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Autore: Piperilla    05/05/2015    1 recensioni
Mai fermarsi alla superficie delle cose.
Questa è una verità più importante di quanto si possa credere: sotto l'aspetto ordinario, infatti, molte persone nascondono capacità fuori dal comune: quella che permette loro di governare i quattro Elementi fondamentali.
In un luogo sperduto vengono riunite queste persone speciali: separati contro la loro volontà da parenti e amici, segregati in quella che è più una prigione che una scuola, viene insegnato loro tutto sul loro potere e su come padroneggiarlo: gli anni si susseguono in una serie infinita di lezioni e addestramenti fino a quando, nelle mente dei prigionieri, non rimane più nulla delle loro vite precedenti. Fino a quando non diventano strumenti nella scalata al potere bramata dai quattro Maestri che dirigono quel luogo.
Ma proprio come la lava ardente, la ribellione si agita appena sotto la superficie.
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga degli Elementi'
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«Avanti sveglia, sveglia, sveglia!» esclamò con voce sonora Sofia, irrompendo nei dormitori.
   In molti si girarono nel letto, emettendo borbottii incomprensibili. Alcuni controllarono l’ora.
   «Ma… sono le quattro e mezzo del mattino!» gridarono esasperati. «Cosa ti salta in mente, di svegliarci a quest’ora?!».
   Sofia si voltò a guardarli.
   «Innanzitutto, non osate mai più rivolgervi a me in questo modo. Secondo: oggi è il 21 Giugno!».
   «E allora?».
   «E allora?» ripeté Sofia incredula. «È il Solstizio d’Estate! Uno dei giorni dell’anno in cui il nostro potere è più forte, più intenso, più esteso!».
   «Sì, certo, ma il sole non è ancora sorto... quindi lasciaci dormire un altro po’» risposero, tirandosi le lenzuola fin sopra la testa e ignorandola.
   In quel momento entrò Gregory.
   «Be’? Che ci fanno ancora a letto?» chiese a Sofia. Lei lo guardò sconsolata.
   «Non mi ascoltano... la loro pigrizia è più forte della mia autorità».
   «Ma è il Solstizio d’Estate!» esclamò incredulo. Lei alzò le spalle.
   «Non gli interessa».
   «Ah, è così? Bene, allora ci penso io!» disse malevolo. Contò rapidamente i letti, divisi tra loro da librerie e separé, dell’ampia stanza dalle pareti bordeaux, il pavimento nero d’ossidiana e le grandi portefinestre schermate da pesanti tende, sempre nere.
   «Venticinque letti... bene, vediamo se ora si decideranno ad alzarsi» esclamò Gregory, facendo innalzare un’onda d’Acqua gelida dalla testata di ogni letto e riversandole sui loro occupanti.
   Soddisfatto li guardò saltare in piedi, imprecando e scrollandosi l’acqua di dosso.
   «Non c’è bisogno di prendersela tanto» disse, richiamando l’Acqua che aveva evocato e lasciandoli perfettamente asciutti. «La prossima volta vi conviene dare retta a Sofia quando vi dice di alzarvi. E ora preparatevi per la colazione».
   La scena si ripeté, con variazioni minime, in tutti i dormitori.
   «Dai Sofi, almeno i tuoi Portatori si sono alzati appena li hai chiamati» la rincuorò Gregory.
   «Certo che l’hanno fatto. Ho insegnato loro che quando li chiamo c’è sempre un motivo e devono fare quello che gli viene detto» sbuffò lei.
   Controllarono l’orologio. Di lì a poco il sole sarebbe sorto.
   «Dobbiamo muoverci. Non possono perdersi l’alba per nessun motivo» disse Sofia, accelerando il passo.
   Pochissimi minuti dopo erano tutti seduti sul grande prato, rivolti a Nord-Est. Per la maggior parte erano semiaddormentati: gli otto Maestri e Gregory passavano tra di loro, svegliandoli e scuotendoli dal torpore.
   «Ci siamo quasi...» disse Sofia emozionata, stringendo il braccio di Blaze fino a fargli male.
   Pochi istanti dopo, un primo spicchio di sole spuntò dalla linea dell’orizzonte.
   Come investiti da un’onda calda, i Portatori che si erano riversati sul prato sentirono il proprio Elemento risvegliarsi e scorrergli dentro con nuova energia. Alcuni si piegarono per qualche istante, sotto un potere di tale intensità. Altri scattarono in piedi, come se restare immobili rendesse loro impossibile sopportare quel flusso di potere. Gli Elementi nelle loro vene cantavano, rendendoli euforici e spingendoli a manifestare le proprie capacità.
   «È meraviglioso... non avrei mai creduto di poter provare sensazioni simili!» strillò Ailie in preda alla gioia.
   «Ve l’avevo detto che i Solstizi e gli Equinozi sono giorni speciali, per i Portatori. Sono le uniche occasioni in cui in noi, oltre a un Elemento, scorre anche una certa quantità di Energia» spiegò Sofia sorridente.
   Il caos era generale. Grazie all’Energia pura, oltre a un potenziamento degli Elementi, nei Portatori si verificava anche un aumento della forza fisica: molti, intuendo istintivamente quello che stava accadendo nel loro corpo, iniziarono a correre e saltare con un’agilità insospettabile. Ben presto, Laurence e gli altri Maestri furono impegnati a inseguire gli altri Portatori nel tentativo, spesso vano, di placarli.
   «Santo cielo, Marcos! Scendi subito da quell’albero... potresti romperti l’osso del collo!» stava appunto gridando Sofia a un suo Apprendista che si era arrampicato su un’imponente magnolia e, incurante dell’altezza a cui si trovava, si dondolava su un ramo.
   Poco lontano, Blaze cercava di impedire a Ailie di esibirsi in una serie di salti mortali mentre Laurence e André avevano appena salvato Elizabeth dall’assalto di alcuni Kappa particolarmente infastiditi dall’esuberanza della ragazza.
   Gregory osservava la scena ridendo di gusto.
   Sofia, dopo aver riportato Marcos a terra e aver impedito a Serj di dare fuoco a un larice, si trovò vicina a Gregory e lo fulminò con lo sguardo.
   «Invece di ridere potresti aiutarci a fermarli!» lo apostrofò.
   «Andiamo Sofi, lascia che si divertano! Devo forse ricordarti cos’hai combinato tu, al tuo primo Equinozio?».
   La ragazza, di carnagione molto chiara, divenne scarlatta. Durante il suo primo Equinozio, cinque anni prima, benché si stesse ancora riprendendo dalle lesioni provocatele da Giovanni aveva incendiato una casa, diversi ettari di un bosco e si era esibita in uno spettacolare tuffo da una scogliera alta trenta metri.
   «Lascia che si divertano» ripeté Gregory. «È il modo più rapido e semplice per far sì che smaltiscano l’accumulo di Energia iniziale e si calmino. Poi potremmo insegnare loro a incanalare in modo più razionale questo surplus di potere».
   Ben sapendo che aveva ragione, Sofia si arrese di fronte alle parole del suo amico e richiamò gli altri Maestri. Mentre, rassegnati, osservavano i ragazzi sparpagliarsi per la Valle, Emma si avvicinò a loro.
   «Allora Emma» disse Sofia «vedo che anche tu hai capito che stare lontana da quei folli è, per il momento, la cosa migliore da fare!».
   La ragazzina sorrise. «Non ho intenzione di finire arrostita o di volare via trascinata da una tromba d’aria».
   Sedettero tutti sul prato tranne Costa e Friedrich, che ancora tenevano d’occhio i loro allievi, e Gregory, che sembrava disinteressato a tutto quello che gli accadeva intorno.
   «Non senti niente risvegliarsi in te?» chiese André a Emma. Nonostante tentasse di nasconderlo, dalla sua voce traspariva chiaramente la convinzione che la ragazzina non avrebbe sentito in sé nessun Elemento, né in quel momento, né mai.
   Lei scosse la testa. «Non so neanche cosa dovrei provare... come potrei riconoscere un Elemento in me, se anche ci fosse?».
   «Be’, quando in un Portatore si risveglia il suo Elemento, lo capisce innanzitutto perché sviluppa un’immediata propensione al contatto con l’Elemento stesso... come è successo a Liz e Ailie, ad esempio: la prima si è tuffata in un laghetto, la seconda ha cominciato a rotolare sull’erba. È una cosa che si sente dentro» le spiegò Laurence.
   Emma scosse di nuovo la testa. «Non provo niente del genere... però qualcosa di strano c’è! Non so come descriverlo...».
   Sofia la incoraggiò. «Sta’ tranquilla e concentrati unicamente sulle tue sensazioni, come se noi non ci fossimo... le parole verranno da sole».
   Seguendo il suo consiglio, Emma chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Rimase seduta per alcuni minuti, perfettamente immobile, solo respirando lentamente, come se fosse persa in una diversa dimensione, mentre gli altri aspettavano in silenzio.
   Infine, sempre ad occhi chiusi, iniziò a parlare.
   «Quello che sento non è dentro di me, ma fuori» disse lentamente. «È come se una brezza tiepida mi sfiorasse... no, non una brezza. Il vento è indefinito, non ha confini e riempie interamente lo spazio che mi circonda. Invece tutto quello che mi danza attorno ha una forma ben definita: il loro tocco è leggero come l’aria, ma hanno un corpo, solido e tangibile benché invisibile agli occhi. Ognuno di essi è unico: alcuni si somigliano, nella loro essenza più profonda, ma poi di distinguono gli uni dagli altri per altre caratteristiche».
   Facendo cenno ad André di spostarsi, Gregory sedette accanto a Emma. La guardò attentamente e poi le domandò, a voce bassa «Come se fossi circondata da una folla di persone, dove ognuno ti comunica qualcosa di diverso?».
   «Sì, proprio così» confermò stupita Emma, riaprendo gli occhi.
   «A quanto pare abbiamo un’Aura Sensibile!» disse Gregory agli altri.
   «Cos’è l’Aura?» chiese Emma incuriosita.
   «Prima di tutto, devi capire che in ogni persona sono presenti gli Elementi: solo, in quantità diversa. Ma gli Elementi sono qualcosa di eccessivamente potente rispetto a un corpo umano, e per far sì che le persone possano sopportarli senza esserne distrutti, una parte di essi si riversa all’esterno: questa è la base dell’Aura, che in fondo è un po’ un’estensione del corpo stesso» esordì Sofia.
   Emma la interruppe. «D’accordo, ma poi cos’è che le rende le une diverse dalle altre?».
   Sofia sorrise di fronte alla sua impazienza.
   «Sai, in effetti c’è un tipo di Aura in cui tutte sono uguali tra loro: sono quelle delle persone normali, che possiedono in sé una quantità minima di ognuno dei quattro Elementi Fondamentali, in perfetto equilibrio tra loro. In questo caso, l’Aura che si percepisce è uguale per tutti ed è composta di Energia. È a stento percepibile: per questo la chiamiamo Aura Inerte» spiegò paziente. Poi proseguì. «Quelle dei Portatori, invece, sono Aure molto più potenti, benché per percepirle – e soprattutto per distinguerle le une dalle altre e associare ognuna di esse al Portatore che la emana – siano necessari molta concentrazione e un allenamento piuttosto duro. Queste sono le Aure Maggiori: e ovviamente si dividono in Aure di Terra, di Aria, di Acqua e di Fuoco».
   «Continuo a non capire come questi quattro tipi di Aure si differenzino poi al loro interno» chiese di nuovo Emma.
   «Non è difficile. Tra il Portatore e l’Elemento si stabilisce un rapporto reciproco: si completano l’un l’altro. Quindi, nell’Aura, all’Elemento si mescolano i tratti particolari del carattere del Portatore. Di fatto, è questo a rendere ogni Aura unica» disse Sofia, completando rapidamente la seconda parte della sua spiegazione.
   «Non mi hai chiesto, però, cosa sono le Aure Sensibili» fece notare ad Emma, che ribatté prontamente «Stavo per farlo!».
   Sofia ridacchiò. «Be’, le Aure Sensibili si collocano nel mezzo. Sono Aure abbastanza intense da poter essere percepite e da poter riconoscere le altre Aure, ma non sono caratterizzate dalla prevalenza di un Elemento... quindi chi ha un’Aura Sensibile non è mai un Portatore degli Elementi. Ha però un potere in più rispetto alle Aure Inerti: in pratica sono esse stesse Aure Inerti, ma molto più forti... tanto, a conti fatti, da distinguersene».
   «Hai detto “Sono Aure abbastanza intense da poter riconoscere le altre Aure”. Credevo fossero i Portatori a percepirle, non le Aure stesse!» domandò Emma.
   Gregory diede una gomitata a Laurence. «La ragazzina è più sveglia di quanto pensassimo!».
   «La tua è un’ottima domanda. Quello che avevi pensato è corretto: sono i Portatori a percepire le altre Aure... ma grazie alla loro stessa Aura, che li circonda e percepisce ciò che le è affine».
   «Cioè le altre Aure».
   «Esattamente».
   «Quindi... quando Gregory ci insegna a percepire le Aure e ci fa esercitare... in realtà è la nostra Aura che alleniamo, non l’Elemento né noi stessi!» esclamò Emma.
   Tutti la guardarono stupiti. Poi Gregory esplose.
   «È molto più ricettiva e intelligente lei, di tutto quel branco di Portatori scatenati messi insieme!» esclamò, gettando indietro la testa e ridendo di gusto.
   «A proposito di loro» intervenne Blaze «sembra che si siano calmati, finalmente!».
   Infatti tutti i loro allievi, poco alla volta, stavano tornando al grande prato da cui erano partiti. Molti, arrivati di fronte al gruppetto di Maestri, si buttarono a terra, sfiniti.
   Sofia ghignò. «Sembrano stanchi... peggio per loro! Non sanno cosa li aspetta».
   «A proposito... come mai su di voi il Solstizio non fa effetto?» chiese Emma.
   «Non riuscire a controllare l’euforia è tipico di chi è ai primi Equinozi e Solstizi... dopo il terzo o il quarto impari a incanalare l’Energia attraverso il tuo Elemento e non ti abbandoni più a scene simili» le spiegò Laurence.
   «A meno che non ti divertano!» precisò Blaze con un sorrisetto.
   «Tutti in piedi!» gridò Sofia, avanzando verso i ragazzi abbandonati sul prato. Nessuno rispose.
   «Ci risiamo, Sofi!» sghignazzò Gregory. Lei lo guardò alzando un sopracciglio.
   «Stavolta mi daranno retta» ribatté lei con sicurezza.
   «Come fai ad esserne certa?».
   Gregory non fece in tempo a terminare la frase che tutti i Portatori saltarono in piedi come colpiti da una scarica elettrica. L’uomo sbirciò le loro schiene: erano coperte di scintille incandescenti.
   «Non ti ho neanche vista muoverti» disse con stupore a Sofia. Lei gli rivolse un ghigno.
   «Neanche quando ti ho messo al tappeto qualche giorno fa, mi avevi vista muovermi!». Mentre parlava, fece svanire le scintille di dosso le sue vittime.
   «Ora che siete calmi e attenti» esordì «possiamo iniziare l’addestramento di oggi».
   I ragazzi rumoreggiarono.
   «Credevamo che Equinozi e Solstizi fossero giorni di festa!» dissero in coro.
   «Di festa, sì. Di riposo, assolutamente no! Sono anzi i giorni in cui ci si deve allenare con maggiore intensità» replicò la ragazza, trattenendo un sorriso di fronte alle loro espressioni deluse. Più tardi mi ringrazieranno, pensò.
   Rivolse un’occhiata agli altri Maestri, che avanzarono fino a formare una linea di fronte agli allievi.
   Gregory prese la parola.
   «Prima di cominciare, c’è qualcosa che dovete sapere. Tutti conoscete questi otto Portatori» disse, indicando Sofia, Laurence, Blaze, Viola, André, Costa, Friedrich e Gloria «come dei Figli degli Elementi. Continuare a mantenere in voi questa convinzione, oltre a non essere corretto nei vostri confronti, vi impedisce di tributare loro il giusto rispetto e di ascoltare e seguire le loro indicazioni come dovreste. Anche se probabilmente lo avrete già intuito, loro sono dei Maestri già da tempo: degli ottimi Maestri. Fate quello che vi dicono, e il vostro potere si svilupperà ogni oltre aspettativa».
   Nessuno replicò. Tutti sembravano aspettare indicazioni.
   «Bene» disse Sofia, riprendendo il comando della situazione «è ora di dividerci. I Portatori del Fuoco con Costa, laggiù» esclamò, indicando un punto oltre la prima collinetta ad Est. «Io vi raggiungo tra poco» sussurrò al greco che annuì, facendo strada al suo gruppo.
   «Ora... I Portatori dell’Aria con Laurence e Viola, nel piccolo spiazzo qui dietro» disse, alludendo a una sorta di vallata in miniatura racchiusa tra due file di colline piuttosto alte: era una zona molto ventosa.
   «I Portatori della Terra con Blaze e Friedrich, tra la quinta fila di colline a Ovest e i piedi dei monti Shehy».
   «Ma i monti Shehy si trovano in Irlanda, nella contea di Cork! Ecco dove ci troviamo!» esclamò Ailie, afferrando il braccio di Blaze che le fece cenno di tacere.
   «Ti spiego tutto più tardi, te lo prometto» le rispose sottovoce.
   «Per finire, i Portatori dell’Acqua con Gloria e André alla concentrazione di laghetti a Sud» concluse Sofia, guardandosi attorno.
   Quando tutti si furono allontanati, si rivolse agli unici due che erano ancora lì con lei.
   «Emma, tu con Gregory. Inizierà ad addestrarti su come percepire le Aure» disse sorridendo.
   La ragazzina ricambiò il sorriso, felice di avere finalmente un’occupazione.
   «Noi restiamo qui» disse Gregory a Sofia. «Così avrò la tranquillità necessaria per approfondire la tua spiegazione e iniziare a farla tentare».
   Lei annuì. «Allora io raggiungo i miei Portatori. Buon divertimento» disse prima di allontanarsi, notando l’espressione euforica di Emma e quella divertita di Gregory.

*

«Avanti Serj, tranquillo...».
   «Tranquillo?! Sono due ore che ci provo! Non ci riuscirò!» ribatté il ragazzo.
   Costa lo guardò male.
   «Sì che ci riesci... smetti di lamentarti e tenta di nuovo!» disse, esortandolo a evocare del Plasma di Fuoco.
   L’altro sbuffò. Sofia decise di intervenire.
   «Serj, ascolta me altrimenti non ne usciamo. Non ti chiediamo di fare niente di particolare, col Plasma: devi solo evocarlo».
   «Sono due ore che ci provo» ripeté lui, stanco, demoralizzato e un po’ arrabbiato. «Non ci riesco!».
  «Va bene, allora fa’ così: passa per un'altra strada. Sai evocare della lava ardente, vero?» gli chiese Sofia. Lui la guardò incredulo.
   «Cosa? ...Certo che so evocarla!» disse, offeso.
   «Bene. Allora evocane una sfera piena... diciamo di venti centimetri di diametro».
   Serj eseguì. La lava si librava a qualche centimetro dalle sue mani e, seppure racchiusa in una forma ben definita, al suo interno scorreva e si rimescolava di continuo, quasi accecante.
   «Perfetto. Ora inizia a concentrarla in uno spazio sempre minore... poco alla volta. Non preoccuparti del fatto che può esplodere: penserò io a bloccare la lava, se dovesse accadere» lo guidò Sofia.
   Lentamente, con circospezione, Serj diminuì il diametro della sfera di un paio di centimetri.
   «Bene così» commentò la ragazza.
   Quando giunse a dimezzarne la dimensione iniziale, cominciarono a sfuggire alcuni schizzi di lava. Come se nulla fosse, Sofia li bloccò con delle sottili lingue di Fuoco, inglobandoli e facendoli sparire.
   Dopo aver ridotto la sfera alla dimensione di una pallina da golf, Serj si fermò, limitandosi a mantenerla nelle condizioni in cui si trovava.
   «Più di così non riesco a concentrarla» ansimò. Lo sforzo gli aveva imperlato di sudore la fronte.
   «Va benissimo così» lo rassicurò Sofia. «Ora, prova a mutarla in Plasma».
   Concentrandosi, il ragazzo infuse più potenza alla piccola sfera. Tremolando, in essa apparve qualche guizzo violaceo.
   «Insisti» lo incitò Sofia. Poggiò le proprie mani sulle sue. «Devi sfruttare l’Energia pura che oggi ti scorre dentro. Ti guido io...».
   Detto questo, lo aiutò a incanalare l’Energia insieme al Fuoco. Un velo argenteo, nebuloso e quasi invisibile ricoprì la piccola sfera prima di immergervisi.
   «Adesso prova di nuovo a mutare la lava in Plasma...».
   Pochi istanti dopo la guizzante massa arancione divenne nera e violacea, frantumandosi in uno sciame di goccioline luccicanti.
   Serj esultò. «Ci sono riuscito!».
   «Mantienilo!» si raccomandò Sofia, richiamandolo all’attenzione.
   Dopo un paio di minuti le gocce di Plasma di Fuoco si dissolsero.
   «Bravissimo» commentò Sofia, dandogli una pacca sulla spalla. «Riposati dieci minuti e poi riprova». Poi si mosse per andare a controllare i progressi degli altri Portatori.

*

«Elizabeth, vuoi smetterla di distrarti? Concentrati!» la rimproverò Gloria. La ragazza non l’ascoltò neanche: continuò a evocare piccoli getti d’Acqua, mandandoli a dissolvere la nebbia creata dagli altri Portatori.
   Esasperata, Gloria corse da André, che si trovava qualche metro più in là, intento ad aiutare un Apprendista di secondo livello che non riusciva ad evocare acqua e vapore simultaneamente.
   «Non potresti dire qualcosa ad Elizabeth? Non mi ascolta, non si esercita e dà fastidio agli altri allievi!» gli sussurrò, alzando al cielo i begli occhi grigi e scuotendo i capelli castano chiaro, mentre la luce del sole si rifletteva sulla pelle rosea del volto.
   Lui sospirò. Liz stava diventando ingestibile tanto come allieva quanto come fidanzata.
   «D’accordo ci penso io... tu intanto aiuta Pietro» le chiese, indicandole l’Apprendista che stava seguendo.
   André si diresse rapido verso Elizabeth, arrivando appena in tempo per impedire che si scatenasse una rissa tra lei e alcuni Apprendisti stanchi dei suoi continui dispetti.
   «Ci penso io qui» disse ai tre, due ragazzi e una ragazza, che si allontanarono con aria torva. Poi prese Elizabeth per un braccio e la trascinò lontano dal gruppo. «Liz si può sapere che diavolo ti prende? Non ti alleni, non fai quello che ti viene detto... eppure mi sembrava che l’addestramento fosse una delle tue priorità!» disse brusco.
   La ragazza si liberò dalla sua presa con uno strattone.
   «Visto che non ho più un insegnante, come faccio ad allenarmi?» rispose con astio.
   André la guardò incredulo.
   «Liz, qui ci sono altri cinquanta Portatori dell’Acqua! Non posso dedicarmi solo ed esclusivamente a te! E comunque non puoi disturbare le persone mentre si esercitano... non è corretto, e prima o poi qualcuno perderà la pazienza! Non sei tanto potente da poterti difendere da un attacco di gruppo!».
   «Se almeno non avessi detto a Gregory di non allenarmi, ora potrei imparare qualcosa!».
   André strabuzzò gli occhi, sempre più incredulo.
   «Tu... tu credi che sia stato io a dirgli di non allenarti? Elizabeth, apri gli occhi! A parte me, qui nessuno ti tollera! Ti stai rendendo insopportabile agli occhi degli altri, è per questo che non hai amici e che Gregory ha deciso di non addestrarti e ti evita più che può! Prima cambierai atteggiamento e meglio sarà per tutti... specialmente per te! Puoi imparare anche senza avere qualcuno che si dedichi esclusivamente a te... se non fosse così, nessuno qui sarebbe andato avanti nel proprio addestramento! E ora, se non hai intenzione di allenarti e di sfruttare il dono meraviglioso che la Natura ti ha fatto oggi, vattene!» esplose Andrè.
   Lei si allontanò, dopo averlo fulminato con lo sguardo.
   André si voltò. Tutti ripresero frettolosamente le loro occupazioni.
   «Mi spiace André, non volevo che litigaste... vuoi prenderti una pausa?» disse Gloria dispiaciuta.
   Lui le diede una pacca sulla spalla. «Sta’ tranquilla, se io e Liz abbiamo discusso la colpa è solo sua» le rispose, tornando ad allenare gli altri Portatori.

*

«Brava Ailie, avanti così!».
   Molto soddisfatto, Blaze osservava i progressi di Ailie e l’impegno con cui si applicava.
   «Ora evoca della Terra... perfetto» disse, quando sospesa tra le mani della ragazza comparve una piccola zolla di terra. Rapidamente, Ailie la mutò in fango, nuovamente in terra e poi in pietra.
   Arrivò Friedrich. «Ancora non ha imparato a mutarla nei vari minerali?» chiese.
   Per tutta risposta, la ragazza si esibì nella mutazione della pietra in vari tipi di minerali.
   «Tormalina, adamite, olivina, quarzo, ematite, argentite...» elencò Friedrich, osservando le azioni di Ailie. «Anche i metalli?» domandò sorpreso, vedendo l’argentite mutarsi in argento, rame e poi oro.
   Blaze sorrise trionfante. «Te l’avevo detto che era brava!».
   «È come tutti gli altri Apprendisti, né più né meno» fu la risposta.
   Non appena l’ebbe pronunciata il suolo franò sotto i suoi piedi: in un attimo si ritrovò intrappolato nella terra, sommerso dai detriti fino al collo.
   Ailie gli rivolse un ghigno soddisfatto, mentre Blaze scoppiava a ridere.
   «Avrei dovuto dirti che, oltre al talento, ha anche un pessimo carattere» disse il giovane americano, ghignando come la propria allieva che, in quel momento, stava modellando una sorta di corona con del ferro liquido. Quando si solidificò, con un gesto della mano lo spedì sulla testa biondo scuro di Friedrich, che si stava ancora liberando.
   «Ha inciso qualcosa su quell’elmo... fammi leggere…» disse Blaze incuriosito, avvicinandosi al giovane tedesco più che mai contrariato. Portò gli occhi a pochi centimetri dal metallo e lesse. «’Stupido’» declamò.
   Mascherando una risata con un colpo di tosse, Blaze tornò velocemente accanto a Ailie. «Ehm... Ailie, è davvero molto divertente, però non dovresti comportarti in modo così irrispettoso nei confronti di un Maestro» le sussurrò.
   Annuendo, la ragazza si decise a liberare Friedrich, che riemerse dalla buca coperto di polvere e piccole radici e le rivolse uno sguardo torvo, con gli occhi nocciola socchiusi.
   «Era solo uno scherzo» gli disse lei a mo’ di scusa, rivolgendogli uno sguardo innocente attraverso i capelli rossi.
   «E ora torniamo ad allenarci» disse Blaze, ingaggiando una piccola lotta con Ailie.

*

Alcune paia di occhi si alzarono al passaggio della manciata di mulinelli d’Aria alti due metri.
   «Perfetto. Aggiungine un altro!» ordinò Viola a Fernando.
   Un sesto mulinello d’Aria si accodò alla piccola fila che vagava ordinata tra i Portatori seguendo i precisi comandi del ragazzo.
   «Aumenta l’intensità. Devono essere più potenti» gli disse Laurence.
   I piccoli vortici presero a girare sempre più rapidi sul proprio asse, con una nuvoletta di polvere che si alzava nel punto in cui toccavano il suolo. A guardarli da lontano, somigliavano a buffe calze da donna impazzite.
   Con impercettibili gesti, Fernando divise i piccoli cicloni in coppie: poi, lentamente, fece fondere le varie coppie tra loro. Le tre onde d’urto che si sprigionarono quando i sei vortici divennero tre, ma molto più grandi, fecero barcollare tutti nel raggio di venti metri.
   Solo Laurence e Viola rimasero perfettamente immobili, coi piedi piantati nel terreno, come se non fossero stati toccati da altro che da una delicata brezza estiva. L’uomo sostenne Fernando, evitando che rovinasse a terra.
   «Devi sviluppare la tua resistenza. È troppo bassa, per un aspirante Figlio dell’Aria» disse al ragazzo in tono di rimprovero. Pur annuendo, Fernando si concentrò sui mulinelli che, ormai, somigliavano più a trombe d’aria quasi completamente formate. Mentre tentava di unire tra loro due dei tre vortici rimasti, Laurence lo bloccò.
   «No, Fernando. Non esagerare... se non sviluppi la tua resistenza fisica agli Elementi, potresti farti molto male. Occupiamoci di questo» gli disse, facendo svanire con un distratto cenno della mano i tre piccoli cicloni e iniziando a bersagliarlo con delle folate di vento dapprima deboli e poi sempre più forti.
   Vedendolo indietreggiare, lo spronò. «Andiamo Fernando, mettici più impegno. Espandi il tuo potere verso l’esterno a formare una bolla che ti protegga!».
   Il ragazzo eseguì. Le raffiche di Laurence, ormai pericolosamente vicine a trasformarsi in una tempesta di vento, sollevavano polvere, foglie e piccole pietre. In prossimità di Fernando, però, il flusso risultava deviato, tanto da risultare visibile a occhio nudo il cambiamento di direzione dell’Elemento e dei detriti che si trascinava dietro.
   L’uomo tenne Fernando sotto attacco per quasi un’ora. Poi, improvvisamente, fermò il potere dell’Aria che aveva evocato: appena in tempo perché il ragazzo, stremato, crollò a terra un istante dopo. Se Laurence l’avesse attaccato un solo secondo più a lungo, Fernando avrebbe fatto un volo di parecchi metri, senza contare la forza stessa del vento che, a quel livello, era quasi una muraglia compatta: come andare a schiantarsi a tutta velocità contro un muro di mattoni.
   Passandosi un braccio di Fernando intorno alle spalle, Laurence lo tirò su.
   «Temo proprio di avere esagerato... scusami, Fernando».
   Il ragazzo fece un debole cenno di diniego.
   «Non hai bisogno di scusarti. È necessario arrivare al proprio limite, se si vuole migliorare» rispose, mentre il suo insegnante lo trascinava sotto un albero.
   «Ora però devi riposare, se vuoi riuscire ad allenarti ancora! Non azzardarti a muoverti di qui fin quando non ti sarai perfettamente ripreso» lo ammonì Laurence, tornando verso gli altri allievi.

*

«Possiamo fermarci qualche minuto? Sono un po’ stanca!».
   «Andiamo, non ti lamentare e concentrati».
   «Sono cinque ore che sto in piedi, ferma in questo punto! Mi fanno male le gambe!».
   «E va bene... facciamo una pausa allora».
   Strappandosi la benda dal volto Emma si lasciò cadere sull’erba soffice, riempiendosi gli occhi con il cielo luminoso fino a esserne accecata. Dopo tante ore passate senza vedere nulla era un sollievo.
   Gregory sedette vicino a lei, studiandola attentamente. Iniziava a capire meglio alcune cose che Sofia le aveva raccontato di Emma, durante il loro viaggio verso la Valle.
   «Impari molto in fretta».
   Emma si voltò a guardarlo. Rimase in silenzio per un certo tempo, e quando parlò, non disse quello che Gregory si aspettava di sentire.
   «Mi ricordi mio padre». Spiazzato, l’uomo non rispose. Sempre con gli occhi fissi nel cielo, la ragazza proseguì. «Non siete assolutamente in grado di fare complimenti né di riconoscere pubblicamente i meriti degli altri. Pretendete sempre di più, quello che le persone fanno non è mai abbastanza secondo voi. Proprio non riesco a capire se dipenda dal fatto che siete personalità di spicco, nel vostro campo, o se è una questione di tipo caratteriale».
   «Di cosa si occupa tuo padre?» chiese Gregory, affascinato suo malgrado. Quella ragazzina somigliava tremendamente a lui e le ricordava un’altra sua allieva: un’allieva che, in quel momento, era impegnata ad addestrare giovani Portatori a poca distanza da loro. Dure nonostante l’apparente fragilità. Determinate. Talentuose. Accidenti a te, Sofia, pensò Gregory. Avevi ragione anche stavolta.
   «Oh, lui è un professore universitario. Insegna storia, filosofia e letteratura... ha scritto un mucchio di trattati, ricevuto riconoscimenti... una specie di guru delle materie umanistiche, per intenderci. Tutto prima dei trentacinque anni».
   «Il classico tipo che ti riprende per una pausa piazzata male in un discorso» disse Gregory.
  Emma scoppiò a ridere. «Sì, proprio così. Per il mio ultimo compleanno mi ha portata a teatro, alla prima della Turandot. Chi mai porterebbe una quattordicenne all’Opera come regalo di compleanno?» disse, esibendosi in un’espressione comicamente perplessa. Nonostante tutto, però, si vedeva che quel ricordo le scaldava il cuore.
  «È così che ha conosciuto mia madre» proseguì, come se parlasse a se stessa. «Alla prima della Traviata di Verdi – sai, va pazzo per il teatro. Ha anche una bella voce da tenore. Insomma era lì, sul suo palco, che aspettava l’inizio dello spettacolo e sbirciava nella buca degli orchestrali, quando lei arrivò. Il direttore d’orchestra le fece una bella ramanzina – era la prima violinista ed era in ritardo. Lei è sempre in ritardo» rise Emma «ma glielo perdonano ogni volta, visto che a vent’anni suonava già in quell’orchestra. Lui la guardò per tutto il tempo e, finita l’opera, se ne andò. Tornò a ogni replica, per tutta la stagione. Poi, all’ultima rappresentazione, andò da lei, durante la pausa tra il primo e il secondo atto. Si sporse sulla buca degli orchestrali e intonò l’aria che Alfredo dedica a Violetta nel primo atto, Un dì, felice, eterea».
   «Un di', felice, eterea,
Mi balenaste innante,
E da quel dì tremante
Vissi d'ignoto amor.
Di quell'amor ch'è palpito
Dell'universo intero,
Misterioso, altero,
Croce e delizia al cor» canticchiò Sofia, arrivando alle loro spalle e sedendosi. «Bel libretto».
   Emma annuì. «Be’, uno dei violoncellisti era il fidanzato di mia madre. Mio padre si beccò un bel pugno nell’occhio da lui, e si sentì dare del cretino da lei».
   «E come ha fatto a convincerla a uscire con lui?» chiese Sofia, profondamente divertita.
   «Non è stato lui a chiederle di uscire. Il giorno seguente mia madre si è presentata a una sua lezione e l’ha invitato a pranzo» rispose Emma ridendo.
   Sofia si unì a lei. «Tua madre sembra proprio una donna decisa, a quanto dici!».
   «Già». Il sorriso sparì dal volto della ragazzina.
   Guardandola con aria triste, Sofia cercò di rincuorarla.
   «Tutti noi sentiamo nostalgia delle nostre famiglie» le disse dispiaciuta.
   «E adesso mi dirai che ci si abitua, vero?» chiese Emma con una punta di rabbia.
   «No. Non ci si abitua, nessuno è tanto stupido da poterci credere» fu la risposta. «Però le cose possono cambiare. Possiamo ritrovarli. Non oggi, non domani, ma comunque presto, se la fortuna ci aiuterà».
   La ragazzina la guardò dubbiosa.
   «E non guardarmi così, Emma. Non sei l’unica a voler tornare dalla propria famiglia. Qui abbiamo tutti dei sentimenti, sai» le disse con una smorfia.
   «Ma adesso parliamo d’altro» riprese Sofia, rivolgendosi a Gregory dopo una breve pausa. «Come va l’addestramento di questa giovane Aura Sensibile?».
   «Meglio di quanto si possa immaginare. Guarda tu stessa» disse, lanciando la benda ad Emma e invitandola a riprendere il posto che aveva occupato fino a mezz’ora prima.
   Quando Emma fu pronta, Gregory le diede il via.
   Espandendo la propria Aura, iniziò a elencare quello che percepiva.
   «Allora... a Est, poco distante... Costa sta litigando con qualcuno, la sua Aura è instabile...».
   «Oh che strazio, non riesce proprio a stare calmo» sbuffò Sofia, percependo a sua volta la rabbia del greco.
   «...mhhh sì, sta litigando con Olivia, le loro Aure sono tanto vicine da confondersi in parte l’una con l’altra...Oh, lei gli appena scagliato del Fuoco contro, ma lui l’ha bloccato» esclamò Emma senza la minima traccia di preoccupazione.
   «Avevi ragione, non immaginavo potesse arrivare a un livello simile in poche ore!» disse Sofia a Gregory, che la guardò scettico.
   «Lo sapevi benissimo, invece. Così come sapevi tutto il resto».
   Lei gli rivolse un’occhiata innocente, ma l’uomo non si lasciò ingannare.
   «Tutto il resto cosa?» intervenne Emma, togliendosi la benda.
   «Nulla, Emma. Greg allude al fatto che gli avevo detto che c’era del potere, in te, anche se nessun altro sembrava crederci fino a stamattina» rispose con noncuranza Sofia, ignorando lo sguardo sardonico di Gregory. «Continua a esercitarti».
   La ragazzina si rimise la benda ed espanse di nuovo la propria Aura, spingendola sempre più lontano, alla ricerca degli altri Portatori.
   «Quando glielo dirai?» chiese Gregory sottovoce, trascinando Sofia lontano da Emma e trattenendo la propria Aura, in modo che l’oggetto della discussione non potesse intuire il tenore della loro conversazione.
   «Non glielo dirò!» fu la pronta replica. «Non ne siamo sicuri e comunque non ha senso turbarla con una notizia del genere. Finirebbe solo per danneggiarla!» bisbigliò la ragazza, trattenendo a sua volta l’Aura. «Quindi non insistere e soprattutto non ti azzardare a dirle o a farle intuire qualcosa!» aggiunse con aria minacciosa.
   I due si guardarono torvi per qualche istante, poi Gregory cedette.
   «D’accordo, faremo a modo tuo. Ma dovresti ricordare che Emma potrebbe non avere ancora molto tempo» la ammonì.
   «Lo so bene».
   Poi, di tacito accordo, si separarono. Uno tornò ad allenare la ragazzina sulla cima della collina; l’altra andò a separare il Maestro e l’Apprendista che, al di là della collina, stavano ancora litigando furiosamente.

*

«Sono stanchissimo!»
   «A chi lo dici»
   «Io vado a fare la doccia... ci vediamo a cena!»
   «La doccia? Ma sei matta? Io sogno solo il letto...»
   «Ho fame!»
   «Ma non sai pensare ad altro?»
   Blaze entrò nella mensa e li ascoltò stupefatto.
   «Certo che per essere tanto stanchi fate parecchio chiasso!» esclamò. «Ora, fate quello che volete ma fatelo a bassa voce!».
   Il caos si placò. Blaze si lasciò cadere su una sedia, le gambe allungate, la testa reclinata indietro e gli occhi chiusi.
   Laurence sedette accanto a lui.
   «Il Solstizio ti ha messo k.o.?» chiese divertito. Blaze emise uno strano grugnito.
   «Loro mi hanno messo k.o., non il Solstizio».
   «Be’, ormai è quasi finita... manca solo un’ora al tramonto».
   «Sono ancora le nove?». Stavolta Blaze emise un gemito.
   Laurence tentò di rassicurarlo, ma prima di riuscirci scoppiò a ridere.
   «Devi fare l’abitudine a un simile carico di lavoro... essere un Maestro è anche questo».
   «Quasi quasi preferivo restare un semplice Figlio degli Elementi» borbottò in risposta.
   Un’ora più tardi, riuniti sul prato da cui erano partiti al mattino, tutti osservavano il sole sparire al di sotto della linea dell’orizzonte.
   Quando le tenebre inghiottirono il mondo circostante la maggior parte dei Portatori si lasciò andare, come svuotata. In generale, la fine del Solstizio – e con esso la fine di quel maggior potere che inevitabilmente si riversava nei Portatori – sembrava aver lasciato tutti alquanto depressi.
   Trascinandosi tornarono al riparo delle mura amiche, per prepararsi a un nuovo giorno.
   
 
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