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Autore: Steffa    30/12/2008    3 recensioni
[EdxRoy]
Ed ecco che quasi come se avesse udito i suoi pensieri, si volta, donandogli alla vista quel suo viso, la sua faccia da schiaffi, quel suo sorriso un po' sghembo, proprio come quando lo prendeva in giro, chiamandolo "Mame-chan".
Dio, quanto avrebbe voluto sentirsi chiamare così ancora una volta, una soltanto gli sarebbe bastata...
" Finalmente sei arrivato, Mame-chan."
Desiderio esaudito, la sua voce calda e profonda, sempre la stessa mentre non desiderava null'altro che perdersi in quell'unico pozzo di pura antracite che era il suo occhio visibile, l'altro coperto dalla scura benda che non stonava per nulla, quasi dovesse necessariamente trovarsi esattamente in quel punto per renderlo completo.
Da quanto tempo non aveva la possibilità di lasciar viaggiare la propria mente osservando quello sguardo...
Troppo, dannatamente troppo.

[Rieccomi con una one-shot questa volta, tra sogno e realtà, desideri inespressi che sono troppo pressanti per un cuore in rovina.
La vita in Germania per Ed sta diventando troppo all'insegna del passato, un unico pensiero sempre nella mente.
Spero possa interessarvi, diciamo che non disdegnerò i commenti! ^^]
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Don't Forget Me




Cuore incupito, un tempo solevi essere pugnace:
speranza, che spronava infiammando il volere,
non ti cavalca più. Sdraiati, non temere,
vecchio cavallo, di balzi ormai incapace.



Il cielo sopra la città stava lentamente cedendo ai colori caldi del tramonto, come se venisse celato da una nuova coltre per proteggerlo dal freddo delle giornate che parevano interminabili.
Un ragazzo, biondi i capelli, legati in una coda di cavallo, qualche ciuffo ribelle che nonostante tutto gli ricadeva sulla fronte ad infastidirlo, gli occhi come due polle d'oro fuso, persi nell'osservare quel lontano tramonto.
Un sospiro abbandonò le sue labbra, l'ennesimo di una lunga serie, mentre le palpebre andavano a nascondere quelle iridi velate da tanti, troppi pensieri.
" Nii-san, sono tornato."
Una voce familiare lo distrasse per qualche istante facendogli portare l'attenzione su quel ragazzo così simile a lui, gli stessi biondi capelli, gli stessi occhi dorati, forse un poco più scuriti, ma poco importava.
Un debole sorriso nella sua direzione, giusto quel che bastava per mostrargli il proprio affetto nei suoi confronti, anche se sapeva che non avrebbe dovuto dimostrargli niente.
Non disse nient'altro il suo nii-chan, lasciandolo solo nella stanza, lui lo capiva come nessun altro, per questo gli lasciava quei momenti di solitudine a fine giornata.
Attimi che in realtà divenivano interi minuti e poi ore e poi ancora, tutta la notte.
Ritornò a guardare quel cielo estraneo, un cielo così diverso, ma in fondo così uguale a quello che era solito osservare... "Dall'altra parte".
Non riusciva più a nominare il suo luogo di origine, il suo cuore non avrebbe retto, ne era certo.
Già, quello stesso cuore che si era richiuso in se stesso, niente più speranze, nessuna fiamma a bruciarlo dall'interno.
Improvvisamente una stanchezza insopportabile lo colse, premendogli sulle spalle, facendole incurvare, abbassandogli le palpebre e lasciando solamente uno spiraglio.
Quel che gli bastava per muovere le pesanti membra sino al giaciglio, freddo e vuoto, che lo accolse, nessuna pretesa, nessuna domanda.

Rassegnati, cuor mio: nel sonno inerte giaci.


Immobile nella borbidezza del materasso e del cuscino, lo sguardo rivolto al soffitto di quel colore neutro che nulla mostrava e che troppo faceva intuire.
Nascose quindi quei laghi d'oro fuso con pesanti palpebre, occhi che non s'aspettavano più nulla dalla vita, che non chiedevano più niente.
La rassegnazione faceva da padrona al suo essere, sapeva bene che non ne sarebbe mai uscito, mai sino alla morte.
Respiro lento che si fa sempre più leggero e profondo mentre il corpo perde il contatto con la mente, rimanendo passivo alle braccia di Morfeo che poco per volta l'accoglie come un figlio perduto da tempo, eppur fin troppe volte crudele nei suoi confronti.
Custode di immagini, sentimenti e segreti che non dovrebbero mai venir alla luce, troppo spesso li rispolverava per mostrarglieli, sempre freschi e dolorosi come se fossero fatti appena avvenuti.

Spririto vinto e affranto, tu vecchio rapitore,
amor più non ti punge, né più la discussione.
Addio, niente di flauti, addio, canti di ottoni.
Piaceri, non attentate questo avvilito cuore!


Chissà quanto tempo passò così, immobile come corpo morto, mentre il suo spirito sembrava voler urlare tutta la sua frustazione, eppur non una nota sfuggì dalle labbra serrate.
Il buio giunse in fretta, quel buio onirico che lo avvolse con un calore fin troppo familiare.
Troppo scuro per distinguere qualcosa, una tenebra che pareva accecante, ma d'un tratto seppe che Lui era lì.
Non capì come lo sapesse, forse era stato quel tuffo al cuore a farglielo capire, una sensazione di complicità mentre tentava di muover passo e raggiungerlo.
Tese il braccio, quel braccio freddo ed insensibile, nel tentativo di afferrarlo, di trarlo a sé come un tempo.
Ma era ancora troppo distante...
Sbuffò spazientito, chissà da cosa poi...
In fondo lo sapeva, era pur sempre quel dannato e stupido Taisa dei suoi stivali.
Ancora qualche passo, finchè non cominciò a distinguerne realmente le forme, i suoi capelli di mogano, le sue spalle larghe e la schiena ben dritta.
Proprio come lo ricordava.
Ma perchè non si girava, quel dannato?
Ed ecco che quasi come se avesse udito i suoi pensieri, si volta, donandogli alla vista quel suo viso, la sua faccia da schiaffi, quel suo sorriso un po' sghembo, proprio come quando lo prendeva in giro, chiamandolo "Mame-chan".
Dio, quanto avrebbe voluto sentirsi chiamare così ancora una volta, una soltanto gli sarebbe bastata...
" Finalmente sei arrivato, Mame-chan."
Desiderio esaudito, la sua voce calda e profonda, sempre la stessa mentre non desiderava null'altro che perdersi in quell'unico pozzo di pura antracite che era il suo occhio visibile, l'altro coperto dalla scura benda che non stonava per nulla, quasi dovesse necessariamente trovarsi esattamente in quel punto per renderlo completo.
Da quanto tempo non aveva la possibilità di lasciar viaggiare la propria mente osservando quello sguardo...
Troppo, dannatamente troppo.
Ed ecco che l'altro si mosse nella sua direzione, silenzioso e veloce, catturandolo tra le sue braccia, cingendogli le spalle per tenerlo stretto a sé.
Le solite sensazioni che lo colsero senza via di scampo, non seppe se maledirle o benedirle.
Era quasi come se tentassero di minare quel poco di lucidità che gli era rimasta, quel rudere che era divenuto il suo cuore malamente rattoppato.

L'amata Primavera ha perduto il suo odore.


Quell'improvviso tocco, quell'improvviso calore, il suo profumo che non era cambiato negli anni.
Troppe emozioni, forse, per quell'unico istante.
Gli tremarono le gambe, mentre le mani andavano ad afferrare la casacca della divisa che indossava il Suo stupido Taisa, quasi in un gesto spasmodico, artigliando il tessuto, mentre nascondeva il viso contro il suo petto e gli occhi presero a bruciargli terribilmente.
L'odore della sua pelle camuffato abilmente da quello della sua colonia, solamente addosso a lui riusciva a donare una simile flagranza, lo sapeva bene.
Per quanto tempo non l'aveva più potuto sentire, disperso nell'aria del tempo e dello spazio, svanito nel nulla.

Ecco, il Tempo m'inghiotte pur che un istante volga,
come alta neve un gelido corpo cammino. Miro
dall'alto il globo compiere lentamente il suo giro,
ma non cerco un rifugio che conforto mi porga.


" Mi manchi, Mame-chan..."
Quel sussurro arrivò d'un tratto e fu come un interruttore per le lacrime che, amare, tentava di tener celate allo sguardo.
Ne scese per prima una soltanto, quindi un'altra ed un'altra ancora poco dopo, finchè non fu impossibile trattenere il flusso di quelle stille salate.
Quanto tempo passò, così, tra le sue braccia che sapevano di casa, di affetto, di amore, di tutto, non lo seppe.
Poteva esser passato un solo momento, oppure una vita intere, che cosa gliene importava?
Forse avrebbe dovuto prestargli più attenzione, perchè d'improvviso l'altro si distaccò, facendo sì che con dolcezza anche il biondo s'allontanasse da lui.
Sguardo smarrito mentre apriva bocca per ribellarsi, ma nessun suono ne uscì, così come i muscoli non obbedirono al suo volere d'avvinghiarsi ancora a quel corpo che tanto bramava.
" E' ora di andare, Mame-chan, si è fatto tardi..."
Voce rammaricata, il tutto suonava tanto come una banale scusa buttata all'aria tanto per dire qualcosa.
Riuscì solamente a scuotere il capo, mentre un nodo alla gola gli impediva ancora di parlare ed una fitta ben più profonda al cuore gli impediva di reagire.
" Vorrei... Dio, vorrei restare per sempre qui, tra sogno e realtà, con te."
E perchè allora doveva andarsene?
Il biondo scosse ancora il capo con testardaggine.
" Resta..."
Un'unica parola che con fatica sfuggì dalle sua labbra in un mormorio indistinto.
" Non posso, lo sai anche tu... Non dimenticarmi."
Come diavolo faceva a dimenticarlo, che razza di richiesta gli poneva davanti?
Ma il tempo nuovamente fu tiranno, mentre inerte lo osservava allontanarsi sempre più alla sua vista.
Un velo gelato parve ricoprirlo dalla testa ai piedi, così freddo che quasi il corpo s'intorpidì, impossibilitato a muoversi, così soffocante che quasi non riusciva a respirare.
Osservò quel mondo tra tenebra e luce mentre dieniva sempre più imprecisato sotto ai suoi piedi, come se fosse sospinto verso l'alto da chissà quale corrente invisibile.
Mari, monti, praterie e città si stesero fino all'orizzonte, incuranti della sua piccola presenza.
Non desiderò nulla in quei momenti, neppure di ritornare a casa.
Lui non aveva una casa, non aveva nulla e non voleva neppure il conforto dell'unica persona che ancora, un poco, scaldava il suo cuore ferito.

Se scende una valanga, mi trascini e mi travolga!


Forse era soltanto uno il suo desiderio.
Avrebbe voluto smettere d'esistere, semplicemente svanire nel nulla, senza pianti, senza violenza.
Solamente un puntino nel mondo che veniva cancellato per sempre.
Perchè quella non era vita, non senza il Suo Taisa.
Ricordò un'ultima volta la sua stretta, la sua voce, il suo profumo ed il suo calore.
Infine aprì gli occhi ed il sorriso spontaneo del suo nii-chan lo accolse nuovamente nel mondo dei vivi, ancora le membra pesanti a dargli segno della propria presenza.
" Buongiorno nii-san!"
Voce dolce, come sempre, alla quale rispose con un lieve incresparsi di labbra.
Forse era giunto il momento di pregare un qualche Dio, uno qualsiasi, di mettere fine a tutto quello, dato che lui non ne aveva la forza.
E così, ricominciò una nuova giornata in quel mondo reale e fittizio al tempo stesso, un unico pensiero nella sua mente stravolta.
" Non dimenticarmi.".



Angolino dell'autrice
Sono arrivata alla fine, quasi non ci credo...
Dunque, qualche spiegazione è d'obbligo...
I fatti di questa fic si dovrebbero svolgere nel lasso temporale del dopo film, ossia quando Ed e Al sono tornati in Germania insieme.
Credo si sia capito che Edo, durante un sogno continui a pensare all'amore della sua vita, ossia Roy (ovvio ovvio u.u)
La poesia dalla quale ho preso ispirazione è "L'amore del nulla" di Chales Baudelaire, ovviamente è tradotta in italiano dal francese, dato che io non ci capisco un tubo di francese u.u'.
Ho letto questa poesia per caso e subito mi è venuta in mente la storia che avrei potuto scrivere...
Metterla per iscritto però è stato più difficile di quanto pensassi, le parole restavano lì, sulla punta delle dita e sembrava non volessero uscire...
Ed ecco questa... Cosa... Oddei, non so proprio come giudicarla, quindi mi rimetto ai vostri commenti, che come sempre sono graditissimi!!
Spero di non avervi annoiati con tutto questo e spero vi piaccia la fic, quindi, grazie per aver letto!
  
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