto tizio bisogna dire che erano pazzi allo stesso modo, vari, paradossali, irrazionali, festaioli e depressi cronici; un mistone di paranoia e felicità veramente singolare che dava luce ad un fascino misterioso per i più incomprensibile e per i pochi ammaliante. Ad un primo sguardo, alla prima scampagnata notturna in bici si erano guardati negli occhi, intendo il ragazzo e Bologna, e si erano giurati eterno amore ed eterno odio, entrambi avrebbero fatto di tutto per aiutarsi ed ostacolarsi, come un gatto che per gioco si morde la coda o in un eterno gioco di nascondino tra amici di vecchia data. Gli esseri umani avevano fatto tanto per Bologna, le avevano dato una bellezza struggente e misteriosa, ma avevano fatto tanto anche contro di lei. Nell’inverno 2004, quando la nostra storia è ambientata, Bologna aveva già pianto la sua strage di gente che aspettava il treno, la morte del suo magistrato, la scomparsa e le liti dei suoi ultimi veri e profondi cittadini. Le aveva passate di tutti i colori, aveva accolto tra i suoi ciottoli sangue di manifestazioni studentesche in passato, era stata ricca, povera, distrutta, ricostruita, tradita e portata in trionfo prima dagli uni poi dagli altri. Una città stanca che sapeva cosa volesse dire l’amarezza della povertà o il sorriso della festa, nessuno più di lei poteva capire il nostro soggetto che, al contrario, era così fragile, inesperto e conscio della sua nascosta e insensata diversità. Questa è la storia di un vulcano e di un fiocco di neve relegati in un unico corpo della loro nascita, della loro vita e della loro fine.
  
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