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Autore: MasBlind    06/05/2015    2 recensioni
T.E. 2952, Falandriel, è la secondogenita di Galadriel e Celeborn, signori di Lothlorien. Recatasi assieme alla madre nelle terre di Imladris (Gran Burrone), si ritroverà di fronte ad una scelta che vedrà coinvolto anche il Mezzelfo, Elrond, Signore della Valle.
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La storia narrata in questa fan fiction è ambientata qualche anno dopo dagli avvenimenti raccontati nello Hobbit, cercherò di essere il più coerente possibile con la storia che le sta attorno, ma vorrei che sapeste che ciò che scriverò non andrà ad intaccare la storia originale scritta da Tolkien.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Arwen, Elrond, Galadriel, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 4. Deloth (Avversione)


La prima notte nel suo nuovo alloggio fu la più lunga e difficile di tutte quelle che aveva passato nella sua intera vita.

Non fece altro che girarsi e rigirarsi, alzarsi, camminare a piedi scalzi per la stanza e sdraiarsi di nuovo nel letto a baldacchino, che per quanto fosse soffice e comodo, non la aiutava di certo a rilassarsi.

-Non ho alcuna intenzione di passare il resto della mia vita in questa dimora.- pensò risollevandosi dal materasso.

Nella sorte avversa si ritenne comunque fortunata, fino al giorno del matrimonio poteva risiedere in una stanza tutta sua, senza doverla condividere col suo futuro consorte, ma soprattutto senza doverne dividere il letto. Un'altra idea che la fece rabbrividire, non era avvezza a situazioni di quella natura. In 2000 anni era sempre stata da sola, e così sarebbe voluta restare. Insegnano che la vita va vissuta appieno, che l'amore sia fondamentale nella ciclo vitale di chiunque, ma quando si cresce con l'idea di vivere per combattere, nemmeno la longevità elfica poteva assicurare che la persona adorata non avrebbe sofferto per la perdita del suo amante. Falandriel non si era mai voluta legare sentimentalmente ad un altro elfo, lei era uno spirito libero, non voleva che nessuno soffrisse a causa sua, anche se, per quanto cercasse di giustificarsi con questa scusante, la realtà era lei a non avere alcuna intenzione di soffrire a causa di qualcun altro.

Aveva perso molti soldati in battaglia, amici e anche parenti, e pur avendone sofferto era riuscita a trarre da quei lutti solo forza e determinazione per portare a termine le sue battaglie. Ma cosa sarebbe successo se a morire fosse stata la persona da lei amata? Non voleva neanche immaginarlo.

Persino la dipartita di sua sorella ancora le doleva. Anche se, forse, nel suo caso, più che dolore, provava rancore.

Ma interruppe i suoi pensieri, non voleva pensarci, voleva dormire, e, per quanto futile potesse essere, era ciò che in quell'istante stava desiderando più di ogni altra cosa al mondo. Aveva bisogno di rilassarsi, doveva essere lucida per i giorni a venire, doveva pensare ad una soluzione per andarsene da quel luogo. Poco alla volta le palpebre si fecero sempre più pesanti, e l'ultimo ricordo che ebbe prima di precipitare in un sonno profondo fu la visione di una mano tesa verso di lei, un anello con una gemma blu al suo centro, delle cicatrici, e un senso di inquietudine.


***


Il giorno seguente l'elfa si svegliò di soprassalto, non sapeva esattamente che ore fossero, ma le bastò guardare la forte luce che filtrava dalle finestre per capire che fosse mattino inoltrato.

Non avrebbe voluto alzarsi dal suo letto. Per tutta la durata del suo sonno era stata pervasa da visioni piene di dolore. Non ricordava nulla di preciso, solo una mano che cercava disperatamente di afferrarla. Una mano che sapeva esattamente a chi appartenesse.

Visioni.

Falandriel odiava anche il solo pensiero di poterne avere, non le piaceva l'idea che il destino, in un modo o nell'altro, fosse visibile, per quanto labile e sfuggevole. In tutta la sua vita si era persino rifiutata di guardare nello specchio di sua madre, per quanto sapesse che ciò che gli avrebbe mostrato potesse non accadere realmente, non era intenzionata di venire a conoscenza di qualsivoglia cosa inerente al suo futuro. Era consapevole del fatto che qualsiasi tipo di visione avrebbe alterato le sue scelte, soprattutto in caso di eventi avversi e che, se avesse visto tali cose, nel cercare di scongiurarle, ci si sarebbe condotta da sola. Non era la prima volta che vedeva quella conseguenza accadere a chiunque avesse avuto il coraggio di guardare in quello specchio.

Non si sarebbe in ogni caso fatta sopraffare da, quello che decise, fosse un semplice sogno influenzato dai suoi pensieri negativi; inoltre era dai tempi poco successivi ai Valar che agli elfi non era concesso il dono della divinazione.

Decise pertanto di dimenticarsi di ciò che aveva sognato, e di non parlarne con nessuno, nemmeno a colui che era apparso in esso.

Si alzò dunque dal letto e, prima di uscire dalle sue stanze, si prese cura della sua persona. Cercò gli abiti con i quali era giunta a Imladris ma non riuscì a trovarli, al loro posto, invece, trovò un abito in crespo color salvia, con delle lunghe maniche a petalo color avorio ricamate con fili dorati, e nel piccolo scrittoio accanto, c'era appoggiata una tiara argentata, simile a quella di Elrond, probabilmente un simbolo dato a raffigurarla come sua promessa sposa; prima ancora di indignarsi a quella vista il suo primo pensiero fu quello di chiedersi quanto profondamente avesse dormito per non accorgersi della presenza di qualcuno nella sua camera.

Indossò quella veste con tale animosità che rischiò persino di strapparla, ma non poteva certo andare in giro nuda e quella fu l'unica alternativa possibile. Lasciò però lì la tiara, e, presa da un impeto di sdegno, corse fuori dalla stanza in cerca del suo caro futuro marito.

Ignorò chiunque cercasse di fermarla per darle il benvenuto o per conoscerla, non aveva il tempo né la voglia di calarsi in simili perdite di tempo mentre si dirigeva nella sala centrale. Ma con sua delusione non trovò nessuno.

Girò per tutta la dimora nella speranza di trovare Elrond e potergli rivolgere contro qualche altra parola di disapprovazione.

Innanzi tutto gli avrebbe detto che non doveva concedere a nessuno di entrare nella sua stanza senza il suo esplicito permesso, in secondo luogo gli avrebbe espresso la sua intolleranza ai gioielli, soprattutto non poteva costringerla ad indossare una simile cosa, persino quel vestito stava iniziando a darle fastidio, abituata com'era alla sua divisa con i pantaloni, sicuramente più comodi di quella gonna che, a detta sua, le impediva di compiere movimenti più ampi.

Il suo discorso aveva ormai preso una forma, ma si arrese al fatto che, probabilmente, non l'avrebbe fatto tanto presto.

Il Signore della Valle era introvabile; avrebbe potuto chiedere a qualcuno dei tanti elfi che dimoravano lì, ma non voleva parlare con nessuno, soprattutto non dopo tutta la fatica fatta nell'ignorarli.

Uscì da uno degli archi del corridoio in cui si trovava, e andò a sedersi in una panca di marmo, in quello che sembrava un unico giardino che circondava l'intera struttura, e per quanto magnifico potesse sembrare, la sua avversione per quel luogo continuava a crescere a dismisura. E fu proprio per l'irrefrenabile voglia di prendersela con qualcuno che non ce la fece più a fare finta di niente, puntò il suo sguardo verso una colonna e sbottò:

“Non so chi tu sia ma vorrei farti presente che seguire per un'ora intera qualcuno è sintomo di maleducazione e di insistente indiscrezione.”

Passarono pochi secondi, al che un giovane ragazzo, dall'aspetto di un ventenne, si fece avanti. Aveva i capelli corti e castani, un po' spettinati, gli occhi grigi e un'altezza spropositata per uno della sua età, ma ciò che la colpì di più fu il fatto che era un Uomo.

“Perdonami Hearim, sono stato poco cortese nel seguirti senza prima essermi presentato.” lo disse con un tono affabile, facendo capire che era dispiaciuto davvero, ma che se avesse potuto, lo avrebbe rifatto.

Falandriel lo guardò sconcertata, era veramente curiosa di sapere cosa ci facesse un Uomo in una valle elfica, ma l'unica cosa che gli venne in mente di chiedergli fu anche la più scontata.

Mani naa essa en lle?1

Il tuo popolo per anni mi ha chiamato Estel2, ma il mio vero nome è Aragorn. Ti chiedo ancora perdono per il mio comportamento Hearim, ma io sono un Uomo, e la mia curiosità era troppo forte per non cogliere l'occasione di sapere di più sul tuo arrivo.” fece un profondo inchino di riverenza, ma l'elfa le fece cenno di ricomporsi, certi gesti la mettevano in imbarazzo.

Chiamami Falandriel, il mio soprannome non mi aggrada più molto in questi ultimi due giorni.” disse indisposta.

Come desideri Lady Falandriel. Volevo tuttavia dirti che Elrond non è qui a Gran Burrone, e che tornerà solo nei prossimi giorni. Suppongo che anche per questo chiunque cercasse di fermarti e parlarti oggi, ma specialmente perché ha lasciato detto che in sua assenza, avrebbero dovuto rivolgersi a te.”

A quelle parole l'elfa sgranò gli occhi. Ammise a se stessa di essersi innervosita nel cercare il Mastro ovunque, ma in quel momento se lo avesse avuto di fronte, avrebbe decisamente tentato di ucciderlo con le sue stesse mani.


TO BE CONTINUED....


*Angolino scrittrice*

È stato molto più difficile questo capitolo, ed effettivamente il finale mi è uscito un po' scialbo, ma non volevo continuare a scrivere oltre. XD Sto cercando di suddividere il tutto in piccoli capitoli! >.< Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! :3

Se vi va fatemi sapere con una recensione cosa ne pensate, ovviamente che siano positive o negative, mi possono sempre aiutare per migliorarmi! **

Grazie per aver letto, e alla prossima! :)

1“Come ti chiami?”

2“Speranza”

   
 
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