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Autore: King_Peter    07/05/2015    13 recensioni
{ Interattiva | Tremate, tremate, i mezzosangue sono tornati! | Storia completa }
Il Tartaro ha inghiottito tutti.
Innocenti si sono smarriti, peccatori sono affogati, dannati si sono perduti.
Gli dei si sono indeboliti, consumati dalla loro smania di potere, prede indifese della tanto ambita vendetta dei loro nemici.
Il mondo è sulla soglia di una nuova grande guerra e, dopo la sconfitta di Madre Terra, i semidei, sia romani che greci, dovranno affrontare una minaccia ben più grande di Gea, una minaccia che segnerà la loro vittoria.
O la loro fine.
♦ ♦ ♦
Dal testo: Sangue, Corpo, Cuore.
Le parole di Elena acquisivano finalmente un senso, mentre Lion assisteva riluttante a quel rito macabro ed antico come la terra stessa: serviva il sangue di un figlio degli Inferi, il corpo di qualcuno che era andato spontaneamente verso il proprio destino ed, infine, il battito di un cuore puro che potesse riportare sui suoi passi anche la morte.
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Ade, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. La legge del pforte


Il sapore forte della terra si mischiò lentamente alla saliva che aveva in bocca, mentre fili d’erba secca gli solleticavano il viso: ogni centimetro del corpo di Lion urlava di dolore, le ferite fresche sulle braccia che bruciavano come se qualcuno le stesse massaggiando con tizzoni ardenti.
Sentì la fronte sudare, mentre tentava inutilmente di rimettersi in piedi.
Tossì forte quando parte del sangue gli andò di traverso lungo la gola e il suo sapore metallico gli invadeva la bocca, poi si rannicchiò su sé stesso, cercando di provare meno dolore possibile. Era lì, disteso su un fianco, con la sola compagnia delle gemme e delle pietre preziose con cui la terra aveva risposto alla sua chiamata.
Cercò di alzarsi, puntellandosi sulle ginocchia, ma il suo corpo non aveva intenzione di obbedire ai suoi comandi, ricadendo ogni volta a terra, come una bambola di pezza. 
Il suo stato di semicoscienza lo incitava a non addormentarsi e a rimanere vigile, visto che c’era una buona probabilità di cadere in coma irreversibile o morire, addirittura. Urlò, contorcendosi come un ragno appena calpestato, dimenandosi con le gambe in cerca di un appiglio per rialzarsi.


Lion era a terra, il fianco completamente ricoperto di sangue, la pelle scottata, gli occhi troppo neri e gonfi per cercare di aprirsi. Sopra di lui il cielo era livido di rabbia, le nuvole grigie facevano sentire la loro presenza, avvertendo l’arrivo di una tempesta. 
Urlava, Lion lo sapeva, stava urlando nel bel mezzo del nulla, con una cupa casa diroccata che gli faceva da sfondo.
Ma non gli importava. 
I suoi occhi erano colmi di lacrime, le sue mani stringevano furiosamente un pugno di foglie strappate a qualche albero, albero al quale aveva tentato di appoggiarsi per riprendere fiato. ll cielo sopra di lui rombava, coprendo i suoi lamenti di dolore.
Stava pregando, cosa che Lion non aveva mai fatto.
Non sapeva cosa ci fosse sopra di lui, se un Dio con la “D” maiuscola, dei o alieni, ma invocò aiuto, tentando di ignorare il dolore che lo stava consumando da dentro, come se un mostro albergasse dentro di lui e stesse cercando di uscire. Non lo aveva ammesso ad alta voce, ma aveva paura.
Era solo. Era debole. Vulnerabile.
« Devi alzarti da solo, se vuoi vivere. » gli disse una voce nella testa, una voce più forte del dolore, la pagliuzza che qualcuno gli stava offrendo per non affogare e a cui Lion tentò di aggrapparsi, « Dimostra il tuo valore, romano. »
Nessuno sarebbe venuto lì a salvarlo.



La mente di Lion volò a quel ricordo, quel ricordo che conservava sotto pelle e che era sempre pronto a ricordargli la sua vera storia, la sua origine. 
La sua stessa essenza.
Suoni gutturali uscirono dalla sua bocca, senza che lui ne avesse il controllo: provò il prepotente bisogno di chiedere aiuto, invocare suo padre, magari, ma gli anni che aveva passato al Campo Giove gli avevano insegnato a contare solo sulle proprie forze, senza aspettarsi nulla da nessuno. Il dolore era troppo forte, come se qualcuno lo avesse avvolto nella carta stagnola e avesse deciso di cuocerlo al forno.
Lion si chiese come avesse fatto a resistere fino a quel momento. 
Sarebbe morto lì, per le stupide ferite di un segugio infernale e per le scottature di un paio di mostri, quando era sopravvissuto a ben altro, nella sua vita. 
Stava quasi per mollare, per pagare il biglietto di sola andata verso gli Inferi, quando il suo cervello registrò l’avvicinarsi di voci e passi sull’erba. Si dimenò, con le sue ultime forze, e tentò di urlare, anche se dalla sua bocca non uscì alcuno suono.
Provò ancora, ma non ci fu nulla da fare.
Non era il suo cervello sovraeccitato, però, ad avergli giocato un brutto scherzo: l’esplosione, effettivamente, aveva creato parecchio scompiglio giù al campo, quindi ninfe e satiri erano venuti a controllare, accompagnati da un paio di semidei che si aggiravano da quelle parti. 
« O miei dei! »
La voce di quel ragazzo era a pochi passi da lui. Quasi non si accorse quando un paio di satiri lo girarono pancia all’aria, il volto sporco rivolto verso il cielo. Qualcuno toccò la sua ferita, ma lui urlò, costringendoli ad allontanarsi. 
Si accorse di essere legato a quella vita più di quanto volesse davvero ammettere.
Aprì gli occhi, iniettati sangue, mentre quello che presupponeva essere un semidio, si era inginocchiato accanto a lui, tirando qualcosa di sbriciolato fuori da una tasca.
“Ambrosia.” fu il suo unico pensiero.
Quando il ragazzo, però, tentò di imboccargli quelle poche briciole, Lion cominciò ad essere colto da spasmi e, volontari o involontari che fossero, gli impedirono di accedere a quelle poche briciole preziose, briciole della medicina che lo avrebbe potuto salvare. 
Alcune ninfe urlarono, interrompendo il canto magico che stavano usando per curare le sue scottature, i satiri lasciarono le loro mazze da combattimento, per costruire una barella rudimentale per trasportarlo.
« Maledizione, bello. Sta fermo, ti prego. STA FERMO! » esclamò nel panico il semidio, cercando di tenerlo per le spalle, senza successo. Alzò lo sguardo, scrutando tra la folla che si era creata intorno a Lion. 
« Castiel, grazie agli dei! » urlò, per sovrastare il coro di voci intorno a lui, « Vieni ad aiutarmi, SUBITO! »
Lion era vagamente consapevole di stare perdendo il controllo: un altro ragazzo, dall’aspetto abbronzato, per quello che poté vedere, si avvicinò a lui, provando a toccargli la fronte. Lo intercettò, afferrando il suo polso, mentre chili di metalli continuavano a riaffiorare in superficie.
Parecchi di loro urlarono.
« Sta perdendo il controllo! » gridò qualcuno fra la folla.
« MIEI DEI! »
« Castiel, usa il tuo potere. » ordinò il primo ragazzo, tenendo fermo Lion per le spalle, « Calmalo, adesso! »
Il secondo era evidentemente arrossito, ma gli mise lo stesso le mani sulle guance coperte di barba, guardandolo negli occhi.
« Ci provo. » sussurrò e, quando iniziò a guardarlo, fu quasi impossibile resistere al suo sguardo: Lion si perse in quegli occhi, questa era la verità. Non si accorse nemmeno che l’altro gli aveva fatto ingoiare a forza dell’ambrosia e che qualcuno lo issò su una barella.
« Il Campo Giove, io devo … dev …»
« Che sta dicendo? »
« Non ne ho idea, Wolfie. »
« In infermeria, subito! » disse uno dei satiri, « Chiamate Chirone, ci servirà aiuto per salvarlo. »
« Lasciatemi … andare. » 
Lion svenne.


Era come essere andato all’Inferno e aver fatto ritorno.
Fu proprio così che si sentì Lion appena ebbe la forza di aprire gli occhi: inizialmente non si rese conto di dove fosse, visto che il tetto di legno ricordava molto quello che avevano alle baracche del Campo Giove. Poi vide le sottili tende di lino circondare quello che doveva essere il suo letto, sul quale era steso.
Si sentiva la testa pesante e confusa, come se un camion avesse fatto retromarcia più e più volte su di lui. Il sangue pulsava nelle tempie, mentre cercava di riconnettere il server che era il suo cervello e riordinare i pensieri, pensieri che, dopo pochi secondi, tornarono a tormentarlo.
Pensava di essere solo, ma non si spaventò quando i suoi occhi incontrarono quelli scuri di una ragazza, la carnagione pallida e i capelli neri come la notte. I contorni violacei sotto le sue palpebre gli rivelarono che era rimasta lì a vegliarlo, per chissà quante notti.
Il sole di giugno filtrava luminoso tra le persiane socchiuse, mentre piccole lanterne proiettavano costellazioni sul soffitto di legno e un aroma simile a cannella si spandeva per la stanza.
« Non dovrei essere qui. »


« Non dovrei essere qui. »
Era un sussurro quasi impercettibile, visto che aveva passato le ore ad urlare a squarciagola al niente e, adesso, aveva perso le speranze.
Nessuno sarebbe venuto a salvarlo. Ora ne aveva la conferma.
« Devi alzarti da solo, se vuoi vivere. » gli aveva detto la voce, « Dimostra il tuo valore, romano »
Ma lui non si sentiva forte, non era un combattente: era debole e, in più, era ferito. Non ce l’avrebbe mai fatta ad alzarsi.
« Concentrati! » lo spronò, un ringhio per niente umano che viaggiava nel sottofondo, come su una frequenza diversa, « Doma le tue emozioni, semidio. Dimostrami che sei degno di essere salvato. »
Cercò di alzarsi, poggiando i palmi a terra, ma ricadde subito. Provò ancora, e ancora, e ancora, ma non c’era verso di alzarsi.
« Non lo vuoi veramente! » ringhiò la voce, « Non sei un vero romano. Non meriti di vivere. »



« Si è svegliato. » annunciò una voce, ma Lion era sicuro che non fosse stata la ragazza. Doveva avere un aspetto piuttosto ridicolo, visto che il ragazzo che aveva davanti scoppiò a ridere.
« Perspicace come sempre, Cass. » scherzò un altro, « Come ti senti, straniero? »
Ricordava quei due volti, ne era sicuro. La ragazza invece sbuffò, lanciando loro delle occhiate penetranti, invitandoli “cortesemente” a fare silenzio.
« Va tutto bene. » 
Era quella la sua voce? Riformulò la frase, accorgendosi che il suo tono era sceso di una nota, reso rauco e profondo, come se avesse fosse stato colto in preghiera.
« Sicuro? » gli chiese la ragazza, la pelle diafana e pallida come quella della luna. Lui annuì, chiedendosi come avessero fatto a rimetterlo in sesto, viste tutte le sue ferite e scottature: si toccò il mento, ancora contornato dalla barba, ma molto meno cespugliosa; notò che qualcuno aveva lavato i suoi capelli, perché erano morbidi e profumati; mentre le sue ferite erano sparite, sostituite da un sottile strato di pelle nuova.
« Quanto son … »
« Cinque giorni. » rispose il ragazzo che doveva chiamarsi Cass, « Temevamo che non ce l’avresti fatta, a dir la verità, ma sono contento che tu sia qui. » 
Guardò gli altri.
« Potevamo perderci un viso sexy come il tuo? » domandò, e Lion non capì se stesse solo scherzando o lo avesse detto con malizia, ma abbozzò lo stesso un sorriso. Cosa che non fece la ragazza accanto a lui.
« Andiamo Alexis, stavamo solo scherzando! » rispose l’altro ragazzo, muovendo le mani, poi gli rivolse la sua attenzione, « Qual è il tuo nome? »
« Lion. » disse, guardando prima lui, poi il suo avambraccio destro. Il tatuaggio era ancora lì, quel glifo nero che lo accompagnava ovunque andasse, più quel Senatus PopulusQue Romanus e le sei lineette, come una sorta di codice a barre.
Rise, mentre anche Castiel si univa a lui.
« Portiamo il nome di due animali, allora. » disse il ragazzo moro, il viso sorridente, « Io sono Wolf. »
« Avete finito? » domandò Alexis, la maglietta arancione sgargiante, completamente diversa dal monotono colore corvino dei suoi capelli, « Deve riposare per rimettersi completamente in sesto. Ora, se voi non conoscete il significato della parola riposare, non è colpa mia, ma sparite da qui. »
Lion scosse la testa, alzandosi fino a mettersi a mezzobusto, anche se si capiva perfettamente che Alexis avrebbe voluto farlo rimanere a letto.
« Mi hanno salvato la vita. Gli sono riconoscente. » si voltò verso di loro, sorridendo debolmente, « Grazie, davvero. »
Castiel gli fece il segno dell’ok con le dita, mentre Wolf si esibiva in un inchino ai piedi del letto, dirigendosi verso la porta, per poi sparire poco dopo. 
« È stato un piacere, little lion. »
Rimase solo Alexis con lui, la quale sedette su una sedia lì vicino.
« Non trattarli male. » le disse Lion, studiando i lineamenti del suo viso, trovandoli interessanti, « Volevano solo tirarmi su di morale. Non avevano cattive intenzioni. »
Lei sembrò soppesare le parole con estrema cura.
« Beh, sono una fan del silenzio e della tranquillità. » rispose, un po’ stizzita, « Non c’era nulla di male in quello che ho detto. »
Lo sguardo di Lion vagò per la stanza, inquieto, quando agganciò il suo cilindro schiacciato, perfettamente integro e pulito, adagiato sul letto di fronte. Subito la sua mente volò, riportando alla luce ricordi che gli facevano male: i volti dei suoi amici riaffiorarono in superficie, come quello di Robin, la figlia di Vittoria, o Hivy, o ancora Alec.
Lion aveva creduto che la sua vita sarebbe stata un cumulo di sofferenze e solitudine, invece aveva trovato amici sinceri, amici veri, quelli che si possono dire amici con la “A” maiuscola. Si ripromise che li avrebbe cercati, a qualunque costo.
« Sei una figlia di Ade? » 
La domanda gli sorse spontanea. Avrebbe dovuto tenere la lingua a freno, se non avesse voluto trovarsi incenerito prima di cena. Alexis annuì, mentre i suoi occhi si dilatavano, forse per gioia, forse per altro.
« Come hai fatto a capirlo? » domandò a sua volta, « Tu sei un figlio di Plutone, invece, la sua forma romana, se non sbaglio. »
« Beh, l’ho percepito. » rispose, « Hai addosso un’ombra di morte, ma ha una sfumatura diversa dalla mia. La tua è … beh, molto più greca. »
« Sei il primo figlio di Plutone che conosca. » gli confidò, scattando poi in piedi quando lui tentò di alzarsi e per poco non cadde, « Stai attento. Sei ancora molto debole. »
« Forse perché sono l’unico, almeno al momento. »
Quando lo disse, sentì la forza della solitudine travolgerlo: i suoi occhi si specchiarono in quelli di Alexis, così scuri come i suoi, ma che contenevano una storia completamente diversa.
Qualcuno bussò alla porta, poi una ragazza minuta apparve sulla soglia, scrutando all’interno dell’infermeria con timore reverenziale.
« Ehi, Alex, volevo solo dirti che Chirone ha convocato il consiglio di guerra per domani mattina. » poi volse lo sguardo su di lui, salutandolo con un cenno del viso, « Felice di vederti in piedi, romano. »
« Grazie Cassie, ci sarò. » mugugnò a denti stretti Alexis, poco prima che la ragazza scomparisse e la porta si chiudesse di nuovo.
Consiglio di Guerra? Doveva essere più o meno la stessa cosa del Senato Romano, a quanto credeva Lion: i suoi piedi nudi toccarono il pavimento, donandogli una frescura rilassante, mentre si dirigeva verso il suo cappello.
« Perché sei così legato a quel cappello? » gli chiese Alexis, titubante, come se avesse paura di commettere uno sbaglio.
« Perché mi ricorda casa. »
« E allora perché sei qui? »


Lion assaggiò la terra, quel giorno.
La pioggia aveva cominciato a scendere in maniera torrenziale dal cielo, bagnandolo e creando pozze di fango intorno e sotto di lui. Le gocce gli entravano negli occhi, nella bocca, nelle orecchie, mandandolo nella confusione più totale.
« Non vale la pena salvarti. »
Lui non voleva morire, voleva vivere. 
Il suo cuore si esibì in una serie di capriole nel suo petto, mentre tutte le sue forze si concentravano nelle braccia e nelle gambe, che spingevano per rimettersi in piedi: aveva solo dodici anni, ma adesso aveva la forza di un leone.
Faticosamente, e non seppe mai come, riuscì a mettersi in ginocchio e, di lì, ad alzarsi completamente, coperto di fango, incrostato di sudore e fatica.
« Ora sei un vero romano, Lion Davis. » gli disse la voce, « Ricorda sempre chi sei. »



Lion fissò il cappello, se lo rigirò tra le dita, seguendo con lo sguardo la trama complicata dell’intreccio.
« Perché non ho più una casa » rispose, « Il Campo Giove è stato distrutto. »

 


 
#King'sCorner
Yeeeeah! Solo io sono emozionato? xD
Ho aggiornato prima del previsto, ma solo perché abbiamo fatto rimandare il compito di arte e quindi ho potuto scrivere il capitolo, visto che avevo qualche ideuzza in mente :')
Beh, in questo primo, vero atto della storia, conosciamo meglio il mio Lion, il suo passato e come sia arrivato alla Casa del Lupo (le parti in corsivo), quindi ho creato questa sorta di parallelismo fra passato e presente uu Devo dire di essere davvero soddisfatto di questo capitolo, perché ... boh, mi piace xD 
Ho iniziato a presentare i personaggi, ma abbiate pazienza! Ne ho ben diciassette, se non sbaglio, quindi non prendetevela se non vedrete il vostro pargolo subito! Posso solo dirvi che saranno tutti presenti, nel corso della storia (chi avrà un ruolo rilevante prima, chi dopo) e voglio ringraziarvi per aver partecipato così numerosi! 
Davvero, non credevo che ci sarebbe stata così tanta gente! :D E adesso scopriamo chi sono stati i personaggi presentati in questo capitolo :')
Un bell'appluso per ...


 
1. Castiel Dale, il nostro dottore, opera di Kallyope!
2. Wolf Cutter, il lupo di mare più bello, partorito (?) da _Littles_!
3. Alexis Smith, la dolce e affettuosa (xD) figlia di Ade, creata da Alexiel94!
4. Una piccola apparizione di Cassie Evans, la messaggera di Mrs Jackson!
5. Citati, Robin O'Mallow (Luthien Falassion), Hivy Autumn (Elicia Elis) e Alec Baldwin (Sabaku No Konan Inuzuka


 
E, ora che ho sganciato la bomba del Campo Giove, chissà come si evolveranno le cose! :3 SIete curiosi, beh, lo sono anch'io (?) Recensite, recensite siori! :3 
Sarò ben felice di raccogliere le vostre idee e rispondere ai vostri complimenti pareri :') Alla prossima! 

King.

Piccolo Spoiler: Nel prossimo capitolo vedremo Lion alle prese con qualcosa più grande di lui, un bella scazzottata al consiglio di guerra e due personaggi secondari molto, ma molto cattivi uu
Hasta la vista! Keep a secret for u :3
  
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