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Autore: Promisen    08/05/2015    1 recensioni
"Non gli avrebbe mai potuto raccontare di come la nazione di Dimian aveva dichiarato guerra a quella di Arrotern, la loro terra natale, e che entrambe le nazioni pretendevano la scomparsa totale delle razze impure come: Elfi scuri, mezzelfi, mezzorchi, umani neri, nani sbarbati e qualsiasi altra variazione razziale che non fosse quella conforme a tutti gli standard morali di forza e purezza umana e non.
L'unico modo di salvarsi per gli Impuri, così venivano chiamati, era quello di unirsi alle armate di terra del Nord Gerinder, fronte di guerra di importanza minima dove le battaglie combattute avevano importanza minima così come minima era l'importanza degli esiti.
In pratica l'unico modo di sfuggire alla morte, per gli Impuri, era quello di andare a morire a Nord Gerinder. Non a caso venne presto paragonato ad un enorme cimitero dimenticato da tutto e tutti."
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando Gerwym riaprì gli occhi, lo scenario era completamente cambiato.
Si aspettava di trovarsi ancora in quella logora baracca, o al massimo nell'ospedale locale – sempre se tale poteva essere chiamato quell'edificio penoso- e invece si ritrovò in un luogo totalmente nuovo e sconosciuto.
Era ancora notte, lo si capiva dalle calde e flebili luci delle numerose candele che illuminavano la stanza. Sembrano tante libellule, fu la prima cosa che pensò l'elfo scuro man mano che riprendeva coscienza.
“Sembrano tante libellule, vero?” disse una voce, che scosse l'elfo come se si fosse sentito spogliato del proprio pensiero.
Voltò lo sguardo in direzione della voce e vide una donna. La prima cosa che pensò Gerwyn fu che era davvero molto bella, e che i suoi occhi azzurri e la sua pelle color latte era deliziosa a contrasto con i suoi capelli neri. Notò che da quella chioma riccia fuoriuscivano delle orecchie a punta, quindi capì subito che si trattava di un'elfa chiara, una purosangue. Era la prima volta che ne vedeva una, e rimase talmente colpito da quella visione che non disse nulla, se non qualche boccheggio incomprensibile.
“Come facevo a sapere quello che pensavi? Perché sono davvero delle libellule,” continuò la donna, con voce calma e calda, seguita da piccolo sorrisino. “Lo dicono tutti quelli che entrano qui. Dopo un po' preferisco anticipare io questa frase, così mi diverto a guardare i vostri volti sorpresi,” ridacchiò ancora, puntandolo piano con lo sguardo,” e tu dovresti proprio vedere la tua faccia adesso, Gerwyn.”
Il giovane elfo scuro quasi si rizzò dal letto nel quale era steso.
“Come fai a sapere il mio nome?!” squittì imbarazzato, sentendosi ancora più nudo e violato di prima.
“Be', questo è piuttosto semplice, me l'ha detto-”
“FRATELLONE!” urlò improvvisamente una voce puerile e familiare. “Fratellone, fratellone!” Da dietro una porta di legno entrò Akai, veloce e rumoroso come un tuono, che non diede neanche il tempo di far realizzare qualcosa a Gerwyn, buttandosi subito al suo collo, col rischio di affogarlo.
L'elfa chiara ridacchiò a questa scena, scostò le gambe che priva aveva accavallate e si alzò con femminilità.
“Vi lascio un po' da soli, riposate mi raccomando, domani avremo del lavoro da fare.” disse la donna, dando le spalle ai due e dirigendosi alla porta con lentezza.
“Ehi, aspetta un attimo, chi-”
La donna zittì Gerwyn con un gesto della mano. “A domani le chiacchiere. Riposate adesso,” rispose sorridendo con le labbra e con quegli occhi chiari e sensuali, che quasi brillavano alla lieve oscurità che c'era tra una candela e l'altra.

Akai subito si rivolse a Gerwyn, tirandogli la maglia preoccupato.
“Fratellone stai bene vero? Hai dei bruttissimi segni al collo, quel signore ti ha fatto male?”
Ed era vero, quell'uomo aveva lasciato delle ecchimosi molto scure ed evidenti sul collo di Gerwyn quando aveva provato a strangolarlo.
Il ragazzo si passò piano un dito su quelle ecchimosi scure e sospirò grato che tutto quello fu finito.
“Sto bene Akai, grazie,” disse con un filo di voce, abbassando poi lo sguardo, ricordandosi dell'azione che il suo fratellino aveva dovuto compiere per salvarlo. Aveva ucciso un uomo.
“Tu...come stai?”
“Io sto bene! Mammirel mi ha detto che sono stato un eroe e ho salvato tutti!”
Mammiriel? Probabilmente è il nome di quella donna pensò il ragazzo, provando a farsi vedere per una volta forte e deciso nella risposta.
“Lo sei stato davvero, ci hai salvati tutti piccolino,” gli disse con un sorriso, scompigliandogli i capelli con la mano sinistra.
Il ragazzino sorrise sereno e si accoccolò al fratello, addormentandosi poco dopo.
Per Gerwyn fu un po' più difficile farlo, pensava a tutto quello che era successo, e non poteva fare a meno di sentirsi in colpa per il suo fratellino: aveva dovuto uccidere un uomo.
Non sarebbe stato difficile perdonarsi per aver fatto sporcare di sangue mani così innocenti.
Gerwyn promise a se stesso di allenarsi duramente appena avrebbero raggiunto un rifugio sicuro e stabile, così che queste cose non si sarebbero mai più ripetute.
Non dovrai più preoccuparti, Akai, sarò in grado di proteggerti la prossima volta, pensava, accarezzando con dolcezza infinita i capelli bianchi del piccolo elfo, e non riuscendo a staccare la mente da tutti i terribili avvenimenti recenti.
Ben presto, però, la stanchezza attanagliò anche Gerwyn, che si addormentò lasciando per qualche ora tutti questi pensieri da parte.
“ A domani le chiacchiere”
 

   
 
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