Fanfic su artisti musicali > Motionless In White
Segui la storia  |       
Autore: Touch the sound    06/05/2015    3 recensioni
Dei lunghi capelli neri su quella pelle così pallida, i suoi occhi erano chiari e belli. Gli occhi azzurri gli erano sempre piaciuti.
[Chris-Ricky]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 11 - How the hell did this happen? 
Ormai era notte fonda. Era calato un buio tenebroso e il cielo era completamente coperto da nuvole grigiastre. Chirs le stava fissando da ore e non gli importava che il suo corpo stesse quasi gelando, che tremasse, che ogni suo muscolo fosse contratto tanto da fargli male. Aveva la gola secca, era dalla notte precedente che non beveva e gli riusciva difficile anche respirare. Fissando il vuoto, tentava di immaginare se stesso in quella situazione pietosa: sdraiato sul terreno umido, con gli occhi gonfi e arrossati dalle troppe lacrime che scendevano copiose lungo le sue tempie. Aveva delle brutte fitte allo stomaco, il dolore lo stava divorando lentamente. Avrebbe tanto voluto cavarsi gli occhi e strapparsi via il cervello. L'avrebbe fatto pur di non rivedere in continuazione la scena di suo fratello che si spegneva completamente. Provava un senso di rabbia troppo profondo per potersene stare ancora lì senza alcuna distrazione.
Si tirò su a fatica e andò in cerca di un locale, voleva sedersi, bere qualcosa, magari parlare con qualcuno; era ormai troppo tempo che nella sua testa sentiva solo il rumore dei suoi pensieri, non riusciva più a sopportarli.
Entrò in una specie di vecchio pub che puzzava di cibo andato a male. Era un posto sudicio, i divanetti azzurri erano impolverati, le mattonelle bianche del pavimento erano ormai deteriorate dal tempo, l'intonaco cadeva a pezzi e l'arredamento datato gli dava un'aria antica, monotona e noiosa. Chris si stupì nel vedere che però era abbastanza popolato, sicuramente più di quanto si aspettasse. 
Si trascinò fino al bancone e le sue orecchie percepirono una melodia a lui sconosciuta ma che gli stava dando fin troppo fastidio.
«Cosa ti porto, tesoro?» gli chiese una donna dai capelli ramati e ricci. Chris le fissò la bocca, il modo in cui stava masticando quell'ingombrante chewing gum e le sue labbra rosse e bagnate di saliva gli diedero il voltastomaco.
«Voglio ubriacarmi» disse bruscamente, come se quella donna dovesse già sapere cosa desiderava lui in quel momento.
«Ho quello che fa per te»
Chris non la degnò più di uno sguardo, nemmeno quando gli posò sotto gli occhi un bicchiere pieno di un liquido giallastro e maleodorante. Poggiò appena le labbra su quel vetro freddo e subito dopo sentì la bocca bruciare. Ogni suo senso si riattivò e si sentì pervadere da un brivido per niente piacevole. Represse l'impulso di sputare quello schifo stringendo forte le labbra, ingoiò tutto, poi prese un grande respiro tentando di riprendersi da quell'orribile esperienza. Non era per niente abituato a bere alcolici, al massimo si concedeva una birra ogni tanto e si chiedeva come facessero le persone a bere fino allo sfinimento. 
Strinse un attimo gli occhi allontanando i suoi pensieri e sbattè un paio di bicchiere sulla superficie di legno.
«Un altro» disse guardando distrattamente la donna che qualche secondo dopo si avvicinò a lui con una bottiglia in mano e gli vesò altro alcol. Mentre stava per allontanarsi, Chris prese una decisione che lo fece scattare verso di lei. Le afferrò il braccio e la donna si accigliò come allarmata da quel gesto improvviso.
«Lasciala qui» disse Chris mollando la presa sul braccio e indicando velocemente la bottiglia. Lei sorrise e fece come richiesto. Chris prese un grande respiro e si decise a bere, bere e bere ancora. Poteva sentire lo stomaco bruciargli, ma bicchiere dopo bicchiere la testa gli sembrava alleggerirsi. Tutti i brutti pensieri ormai erano scivolati via e, in quel momento, per lui l'importante era solo continuare a bere fino a perdere i sensi. 
Era passato forse un quarto d'ora e quella bottiglia che continuava a fissare era ormai vuota. Quando provò ad alzarsi dovette reggersi al bancone perchè improvvisamente tutto cominciò a giare, i rumori ormai erano ovattati, quasi non li sentiva più. E rise, senza accorgersene nemmeno scoppiò in quella risata isterica mentre tutti intorno lo osservavano, alcuni ridendo, altri impassibili. Chris iniziò a farfugliare, parlava con se stesso e si diceva di abbassare la voce, di ridere di meno, di stare dritto e di uscire dal locale. Purtroppo la realtà era ben diversa, gli cedevano le ginocchia e quella sensazione di stordimento lo portava solo a ridere a crepapelle.
«Ehi, devi pagare» 
Chris riuscì a voltarsi nonostante quel suono gli arrivasse lontanissimo. Fece una faccia buffa e poi infilò le mani nelle tasche tirandone fuori le fodere.
«Ops, non c'è niente» disse scoppiando a ridere. La donna, già abbastanza spazientita, cominciò ad urlare che se non avesse pagato non se ne sarebbe andato da lì. Prima che Chris potesse mandarla a quel paese e scappare, vide un uomo che si avvicinava al bancone e lasciava dei soldi; riuscì a capire che stesse pagando per lui.
«Vieni con me» disse poi quella voce rauca, profonda, quasi spaventosa.
Il ragazzo lo seguì fuori dal locale. Tentando di non inciampare nei suoi stessi piedi raggiunse l'auto di quell'uomo che lo aiutò ad entrare.
«Perchè sono seduto nella tua macchina?» chiese con una voce acuta e stridula.
«Se mi spieghi la strada ti porto a casa tua»
Chris scosse furiosamente la testa.
«Non voglio andarci»
«Okay, allora dove ti porto?» chiese l'uomo senza ottenere risposta. Chris prese a canticchiare, ridere e battere le mani.
«Va bene» disse poi cominciando a guidare nel buio. Chris non fece caso a dove quella strada portasse, non gli importava dove sarebbe finito, in quel momento la testa era così leggera e vuota che si azzardò a paragonare quella sensazione alla felicità. Poi si addormentò, così, di colpo. Quando si svegliò era nel parcheggio di un palazzo. L'uomo incontrato al pub era accanto a lui e tentava di strapparlo dal mondo dei sogni in ogni modo. Chris aveva aperto gli occhi solo dopo un paio di sonori schiaffi.
«Scendi»
«Scendo?» chiese il ragazzo ancora parecchio stordito.
«Sì»
Fece come gli era stato detto senza calcolare la possibilità che quello sconosciuto avrebbe potuto benissimo abbandonarlo lì, ma fortunatamente non lo fece. Chris lo vide scendere della macchina e lo seguì come un cagnolino. Insieme entrarono nel palazzo e poi in un'ascensore. Al ragazzo, quella sensazione di chiuso e di movimento, fecero venire da vomitare, ma non lo fece. Le porte dell'ascensore si aprirono e Chris corse fuori inalando quanto più ossigeno possibile. Non si sentiva affatto bene, gli girava tutto.
L'uomo lo trascinò nel suo appartamento. Con difficoltà riuscì a portarlo in camera da letto dove gli tolse le scarpe e lo mise sotto le coperte.
«Tu dove dormirai?» gli chiese a bassa voce. 
«Ho un divano comodissimo... adesso dormi, buonanotte» rispose l'uomo spegnendo la luce e chiudendo la porta. Chris si rigirò nel letto che cigolava lievemente. Il buio lo avvolgeva eppure gli sembrava di vedere il mondo che gli ruotava intorno. Si ritrovò a parlare da solo, a ridere e piangere e poi ridere di nuovo. Non riusciva a formulare un pensiero normale. Non si rese conto nemmeno di quanto fosse stupido abbracciare un cuscino immaginando che quello fosse il corpo caldo di una ragazza. Quando involontariamente si ritrovò a pancia in giù sul pavimento, decise di alzarsi e fare due passi. Ci mise un pò a trovare la porta e ancora di più per riuscire ad afferrare la maniglia e aprirla. Do fronte ai suoi occhi c'era in un corridoio lunghissimo che gli diede un senso di claustrofobia orribile. Barcollando riuscì a trovare il salone che per quella notte avrebbe dovuto ospitare il padrone di casa, ma sul divano non c'era nessuno allora Chris si tuffò fra i cuscini.
«Non ti avevo messo a letto?» disse l'uomo che era comparso dalla cucina. La sua voce sembrava un misto fra stanco e disperato, ma anche divertito dai comportamenti buffi del ragazzo.
Chris si alzò rischiando di spaccarsi la testa un paio di volte durante quell'operazione.
«Come ti chiami?» gli chiese.
«Michael» rispose l'altro.
«No, non ci posso credere... tu non puoi... no, non ti puoi chiamare così, basta... io ho chiuso con tutti i Michael del pianeta, sono stanco» disse Chris inceppandosi di tanto in tanto e urlando le ultime due parole. All'altro venne quasi da ridere, ma dovette avvicinarsi a lui e reggerlo. Tentava anche di zittirlo, ma Chris continuava a biascicare qualcosa su un certo Mike e un Michael che lui non conosceva.
«Okay, va bene, abbassa la voce... tu come ti chiami?» gli chiese facendolo sedere ancora.
«Thomas, ma puoi chiamarmi Tom» disse serio, poi scoppiò a ridere.
«Ci sei cascato... mi chiamo anche Thomas, ma in realtà mi chiamo più Christopher che Thomas... non so se puoi capirlo, non è una cosa che possono capire proprio tutti, solo quelli più intelligenti»
L'uomo annuì. C'erano due possibilità che aleggiavano nella mente di Michael: 1) aveva davvero due nomi, 2) non si chiamava affatto così e aveva dimenticato la sua identità. 
«Allora come devo chiamarti?»
«Trevor»
L'altro sbarrò gli occhi a quel nuovo nome, ma Chris precedette ogni suo pensiero o parola.
«Trevor mi chiama Chri, Chris, Chrissy, Christoph o Christopher... dipende da quanto è arrabbiato o da quanto cazzo vuole... capisci?»
«Ehm... credo di sì, Christopher» rispose l'uomo quasi sconvolto. Chris gli sorrise come un bambino innocente, poi tornò serio.
«Tu non sei gay, vero?»
Michael scosse la testa facendo sospirare pesantemente l'altro.
«Peccato, avevo voglia» disse mettendo il broncio.
«Mi porti da Trevor? Anzi no, portami da Ricky... lui ha un culetto troppo bello... glielo prenderei a morsi... se non fosse vergine me lo sarei già fatto, ma non deve fare sesso... non con gli altri, con me invece sì, dovrebbe...  e sai perchè? Perchè ho davvero un bel cazzo»
L'uomo tossì pensando che mai e poi mai gli sarebbe capitato di riascoltare un discorso del genere, e di certo non avrebbe mai dimenticato quella notte.
«Che c'è? Non mi credi?» lo accusò Chris.
«Guarda che una persona, una volta, mi ha detto che il naso non è l'unica cosa enorme che ho... e se non mi credi posso anche fartelo vedere, lui non si vergogna» esclamò Chris tentando di sbottonarsi i jeans, ma Michael lo fermò in tempo.
«No, per carità, ti credo»
E in effetti gli credeva visto che qualcosa lo si poteva già intravedere attraverso quei jeans strettissimi. 
«Adesso, che ne dici di andare a dormire?» gli chiese spostando lo sguardo sul suo viso. Chris aveva gli occhi rossi, il viso pallido e stanco.
«Va bene»
Michael tentò di aiutarlo a ritornare nella sua camera da letto, ma Chris lo fermò.
«Posso arrivarci anche da solo... non ho bisogno del tuo aiuto, grazie»
L'uomo non obbiettò e lo lasciò andare. Si assicurò lo stesso che si fosse messo a letto e poi andò a dormire.

Il mattino seguente Chris si svegliò con un fortissimo mal di testa. Non riusciva a rendersi conto di cosa era successo e non capiva nemmeno perchè mai si trovasse in una casa che non era la sua. Uscì dalla stanza tenendosi la testa fra le mani. Cercò di guardarsi intorno e trovare qualcuno che gli potesse dare qualche spiegazione. Entrò nel salone e qualche ricordo lo colpì in pieno ma era ancora tutto troppo confuso e il mal di testa gli impediva di pensare.
«Ma buongiorno» 
Sussultò voltandosi e ritrovandosi un uomo alle spalle.
«Ehm... b-buongiorno»
«Hai voglia di pranzare? Così magari ti racconto quanto è stato brutto concederti il mio letto per una notte»
Chris era sempre più spaesato, ma in quel momento gli sembrò giusto accettare. Annuì solo, poi gli chiese dov'era il bagno. Ne aveva urgente bisogno o se la sarebbe fatta addosso.
«Seconda porta a sinistra... potresti farti anche una doccia, puzzi»
Involontariamente Chris si annusò la felpa e in effetti non aveva proprio un odore di pulito.
«Grazie»
«Figurati, trovi tutto in bagno»
Chris si diresse verso il bagno e ne uscì solo dopo una buona mezz'ora. Si sentiva già meglio, ma doveva ancora capire come mai si trovasse in quella casa, chi era quell'uomo che stava cucinando per lui, se era troppo lontano da casa sua e se aveva combinato qualche guaio.
Nel corridoio, su un mobile di legno scuro, trovò delle maglie piegate e non ci mise molto ad infilarsene una. Gli stava un pò grande, ma era un semplice maglioncino nero quindi se ne fregò. Indossò i suoi jeans e recuperò le scarpe nella camera da letto. Pronto per capirci qualcosa, ritornò nel salone, ma venne attirato dai rumori provenienti da un'altra stanza. Entrò in una cucina abbastanza grande ma un pò spoglia. 
Si schiarì la voce per attirare l'attenzione dell'uomo ai fornelli.
«Ehi» disse voltandosi e accigliandosi subito.
«Quella è una mia maglia?»
«Sai com'è, quando esco non mi porto dietro tutto il guardaroba» rispose Chris sgarbatamente.
«Certo... come ti senti?»
«Una merda» 
Michael senza rispondergli prese un'aspirina e un bicchiere d'acqua e glielo porse. Chris mandò giù tutto sperando di riuscire a mandare via il mal di testa. Si sedette al tavolo e aspettò che quello sconosciuto finisse di cucinare. Quando gli posò il piatto sotto gli occhi lo ringraziò e mangiò in silenzio.
«Mi togli una curiosità? Come ti chiami?» chiese l'uomo.
«Chris... perchè?»
«Perchè la scorsa notte non hai saputo dirmelo molto bene e comunque io sono Michael... eri parecchio ubriaco, che ti è successo?»
Chris sospirò con un'espressione incerta. Non sapeva cosa dirgli, in fondo non erano affari suoi. Alzò le spalle e continuò a mangiare, non aveva nemmeno voglia di parlare.
«Mi hai raccontato un sacco di cose, sai?»
«Tipo?» chiese Chris allarmato.
«Ehm... mi hai detto praticamente che mi odi solo perchè mi chiamo Michael, che vorresti mordere il sedere di un certo Ricky e che hai un amico che ti affibbia nomignoli perchè vuole venire a letto con te»
Chris arrossì di colpo. Davvero aveva detto quelle cose?
«Ho detto proprio di volerglielo mordere?»
L'uomo annuì pulendosi le labbra con un fazzoletto poi bevve. Rise per l'espressione di stupore e disagio che aveva Chris.
«Hai anche detto che dovrebbe perdere la verginità con te perchè hai un... un bel cazzo»
Se solo Chris avesse potuto, sarebbe stato felicissimo di evaporare.
«Ho detto una cazzata simile? Perchè non mi hai sparato un colpo in testa?»
Michael rise e scosse la testa.
«Sei solo un ragazzo, puoi ancora permetterti di dire cavolate»
Si sorrisero e poi Chris si alzò tastandosi le tasche dei pantaloni.
«Il mio cellulare?»
«Non so, non mi sembra che ce l'avevi»
Chris sbuffò e si passò le mani sul viso. A Michael sembrò che stesse sull'orlo di una crisi isterica.
«Se vuoi puoi chiamare col telefono di casa, o ti accompagno a casa» propose gentilmente. Chris decise di chiamare prima Trevor. Durante la telefonata Trevor sbraitò come un matto, gli gridò che l'avrebbe ammazzato appena se lo sarebbe trovato davanti. Chris lasciò che sfogasse la sua rabbia, poi gli disse semplicemente che sarebbe tornato a casa presto. Si stranì molto quando Trevor gli disse di passare prima a casa sua, ma accettò senza obbiettare. 
«Tutto bene?» gli chiese Michael quando lo vide posare il telefono con lo sguardo preoccupato.
«Sì... senti, io devo andare»
«Ti accompagno?»
Chris guardò oltre il vetro della finestra che illuminava la cucina e decise di poter fare anche da solo.
«No, grazie, faccio due passi»
«Sicuro? Guarda che siamo un pò lontani dal centro»
Chris scosse le spalle.
«Vuol dire che farò più di due passi»
L'uomo annuì rassegnato, ma prima che andasse via gli lasciò il biglietto da visita della sua officina.
«Se dovesse servirti qualcosa, chiama pure» gli disse con un sorriso appena accennato, ma convincente e spontaneo. A Chris sembrò tanto strano il comportamento di quell'uomo, ma prese il biglietto e lo salutò. 

Ci mise circa un'ora per arrivare a casa di Trevor. Gli sembrò un tempo infinito, forse perchè la sua mente aveva viaggiato velocemente da un pensiero all'altro cercando di rimettere insieme i pezzi. Non ricordava assolutamente niente di quello che era successo dopo la sua fuga dall'ospedale. Il pensiero di suo fratello gli portò le lacrime agli occhi e di nuovo tanta tristezza.
Non appena mese piede in casa di Trevor se lo ritrovò addosso come una furia.
«Ma ti sembra questo il modo? Sei uno stronzo, dovrei davvero ucciderti» urlò tirandogli un paio di schiaffi e un pugno su braccia e spalle.
«Smettila, non rompermi le palle» rispose Chris svogliato. Lo allontanò e andò dritto sul divano. Era il divano più scomodo su cui si fosse mai seduto, ma in quel momento si sarebbe coricato anche su una distesa di cemento.
«Dov'è mia sorella?» chiese socchiudendo gli occhi.
«È da Rose ed è incazzata nera con te, quello che ti vorrei fare io e niente in confronto a quello che vorrebbe farti lei... l'ho vista stamattina, mi ha detto che vuole vederti soffrire»
Chris non mostrò alcuna emozione, ma dentro di sè pensò di meritarsi davvero una morte lenta e dolorosa.
«Mi sono ubriacato» disse d'un tratto. La sua voce fu l'unico rumore in quella stanza e rimbombò nelle orecchie di Trevor. 
«Mio fratello è morto» continuò mettendosi seduto.
«Morto» disse ancora sospirando. L'altro ragazzo cerco di parlare ma Chris si alzò col viso distorto in una smorfia di rabbia e dolore.
«Jonathan è morto, dopo tutto quello che io ho fatto per lui, dopo essermi preso tutte le responsabilità che nessun ragazzo della mia età si sarebbe mai preso, lui muore... perchè è vero, si fa trattare come un re, si fa portare su un piatto d'argento da suo fratello e poi per ringraziarlo cosa fa? Muore? E mi lascia solo a pensare che non posso prendermi un secondo per stare solo, che non posso andarmene nemmeno per una notte perchè ho diciannove anni e... e a diciannove anni ho una sorella piccola che mi odia e sono grande, devo essere maturo, responsabile e devo mantenere la mia famiglia, devo essere duro come una roccia, non devo disperare ma devo essere la spalla su cui la mia sorellina deve piangere e sfogarsi... è quello che dovevo fare, Trevor? Dovevo davvero essere così apatico? Perchè tanto Christopher non ha punti deboli, lo puoi colpire dove vuoi ma lui non si lamenta, va avanti... ma sai che ti dico, amico mio? Ti dico che Christopher di punti deboli ne ha un milione, che se lo colpisci forte, ma davvero forte, come ora, Christopher si spezza, va in frantumi... e adesso ho voglia scappare di nuovo anche se so che così facendo farei soffrire mia sorella... voglio andare via, sparire e non vedere mai più le vostre facce, non voglio più guardare negli occhi di qualcuno e avere la certezza che quegli occhi hanno visto lo stesso schifo che ho dovuto vedere io, non voglio una sorella che mi giudica per le mie azioni, non voglio un migliore amico che ha visto sua madre morire proprio come io ho dovuto vedere mio fratello fare la stessa fine... sono davvero stanco di tutto questo, ma non posso lasciare tutto, sono imprigionato in questo schifo di posto... che anche se me ne vado, anche se abbandono tutto, mi porto dietro la vergogna, la puzza, la faccia e l'anima sporca di chi ha vissuto qui» disse con le lacrime che gli riempivano gli occhi offuscandogli la visuale. Trevor lo guardava a bocca aperta. Non sapeva cosa pensare. Aveva immaginato più volte che quel momento sarebbe arrivato, sapeva che prima o poi Chris sarebbe esploso, che l'avrebbe fatto in quel modo, ma non aveva mai preparato un discorso da fargli in quell'occasione.
«Vai Chris, vai pure, la porta è aperta e la strada è lunga... vattene, ma non ti voltare e non pensare al passato, non pensare a quello che vedranno le persone quando ti guarderanno negli occhi, vai e vivi la vita che vuoi vivere, ma sappi che io non ci sarò più»
Chris lo guardò con uno sguardo affranto che l'altro ricambiò pienamente, poi gli passò affianco e uscì da quella casa. Tentò di respirare ma era come se intorno a lui non ci fosse più ossigeno. Il cuore gli batteva forte e sentiva le gambe indebolirsi, ad ogni passo quella sensazione aumentava. Poi però, prima di mettere piede in strada, giusto un attimo prima di abbandonare il vialetto, fece un gesto quotidiano, di quelli che tutti fanno senza nemmeno accorgersene, si tirò su le maniche di quella maglia troppo larga. La sensazione di quel cotone di buona qualità fra le dita lo riportò alla realtà. Uno come lui poteva permettersi maglie come quelle e mai avrebbe potuto. Si ritrovò in un bivio: fingere per il resto della sua vita, o essere se stesso e tentare di essere felice con quel poco che gli rimaneva.
«Ne hai ancora per molto?»
Quella voce lo fece voltare di scatto. 
«No, perchè ieri sono successe tante cose mentre non c'eri e vorrei raccontartele... è importante» disse Trevor guardandolo dalla porta. Chris sospirò e scosse la testa, poi si avvicinò a lui e lo spinse in casa.
«Parliamo dopo» disse sbattendo la porta e tirandolo fra le sue braccia. Lo baciò. L'altro ricambiò senza nemmeno pensarci due volte. Improvvisamente il corridoio che portava alla camera di Trevor sembrò troppo lungo, i loro vestiti troppo scomodi e le loro mani troppo piccole per potersi toccare.

«Chri» sussurrò Trevor con il respiro ancora affannoso.
«Mmh»
«Hai voglia di parlare ora?» gli chiese mentre giocava con capelli dell'altro che se ne stava ancora sdraiato su di lui. Chris roteò gli occhi infastidito da quella sua insistenza.
«Sono nudo e ce l'ho ancora duro, perchè mi chiedi se ho voglia di parlare?» gli chiese accoccolandosi ancora di più sul petto dell'altro. In quel momento desiderava solo starsene lì in silenzio a godersi quella pace.
«Lo so, ma è importante»
«Va bene, parla»
Trevor si schiarì la voce e cercò di trovare le parole più adatte.
«Tua madre ha deciso di occuparsi del funerale»
Chris si sollevò sulle braccia e, accigliato, lo guardò.
«E questo è solo l'inizio» continuò Trevor. Chris capì che le cose si stavano facendo troppo serie allora si sdraiò accanto a lui.
«Sono pronto» disse.
«Ehm... te lo ricordi quell'uomo di cui ti ho parlato? Quello che vidi parlare con tua mamma?»
Chris annuì aspettandosi il peggio.
«Betsy mi ha detto che sono un paio di giorni che praticamente vive a casa vostra»
Calò il silenzio. Chris non poteva crederci, ma allo stesso tempo immaginava che sarebbe successa una cosa simile.
«Chris... va tutto bene?»
«No, devo andare a casa» rispose atono alzandosi. Si rivestì e Trevor fece lo stesso.
«Chris, non è il momento di fare stronzate, lo sai?»
«Sono calmo»
Trevor annuì per niente convinto. Quando lo vide uscire di casa con lo sguardo fisso per terra, capì che forse non avrebbe dovuto lasciarlo andare da solo, ma decise di farsi da parte quella volta. 

Un uomo di media corporatura, con i capelli corti, e gli occhiali sul naso abbracciava sua madre seduta sul divano, mentre Chris se ne stava sulla porta e li guardava in silenzio. Non poteva vedere viso di sua mamma perchè era coperto dalle braccia dell'altro, ma sentiva i suoi singhiozzi. Loro si accorsero quasi subito della sua presenza e ci fu un momento imbarazzante per i due che, dal divano, lo osservavano senza fiatare. Chris invece li guardava con uno sguardo di sfida. Non capiva come potessero fare una cosa simile in quel momento.
«Ehm... C-Chris, lui è Hector» disse la donna asciugandosi le lacrime e alzandosi.
«Non me ne frega un cazzo di chi è, se ne deve andare» disse Chris brusco.
«Christopher, per favore, non far-»
«Sta zitta» urlò facendo tacere sua madre all'istante.
«Devi stare zitta e lui deve andarsene»
L'uomo, che intanto si era alzato, cercò di difendere la donna che guardava suo figlio con tristezza.
«Non dovresti parlare così a tua madre»
Chris lo guardò dall'alto in basso e gli venne quasi da ridere. Come si permetteva di dirgli cosa fare?
«Ti voglio fuori da questa casa, adesso» ringhiò fra i denti pronto anche a cacciarlo fuori a calci. 
«Sei tornato» disse una vocina debole e affranta alle sue spalle. Chris si voltò e vide Betsy ad appena qualche metro da lui. Aveva gli occhi gonfi, pieni di lacrime e arrossati, il viso stanco e triste. Aveva voglia di correre da lei, abbracciarla e dirle che avrebbero affrontato tutto insieme, che non se ne sarebbe andato più, che le sarebbe stato sempre accanto, ma c'era qualcosa nell'espressione di sua sorella che gli impedì anche di muoversi.
«Dove sei stato?» gli chiese lei con un tono indescrivibilmente freddo.
«I-io... Betsy... ehm...»
La ragazza scosse la testa infastidita e contrariata dal comportamento di suo fratello.
«Vai via, Chris»
Il ragazzo rimase a bocca aperta. 
«Ti prego, Chris, vattene»
A quella supplica Chris cominciò a piangere, ma non fece scenate, non implorò perdono. La guardò negli occhi per qualche minuto, poi le si avvicinò e le diede un bacio sulla fronte carezzandole i capelli. Betsy cercò di contenersi, ma il suo cuore in quell'istante esplose. Non permise però che quel sentimento la distraesse dalla decisione che aveva preso e lo lasciò andare.




Okay, mi verogno quindi non mi dilungo. Lo so che avrei dovuto postarvi un capitolo perfetto e questo sicuramente non lo è, ma spero che lo appreziate lo stesso! 
Grazie a tutti quelli che continuano a seguire la mia FF nonostante io sia una ritardataria cronica :c
Baci :3


  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Motionless In White / Vai alla pagina dell'autore: Touch the sound