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Autore: CluClu    08/05/2015    1 recensioni
Eravamo una ragazza e un ragazzo. E un treno.
Tutti siamo destinati a inciampare, a starnutire, a sognare ad occhi aperti, a poltrire, a frequentare persone totalmente noiose, a nuotare, a cercare gli occhi del proprio innamorato, ma non ci avrei mai creduto se qualcuno mi avesse detto che il mio destino sarebbe inciampato in un treno e mi avrebbe fatto cadere rovinosamente il cuore sul petto con due o tre capriole di troppo.
Genere: Commedia, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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capitolo 14

Il treno

20. CAPITOLO
«CHE COSA?» mi urlò dall’altro lato del telefono Martha .

«Ma perché tanto frastuono?»
«Non capisco semplicemente!»
«Io non capisco tanta indignazione per questo lavoro»
La sentii sbuffare e sorridere «Senti, tu eri quella che non ha voluto restare per cinque minuti, ripeto: PER CINQUE MINUTI, da sola con la figlia della tua vicina di casa e ora mi diventi una babysitter?»
«Si si, va bene, ho capito. É che ho sempre avuto il timore di..romperli»
«Non sono bambolotti!»
«Appunto, ma questa è una situazione diversa..»
«Avevi bisogno di soldi? Sai che potevi dirmelo e basta, lo sai» si addolcì un pochino.
«No, non è questo.. Quel bambino aveva bisogno di qualcuno e quel qualcuno a disposizione ero io. Spero che vada bene..» sospirai preoccupata.
«Smettila che ti si creano le rughe sulla fronte con tutta quest’ansia» rise sotto i baffi. Era da un po’ che non sentivo Martha così vicina come amica. Nonostante ci trovassimo ad avere spesso opinioni contrastanti sapeva sempre come farmi spuntare il buon umore. Mi ero leggermente rilassata. Poi suonarono alla porta.
«Martha, ci sentiamo dopo che hanno suonato alla porta!»
«Se è qualche ammiratore segreto fammelo sapere!»
«Sì, come no» mormorai, ma chiuse prima di sentire la mia risposta. Percorsi velocemente le scale e aprii la porta.
Ok, non ero pronta, non così di prima mattina. Ok, ok, non ero pronta così all’improvviso. Ok, ok, ok non ero pronta e basta.

Una figura alta e slanciata faceva ombra al sole e dei raggi cercavano di sfuggirgli accecandomi le pupille. O era lui ad accecarmi? Fui investita da quel suo odore particolare di pioggia e vagamente di menta. Boccheggiai senza saper cosa dire. Lo osservavo e la sua postura disinvolta mi lasciava sempre incantata. Non riusciva mai a essere fuori posto in nessun luogo, con nessuno. Era sempre così controllato e sapeva di avere tutto sotto controllo. Dei ricci morbidi sfuggivano da sotto il cappuccio che gli riparava il corpo dalla pioggia leggera. Un’altra vampata del suo odore mi investì in pieno e mi riempii i polmoni della sua leggera fragranza. Alzò un sopracciglio, mi guardò divertito e una piccola scintilla di curiosità attraversò il suo sguardo.
Cosa lo divertiva? Cosa lo stava incuriosendo? Mi accorsi, finalmente, di essere rimasta lì impalata a fissarlo e di sembrare una perfetta idiota con la bocca aperta e con le narici dilatate che fiutavo il suo odore. Tanto era la mia figura del cavolo che m’immaginai delle possibili scene future:

      1.    Io che cominciavo a sbattere la testa contro il muro fino a svenire e quindi dimenticare l’accaduto. Una commozione celebrale poteva essermi d’aiuto, no?
2.    Io che lo prendevo per il volto e lo baciavo appassionatamente fino a fargli dimenticare l’accaduto. Ma ero davvero così brava a baciare da fargli dimenticare quanto fossi scema in sua presenza?
3.    Io che fuggivo e cambiavo città, stato e persino il mio nome. Dove potevo procurarmi una carta d’identità falsa?
4.    Io che gli chiudevo la porta in faccia e fingevo semplicemente di non averlo visto. Fingere totalmente di non aver, persino, sentito suonare la porta. Ma potevo veramente far credere a Will, in caso di future domande, che il rimbambito era lui e non io?
5.    Io che lo salutavo come se nulla fosse.

Presi un bel respiro e il mio cervello decise per me. Il mio grande esordio,  però fu interrotto da un lieve soffio sul mio collo che mandò in tilt qualunque neurone sano potessi avere fino a quel momento.
«Ciao» sussurrò all’altezza della clavicola – che era perfettamente visibile dal maglioncino largo che indossavo.
Non posò mai le sue labbra sulla mia pelle, semplicemente le sfiorava e mi odorava.
«Hai un buono odore. Sai di fragole..mhm» soffiò risalendo il collo, giungendo al mio lobo e mordicchiandolo.
Ok, respiriamo. “Respira, Emily” urlai a me stessa interiormente. Ma diciamoci la verità: il mio cervello stava andando in vacanza.
«Anche tu hai un buon odore..» sussurrai talmente piano e timidamente che credetti di essermi sentita soltanto io. Eppure, capii immediatamente di averlo fatto sorridere.
«Lo avevo un po’.. intuito» mi parlò direttamente all’orecchio. Quasi invidiai il mio orecchio per la sua vicinanza con le sue labbra. Adesso mi vedevo con il cappello di paglia su una barca. Stavo delirando.
Perfetto, non solo passavo interi minuti imbambolata assuefatta dal suo odore, ma sprofondavo continuamente nella fossa, che mi ero creata, sotto i piedi - che ormai era mia amica.
«A cosa stai pensando?»
«Nulla..»
«Sei pensierosa, lo vedo»
“Vedi male allora” avrei voluto dire, ma restai in un silenzio chiuso e imbarazzato. Non potevo certo dirgli di quanto mi sentissi cretina in quel momento e che il mio cervello si fosse imbarcato sull’oceano.
Si allontanò da me per guardarmi in volto. Fu impercettibile, ma le sue labbra si poggiarono sulle mie lasciandomi desiderosa di riaverle ancora per qualche altro secondo in più. Era dolce, sfrontato e senza peli sulla lingua. Aveva lui il coltello dalla parte del manico ad ogni nostro incontro. E lo sapeva, ne era cosciente e profondamente deliziato. Sbuffai, involontariamente.
«Che c’è?» esclamò divertito dal mio umore ondulante.
Sinceramente e seriamente non capiva perché avessi sbuffato? Forse non aveva la situazione in pugno dopotutto.
Afferrai il volto con entrambi le mani e lo avvicinai a me, alzandomi sulle punte dei piedi. Inspirai il suo odore inebriante e appoggiai ruvidamente le mie labbra sulle sue. Fu un momento, per un momento lo sorpresi e ne rimase compiaciuto. Avide le sue labbra sprofondarono nelle mie, come una guerra ci scontravamo per fare dopo la pace. Gli mordicchiai il labbro scherzosamente, per tutta risposta prese i miei fianchi e agganciò le mie gambe al suo corpo atletico e perfettamente robusto. Mi teneva senza il minimo traballamento. O stanchezza. Ero leggera come una piuma. Ma tutto mi sentivo tranne che una piuma in quel momento. Ero fuoco e cenere. Ero acqua e uragano. Mi leccò le labbra con il mezzo sorriso da satiro e mi trascinò nel primo divano vicino. Il suo corpo era rovesciato sul mio. Sentivo ogni suo muscolo flettersi, ogni accenno di autocontrollo perso in chissà quale bacio precedente. Le sue mani le sentivo dappertutto e mi lasciava il solletico nello stomaco. Anzi, erano delle falene enormi quelle che avevo nello stomaco. Sentivo pure il suo battito del cuore. E, dannazione, se batteva veloce. Come, come riuscivo a creare una tale reazione in lui? Come ne ero capace?
Una sua mano si insinuò tra i miei capelli – che ora, ero sicura, erano un groviglio informe – e l’altra mi stuzzicò il fianco destro. Volevo che mi toccasse, che mi stuzzicasse in ben altri modi, ma quella fottuta mano restava sempre lì. Ferma sul mio fianco. Ferma.
Inspirai e espirai. Niente, stavo andando in apnea. I suoi baci si facevano sempre più avidi, sempre più profondi. Mi baciavano ovunque: labbra, volto, collo, orecchio. Scese sulla mia spalla scoperta e mi lanciò uno sguardo. Mi fissava e mi chiedeva se poteva spingersi più in basso. Inghiottii saliva, tremante. Non avevo paura, non era la mia prima volta. Ma. Ma. Ma. Quello sguardo era stracolmo di promesse, di desiderio e di appagamento che avrei ricevuto se avessi acconsentito. Fu leggero il movimento che lo riportò sul mio collo e verso la mia bocca.
«Emily, oh, Emily» mormorò a un soffio dalle mie labbra prima di riappropriarsene e farle di nuovo sue.
Sussurrava il mio nome prima di sfiorare la mia bocca a ogni bacio. Era passionale e dolce contemporaneamente. Eravamo tutti e due senza fiato. Ogni volta che si allontanava era come ritornare respirare e sentirmi irrimediabilmente vuota. Ero sicura che mi stesse per scoppiare il cuore, oltre le guance – che le sentivo ardere. Doveva essersene accorto anche lui perché notai un sorriso compiaciuto e soddisfatto sul suo volto. Perché non riesco a celare mai le mie emozioni con lui?
Poi come se qualcuno stesse mettendo avanti veloce la scena per saltare la parte piccante, un rumore brusco di chiavi invase le mie orecchie. Mio fratello stava rientrando a casa. Spinsi via Will, senza successo. Era una roccia irremovibile.
«Sta per entrare mio fratello!»
«E allora?» mi sfidò con quel suo mezzo sorriso, avvicinandosi di nuovo alle mie labbra. Stavo per perdere la testa, ma una parte del mio cervello mi schiaffeggiò e mi tirò via da quella assuefazione che era per me lui.
«Mi stai prendendo per il culo?»
Sì, beh, stavo perdendo la testa. E lui rise. Le pareti si riempirono della sua risata, memorizzandola e imprimendola per sempre. Si alzò lentamente come se non volesse darmela vinta dopotutto. Mi sistemai i vestiti e legai il groviglio di capelli in un chignon alto. Will mi guardava divertito, comodamente seduto sul divano. Era bello. Da far male. Recuperai un libro sul comodino e glielo lanciai in faccia.
«Oh dio, scusa! Non volevo!» mormorai mortificata.
«Calmati!» rise di nuovo «Che cosa potrebbe mai succedere? Ti avrà visto baciare altri ragazzi, no?»
Devo dargli atto, tentò di non ridere di me. Lo ignorai con un gesto della mano e aprii la porta d’ingresso.
«April, tranquilla, mi sono calmato. Ti chiamo più tardi!» disse Edric al cellulare, mentre raccoglieva le chiavi che gli erano cadute sulle mattonelle scure del pavimento.
«Oh, ciao Emily!» mi salutò appena si voltò e si accorse che gli avevo aperto la porta.
«Come mai sei a casa?» gli domandai lasciando entrare.
«Hanno annullato l’incontro di oggi. Una modella è finita in clinica perché non mangiava da settimane. Quella è tutta gente pazza, credimi» mi raccontò brevemente. Notai chiazze rosse sul suo viso. “Deve essere stata una giornata pesante e demotivante per lui” pensai.
«Oh, mi dispiace. Senti, c’è un mio amico nel salone. Comportati bene!» lo supplicai e lo strinsi stretto per la camicia.
«Beh, proprio oggi non sono in vena..»
Sospirai sollevata.
«Magari, però, questo mi migliora la giornata!» disse, anzi quasi urlò, superandomi velocemente.
«Dannazione, Edric!» lo dissi più come un sussurro. Lo insultai più volte sottovoce.
Will vedendoci arrivare di fretta e vedendomi rossa in volto, sorrise spontaneamente. Quei due erano perfetti insieme, amavano vedermi in imbarazzo.
«Tu se l’amico di Emily! Io sono Edric, suo fratello» parlò vigoroso e stringendogli la mano saldamente.
«Ah, l’amico di Emily?» domandò, ma non come una vera e propria domanda. Soltanto per lasciare intendere che lui non si considerava un amico. Momento, come avrei dovuto presentarlo? Come il mio ragazzo? Il mio inciucio? Flirt? Ma chi etichetta più al giorno d’oggi? Ma chi voglio prendere in giro? Oh mio dio, mi reputa la sua ragazza? OH MIO DIO!
Will mi lanciò uno sguardo malizioso. Io tentai di ricambiare con un sguardo “dobbiamo parlare”. Tentai, ma non mi capì sicuramente. Non ero brava in questo cose. Alzai gli occhi al cielo perché ero un disastro, per Will che alludeva a cose poco lecite con quegli occhi, a mio fratello che osservava divertito lo scambio di sguardi tra me e Will. Accadde in pochi secondi, ma Edric non si stava perdendo un singolo secondo.
«Il suo nome è Will» biascicai alla fine.
«Sì, mi chiamo Will»
«Will, l’amico di Emily, è un vero piacere conoscerti»
«Anche per me, Edric, fratello della mia amica Emily»
Si guardavano sornioni e tipo “siamo troppo simpatici”. Li avrei prese a sberle.
«Oh, smettetela voi due! Sono già rossa, non basta?»
Sembravano rifletterci su. Edric, addirittura, si sfregava il mento con una mano. Sbuffai spazientita.
«Direi di sì. Vado a lavorare in camera mia, adesso. Vi lascio alla vostra privacy!» disse senza mai togliersi quella faccia da schiaffi dalla faccia.
«Will, l’amico di Emily, ci si vede! Sicuramente ti rivedrò in giro» lasciò uscire queste parole e il volto di Will si illuminò neanche fosse natale.
«Certo! Buon lavoro!»
Will si accomodò di nuovo sul divano e io a bocca aperta continuavo a chiedermi cosa avessi fatto di male nella mia vita per meritarmi questo.
Finalmente, Will mi lanciò un’occhiata e senza mezzi termini scoppiò in una fragorosa risata. Feci per andarmene imbronciata, mi acciuffò un braccio e mi trascinò verso di lui. Mi lasciò sedere sulle sue gambe.
«Edric è simpatico»
Sbuffai, ancora e ancora. Con un dito mi sfiorò il labbro inferiore che sporgeva per il broncio. O meglio tentavo di tenere il broncio ma se continuava a guardarmi in quel modo mi sarei non solo accaldata in volto, ma proprio sciolta tra le sue mani. Boccheggiai, ma il suo dito era sempre lì che voleva eliminarmi il broncio. Lo tolsi, per farlo smettere, ma così facendo mi ritrovai tra i denti il suo dito. Non so quale parte del mio cervello disse alla mia lingua di farlo, ma assaporai la sua pelle. Leccai il dito e succhiai. Non so dire il perché neanche a me stessa. Non mi permisi neppure di guardarlo negli occhi. Quelle pupille le sentivo di sopra, dentro di me, ovunque.
Soltanto perché sentii un grugnito dalle sue labbra alzai lo sguardo su di lui. Aveva le orecchie rosse, lo avevo sorpreso e spiazzato. Presi coscienza delle mie azioni e allontanai la sua mano dalla mia bocca. Sorrise deluso. Poi, malizioso, passò quel suo stesso dito sulle sue labbra. Divenni io quella paonazza.
«Oh dio, sento caldo!» urlai, alzandomi come scottata e facendo scorrere le alte della finestra. Presi una bella boccata d’aria. Osservai il vicinato allegro e riservato. In lontananza, mi accorsi di una figura che si avvicinava spedita verso la casa di mio fratello. Inizialmente non lo riconobbi, poi incazzata nera sbattei forte la finestra per chiuderla. Non notai il corpo di Will dietro le mie spalle e quando mi voltai gli piombai praticamente addosso. Da divertito il suo sguardo diventò allarmato.
«Che succede» lo disse come un’affermazione o ordine. Sospirai.
«Niente, tranquillo»
«Emily..dalla tua espressione non si direbbe»
Sospirai ancora. Lui mi teneva per le spalle e non mi lasciava via di fuga dai suoi occhi indagatori. Sorrisi, o meglio esposi un sorriso finto.
«Emily..» sospirò anche lui. Non farò mai l’attrice, lo so.
«Non è nulla davvero!»
«Cosa ti turba?»
«C’è il mio ex-ragazzo qua fuori..» sussurrai pianissimo, ma con quella vicinanza Will capì ogni singola parola. Non mi ero mai posta la domanda se Will fosse un ragazzo geloso o possessivo. Lo scoprii quel giorno.
Will andò verso la porta d’ingresso e la spalancò. Trattenni un respiro. Per quanto tempo un essere umano può smettere di respirare?

  
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