Il treno
20.
CAPITOLO
«Non capisco semplicemente!»
«Io non capisco tanta indignazione per questo lavoro»
La sentii sbuffare e sorridere «Senti, tu eri quella che non ha voluto restare per cinque minuti, ripeto: PER CINQUE MINUTI, da sola con la figlia della tua vicina di casa e ora mi diventi una babysitter?»
«Si si, va bene, ho capito. É che ho sempre avuto il timore di..romperli»
«Non sono bambolotti!»
«Appunto, ma questa è una situazione diversa..»
«Avevi bisogno di soldi? Sai che potevi dirmelo e basta, lo sai» si addolcì un pochino.
«No, non è questo.. Quel bambino aveva bisogno di qualcuno e quel qualcuno a disposizione ero io. Spero che vada bene..» sospirai preoccupata.
«Martha, ci sentiamo dopo che hanno suonato alla porta!»
«Se è qualche ammiratore segreto fammelo sapere!»
«Sì, come no» mormorai, ma chiuse prima di sentire la mia risposta. Percorsi velocemente le scale e aprii la porta.
Ok, non ero pronta, non così di prima mattina. Ok, ok, non ero pronta così all’improvviso. Ok, ok, ok non ero pronta e basta.
Una
figura alta e slanciata faceva ombra al
sole e dei raggi cercavano di sfuggirgli accecandomi le pupille. O era
lui ad
accecarmi? Fui investita da quel suo odore particolare di pioggia e
vagamente
di menta. Boccheggiai senza saper cosa dire. Lo osservavo e la sua
postura
disinvolta mi lasciava sempre incantata. Non riusciva mai a essere
fuori posto
in nessun luogo, con nessuno. Era sempre così controllato e
sapeva di avere
tutto sotto controllo. Dei ricci morbidi sfuggivano da sotto il
cappuccio che
gli riparava il corpo dalla pioggia leggera. Un’altra vampata
del suo odore mi
investì in pieno e mi riempii i polmoni della sua leggera
fragranza. Alzò un
sopracciglio, mi guardò divertito e una piccola scintilla di
curiosità
attraversò il suo sguardo.
Cosa lo divertiva? Cosa lo stava incuriosendo?
Mi accorsi, finalmente, di essere rimasta lì impalata a
fissarlo e di sembrare
una perfetta idiota con la bocca aperta e con le narici dilatate che
fiutavo il
suo odore. Tanto era la mia figura del cavolo che m’immaginai
delle possibili
scene future:
1.
Io
che cominciavo a
sbattere la testa contro il muro fino a svenire e quindi dimenticare
l’accaduto. Una commozione celebrale poteva essermi
d’aiuto, no?
2.
Io
che lo prendevo per
il volto e lo baciavo appassionatamente fino a fargli dimenticare
l’accaduto.
Ma ero davvero così brava a baciare da fargli dimenticare
quanto fossi scema in
sua presenza?
3.
Io
che fuggivo e
cambiavo città, stato e persino il mio nome. Dove potevo
procurarmi una carta
d’identità falsa?
4.
Io
che gli chiudevo la
porta in faccia e fingevo semplicemente di non averlo visto. Fingere
totalmente
di non aver, persino, sentito suonare la porta. Ma potevo veramente far
credere
a Will, in caso di future domande, che il rimbambito era lui e non io?
5.
Io
che lo salutavo
come se nulla fosse.
Presi
un bel respiro e il mio cervello decise
per me. Il mio grande esordio, però fu interrotto
da un lieve soffio sul
mio collo che mandò in tilt qualunque neurone sano potessi
avere fino a quel
momento.
«Ciao»
sussurrò all’altezza della clavicola –
che era perfettamente visibile dal maglioncino largo che indossavo.
Non
posò mai le sue labbra sulla mia pelle,
semplicemente le sfiorava e mi odorava.
«Hai
un buono odore. Sai di fragole..mhm»
soffiò risalendo il collo, giungendo al mio lobo e
mordicchiandolo.
Ok,
respiriamo. “Respira, Emily” urlai a me
stessa interiormente. Ma diciamoci la verità: il mio
cervello stava andando in
vacanza.
«Anche
tu hai un buon odore..» sussurrai
talmente piano e timidamente che credetti di essermi sentita soltanto
io.
Eppure, capii immediatamente di averlo fatto sorridere.
«Lo
avevo un po’.. intuito» mi parlò
direttamente all’orecchio. Quasi invidiai il mio orecchio per
la sua vicinanza
con le sue labbra. Adesso mi vedevo con il cappello di paglia su una
barca.
Stavo delirando.
Perfetto,
non solo passavo interi minuti
imbambolata assuefatta dal suo odore, ma sprofondavo continuamente
nella fossa,
che mi ero creata, sotto i piedi - che ormai era mia amica.
«A
cosa stai pensando?»
«Nulla..»
«Sei
pensierosa, lo vedo»
“Vedi
male allora” avrei voluto dire, ma restai
in un silenzio chiuso e imbarazzato. Non potevo certo dirgli di quanto
mi
sentissi cretina in quel momento e che il mio cervello si fosse
imbarcato
sull’oceano.
Si
allontanò da me per guardarmi in volto. Fu
impercettibile, ma le sue labbra si poggiarono sulle mie lasciandomi
desiderosa
di riaverle ancora per qualche altro secondo in più. Era
dolce, sfrontato e
senza peli sulla lingua. Aveva lui il coltello dalla parte del manico
ad ogni
nostro incontro. E lo sapeva, ne era cosciente e profondamente
deliziato.
Sbuffai, involontariamente.
«Che
c’è?» esclamò divertito dal
mio umore
ondulante.
Sinceramente
e seriamente non capiva perché
avessi sbuffato? Forse non aveva la situazione in pugno dopotutto.
Afferrai
il volto con entrambi le mani e lo
avvicinai a me, alzandomi sulle punte dei piedi. Inspirai il suo odore
inebriante e appoggiai ruvidamente le mie labbra sulle sue. Fu un
momento, per
un momento lo sorpresi e ne rimase compiaciuto. Avide le sue labbra
sprofondarono nelle mie, come una guerra ci scontravamo per fare dopo
la pace.
Gli mordicchiai il labbro scherzosamente, per tutta risposta prese i
miei
fianchi e agganciò le mie gambe al suo corpo atletico e
perfettamente robusto.
Mi teneva senza il minimo traballamento. O stanchezza. Ero leggera come
una
piuma. Ma tutto mi sentivo tranne che una piuma in quel momento. Ero
fuoco e
cenere. Ero acqua e uragano. Mi leccò le labbra con il mezzo
sorriso da satiro
e mi trascinò nel primo divano vicino. Il suo corpo era
rovesciato sul mio.
Sentivo ogni suo muscolo flettersi, ogni accenno di autocontrollo perso
in
chissà quale bacio precedente. Le sue mani le sentivo
dappertutto e mi lasciava
il solletico nello stomaco. Anzi, erano delle falene enormi quelle che
avevo
nello stomaco. Sentivo pure il suo battito del cuore. E, dannazione, se
batteva
veloce. Come, come riuscivo a creare una tale reazione in lui? Come ne
ero
capace?
Una
sua mano si insinuò tra i miei capelli –
che ora, ero sicura, erano un groviglio informe – e
l’altra mi stuzzicò il
fianco destro. Volevo che mi toccasse, che mi stuzzicasse in ben altri
modi, ma
quella fottuta mano restava sempre lì. Ferma sul mio fianco.
Ferma.
Inspirai
e espirai. Niente, stavo andando in
apnea. I suoi baci si facevano sempre più avidi, sempre
più profondi. Mi
baciavano ovunque: labbra, volto, collo, orecchio. Scese sulla mia
spalla
scoperta e mi lanciò uno sguardo. Mi fissava e mi chiedeva
se poteva spingersi
più in basso. Inghiottii saliva, tremante. Non avevo paura,
non era la mia
prima volta. Ma. Ma. Ma. Quello sguardo era stracolmo di promesse, di
desiderio
e di appagamento che avrei ricevuto se avessi acconsentito. Fu leggero
il
movimento che lo riportò sul mio collo e verso la mia bocca.
«Emily,
oh, Emily» mormorò a un soffio dalle
mie labbra prima di riappropriarsene e farle di nuovo sue.
Sussurrava
il mio nome prima di sfiorare la
mia bocca a ogni bacio. Era passionale e dolce contemporaneamente.
Eravamo
tutti e due senza fiato. Ogni volta che si allontanava era come
ritornare
respirare e sentirmi irrimediabilmente vuota. Ero sicura che mi stesse
per
scoppiare il cuore, oltre le guance – che le sentivo ardere.
Doveva essersene
accorto anche lui perché notai un sorriso compiaciuto e
soddisfatto sul suo
volto. Perché non riesco a celare mai le mie emozioni con
lui?
Poi come se qualcuno stesse mettendo avanti
veloce la scena per saltare la parte piccante, un rumore brusco di
chiavi
invase le mie orecchie. Mio fratello stava rientrando a casa. Spinsi
via Will,
senza successo. Era una roccia irremovibile.
«Sta per entrare mio fratello!»
«E allora?» mi sfidò con quel suo mezzo
sorriso, avvicinandosi di nuovo alle mie labbra. Stavo per perdere la
testa, ma
una parte del mio cervello mi schiaffeggiò e mi
tirò via da quella assuefazione
che era per me lui.
«Mi stai prendendo per il culo?»
Sì, beh, stavo perdendo la testa. E lui rise.
Le pareti si riempirono della sua risata, memorizzandola e imprimendola
per
sempre. Si alzò lentamente come se non volesse darmela vinta
dopotutto. Mi
sistemai i vestiti e legai il groviglio di capelli in un chignon alto.
Will mi
guardava divertito, comodamente seduto sul divano. Era bello. Da far
male.
Recuperai un libro sul comodino e glielo lanciai in faccia.
«Oh dio, scusa! Non volevo!» mormorai
mortificata.
«Calmati!» rise di nuovo «Che cosa
potrebbe
mai succedere? Ti avrà visto baciare altri ragazzi,
no?»
Devo dargli atto, tentò di non ridere di me.
Lo ignorai con un gesto della mano e aprii la porta
d’ingresso.
«April, tranquilla, mi sono calmato. Ti chiamo
più tardi!» disse Edric al cellulare, mentre
raccoglieva le chiavi che gli erano
cadute sulle mattonelle scure del pavimento.
«Oh, ciao Emily!» mi salutò appena si
voltò e
si accorse che gli avevo aperto la porta.
«Come mai sei a casa?» gli domandai lasciando
entrare.
«Hanno annullato l’incontro di oggi. Una
modella è finita in clinica perché non mangiava
da settimane. Quella è tutta
gente pazza, credimi» mi raccontò brevemente.
Notai chiazze rosse sul suo viso.
“Deve essere stata una giornata pesante e demotivante per
lui” pensai.
«Oh, mi dispiace. Senti, c’è un mio
amico nel
salone. Comportati bene!» lo supplicai e lo strinsi stretto
per la camicia.
«Beh, proprio oggi non sono in vena..»
Sospirai sollevata.
«Magari, però, questo mi migliora la
giornata!»
disse, anzi quasi urlò, superandomi velocemente.
«Dannazione, Edric!» lo dissi più come
un
sussurro. Lo insultai più volte sottovoce.
Will vedendoci arrivare di fretta e vedendomi
rossa in volto, sorrise spontaneamente. Quei due erano perfetti
insieme,
amavano vedermi in imbarazzo.
«Tu se l’amico di Emily! Io sono Edric, suo
fratello» parlò vigoroso e stringendogli la mano
saldamente.
«Ah, l’amico di Emily?»
domandò, ma non come
una vera e propria domanda. Soltanto per lasciare intendere che lui non
si
considerava un amico. Momento, come avrei dovuto presentarlo? Come il
mio
ragazzo? Il mio inciucio? Flirt? Ma chi etichetta più al
giorno d’oggi? Ma chi
voglio prendere in giro? Oh mio dio, mi reputa la sua ragazza? OH MIO
DIO!
Will mi lanciò uno sguardo malizioso. Io
tentai di ricambiare con un sguardo “dobbiamo
parlare”. Tentai, ma non mi capì
sicuramente. Non ero brava in questo cose. Alzai gli occhi al cielo
perché ero
un disastro, per Will che alludeva a cose poco lecite con quegli occhi,
a mio
fratello che osservava divertito lo scambio di sguardi tra me e Will.
Accadde
in pochi secondi, ma Edric non si stava perdendo un singolo secondo.
«Il suo nome è Will» biascicai alla fine.
«Sì, mi chiamo Will»
«Will, l’amico di Emily, è un vero
piacere
conoscerti»
«Anche per me, Edric, fratello della mia amica
Emily»
Si guardavano sornioni e tipo “siamo troppo
simpatici”. Li avrei prese a sberle.
«Oh, smettetela voi due! Sono già rossa, non
basta?»
Sembravano rifletterci su. Edric, addirittura,
si sfregava il mento con una mano. Sbuffai spazientita.
«Direi di sì. Vado a lavorare in camera mia,
adesso. Vi lascio alla vostra privacy!» disse senza mai
togliersi quella faccia
da schiaffi dalla faccia.
«Will, l’amico di Emily, ci si vede!
Sicuramente ti rivedrò in giro» lasciò
uscire queste parole e il volto di Will
si illuminò neanche fosse natale.
«Certo! Buon lavoro!»
Will si accomodò di nuovo sul divano e io a
bocca aperta continuavo a chiedermi cosa avessi fatto di male nella mia
vita
per meritarmi questo.
Finalmente, Will mi lanciò un’occhiata e senza
mezzi termini scoppiò in una fragorosa risata. Feci per
andarmene imbronciata,
mi acciuffò un braccio e mi trascinò verso di
lui. Mi lasciò sedere sulle sue
gambe.
«Edric è simpatico»
Sbuffai, ancora e ancora. Con un dito mi
sfiorò il labbro inferiore che sporgeva per il broncio. O
meglio tentavo di
tenere il broncio ma se continuava a guardarmi in quel modo mi sarei
non solo accaldata
in volto, ma proprio sciolta tra le sue mani. Boccheggiai, ma il suo
dito era
sempre lì che voleva eliminarmi il broncio. Lo tolsi, per
farlo smettere, ma
così facendo mi ritrovai tra i denti il suo dito. Non so
quale parte del mio
cervello disse alla mia lingua di farlo, ma assaporai la sua pelle.
Leccai il
dito e succhiai. Non so dire il perché neanche a me stessa.
Non mi permisi neppure
di guardarlo negli occhi. Quelle pupille le sentivo di sopra, dentro di
me,
ovunque.
Soltanto perché sentii un grugnito dalle sue
labbra alzai lo sguardo su di lui. Aveva le orecchie rosse, lo avevo
sorpreso e
spiazzato. Presi coscienza delle mie azioni e allontanai la sua mano
dalla mia
bocca. Sorrise deluso. Poi, malizioso, passò quel suo stesso
dito sulle sue
labbra. Divenni io quella paonazza.
«Oh dio, sento caldo!» urlai, alzandomi come
scottata e facendo scorrere le alte della finestra. Presi una bella
boccata
d’aria. Osservai il vicinato allegro e riservato. In
lontananza, mi accorsi di
una figura che si avvicinava spedita verso la casa di mio fratello.
Inizialmente non lo riconobbi, poi incazzata nera sbattei forte la
finestra per
chiuderla. Non notai il corpo di Will dietro le mie spalle e quando mi
voltai
gli piombai praticamente addosso. Da divertito il suo sguardo
diventò
allarmato.
«Che succede» lo disse come
un’affermazione o
ordine. Sospirai.
«Niente, tranquillo»
«Emily..dalla tua espressione non si direbbe»
Sospirai ancora. Lui mi teneva per le spalle e
non mi lasciava via di fuga dai suoi occhi indagatori. Sorrisi, o
meglio esposi
un sorriso finto.
«Emily..» sospirò anche lui. Non
farò mai
l’attrice, lo so.
«Non è nulla davvero!»
«Cosa ti turba?»
«C’è il mio ex-ragazzo qua
fuori..» sussurrai
pianissimo, ma con quella vicinanza Will capì ogni singola
parola. Non mi ero
mai posta la domanda se Will fosse un ragazzo geloso o possessivo. Lo
scoprii
quel giorno.
Will andò verso la porta d’ingresso e la
spalancò. Trattenni un respiro. Per quanto tempo un essere
umano può smettere
di respirare?