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Autore: CrisBo    07/05/2015    3 recensioni
Niente odora di caciotta e umidità come il bancone del Green Man.
È oblungo, scuro e coperto da crepe e cicatrici informe di sigarette e sigari abbrustoliti. Colpa dei passanti che ci hanno riversato sopra lacrime e risate, grida e lamenti, chi per una partita del Manchester finita male e chi per una donna fatale senz'anima. Quanti bicchieri di whiskey e amaretto consumati, rotti e martoriati, quante storie hanno avvolto il legno composto e un po' rustico di quel locale casalingo. Se ogni uomo ha una sua storia allora il Green Man – che di uomo ha almeno il nome – ne ha contate più di diecimila. [Dal prologo]
************
In una città dell'Inghilterra farete la conoscenza di Grace, di Alex, di Penny, Locke e una miriade di altri personaggi che il Green Man ha adottato tra le sue mura. Sarà proprio lì che l'incontro con un gruppo di attori cambierà la loro quotidianità. Perché c'è chi resta e chi va: ma ciò che succede al Green Man rimane al Green Man.
[ STORIA IN SOSPESO. Riprenderò al più presto. ]
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aidan Turner, Dean O'Gorman, James Nesbitt, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13.
Cheers!

Nonostante tutti ci fossimo nascosti nel migliore – peggiore – modo possibile era alquanto innaturale che Martin Freeman ci cascasse.

Io stavo cercando di non sbucare fuori dal tavolo con la testa, trattenuta saldamente da una mano di James che mi teneva il polso. 
Con una fluidità pari a quella di un'anguilla ero riuscita a posizionarmi in maniera tale da riuscire a vedere l'ingresso.

Vidi Martin completamente bloccato sull'uscio della porta.

Era divertente vedere quanto fosse rimasto imbambolato come un Bronzo di Riace a osservare le sue fotocopie in cartonato, intento a mostrare il dito medio in ogni posizione esistente al mondo.

Lo vidi guardarsi in giro con aria smarrita.
Alzò un indice. Provò a dire qualcosa. Abbassò il dito. Non disse più niente.

Rimase fermo davanti alla porta, piegando la schiena in avanti per cercare d scovare qualsiasi essere che non fosse fatto di carta e – all'improvviso – qualcuno fece scoppiare un petardo di stelle filanti da una zona anonima e la prima a balzare fuori dal suo nascondiglio fu Amanda.

«Sorpresa!»

Urlò, allargando le braccia e subito dopo di lei uscimmo tutti quanti. Ci fu gente che applaudiva, altri che lanciarono striscioni, palloncini volanti, altri deturpavano l'udito con trombette da stadio, altri stavano facendo tintinnare i boccali, il Belgo aveva condito l'aria con un assolo di chitarra che ci fece elettrizzare tutti.

Martin Freeman era rimasto basito e stralunato davanti a quella baraonda. 
Vidi Amanda gettarsi al suo collo in un abbraccio stretto, baciandolo sul naso.

Martin divenne rosso e, finalmente, sorrise di gusto mentre stringeva la moglie e regalava a tutti i suoi amici – e a noi – sguardi da chi non sta capendo bene cosa stia succedendo.

«Il mio compleanno non è oggi, però.»
«Non è per il tuo compleanno.»
Richard sbucò da un lato, con passo cadenzato e sciolto, mentre gli posava una mano sulla spalla.
«Volevamo festeggiare con te il nuovo spettacolo. E poi sappiamo quanto ami le sorprese.» Disse Richard, guardandolo.
«Non amo le sorprese.» Rispose Martin, con un sorriso amplio.
«È per questo che ci piace fartele.»

Martin rise e Richard con lui e tutti si avvicinarono alla coppia di amici, chi stringendosi nelle spalle e chi abbracciandosi, già con un amplia dose di alcol nel sangue.
«È inquietante vedermi in stile cartonato, siete consapevoli?»
«Vedrai come sarà inquietante dopo che berrai questo!»
Aidan gli piazzò tra le mani un boccale di qualcosa di non identificato mentre Dean posò una mano sulla testa di Bilbo. 
Amanda cercava di trascinarlo verso la sala. Il Belgo riprese a suonare senza sosta, seguito a ruota dal suo complesso, e tutti tornarono nella loro degustazine di alcol e cibo.

La musica richiamava molto le terre di Arda e io ero in preda ad un ciondolare allegro del corpo, incapace di bloccarmi. 
Il fatto che avessi ancora James attaccato al polso delineava un processo di moto alquanto bizzarro. 
Ma lui mi fermò prima che io potessi cominciare a saltellare allegra e mi trascinò alla volta di Martin e tutti gli altri.

Io sapevo di avere ancora dei pezzi di zucca sulla faccia ma, in quel momento, stavo solo cercando in tutti i modi di non sprofondare nell'imbarazzo più totale.

«Visto che questa sarà la tua serata, dopo la mezzanotte, assisterai ad un evento di portata unica.» Biascicò James, già porgendogli un altro boccale di birra.

Martin non aveva più mani per tenere niente visto che era stato ricoperto di adesivi, cappellini, striscioni, un pupazzo, due boccali, un mantello, dei fiori e uno strano aggeggio a forma di drago.

Era piuttosto ridicolo e, così, cominciai a ridere. Mi sentivo una paresi facciale per quanto stavo consumando tutti i muscoli del viso per tenere quell'espressione.

«Spero che non sia una delle tue idee. Non voglio più vederti provare a saltare da un tavolo all'altro fingendo che ci siano dei Tremors sotto terra.» Disse Martin, sgranando gli occhi.
«Tu non sai divertirti.» Rimbeccò James. «Era un gioco meraviglioso.»
«Hai tentato di uccidermi con dei pomodori.» Continuò Martin, facendo una smorfia.
«Perché so che ti piacciono molto i pomodori.»
«Sì, non se me li lanci a trenta chilometri orari in piena faccia e con una fionda.»

James fece spallucce, Aidan e Dean cominciarono a ridere a perdifiato, seguiti a ruota da Amanda.

Io mi ero voltata verso James con uno sguardo stralunato, che lui notò perché mi rispose con un sorriso divertito.
Quell'uomo stava, inconsciamente, diventando perfetto ai miei occhi.
Sentivo il cuore che mi stava esplodendo nel petto.

«Prima di invitare queste belle fanciulle a ballare» disse Richard, guardando verso Penny, alzò il boccale e invitò tutti a porgere a lui l'attenzione. «Volevo dire due parole.»
«Che siano due, perché non ho voglia di ascoltare i tuoi discorsi.» Lo prese in giro Graham.
Richard lo guardò con un sorriso criptico che aveva già fatto svenire due donzelle che stavano cinguettando dietro di noi.

«Prima che tutto diventi sfocato, alcolico e molto rumoroso, volevo brindare a voi.»

Nonostante la musica ci avvolgeva come una spira colorata sentivo tutta l'attenzione della Sala verso Richard.
Molte sventolavano sottobicchieri per evitare di morire ad ogni suo sguardo.
Mya, Locke e Jacq mi si avvicinarono e io sentivo sempre più pressante la morsa nel polso di James. 
I miei polmoni stavano dicendo addio all'ossigeno una volta per tutte.

«Volevo ringraziare, prima di tutto, il Green Man e i suoi abitanti

Nel dirlo ci guardò e tutti fecero altrettanto. 
Io mi ero, inconsciamente, appolipata tra James e Alex, trotterellato fin lì con la sua nuova sorridente ragazza. Stavo arrossendo come una citrulla.

«Ci avete dato l'onore di poterci sentire a casa dentro queste mura e avete creato qualcosa di straordinario. Grazie per averci permesso questo, è un ricordo che mi porterò sempre nel cuore.»

La sua voce stava facendo sciogliere anche i cuori dei più temerari. 
Vidi Locke tentare di nascondere lo sguardo luccicante e Penny sorridere pienamente, stringendosi la vita. Alex mi sgomitò contento e io mi sentivo impazzire di gioia.
Il fatto che James avesse fatto scivolare le sue dita verso le mie stava creando altri vortici interiori complessi.

«E volevo brindare ai miei amici, ai miei Compagni di avventura. So che da quando il nostro viaggio è finito continuiamo a ripetere sempre le stesse cose. Ma credo che non saranno mai abbastanza.»

Sentì tutti alzare i boccali e gracchiare degli “oh” e “ehi” e “facci sognare, Richard”.

«Siete diventati la mia famiglia e, anche se momenti di questo genere non si ripeteranno spesso, non dimenticherò. Non lo farò mai.»

I miei occhi scivolarono inconsapevoli verso Martin e lo vidi guardare Richard con un sorriso molto dolce. 
Mi sembrava che i suoi occhi stessero cercando di trattenere delle lacrime. O un principio di cascate del Niagara.

Mi sentì invasa da una commozione totale, non osavo immaginare il cuore di questi impavidi nani di fianco a me che cosa potessero provare.

«E, infine, grazie a te Martin. Di nuovo. Per la centesima volta, grazie. So che avresti preferito una festicciola più intima, a casa, una scatola di scacchi e un buon sidro.»

Martin sorrise e Richard fece altrettanto. 
Quei due avevano un modo di sorridersi che nessuno dei miei autori incompresi avrebbe mai potuto descrivere. 
Mi tornarono alla mente le immagini del film, degli abbracci, dei pianti e delle belle parole.
Accidenti, quelle persone mi stavano facendo diventare ignobilmente sentimentale. Non andava per niente bene.

«Ma sai quanto mi piace renderti la vita difficile. E poi sei ridicolo conciato in questa maniera, non potevo perdermi uno spettacolo del genere.»

Tutti risero, alzando di nuovo i boccali, e vidi Richard scivolare verso di lui con passo un po' pesante. Lo tirò per una spalla e lo avvolse in un abbraccio stretto.

Alcune fanciulle si asciugarono qualche lacrima commossa e vidi anche Graham tirare su con il naso, mentre Stephen gli dava possenti pacche sulla spalla. 
Manu Bennet aveva pogato un paio di volte con un tavolo pur di assistere a quella scena.

«Sai che dopo questa le storie sul nostro conto quadruplicheranno, vero?» Disse Martin, stringendolo ancora.
«Basta che ricorderanno che, fra i due, sono io quello bello.» Rispose Richard.
Vidi Amanda scivolare verso di loro con un sorriso e tirare Martin per i fianchi.
«Richard so che me lo vuoi portare via, ma sei arrivato tardi.»
«No no, prenditelo, che non lo sopporto troppo a lungo.»

Tutti risero di nuovo, Martin gli diede un'ultima pacca sulla spalla e – alla fine – brindammo con una cospicua dose di alcol. Io mi sentivo già brilla andante.

Richard s'era di nuovo ricongiunto con Penny e tutti cominciarono a vorticare in ogni posto e in ogni luogo. 
Vidi il mio Walter gironzolare per ritrovare Dean e quando vidi il biondo chiedergli se voleva ballare con lui cominciai a ridere.

Ero ancora gelosa del mio quadrupede ma sapevo che era in buone mani.

La Zattera Bruciata aveva cominciato a suonare “Cottone eye-joe” e tutti cominciarono a ballare come degli ossessi. 
In tutto ciò io non mi ero ancora staccata da James e la cosa stava diventando quasi ufficiale, per le nostre mani.

«Giochiamo a trovare il vero Bilbo!»

Urlò Aidan alla volta di tutti, alcuni gli lanciarono contro dei tovaglioli colorati e altri accettarono con esuberanza la sua proposta.
Io ero una di quelle.

Fecero bere a Martin un altro bicchiere a goccia – e data la sua altezza avevo paura che non riuscisse più ad accumulare altro alcol dentro al suo corpo – e lo fecero nascondere in posti segreti.

Le luci si dissiparono alquanto e tutti cominciammo quel gioco.
Scoprimmo che come passatempo era, di certo, divertente ma piuttosto stupido. 
Nel mentre riuscì a spillare altre dieci birre, quattro shot, sedici cocktail e degli strani pasticcini al rum.

Una vampata di vapore al cioccolato ci fece tutti voltare da un lato e, dal suo antro oscuro, uscì anche la figura dello chef.
Molti rimasero abbagliati e altri persero l'uso della parola.

Lo chef non ha un nome in codice, tutti lo chiamano “Chef” anche nella vita reale. Non è magro e non è grasso, è un po' robusto e ha un paio di baffi talmente curati e possenti da far invidiare quel portamento perfetto alla volta degli altri maschi della sala. Per quanto non sia un Apollo è di certo piacente e ha un paio di occhi ambrati da far innamorare chiunque al suo sguardo.

Ha il carattere, però, di un irlandese dopo che ha perso una scommessa quindi è difficile instaurare con lui un rapporto amichevole.

«Lo chef!» Mormorarono alcuni.
«La figura mitologica è uscita dal suo tempio.» Questo era Locke.
«Oh, santa spatola, sei finalmente giunto fra noi.»

Lo chef si scricchiolò le dita e ci fece l'occhiolino. Due ragazze si erano già innamorate all'istante.

«Vi straccio tutti a questo gioco, plebei.»

E fu così che cominciammo a gironzolare tra i cartonati, tra risate, prese in giro, qualche cazzotto e gli inciampi da persone poco sobrie. 
Dean aveva sperato di vincere per almeno due volte.
Aidan era convinto di aver trovato quello vero perché stava palpando il braccio di Paul che, in quel momento, era proprio dietro uno dei cartonati.
Io avevo placcato un Bilbo con ben due dita medie davanti alla faccia e James ne aveva sollevato uno per picchiare in testa Stephen – con finto attacco da guerrafondaio – perché gli aveva rubato un tortino.
Amanda si era portata dietro Jacq e roteavano come due fiori da una parte all'altra. 
Locke continuava a maledire ogni cosa in gerghi turchi ma bastava uno sfioramento con Mya per quietarsi.
Penny e Richard erano due angeli a parte, che giravano intorno, guardandosi negli occhi e sorridendo pieni.

«L'ho trovato!» Urlò Dean.
«Ehi, non toccarmi con quelle mani, quello è il mio sedere!» Urlò Aidan di rimando.
«Ma perché sei sempre in mezzo, tu?»
«L'ho trovato io!» Da una parte Graham stava sollevando Shan, che era già brillo ma in pieno sventolamento delle proprie scarpe da Gulliver.
«Io non sono un hobbit, sono un affarista importante.»
«Hai dei piedi enormi, però.»
«Oh, ma grazie.» Rispose Shan.
«Qualcuno l'ha visto? Continuo a sentirmi indifeso davanti a tutti questi cartonati. Mi mettono agitazione.» Si lagnò Aidan. 
La sua ragazza gironzolava dietro a lui con aria allegra. Dietro di lei ce n'erano altre tre con cellulari in mano e lucida labbra brillanti.

«Richard attento!»

Urlò una voce dal nulla. Vidi Richard voltarsi di scatto e trovarsi avvolto da un filo volante attorno al collo. 
Martin gli aveva agguantato la schiena e lo stava intrecciando. La cosa doveva trovarla molto divertente visto che rideva all'impazzata.

«Maledetto Scassinatore.» Sibilò Richard, incespicando in avanti.
«L'ho trovato!» Urlò Aidan, di nuovo, tirando su un altro cartonato.
«Ma se è qui!» Sbraitò Richard. «Mi ha legato! Salvatemi.»
«Ma allora questo qui chi è?»
Aidan ruotò il suo cartonato e si ritrovò davanti la faccia di Bilbo Baggins mentre sorrideva con una mano. L'altra era impegnata nella solita graziosa posizione.
«Questi cartonati mi mentono.»
«Aidan, smettila di bere che stai diventando scemo.»
«Non ho ancora bevuto abbastanza, fratello.»
«Tieni allora!» Dean, con una mossa da kung fu, gli rovesciò sulla chioma riccia una cascata di birra chiara. 
Quello cominciò a lagnarsi, sbracciando verso il neozelandese. Il biondo prese a ridere, scappando via dalle sue grinfie.

«D'accordo: chi ha voglia di un karaoke?»

Locke era spuntato da dietro un tavolo con un microfono in mano e l'aria di uno che si stava divertendo molto. 
Avevo sperato che, infine, una qualche calamità naturale avesse impedito lui di porre una domanda del genere a questa festa.
Un'invasione di locuste. Una riunione anonima dei Clown del quartiere. L'arrivo inaspettato di Ben Affleck e del suo strano mento.

«Locke, forse è meglio non-»

Ci provai ad evitare il disastro atomico che si sarebbe scatenato ma, nella degenerazione di quel momento, si levarono urla e battiti di mani di pieno assenso. 
Tutti erano entusiasti della cosa. Io guardai verso Alex e Penny ma nessuno dei due era pronto a mostrarmi attenzione.

«Voglio cominciare io! Canto “Prendimi amore mio, che nel burrone non voglio cadere”.» Incalzò Aidan.
«Oh, è una canzone romantica per me?» Cinguettò la sua ragazza.
«Ma certo.» Aidan non sembrò molto convinto della risposta.
«No, io! Canto “L'hangover fa male dopo i cinquanta”.» Esclamò Dean alzando una mano.
«Ma piantatela con queste schifezze. Vado io che ne ho una degli AC/DC perfetta.»
«No Graham, tu non sai cantare. Sembra sempre che uccidi qualcuno quando ci provi.» Intervenne Adam, pigiando le labbra.
«Posso cantare io con il “Ballo della pannacotta?”» Questo era Stephen.
«Io ne so una sulle scarpe della Regina d'Inghilterra.» Disse Shan, alzando una mano.
«Shan no, altrimenti poi devono farmi cantare “Jar Jar smettila di vivere”, inventata da me medesimo.» Intervenne Paul.

Russò cominciò dei volteggi di voce francese da sembrare un divo di hollywood, Jacq aveva azzardato a mettersi in mezzo ma poi si era ritratta, Penny e Richard confabulavano cose, Alex non sapevo neanche se stesse seguendo tutta quella conversazione. Alcune ragazze chiesero di cantare una canzone dei Nirvana, ma poi successe ciò che più temevo.

James barcollò verso di me con una grazia di un elefante monco e mi prese per le spalle.

«Perdonami.» Biascicò lui.
«Per cosa?»

Mi guardò per diversi istanti , senza rispondermi, prima di defilarsi via da me e andare a prendere Richard per un braccio. 
Li prese tutti in realtà, con lo sconforto di alcune ragazze e anche del Belgo che era stato costretto a pigiarsi dall'altro lato del palco per non venire invaso.

Io feci un slalom tra i tavoli per finire proprio davanti a loro e vidi Jacq e Penny correre verso di me, affiancandomi.
Io non sapevo bene cosa pensare.

Continuavo a guardare James e lo vidi intento a parlare sottovoce a tutti quanti, dire qualcosa al Belgo, indicare verso di me – cosa che mi procurò vortici interiori possenti, cosa che il Triangolo delle Bermuda non era niente a confronto – e aspettai la fatidica ascia mortale sulla mia testa.

Erano tutti allegri e sciolti, io stavo evitando di attaccarmi all'ennesimo boccale per non perdere l'uso della memoria. 
Sentivo le mani sudarmi dal nervosismo e il cuore uccidermi il petto. Avevo ancora il volto appiccicato di tortino, accidenti.
Non osavo guardare in che condizioni fossi.

«Prima che il mio amico Billy arrivi, il mio caro amico James mi ha proposto di cantare una canzone.»

Billy. Billy. Billy. Ma di quale Billy stavano parlando?

«Una canzone che ci unisce tutti, cantata in un luogo che è casa per molti.»

Smisi di pensare e mi concentrai sulle parole di Richard. 
In un attimo persi l'uso della salivazione e andai a guardare verso James, sgranando gli occhi. Lui mi guardò con un sorriso pieno e io, in quel momento, capì.

Il Belgo prese a strimpellare delle note acustiche con la chitarra e Richard abbassò la voce, cominciando a intonare una canzone che conoscevo fin troppo bene. 
Una di quelle da ascoltare davanti ad un camino. In una piccola ma confortevole casa. Mentre dei nani nostalgici ricordano delle mura di pietra e dell'oro sepolto sotto le spire di un Drago.

Chiusi gli occhi e mi lasciai beare dalla sua voce.

 

Lontano su nebbiosi monti gelati /
in antri oscuri e desolati /
Partir dobbiamo, l'alba scorfiamo /
per ritrovare gli ori incantati.

 

E la voce di tutti gli altri si legò a quella di Richard e sapevo che stavo sorridendo pienamente, sentendomi dentro quella scena com'era successo la prima volta che l'avevo vista, seduta su una poltroncina d'un cinema sperduto, a mangiare pop corn e a godermi, dopo troppi anni, di nuovo l'immersione nella mia amata Terra di Mezzo. 
Continuavo a rivedere le loro facce, sentendomi in casa Baggins, davanti al calore del fuoco.

Non potevo credere che mi stesse succedendo una cosa simile, adesso, proprio davanti a coloro che mi avevano regalato così tanto, stando dietro ad uno schermo.
 

Ruggenti pini sulle vette /
dei venti il pianto nella notte /
Il fuoco ardeva fiamme spargeva /
alberi accesi, torce di luce.

 


Riaprì gli occhi una volta che smisero di cantare e li sentivo stranamente lucidi. 
Avevo tutta la pelle arricciata per i brividi che mi erano saliti su per la schiena. 
Se non fossi certa che quello era un momento magico avrei pensato che mi stava per venire una strana malattia.

Tutti applaudirono, altri levarono in aria dei boccali, alcune ragazze piansero sul serio, altri accerchiarono i nostri eroi con risate e esulti da stadio.

Jacq mi aveva preso per un braccio, contenta, dicendomi qualcosa che non riuscì a capire pienamente. 
Penny fece la stessa cosa ma io avevo il cuore in subbuglio dall'alcol e dalle emozioni che ero diventata sorda a tutto ciò di esterno.

M'accorsi di vivere in uno stato di rallentamento del tempo, vidi qualche boccale passarmi davanti al naso. 
Alex che mi faceva bere un cocktail e Dean venirmi a dire qualcosa riguardo al mio cane che, diligente, era rimasto ad ascoltarli davanti al piccolo palco per tutto il tempo.

Io continuavo a fissare James e quando lo vidi scendere e venirmi incontro fui invasa da una consapevolezza nuova. 
Sapevo che stavo sorridendo come il joker ma non riuscivo a smettere.

«Eccolo lì.» Mi disse, indicandomi le labbra. «Era proprio quello che volevo.»
«Come facevi a sapere che-»
«Oooh, io so sempre tutto. Anche io odio il karaoke, ma nel male c'è da vedere il buono, giusto?»
«G-giusto.»
Stavo balbettando. La cosa stava perdendo il controllo.
«E non è ancora finita.» Mi sussurrò lui con un sorriso e io pensai che, se voleva uccidermi, doveva farlo in fretta perché non resistevo più.

Quante altre cose sarei riuscita a sopportare quella sera?
Il mio cuore non poteva reggere ancora. Lo sentivo battere come mai mi era successo, tanto da fare male al petto. 
Le gambe erano molli e non riuscivo a spiccicare più parole.

Pensai disperatamente a qualcosa che mi potesse calmare, in quel momento, ma James mi prese – di nuovo – per mano e lo lasciai fare, senza opporre resistenza.
Qualcuno avrebbe scritto un bruttissimo CD su questa situazione e sarebbe uscito il capolavoro di Wimbledon Park, ne ero sicura.

«Obbligo o verità?» Mi chiese lui, furbo.
«Obbligo.» Risposi io, senza pensare.
«Devi creare il tuo capolavoro assoluto alcolico, per me e per te, e poi vieni fuori. C'è una festa che sta aspettando.»

Sorrisi, sfilando via dalla sua presa, andando verso il bancone. 
Non avevo ancora scampanellato la mia adorata campana, ma mi ero armata con il mio apri-bottiglia Han portafortuna. 
Non riuscivo a tenerlo bene visto che mi tremavano le mani.

Incrociai Alex con due occhi di fuoco e le guance arrossate. La ragazza coi capelli a caschetto non era nelle sue vicinanze perciò gli sorrisi un po' maliziosa.

«Mandrillo, come sta andando?»
«E a te, mandrilla?»
«Te l'ho chiesto prima io.»
«Aaaah, Grace. Come ti sembra Meredith?»
«Mi sembra perfetta per te.»
«Sì lo è. Ma ha...solo un difetto.»

Lo vidi appoggiarsi sul bancone, che quel giorno ospitava leccornie molto profumate, così che la caciotta era stata abolita per un po'. 
Il legno martoriato dai graffi e dalle bruciature ora reggeva i gomiti del mio migliore amico, così come aveva fatto per molti altri.

«Che difetto?»
Lo guardai, mentre ero intenta a versare alcolici e analcolici e spicchi d'arancia dentro i miei cocktail della morte.

«Non è Penny
Sussurrò lui, alzando gli occhi su di me. Io rimasi senza parole per qualche secondo e rimasi a guardarlo. Per quanto fosse così bravo a nasconderlo, il suo cuore non era mai stato deviato dalle sue attenzioni primarie. Guardai verso Penny e la vidi intenta a danzare davanti al Belgo con Jacq, come due ragazzine felici, e sospirai.

Ero stata un'egoista a non capire quanto lui stava cercando di tenere dentro di sé. 
Ero stata così deviata da tutte quelle novità che avevo perso di vista il mio socio e la sua propensione a sorridere sempre, anche quando dentro avrebbe voluto gridare.

«Tieni.»

Gli porsi il mio cocktail, tralasciando il fatto che gli stavo offrendo quello che avrei dovuto dare a James. 
Alzai lo sguardo per cercare l'irlandese e lo vidi intento a ridere con Locke di qualcosa che non potevo decifrare da quella distanza.

«Non voglio rovinarti la serata, ho visto come sei...diversa, stasera.»
«Non sono diversa.»
«Sì lo sei. Ma tu non lo vedi.» Mi disse lui con un sorriso.
Io gli sorrisi di rimando e alzai il mio cocktail, per brindare con lui.
«Cheers, amico. Non perdere mai il sorriso, anche perché ci sono io qui, specialmente quando pensi di essere solo. Ricordatelo sempre.»
Lui mi guardava con occhi un po' da cucciolo bastonato e un po' da bevitore accanito di rum e mi strinse in un abbraccio stretto.

Durò pochi secondi e poi lo vidi venire braccato dalla ragazza con le lentiggini. Lo lasciai andare con lei e io ripresi a preparare un altro cocktail.

Fu in quel momento che mi trovai davanti al naso il ragazzo dai capelli ricci e gli occhi verdi. 
Era seduto davanti a me e mi fissava in modo strano. Forse stavo facendo lo stesso con lui.

«Posso invitarti a ballare?»
Mi chiese, puntando i palmi sul bancone.
«Ma tu da dove diavolo sbuchi?»
«Da un buco. Nel terreno.» Mi rispose lui, sorridendo.
«Non posso ballare, io non sono capace.»
«Neanche io, ma credo che nel mondo debba esistere gente che non sa ballare perché è molto più divertente roteare per la pista sapendo che potresti inciampare, scontrarti, sgomitare e finire a gambe all'aria. Non trovi anche tu che i balli romantici siano molto più noiosi?»
«S-sì...sì lo trovo anche io.»

Non sapevo bene cosa rispondere perché quel ragazzo continuava a sorridere e a guardarmi con un'aria del tutto smaliziata. 
Senza che potessi neanche pensare di rispondere ancora una volta un “no” mi ritrovai presa per un braccio e tirata verso la zona del palchetto.

Dovetti dire addio ai miei cocktail per il momento.

«Io non so neanche come ti chiami, te ne rendi conto?»
«È importante?»
«Potresti chiamarti Usberdolo, non credo che vorrei ballare con uno che si chiama così.»
«Mi chiamo Will.»

Avrei dovuto rispondere presentandomi ma, in quel momento, non seppi dire perché non mi venne di farlo. 
Il fatto che, insieme, formavamo l'improbabile coppia di Will&Grace fece scattare, nella mia testa, una strana sigla d'apertura che riguardava me e quel ragazzo. 
Bere troppo alcol stava cominciando a farmi divagare.
Sentì la sua mano prendermi la mia e l'altra ficcarsi dietro la mia schiena.

«Non è un ballo romantico. Il Belgo sta suonando “Hound dog”.» Dissi io, allargando gli occhi.
«Allora reggiti

Strizzai gli occhi e finì per stringermi a lui.


 


 


 

NA.
Sì la mia festa durerà ancora un altro capitolo in teoria xD la sto portando per le lunghe, I know v.v ma mi diverto così che ci posso fare.
Ah la scena dell'abbraccio Richard-Martin la dedico a leila91 perchè SO quanto ami queste cose, ma in fondo la dedico a tutte quante <3
Eeeeh niente, non ho molto da dire. Succedono cose, non succedono cose, chi lo saaa.
Okay sto impazzendo. Intanto spero di aggiornare presto per la prossima volta. Un bacione a tutte e grazie sempre sempre sempre a chi mi segue e a chi mi legge e a chi tutto.

 

 

  
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