Quinto Giorno - II
Era questo che significava avere le farfalle nello stomaco? Era questo che si provava nelle sere d’estate? Sentiva il corpo debole alla sua vista, il sangue gli ribolliva nelle vene, bruciandogli la pelle. Incrociò il suo sguardo traboccante, senza riuscire a capire se fosse freddo o silenziosamente agitato quanto il suo, ma vi si perse dentro senza indugio.
- Ciao. – parlò per primo.
- Ciao.
Non poteva ritrarsi ancora a lungo, doveva comportarsi in modo naturale, altrimenti…
Non appena ebbe allacciato le braccia intorno alla vita di Ed, lui cacciò fuori tutta l’aria che inconsciamente stava trattenendo, rilassando l’addome. Chiuse gli occhi per un secondo, sentendo quel contatto con ogni parte di sé, mentre si rendeva conto di una cosa in particolare: al suo tocco, si sentiva forte come mai gli era capitato. Invincibile.
Diede gas alla moto e partì. Quando varcarono il casello autostradale Sara moriva dalla voglia di chiedergli dove mai fossero diretti, ma non riuscì neanche ad aprire la bocca, tanta era la tensione. L’aria le tagliava le gambe, ma era una debole sensazione rispetto a quella del suo cuore che martellava insistente nel petto. Pregò che lui non lo sentisse sulla schiena.
Alla fine di quel lungo tragitto, presero l’uscita che portava al centro storico di Napoli. Sara si guardava intorno, riconoscendo di tanto in tanto qualche strada, ma non aveva la più pallida idea di quale potesse essere la loro meta. Entrarono in un parcheggio custodito 24h e si fermarono. Le dita sottili gli scorrevano lungo i fianchi, facendolo rabbrividire, mentre lei scioglieva le braccia da quella presa. Entrambi sfilarono i caschi e si sentirono scoperti, ma il silenzio era interrotto dal rumore di auto e chiavi che trafficavano nel parcheggio. Camminarono in silenzio fino all’uscita, lasciando il secondo casco in custodia al guardiano e non appena furono fuori, Sara riconobbe Piazza del Gesù, col suo grande obelisco illuminato. Ragazzi e ragazze brulicavano in piazza e il vociare si concentrava all’ingresso dei locali.
- Perché siamo qui? – chiese, ormai troppo curiosa.
- Vedrai. – rispose lui, senza guardarla.
- Seguimi. – e fece il primo passo, poi riprese a parlare. – Stamattina ho parlato col mio produttore.
- Com’è andata? – disse lei guardando dritto dinanzi a sé.
- Gli ho risposto male. Voleva cambiare le parole della canzone, ma io non voglio.
- E ora non sei nei guai?
- No. E sai perché?
- Perché loro hanno bisogno di me, non io di loro.
Era quello l’Ed che voleva guardare, l’autoironico e piacevole Ed.
Camminavano fianco a fianco per via San Biagio dei Librai, nella storia di Napoli, attratti dai profumi delle vetrine e dai musicisti che coinvolgevano i passanti in balli e canzoni. E questo succede davvero, credetemi.
Per un attimo Sara fu tentata di unirsi a un vecchio signore in una tarantella, ma Ed si diresse dal lato opposto della strada, probabilmente alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Si portò una mano al viso ridendo della visione che aveva davanti: Ed stava tornando indietro con un carico di frittelle e panzarotti da fare invidia a ciò che era rimasto nella vetrina della pizzeria.
- Non ridere di me! Lo sai che ho fame! – disse lui, accusandola scherzosamente di deriderlo.
- Cos’hai fatto oggi? – disse lui, d’un tratto. Era da quella mattina che voleva saperlo.
- Io… - “Ho cercato di autoconvincermi che sei uno stronzo” - …mi sono rilassata.
- Ah, e così senza di me tra i piedi hai potuto riposare. – rispose, canzonandola.
- Esatto. Ho fatto un lungo bagno, ho letto… - ironizzò lei.
- Mi dispiace di aver interrotto il tuo idillio. Forse era meglio lasciarti a casa.
- Ehi!
Si trovavano in una delle minuscole traverse del centro storico in cui erano concentrati una serie di minuscoli localini e bar, di solito tremendamente affollati, ma per fortuna era venerdì e non c’era la marmaglia di gente che di solito bloccava il passaggio. D’altronde era ancora periodo d’esami e la maggior parte degli studenti restò a casa in quel venerdì di Luglio.
Sara spostò gli occhi sull’insegna rossa a neon che svettava sulla sua testa, recitando nella sua mente le parole “Swinging Blues”. Una canzone che conosceva proveniva dal suo interno buio ed era un classico degli anni 80. Guardò Ed più confusa di prima quando lo vide tirare fuori dalla tasca dei pantaloni due biglietti gialli.
- Mi hai portato ad una festa? – Fece lei, senza capire quale fosse l’emozione giusta da provare.
- Ti ho portato a ballare! – sorrise lui.
- Spero che non sia musica house, potrei ucciderti.
- Sta tranquilla. Ti divertirai.
- Ma a te non piace ballare!
La sala era già gremita di gente, ma pochi ballavano. Forse la festa doveva ancora iniziare.
- Come hai fatto ad avere i biglietti? – urlò, per sopraffare la musica.
- Ho i miei mezzi. – disse lui facendole l’occhiolino.
- Voglio vedere se indovino i tuoi gusti.
Brindarono a quel venerdì di litigi e relax per poi guardarsi intorno. Il DJ stava salendo alla sua postazione, con un paio di cuffie enormi intorno al collo.
- Come hai trovato questo posto? Che festa è?
- L’ho trovato su internet. È un posto in cui mettono qualsiasi tipo di musica. – disse indicando l’enorme scritta dipinta sul muro.
Mentre stava per rispondergli, il dj cominciò a parlare, aprendo le danze. Ed era già in piedi, una mano in tasca e la birra già mezza vuota.
La guardava fisso, con un lieve sorriso sul volto e un sopracciglio alzato. La stava forse invitando a ballare? Sorrise, quando tirò fuori la mano dalla tasca e gliela porse, da vero galantuomo.
- Shall we dance?
Quando i Kool & the Gang cominciarono a cantare, fece scivolare la mano nella sua e lo seguì al centro della pista. Cercò di inserirsi nel ritmo di quella gente che già ballava, lasciandosi andare a quel pezzo con cui suo padre l’aveva cresciuta. Era curiosa di vedere Ed ballare. Si muovevano insieme a debita distanza l’uno dall’altra, ma all’ultimo sorso di birra avevano già dimenticato tutto. Ben presto la musica cambiò, introducendo uno swing che fece impazzire l’intera sala. Si scatenarono, trascinati da quella gente e ben presto Ed la prese per mano per ballare insieme a lei. La gonna di lei le danzava attorno ai fianchi, lasciandogli intravedere le sue gambe.
Mettevano davvero di tutto in quel posto, tant’è che si ritrovarono a ballare Gangnam Style, Stevie Wonder, i Backstreet Boys addirittura. Erano quelle le feste che le piacevano: niente tunz tunz, solo e soltanto musica. Certo, non mancarono di mandare qualche tormentone come Danza Kuduro e i featuring di Pitbull, dei classici estivi su cui non potevi non muoverti.
Ed accorciava le distanze ad ogni cambio di canzone, approfittando di una bachata per attaccarsi a lei definitivamente. Conscio della sua incapacità di ballare, rise con lei delle assurde mosse che la costringeva a fare, facendola roteare sul posto per troppe volte di seguito. Come aveva immaginato, Sara andò a sbattere contro qualcuno, così si girò immediatamente per chiedere scusa al malcapitato, ma si ritrovò davanti qualcuno che conosceva.
Ed smise di sorridere vedendola immobile davanti a quel ragazzo, ma non si mosse mentre la musica continuava a battere sulle pareti. Un ragazzo dai capelli e occhi scuri la guardava, sorridendo in un modo poco rassicurante.
- Angelo.
- Sara. Come mai da queste parti? Non eri fidanzata?
- Che c’è, non posso nemmeno venire a ballare?
- Certo che puoi, mi chiedevo solo dove fosse il tuo ragazzo.
- Eccolo!
Angelo squadrò Ed dalla testa ai piedi e poi lo salutò con un cenno della mano.
- Pensi di darmela a bere? – disse lui, facendole gelare il sangue.
- Hai cercato di ingannarmi per non essere più cercata? – continuò, allargando le braccia e avvicinandosi a lei.
- Sara, chi è? – disse poi Ed, richiamando la sua attenzione.
- È il mio ex. – disse lei, senza riuscire a guardarlo negli occhi.
- Già, sono il suo ex. E tu cosa sei? – fece quello. – Il suo nuovo giocattolo?
- Senti, cosa vuoi? Se hai un problema, parlane con me.
Angelo non rispose subito.
- Non ci credo manco morto che sei il suo ragazzo. Vuole solo avere una scusa affinchè io non la cerchi. – disse, guardando lo sguardo scuro di Sara dietro le spalle di Ed. – So distinguere una coppia di fidanzati da una coppia di amici e voi siete amici.
- Credi pure ciò che vuoi – disse, circondando le spalle di Sara col suo braccio. – Qualche altra domanda?
- Ti tengo d’occhio, piccolina. Come sempre.
Quando Angelo si fu allontanato, trascinò Sara verso il bancone, mentre il dj cambiava di nuovo canzone.
Ordinò altre due birre e si sedette sullo sgabello insieme a lei.
- Mi dispiace. – cominciò lei. – Non volevo coinvolgerti, ma…
- Quel tipo ti da fastidio?
- Sì. – fece un sospiro – Mi tormenta da quando l’ho lasciato. Mi cerca con mille scuse, mi segue. A volte è inquietante.
- Perché non credeva che io fossi il tuo fidanzato?
- Perché anche lui è di Torre del Greco e se fossi stata impegnata con qualcuno, lo avrebbe saputo. Tutti i ragazzi con cui ho avuto un contatto, dopo qualche giorno sparivano.
- Scusa se ti ho coinvolto. Non volevo crearti problemi.
- Lo so. Tranquilla. Hai fatto bene a mettermi in mezzo, non ti avrei lasciata sola comunque.
- Grazie, ma non servirà a molto. Lui scoprirà che non sei il mio ragazzo e tornerà a tormentarmi.
- Possiamo sempre ingannarlo.
- Ha detto che si capisce che siamo solo amici, allora facciamogli credere il contrario!
- Come?
- Ti fidi di me?
- Mi lascerai fare, senza ribellarti?
E lui sorrise.
La prima cosa che fece fu prenderla per mano per portarla in pista. Individuò Angelo tra la folla, curandosi di essere a portata del suo sguardo e cominciò a ballare con lei.
I know you want me, Pitbull, estate 2009. Una marea di ricordi le presero la mente mentre la birra le scendeva in gola, ma – ancora una volta – la visione di Ed che si avvicinava a lei annullò ogni cosa. Le sue spalle – sempre quelle spalle – ondeggiavano verso di lei, mentre la mano di Ed scivolava lentamente dal suo palmo alla sua spalla e dalla sua spalla ai suoi fianchi.
Sara sentiva i muscoli intirizzirsi, quasi divenne una tavola a causa di quella improvvisa e seria vicinanza.
- Ma come? Questa è la tua recitazione? – la istigò – Sembra che tu stia ballando con mio nonno.
- Non lo convincerai mai se balli un lento su una canzone da discoteca, mentre sei col tuo “ragazzo”. Se invece vieni qui… - e la tirò a sé, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo, sovrastandola. - …magari qualcuno comincia a crederci.
- Sei peggio di una tavola da stiro ed io sarei quello che non sa ballare.
Faccia a faccia, le loro gambe si incastrarono perfettamente e Sara portò la mano sulla sua nuca, mentre col l’altra reggeva la birra. Le mani di Ed, liberatesi dagli impedimenti, si poggiarono sui suoi fianchi con una forza tale da farla quasi sospirare. Stava ballando il quel modo con Ed, lo stava facendo davvero. I loro bacini si sfioravano mentre seguivano lo stesso ritmo e quando la canzone cambiò, la fece voltare e la circondò con le braccia. La sua bocca sfiorava la curva del suo collo, le sue mani le carezzavano il ventre morbido, le braccia di lei in alto a circondare il suo collo, i loro bacini ormai in contatto.
Per qualche minuto sembrò che ogni cosa andasse al rallentatore, non esisteva più la festa, c’erano soltanto loro e la musica. Ed alzò lo sguardo e cercando di non farsi distrarre troppo da quel corpo e quella scollatura, cercò Angelo con lo sguardo. Lo incrociò immediatamente e gli sorrise con un’espressione talmente soddisfatta che fu sicuro che quella che aveva letto negli occhi di lui fosse rabbia.
Tornò a concentrarsi sui fianchi ondeggianti di lei, ma la musica andò a sfumare lentamente per lasciar cominciare un altro brano. Un brano che conosceva molto bene.
It’s late in evening, glass on the side now. I’ve been sat with you for most of the night…
La folla urlò e Sara si girò esterrefatta dalla scelta del dj, lo strattonò quasi saltellando sul posto. In quel momento Ed sorrise sinceramente, come mai prima di allora. Leggere quella sua espressione lo riempì di soddisfazione. E quando lei cominciò a cantare, lui la seguì, prendendola per le mani.
Ignoring everybody here, we wish they would disappear so maybe we could get down, now. I don’t wanna know if you’re getting ahead of the program…
- I want you to be mine, lady. To hold your body close…
- If you love me, come on, get involved. Feel it rushing through you, from your head to toe. Oooooh. – e mentre pronunciava quelle parole lasciava scivolare la mano lungo la sua schiena, facendola rabbrividire.
Ballarono senza sosta e una birra dopo l’altra le loro fronti erano sempre più vicine, i loro respiri più pesanti, le mani più audaci correvano sotto la gonna ed avevano sete.
Le loro labbra si cercarono più volte, con gli occhi chiusi, ma c’era sempre qualcosa che gli impediva di incontrarsi. C’era una certa sofferenza dipinta sui loro volti, nelle pieghe delle loro espressioni. Quel loro addio così imminente era lì che ballava in mezzo a loro, nel poco spazio che era rimasto.
Angelo andò via quando ormai erano le 4, ma loro nemmeno se ne accorsero, troppo accelerati dalla musica. Il dj annunciò la fine della festa un’ora dopo e loro si separarono, data l’assenza di musica. Ansimanti, si diressero verso i bagni e sciolsero senza timidezza le loro mani. Sara sparì nel bagno delle donne per il successivo quarto d’ora e lui l’aspettò pazientemente seduto su una sedia.
Quando riapparve alla sua vista, si alzò, le porse il giubbotto e senza timore la circondò con un braccio. Uscirono dal locale stanchi e sudati, ma l’adrenalina li teneva ancora svegli, anche se per diversi minuti nessuno di loro osò fiatare.
Entrambi stavano metabolizzando gli eventi e le sensazioni di quella serata, ma non erano abbastanza lucidi da poter mettere da parte la frenesia e riflettere seriamente. Erano entrati in un limbo isolato, in cui nulla aveva valore o morale. Passeggiarono a lungo, canzonandosi a vicenda per le figuracce e le battute. Ed non riusciva in alcun modo a lasciarle la mano, come se qualcuno le avesse incollate palmo a palmo, doveva continuare a sentire quelle dita sottili tra le sue o per lui sarebbe stata la fine. Aveva già dimenticato tutti i piani che aveva per quel sabato, riusciva a tenere a mente soltanto la sensazione che il corpo di lei gli aveva lasciato addosso. Non era ancora in grado di guidare, quindi si accomodarono in un bar ed ordinarono due caffè forti, sperando che li aiutassero a smaltire l’alcool. Con le tazzine vuote e un pizzico di lucidità, aprirono il discorso “partenza”. In realtà nessuno dei due voleva parlarne, ma prima o poi avrebbero dovuto.
- A che ora decolli?
- Alle 12:00 lascerò il suolo italiano. Mi accompagnerai all’aeroporto? – le chiese, carezzandole il dorso della mano col pollice.
- Grazie. – un attimo di silenzio – Cosa farai…quando sarò andato via?
- Partirò. Andrò in Calabria, nel solito campeggio, dai soliti amici. – il solo pensiero di tornarci la rendeva felice, ma… - Peccato che non potrò parlare di te a nessuno. – disse, abbassando lo sguardo.
- Lo stesso vale per me – le assicurò, stringendole ulteriormente la mano. – Quegli altri non sapranno mai cosa si perdono.
- Pensi che tornerai mai in Italia? – lo chiese placidamente, senza messaggi nascosti tra le righe.
- Io spero di tornare presto – e la guardò. – Prima dovrò lavorare sul singolo, poi sull’album e poi sul tour, quindi…non so quando tornerò.
- Già.
Sara si ripeteva quelle parole nella mente per auto-indottrinarsi, ma ciò non la distolse dallo stringere la mano di Ed. Sapeva che sarebbe arrivata a quel punto, sapeva che avrebbe ascoltato quelle parole e già adesso temeva per il suo cuore come per quello di lui.
Si piacevano, era evidente, ma quel sentimento appena nato era qualcosa di impossibile.
Quando fu in grado di guidare, Ed la riaccompagnò a casa, pregandola di farsi trovare pronta per le 12, non importava quanto sonno avrebbe avuto.
E lei giurò che il sonno era l’ultima sua preoccupazione. Quando gli passò il casco nero, lui lo ripose nel sellino e poi si avvicinò a lei.
- Buonanotte. – disse. – A domani.
- A domani, Ed.
Entrambi chiusero gli occhi a quel dolce contatto, assaporando quella stilla di dolore che già riuscivano a sentire.
Sara carezzò con la mano la sua barba, lo guardò ancora e lentamente si allontanò per andare via.
Doveva avere un’espressione terribile, sentiva che stava per piangere, così si voltò ed oltrepassò il cancello.
Ed pensò che il suo cuore stesse per spezzarsi.
Angolo autrice:
Ciao lettori!
Grazie per le numerosissime visite, non sapete quanto mi rendano felice!
Cosa pensate di questi ultimi avvenimenti? Mi auguro che la storia non risulti troppo scontata e nel caso lo fosse, fatemelo sapere. :)
Vi lascio le immagini di Piazza del Gesù e di una strada di Napoli che possa darvi l'idea di via San Biagio dei Librai, in pieno centro storico. Purtroppo non ho trovato una foto soddisfacente, ma è giusto per farvi un'idea. :)
Spero di leggere qualche recensione, mi piacerebbe sapere cosa pensate. Consigli, critiche, opinioni sono sempre graditissime.
Alla prossima. :)