19
maggio. Mattina.
Mitsui
lascia oltre la porta di casa un secco «Vedi di non piantare
grane!», che sua
madre gli ripete da quando i capelli gli sono cresciuti e il resto
è andato un
po’ a puttane.
Poco
importa che non risponda più male e passi i pomeriggi liberi
sui libri
–rileggendo venti volte le stesse cose perché
proprio non gli entrano in
testa-: lui, per loro, resterà sempre il ragazzo che ha
buttato all’aria un
futuro promettente solo perché troppo orgoglioso per
lasciarsi aiutare.
Si
passa una mano fra i capelli, gli fa uno strano effetto sentirli
così corti. E
gli fa anche strano riavere i denti davanti, se per questo--
«Mitsui-kun,
stai andando alla partita?»
Mo Chùisle
Capitolo 6
But don't look back in anger, I heard you say
“Karen:
Ho ricevuto
il tuo messaggio.
Lip:
Quello in
cui ti dicevo di andare a farti fottere?
Karen:
… E’ stato
bello sentire la tua voce.”
-Where There's a Will [3.08],
Shameless-
Quel
mercoledì si tinge di scuro.
E
pensare che era stata una così bella giornata, fino a pochi
minuti prima.
Davanti
a Mitsui si staglia una snella ragazza che indossa la divisa regolare
della sua
scuola e un sospiro di sollievo gli sfugge, liberatorio. Per un istante
ha
temuto che qualche ex fosse venuta a reclamare soldi, tempo, amore e un
sacco
di cazzate che lui chissà dove ha smarrito, ma non ha
nessuna ex allo Shohoku,
quindi… Ah!, beh, merda…
Una
c’è. Più o meno.
Però
questa specie di betulla che gli galleggia intorno non ha lunghi e
ricci
capelli rossi, non ha grandi occhi da cerbiatto e non è alta
quanto un bonsai.
Gli
si affianca e Mitsui capisce che non ha molto tempo per pensare a come
si
chiami o cosa voglia da lui, di prima mattina, proprio nel giorno del
suo
trionfale ritorno al mondo del basket.
«Allora?»
«Ahm,
già…» Ma dove
cazzo l’ho vista questa?!
La
ragazza si incammina e lui, seppure con scetticismo, le è
subito dietro. Ha
lunghi capelli castani che le carezzano la vita, legati con un fiocco
nero a
pois blu che ben si intona a quel paio di occhi che lo hanno
frastornato per
una manciata di secondi.
La
segue in silenzio, grattandosi la nuca mentre fa sfilare le tessere
mentali su
cui ha annotato nomi e cognomi delle ragazze con cui è stato
nei suoi anni bui.
Zero,
vuoto, nada de nada, tabula rasa…
La
ragazza sembra cogliere i suoi pensieri, perché con
invidiabile placidità dice
«Tranquillizzati, non sono una tua ex.» e lui
vorrebbe solo sprofondare.
Per
poco la mascella non gli rotola per terra «Questo lo so! Ho
ben altri gusti,
io.»
«Già,
a te piacciono le rosse…» Cosa?!
«Allora, contro chi giocherete questa mattina?» gli
trotterella al fianco con
invidiabile placidità, decide però di non
dissuaderla dal camminare con lui,
teme di ritrovarsi appeso per le palle in qualche viuzza sperduta.
E
poi chi lo sente il Gorilla, se arrivasse in ritardo? E anche la sua
vita
sessuale avrebbe di che lamentarsi…
Ancora
sconvolto da quanto appena udito, cammina come un automa e per un
attimo è
tentato di tornare indietro e farsi rimproverare da sua madre per tutti
quei
casini che ancora non ha combinato; così, tanto per sfuggire
a questa
squinternata.
«Il
Miuradai…»
«Oh,
sei agitato?»
«Veramente--»
«Non
dovresti esserlo.»
Ma
non lo
sono, infatti!,
«E sentiamo… Perché non
dovrei?»
Lei
lo guarda con sufficienza, la cartella sfrega sulla gonna a pieghe
«Perché la
loro squadra di ginnastica fa schifo, quella di basket non
può essere messa
tanto meglio.» snocciola con serietà, facendo
calare un silenzio che Mitsui
vorrebbe rompere a suon di testate contro il primo palo.
Ma questa
pazza da dove cazzo è uscita?!,
questo pensiero continua a
martellargli in testa per l’intero tragitto e
l’idea di chiederle come si
chiami o da quale pianeta sia atterrata non gli passa nemmeno per
l’anticamera
del cervello.
«Tu
non hai idea di chi io sia, vero?»
«No
davvero.»
La
ragazza rotea gli occhi blu «Nanaka Itou, capitano della
squadra di ginnastica
ritmica. Siamo in classe insieme, se non te ne fossi accorto tra un
pisolino e
l’altro.»
Mitsui
stringe le mani intorno al borsone, indeciso se mozzarle la testa o le
gambe,
così che possa soffrire in eterno.
«Cosa--»
«Tranquillo,
ti perdono» Mh, beh, che
misericordiosa…
«Ma solo perché sei prosopagnosico.»
Cosa
sarei?!
«…
Mi sta scoppiando la testa.» confessa affranto, il capo
pesante che gli cade in
avanti mentre il accelera il passo.
«Le
prime conversazioni colte fanno sempre
quest’effetto.» gli dà una pacca sulla
spalla, lo compatisce come se fosse un povero cretino. O Hanamichi
Sakuragi.
«Hai
per caso intenzione di accompagnarmi ancora per molto?»
«Ehi,
non è colpa mia se la scuola è in questa
direzione.» cinguetta con un sorriso
furbetto, facendogli salire brividi e bile.
Hisashi
si crogiola nel silenzio che segue questo scambio di inutili
convenevoli. Sente
che forse, almeno per educazione, dovrebbe presentarsi ma ha il sentore
che
quella lo conosca più di quanto lui conosca sé
stesso.
C’è
però un tarlo che lo pizzica, in mezzo alla confusione
generale che regna
nell’androne di quella villa con piscina che è la
sua mente: squadra di
ginnastica? Possibile che sia amica della Sendoh? Non che gliene freghi
qualcosa, ovvio, però la curiosità lo sta
divorando…
«Hai
detto che fai parte del club di ginnastica?»
«Aha…
C’è anche Shibahime, visto che ti interessa
saperlo.»
«Ma
io non ti ho chiesto nulla!»
Se
Mitsui fosse un oggetto, in quel preciso istante sarebbe una bomba
pronta ad
esplodere. Anzi, no, sarebbe il fungo atomico che segue la detonazione
della
bomba. Peccato non sia radioattivo, così da lasciar
stramazzare al suolo quella
rompicoglioni della Itou.
La
ragazza arcua un sopracciglio «Vuoi farmi credere che non ti
interessa?»
«No
che non me ne frega! Perché dovrebbe?!»
«Oh,
così… Pensavo.»
«Pensavi
male!»
«Pensavo
male, certo…» ghigna, la stronza
«E’ per questo che sei rosso come un
peperone?»
«No,
è solo un principio di detonazione» il passo si fa
più pesante «Sai cosa me ne
frega di quella.» rimugina serio, spazzando via il mucchio di
ricordi che
poppano nella sua mente come funghi.
Solo
perché ha ripreso in mano la sua vita, non significa che
voglia renderla
partecipe.
Shibahime
è stata una bella parentesi dei suoi giorni felici ma
è stata lei a decidere di
tagliarsene fuori proprio quando aveva più bisogno di aiuto.
Diceva
che conciato in quel modo, la spaventava… Come se nemmeno
lui si facesse paura!
Nemmeno
si immagina il casino che gli ha lasciato dietro, questo
però sembra pensarlo
solo lui.
«Quella…
Pensavo che ti importasse
qualcosa della tua ex.»
«E’
una ex, sai cosa me ne frega di una ex--» Mitsui si ferma
«Come—Che?!» come
Diavolo fa quella squinternata a sapere che lui e Shibahime sono stati
legati
sentimentalmente?
E
pensare che avevano nascosto bene la cosa…
Nanaka
lo guarda oltre la spalla «Siamo amiche, credevi che non mi
avesse mai parlato
di te?»
Quelle
parole fanno scattare i suoi neuroni appisolati.
Aspetta,
momento, aspetta aspetta aspetta!
«Ma
tu sei quella Nanaka Itou!» l’indice ondeggia su e
giù, Nana lo fissa con le
sopracciglia arcuate e l’aria di chi vuole chiamare la neuro
«Quella di cui
Shiba mi parlava sempre! La stronza che la teneva agli allenamenti fino
a
tardi!»
«La
stronza?»
«Ma
sì, ogni volte che le chiedevo di uscire diceva sempre:
Nanaka vuole che resti
ad allenarmi un po’ di più!» la imita
con voce stridula.
«Quella
è Shiba o un maiale agonizzante?»
«Shiba,
ovvio.»
«Ah,
pensavo un maiale agonizzante…»
«Sai
quante litigate ci siamo fatti per colpa tua? Ti ho soprannominata l’Arpia.»
«Quanta
maturità» freccia caustica «Quindi
litigavate per colpa mia, certo.»
«Ah,
beh… Mh.» beh, forse la colpa era pure un
po’ sua, ora che ci pensa…
«Non
hai mai pensato che, magari, non voleva passare il tempo con
te?» butta lì
noncurante, guardandolo di sottecchi.
«E
perché mai?!» Mitsui riprende a camminare di
malavoglia; quel discorso gli
brucia lo stomaco e il cervello.
«Perché
negli ultimi due anni non sei stato esattamente un fidanzato
modello.» analizza
spiccia, rifilandogli un sorrisetto dolciastro.
Mitsui
vorrebbe triturarla e gettare i brandelli del suo corpo nel primo
cassonetto
che trova. Quella Itou è capace di farlo sentire enormemente
in colpa senza
neppure recriminargli nulla.
Non
lo guarda come se fosse un poveraccio che ha gettato la propria vita
all’aria e
ora torna con la coda tra le gambe, non lo tratta come un appestato.
Non c’è
pietà nei suoi sorrisi né disprezzo nei suoi
sguardi, si comporta da semplice
spettatrice che cerca di capire cosa diamine stia accadendo.
Peccato
che Mitsui si senta un attore orribile costretto ad improvvisare.
«Nh.»
grugnisce il ragazzo, passandosi una mano fra i capelli.
«Hai
già parlato con lei?»
«No.»
«E
cosa aspetti a farlo?»
«Non
aspetto nulla! Non me ne frega niente, non--»
«E’
per questo che la ignori?»
Vorrebbe dirle che la ignora semplicemente perché Shiba
è la prima ad
ignorarlo, che la scottatura per essere stato lasciato su di una
spiaggia gli
brucia ancora, perché ha paura di rivedere nei suoi occhi
quel terrore che
piano piano l’ha portata via da lui.
«Lei
ignora me.» si limita a dire.
«Lei
ha i suoi buoni motivi, ma tu?»
Anche
lui ha i suoi buoni motivi, che crede?! Che lì
l’unica ad aver sofferto sia la
Sendoh? Perché nessuno si ferma a chiedersi
perché mai le cose siano andate
così, che forse non è stato solo lui a rovinare
quel che di bello avevano?
Si
sente soffocare da tutto ciò che di buono ha fatto per lei,
che è stato
polverizzato nel momento in cui ha deciso di intraprendere una vita in
cui non
voleva coinvolgerla.
Sembra
essersene dimenticata mentre in lui sono ancora vividi i ricordi delle
cose
buone e belle che si sono dati senza riserve.
«Non
saprei cosa dirle.»
«Le
cose verranno da sé. Prima o poi vi dovrete
affrontare» gli dà una pacca sulla
spalla e svolta l’angolo «Beh, io vado di qua. In
bocca al lupo per la
partita.»
«Voi
non fate le gare?»
«Iniziamo
settimana prossima» sventola la mano «Au
revoir!»
Mitsui
se ne resta impalato all’entrata della metropolitana,
fissando la sua schiena
stretta. È stata una chiacchierata inutile, di quelle che
dimenticherà
nell’arco di uno sbadiglio.
Però
qualcosina resta sempre, un dettaglio, una parola…
Nanaka
si volta «Coraggio, è appena cominciato il secondo
tempo.»
…
La completa sensazione di dover ancora aggiustare un mucchio di roba,
quella
non se la scorderà facilmente.
Agaki,
sotto canestro, se potesse se lo mangerebbe.
«Ehi,
Baciapiselli?» lo chiama con quel suo sorriso scemo
«Ti sei svegliato senza
dentiera, questa mattina?»
«No
deficiente, ho appena scoperto di essere prosopagnosico.»
«Ugh!
Spero non sia contagioso!» sbrodola Hanamichi, pulendosi il
braccio.
«La
tua idiozia è contagiosa.»
«Cosa
hai detto, Rukawa?!»
«State
per caso litigando, ragazzi?»
«No,
allenatore, noi ci vogliamo bene!» Miyagi sventola le mani,
fulminando il genio ora
impegnato a mandare maledizioni fra i denti all’impassibile
Kaede,
spalmato sulla panchina.
«Ohohoh,
bravi ragazzi.»
«Maledetta
porchetta!»
Miyagi
stacca la testa a Sakuragi –o almeno ci prova-; Rukawa
sbuffa; Hanamichi
delira.
Mitsui
vorrebbe solo sapere che cazzo è la prosopoagnosia.
♠
Akira
scopre come sia fatto Hisashi Mitsui solo quando il poderoso vocione di
Uozumi
si leva alto fra gli spalti, con quel «Ma quello è
Hisashi Mitsui delle medie
Takeishi!» a metà strada fra un ruggito e un verso
alla King Kong.
Shiba
non è mai stata molto dettagliata nelle sue descrizioni,
limitandosi ad un vago
«Ha dei bei capelli, begli occhi, è bello
tutto!», che lo rendevano sempre meno
immaginabile.
Vane
sono state le richieste di Madoka affinché lo portasse a
casa, vani sono stati
i tentativi di pedinamento di suo padre -che probabilmente stava
attraversando
la fase Mia figlia è mia-.
Akira
non le ha mai chiesto di presentarglielo, la gelosia era troppa.
Era
lei che si perdeva in entusiaste descrizioni su come fosse un giocatore
eccellente, che aveva addirittura un suo fan club con stuoli di
ragazzine
adoranti, e che «E'
bello come la fila di
lanterne che invadono il fiume durante l'Obon»,
una
descrizione che l’ha sempre fatto ridere ma per Shiba quelle
lanterne sono
sempre uno spettacolo mozzafiato.
Sa
solo che era un vero e proprio cecchino nei tiri da tre punti, che il
titolo di
Mvp se l’era guadagnato ma ciò non era
granché servito a donargli una forma.
Restava
un punto di domanda con in mano una sfera arancione.
Solo
ora tutti i contorni sbiaditi assumono connotazioni graduali e
più vivide e
Akira giunge ad una lacerante conclusione: non è come se lo
era immaginato.
Alla
sagoma di Leonardo Di Caprio che va
a
canestro va sostituendosi quella di un comune diciassettenne che tira
la palla
dalla linea dei tre punti senza fermarsi a pensare, in uno quei tipici
gesti da
fiato sospeso e con un’eleganza invidiabile che Shiba ha
sempre decantato.
«C’è
elettricità
nell’aria quando tira.»
è stato il suo commento quando le ha chiesto cosa
ci trovasse di così stratosferico nel suo modo di giocare;
proprio lei, che nonostante
gli anni trascorsi con lui sul campetto da basket, ancora non sa
distinguere un
Alley Hoop
da un Tap-in.
E
Akira la può sentire, l’elettricità,
è palpabile.
Si perde nel chiacchiericcio concitato dei compagni di squadra e nel
compulsivo «Devo prendere appunti!» di Hikoichi.
Koshino
si stacca dalla balaustra e getta la testa all’indietro
«Quindi nello Shohoku
c’è quel bestione di Akagi.»
«Già…»
«E
quella scheggia di Miyagi.»
«Eh…»
«E
Rukawa, che è una specie di te solo meno bravo.»
«Ah,
una specie di me, sì.»
«E
Mitsui, che è un ex Mvp.»
E
un ex di mia
sorella.
«E
Sakuragi! Non dimentichiamoci di Sakuragi!» scatta su
Hikoichi, balzando sul
posto come una molla.
Uozumi
lo cheta con un imbufalito «Quell’idiota
è il male minore!» e il ragazzino
torna a sbrodolare su come debba prendere appunti, altrimenti rischiano
di
cadere nel baratro.
Koshino
si scompiglia i capelli a scodella.
«Direi
che è un bel casino.»
Akira
sorride appena.
«…
Puoi dirlo forte.»
Koshino
non avrebbe potuto trovare parole migliori.
♠
Ha
saltato troppi pranzi, il suo stomaco si è abituato a non
ricevere cibo fino a
che non rincasa a sera tardi.
Se
mangia, o almeno ci prova, è solo perché Nanaka
fissa ogni suo gesto,
accertandosi che mandi giù e che non sputi una volta datele
le spalle. Le
ricorda le signora che c’era all’orfanotrofio,
quella che controllava per
vedere se rifaceva il letto o se finiva tutti i broccoli e le carote.
Se ne
stava sull’uscio con le mani grassocce sui fianchi, scrutava
ogni angolo con i
suoi occhietti piccoli e sottili come quelli di un falco e bacchettava
le mani
dei bambini che non ubbidivano.
Alcuni
segni rosati sono ancora rimasti sulle mani sottili, ricorda che Mitsui
gliele
baciava quando non riusciva ad addormentarsi perché
accerchiata da incubi.
Ha
smesso quando le risse sono diventate la sua priorità.
«Certo
che si sente la sua mancanza...» la voce di Nanaka scioglie i
suoi ricordi;
fissa il banco vuoto di Mitsui «Quel russare di sottofondo
cominciava a
piacermi.»
«Mi
fai passare l’appetito.»
«Esagerata…»
storce il naso «Dovresti cominciare a parlargli. Non so se
l’hai notato, ma è
piuttosto diverso dal teppista che bestemmiava in classe.»
Shiba
reprime a fatica un sorrisetto, memore delle urla dei professori di
fronte alle
colorite espressioni che Hisashi era solito usare quando non capiva
niente.
Sente
però che tutto non può sistemarsi così
facilmente.
Le
cose belle continuano a sfumare nel ricordo di tutto ciò che
di brutto c’è
stato tra loro. Le notti passate a piangere per gli insulti ricevuti
ingiustamente, il suo trattarla con rabbia quando provava ad aiutarlo
col suo
ginocchio malandato… La costante sensazione di essere
tornata ad essere il
vestito in vetrina che tutti vogliono ma poi nessuno compra per una
serie di
motivi che la fanno sentire sbagliata.
Gli
anni passati con Hisashi, quelli bui, non sono poi così
diversi dagli anni
trascorsi al Sacro Cuore.
«Non
mi va.»
«Non
ti va?»
«Non
mi va di parlare con qualcuno a cui non ho nulla da dire.»
«Di
cose da dire ce ne sarebbero, invece.» seguita Nana con voce
punzecchiante, di
quelle che stimolano il suo inascoltato senso di colpa a guaire.
«Tipo?»
Nanaka
giocherella con le bacchette «Mah, puoi sempre chiedergli
come vanno gli
allenamenti, se il ginocchio gli fa ancora male, se i suoi lo trattano
ancora
come un rifiuto umano, se imparerà mai che Lenin e Stalin
sono due persone
diverse» la sua voce si fa più bassa quando Tomoko
si annuncia con una risata
sguaiata, accompagnata dalle sue fedeli servette «Sei tu la
sua ex, mica io.»
«Non
abbiamo mai parlato di storia.»
«Questo
perché siete due capre.»
«Ehi!»
«Quello
che intendo è: vai avanti.» Shiba vorrebbe
ribattere ma lo sguardo di Nana è
talmente duro da farle ingoiare qualsiasi protesta.
Sposta
i polipetti e si concentra sul riso con verdure che nemmeno sa
nominare,
mangiandone pochi chicchi alla volta «Magari neanche lui
vuole andare avanti.»
«Oh
andiamo, hai visto anche tu quanto si stia dando da fare
per--»
«Con
me, lui non vuole andare avanti con me» infila le bacchette
nel bento, Nanaka
la guarda con severità «Si è ripreso il
suo adorato basket, sai che gliene
frega del resto?»
«E
il resto saresti tu?»
«Tutto!
Tutto ciò che c’è intorno! Sai che me
ne frega se ci sono anche io, là dentro.»
spinge via il bento, l’appetito le è passato. Lo
stomaco gorgoglia ma forse è
solo la rabbia a farlo ribaltare.
Da
quando i suoi genitori l’hanno abbandonata, Shiba
è sempre stata abituata ad
essere messa da parte, relegata a quel secondo posto che a volte la fa
sentire
un’inetta.
In
casa è Akira il prediletto, lei è solo la nuova
arrivata che ancora non ha
imparato a comportarsi come Madoka vorrebbe. Quella che va a sbattere
contro i mobili e le porte, che impreca ad alta voce quando le cose non
vanno e che finge di dover studiare pur di non dover trascorrere dieci
minuti in più coi parenti serpenti.
Nel
club di ginnastica è Nanaka la stella brillante che da
orgoglio alla squadra,
lei è il braccio destro che si guadagna il podio per il
rotto della cuffia. Che si dimentica i passi, sviene come una persa
cotta negli spogliatoi e ha una dieta talmente altalenante da far
sentire la coach sulle montagne russe.
Per
e con Mitsui, è sempre stata messa dopo il basket e dopo
ancora, erano le risse
ad avere la sua completa attenzione. E la bira, e le uscite con i nuovi
amici, quelli che la guardavano con un ghigno talmente sbilenco da
farle salire i brividi, e le chiamate mai fatte e i weekend fatti di
silenzi.
Non
vuole risentirsi così, data per scontata.
La
campanella suona, c’è un fuggi fuggi generale che
le distrae dalla loro
conversazione. Nana sposta il bento e il suo sospiro pesante
è uno schiaffo in
pieno volto.
«Io
credo che lui si sia davvero pentito per tutto quello che ha fatto. E
in quel
tutto ci sei dentro anche tu» Shiba corruga la fronte, Nana
sbuffa «Non dico
che devi tornare ad essere la sua fidanzata ma almeno non guardarlo come fai tu sarebbe qualcosa.»
«Io
non lo guardo in nessunissimo modo!»
«Oh,
sì che lo fai…» le punta
l’indice sulle pieghe della fronte «Lo guardi come
gli
altri guardano te: come l’orfana che non farà mai
nulla di buono nella vita. E
tu odi quando fanno così.»
Già,
odia quegli sguardi.
Ma
odia anche lui.
E
odia Nanaka perché, nonostante tutto, ha sempre ragione.
♠
Mitsui per tutto questo tempo si è convinto che il boato del
pubblico, il tifo dei compagni, i brividi nel vedere i punti
aumentare sul tabellone grazie a suoi tiri da tre punti non gli
sarebbero mancati.
Sono superflui, attimi che scaldano per una manciata di secondi e di
cui ci si dimentica una volta messo piede fuori dal palazzetto.
Si sbagliava.
♠
Ci
sono due date segnate in rosso sul
calendario di Shiba: il 26 maggio, il giorno in cui iniziano le gare di
ginnastica e il 23 maggio, quando tornano i suoi genitori.
Non sa dirsi per cosa sia più
preoccupata.
Quando è a scuola pensa che dovrebbe
pulire il soggiorno, togliere le erbacce dal giardino, stendere la
biancheria e
fare la spesa.
Quando è a casa, ripensa ai secondi
che devono trascorrere prima di fare la rovesciata, a quanti passi
sulle punte
deve compiere prima di fare una capriola e recuperare il nastro, a
quanti giri
devono fare le clavette onde evitare che le finiscano sui piedi.
Ha troppo da fare e troppo poco tempo.
Passa gli ultimi giorni a casa, va a scuola solo per le due ore del
club. Nana non è d’accordo
che perda così tante ore ma è troppo concentrata
sulle qualificazioni per darsi
pena per lei.
L’aspirapolvere copre il macello che Elwood e Jake stanno
combinando in un supermercato, alla televisione. Se Madoka fosse
lì le direbbe qualcosa come
«Ancora con
questo film?» ma per fortuna la sua voce un po'
stridula è solo un vago ricordo capace di strimpellare le
corde tese del suo intero essere.
Incredibile come anche a mille miglia di distanza riesca a farla
innervosire.
Akira rientra e le sorride in quella
sua splendida maniera da capogiro, lasciando le scarpe della divisa
all’ingresso.
Non le chiede di abbassare la musica
né di lucidare meglio le vetrate del soggiorno; le
mancherà questa libertà.
«Non vedo l’ora!» le dice sincero,
svanendo sulle scale che portano di sopra.
Shiba pensa solamente che le mancherà
non poter dormire più con lui.
Prosopagnosia:
l’incapacità dei soggetti che ne sono colpiti di
saper distinguere i volti delle persone.
L’Obon:
La festa delle lanterne è un’antica celebrazione
Buddista in onore dei defunti. Si celebra tra il 13 e il 16 agosto.
Alley
Hoop:
santa Wikipedia ci insegna che un
giocatore
effettua un passaggio alto, normalmente non teso, verso il ferro (senza
tirare), mentre un compagno salta, afferra la palla al volo e la
schiaccia o
appoggia a canestro.
Sì,
lo so, sono le mie solite due settimane accademiche ma vedendo la
lunghezza e
la poca corposità del capitolo avrei potuto pubblicarlo
giorni fa. Mi vergogno
anche un po’ a pubblicarlo dato che non accade praticamente
nulla di eclatante ma
è un capitolo di transizione in cui ho cercato di spiegare
un po’ di cose e
ammetto che mi serviva come trampolino di lancio per quelle che sono le
varie sotto trame tra i personaggi.
Per farmi
perdonare, cercherò di pubblicare il prossimo in tempi
decenti e di renderlo il
meno noioso possibile!
Poi…
Non sono solita complimentarmi
per i capitoli che pubblico, mi sembra inutile e stupido anche
perché il
giudizio finale spetta ai lettori, però questa volta voglio
concedermi un
minuscolo sfogo: ADORO LE SCENE TRA HISASHI E NANAKA. Punto. Non ce
n’è, mi
piace l’alchimia che ho creato per questi due beoti,
è un tripudio di idiozia. Non
lo so, si prestano a fare i cretini quando si trovano così
vicini ♥
Per
concludere, ringrazio infinitamente Ace_DP
e LuMiK per le
recensioni al
capitolo precedente -you made my day, sappiatelo- e i lettori
silenziosi,
grazie grazie grazie ♥
HeavenIsInYourEyes