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Autore: Sea    09/05/2015    2 recensioni
Si sa, il blocco dello scrittore può farti impazzire ed Ed Sheeran stava cominciando a perdere colpi. Non voleva partire, per fuggire dai suoi problemi gli bastava il suo appartamento, non aveva bisogno di vacanze. Eppure si trovava lì, intrappolato dal suo manager, senza poter gestire la sua vita come una qualsiasi persona.
Non voleva che qualcuno interrompesse la sua solitudine, ma successe. Quell'incontro avrebbe trasformato la sua gabbia dorata in una via d'uscita, ma ancora non lo sapeva. Il suo deserto stava per trasformarsi in una florida oasi. Così, visse.
ATTENZIONE: IL CAPITOLO "TERZO GIORNO - PT II" è STATO MODIFICATO IN QUANTO MANCANTE DI UNA PARTE DELLA NARRAZIONE, ORA REINTEGRATA NELLO SCRITTO.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sesto Giorno - I
 
  • Ma ti sembra l’ora di tornare a casa?
Sua madre era furiosa. Le avrebbe detto che quella casa non era un albergo e lei non era la sua cameriera, già lo sapeva, così fece finta di ascoltare.
  • Non mi interessa se si tratta di Ed Sheeran o di Gesù, devi tornare a casa ad un orario decente. Vivi sotto il mio tetto e anche sotto le mie regole.
Non aveva idea di cosa le stesse accadendo. Non riusciva a spiegarglielo.
Davanti a quel caffè sperava che chiudesse presto quella bocca, perché se non l’avesse fatto il suo umore sarebbe precipitato e sarebbe scoppiata come una bomba ad orologeria.
  • Mamma! – urlò, facendola ammutolire. – Non sapevo nemmeno dove ero diretta, come facevo a sapere a che ora sarei tornata?
La sua voce si incrinò pesantemente, era sull’orlo del pianto. Le labbra tremule sbiancarono.
  • Non so cosa stai facendo, ma farai meglio ad usare la testa.
Già. Ci aveva provato. Ma lei non lo sapeva. Si alzò dal tavolo con una lacrima in mostra sulla guancia destra, riuscendo finalmente ad ammutolire sua madre. Sapeva che non l’avrebbe capita, a che serviva parlare?
  • Dove stai andando? – disse la donna con le braccia incrociate.
  • Tra 20 minuti esco e non chiedermi dove vado, Ed ha detto che è una sorpresa. Non so a che ora tornerò, probabilmente molto tardi.
  • Abbi almeno la decenza di farmi una telefonata.
Chiuse la porta dietro di sé e la lasciò finalmente sola. Sua madre sapeva che non aveva il controllo della sua vita e questo la rendeva ancora più instabile, ma lei non poteva essere la sua valvola di sfogo. Era sveglia da un’ora e quello era il primo attimo di silenzio che riusciva a godersi. Non che la sua mente fosse tranquilla, ma era una voce in meno.
Aveva scelto lei di non dargli buca, quindi ora doveva viverla come veniva. Parliamoci chiaro, lei voleva stare con lui il più possibile, ma avrebbe preferito non versare lacrime.
Sperò di non piangere più, altrimenti il mascara che aveva appena messo si sarebbe sciolto ancora prima di uscire di casa.
Il suo cellulare vibrò.
| Sono qui fuori, ti aspetto. |
Era in anticipo, ma andava bene così. Doveva scappare da quella casa il prima possibile. Si guardò allo specchio un’ultima volta, desiderando essere più bella ed avere vestiti più belli di quel pantaloncino nero e di quella canotta con su scritto “Adventure”. Afferrò il giubbino di jeans e la borsa e senza salutare nessuno, andò via.
Era una bella giornata, non c’era nemmeno una nuvoletta bianca in cielo.
Ed Sheeran continuava ad essere fortunato.
 
Era in anticipo di 10 minuti, ma ormai aveva rinunciato al sonno.
Appena sveglio, aveva chiamato l’hotel per riconfermare tutto e assicurarsi che gli abiti fossero sotto la loro custodia. Andava tutto bene.
Il sole scottava parecchio, probabilmente sarebbe stata una serata particolarmente calda, ma tanto meglio date le sue intenzioni.
Fissava da lontano il cancello marrone, attendendo che lei comparisse e quando meno se lo aspettava, eccola lì. I capelli arruffati, le guance rosee e gli occhiali da sole.
Camminava in modo disinvolto verso di lui, riponendo le chiavi nella borsa. Quando gli fu davanti non trattenne un sorriso, che vide spuntare anche sul suo volto.
  • So che avresti voluto dormire, ma oggi è un grande giorno. Sei pronta? – disse, sinceramente emozionato per quella giornata insieme.
  • Buongiorno anche a te. – disse di rimando. – Beh, sempre meglio che stare a casa a cercare di far calmare mia madre.
  • Oh. – A volte dimenticava che lei vivesse con i genitori. – Mi dispiace averti causato problemi.
  • Non fa niente. – rispose, guardando altrove.
Con quegli occhiali non riusciva a guardarla negli occhi. Allungò le mani al suo viso e glieli sfilò. Aveva gli occhi arrossati.
  • Oggi ti farò dimenticare tutto, te lo prometto. E guardami! – la rimproverò, così lei riportò l’attenzione ai suoi occhi chiari.
  • Ti guardo, Ed. – Non aveva una bella cera.
  • Dimmi che vuoi stare con me, oggi. – C’era quasi una supplica nel suo tono di voce.
Sentì di nuovo le lacrime salirle agli occhi, ma le scacciò via con tutta la forza di volontà che aveva.
  • Certo. Certo che voglio stare con te, Ed.
  • Bene, perché io ho una voglia matta di farti sorridere.
Gli diede un pugno sul petto, sperando di distrarlo dalla sua espressione troppo felice, ma servì a poco. Ed le rimise gli occhiali e le passò una mano tra i capelli.
  • Andiamo, ci aspetta una grande giornata.
Lo vide sorridere mentre prendeva il suo casco, illuminando quella città di una luce nuova.
Come aveva fatto ormai troppe volte, si strinse a lui e attese che giungessero alla meta.
Ancora una volta, Ed imboccò l’autostrada, ma stavolta nella direzione opposta. Aveva insistito fino alla fine per non rivelarle dove fossero diretti e non vedeva l’ora che lo scoprisse.
Riflettendo su questo, si rese conto che stava diventando davvero contraddittorio: voleva arrivare a Sorrento prima possibile, ma sperava che il viaggio durasse più del dovuto così da averla stretta a lui fino a che gli fosse mancato il respiro.
Quando uscirono dall’autostrada, avevano un bel tratto di costa su cui proseguire. La splendida mattinata favoriva la loro visione del panorama sul golfo di Napoli, luccicante al sole di mezzogiorno. I lidi erano stracolmi di persone, il largo brulicava di barche e il mare azzurro toglieva il respiro. Accostò alla prima piazzola e la fece scendere dalla moto.
  • Ieri non abbiamo fatto nemmeno una foto, ma oggi non rifarò lo stesso errore. – disse sfilando prima il suo casco e poi quello di lei. – Vieni qui.
Sara si accostò a lui e in qualche modo trovò la forza di sorridere alla fotocamera, attendendo che Ed scattasse quella foto.
  • Adesso voglio che tu resti lì e ti faccia fotografare. Voglio conservare una tua foto.
Ed già si portava davanti a lei, studiando l’inquadratura migliore.
  • Ma Ed, non-
  • Zitta! Non fare storie.
E perse le parole davvero. Soltanto quando Ed la incitò per la terza volta a sorridere, si mise in posa per lui, da sola. Si fece scivolare addosso l’imbarazzo che provava e tornò da lui, pregando che il servizio fotografico fosse terminato. Nonostante il cattivo umore, sorrise quando lo vide riguardare quelle foto. Magari avrebbe scritto un’altra strofa della sua canzone.
La strada era piena di curve e di sole, ma riuscivano agilmente a superare il traffico. Un paio di volte, Ed credette che a Sara stesse venendo un infarto, mentre portava la moto tra le auto, senza preoccuparsi di decelerare troppo. Fortunatamente per lei, Sorrento non era lontana e ben presto fecero il loro ingresso a Corso Italia, la strada principale della città.
I turisti infestavano le strade e scattavano foto con le loro super-reflex. Ed pensò che sarebbero passati inosservati, ma non appena mise la freccia per entrare nei confini dell’hotel, chiunque fosse nei dintorni si voltò a guardarli.
Non era da tutti entrare nel miglior hotel di Sorrento, ma lui era Ed Sheeran e poteva permetterselo. Quando Sara sfilò il casco, gli chiese mille spiegazioni.
  • Quanto ho speso e perché, non è una cosa che ti riguarda, ok? Goditi la giornata.
  • Ma…è il miglior hotel di Sorrento! – Ancora non riusciva a concepire che lei fosse lì, all’ingresso di quella struttura.
L’edificio, dal classico stile italico, era ricoperto di fiori e circondato da un giardino. Alle sue spalle si vedeva il mare, che risuonava in fondo allo strapiombo.
  • Allora, vuoi venire con me o no? – la prese per mano e la portò dentro.
Una giovane ragazza era in piedi dietro lo splendido bancone della reception, bella come il sole, mentre lei era…lei.
Non capì cosa chiese, ma vide che quella ragazza gli stava allungando una tessera.
Lo seguì, sempre più spaesata, verso il lussuoso ascensore placcato in oro e non riuscì a spiccicare una parola.
Ed la guardava, cercando di decifrare l’emozione che aveva negli occhi, ma ancora una volta fallì. A volte pensava di essere così attratto da lei proprio per quel suo aspetto: era illeggibile.
Non appena le porte si aprirono, scoprirono che l’ascensore era panoramico ed affacciava sul mare. Ed schiacciò il bottone, mentre lei si perdeva nel blu.
Quando uscirono dalla cabina, Ed si ritrovò in un piccolo corridoio ed avanzò, senza lasciarle la mano, verso la porta bianca che aveva davanti.
  • Una stanza? – fece lei.
Infilò la scheda dorata nel lettore ed aprì la porta: un piccolo appartamento in vetrate era a loro completa disposizione fino al giorno successivo.
Sentì Sara stringergli convulsamente la mano a quella vista e lui rise della sua faccia sconvolta, invitandola ad entrare. Dovette quasi tirarla per un braccio, ma poi riuscì a richiudersi la porta alle spalle, gettando la scheda sull’antico comò alla sua destra.
  • Ti piace? – chiese, urtandola con un gomito.
  • Stai scherzando? Non ho mai visto una stanza del genere! – Gli lasciò la mano ed avanzò nel piccolo appartamento. – È meraviglioso! Ma…
Si voltò verso di lui alla ricerca di una logica spiegazione per quella gita con suite di lusso. Ed sorrise, sentendosi in imbarazzo al solo vederla lì, nella sua stessa stanza, ma cercò di mantenere alta la conversazione.
  • Se vai nella tua stanza, sì, hai una tua stanza, troverai un costume sul tuo letto. Indossalo e torna qui.
Non si soffermò a guardare l’espressione che aveva sul viso, temeva che lei potesse dare di matto, quindi sparì dietro la porta della sua stanza ed attese. Sentì i suoi passi e poi il rumore di una serratura. Si passò una mano tra i capelli, per scaricare la tensione, poi andò verso il suo letto a due piazze per indossare il suo costume da bagno.
Quella stanza era un prodigio, era fornita di qualsiasi cosa: nell’armadio c’erano addirittura dei vestiti della sua taglia. Pensando che lei potesse uscire da un momento all’altro, infilò le infradito ed uscì. Si accomodò su una poltrona del soggiorno e si soffermò a guardare il mare dall’ampia vetrata. Camera all’ultimo piano, come sempre.
La immaginava lì dentro, in preda al panico per la misura del costume e rise al solo pensiero di vedere le sue gote arrossarsi. Già immaginava il resto della giornata. Se fosse stata come la sera precedente – e al ricordo si sentì andare in fiamme – probabilmente non l’avrebbe più dimenticata. Nel momento esatto in cui si stava alzando per distrarsi da quei ricordi, lei aprì la porta e ne uscì lentamente, con indosso un bikini blu.
Aveva visto tante donne in costume, aveva visto tante donne nude, ma mai nessuna lo aveva fatto arrossire come gli stava capitando guardando lei. Gli si formò un groppo alla gola vedendola lì, rossa come un pomodoro e con la pelle d’oca. Parla, Ed – si ripeteva – Non fissarla come un maniaco.
Strinse le mani in due pugni.
  • Allora…andiamo? – si sforzò di simulare indifferenza.
  • Si. Andiamo. – rispose lei, altrettanto falsamente, troppo turbata dall’assenza di abiti sul corpo di lui.
Non era palestrato, non era muscoloso, ma era accogliente. Era un uomo, per la miseria e in lei stava scattando l’istinto primitivo di avvicinarsi a lui. Per non parlare delle sue assolutamente meravigliose spalle.
  • Vieni, di qua.
Aspettò che lei lo affiancasse, ma non osò sfiorarla con un dito. Si abbassò gli occhiali da sole sperando di sparire dietro di essi. La guidò tremante fino ad una parete, sulla quale intravide il segno della porta del suo ascensore privato, con accesso alla spiaggia altrettanto privata. Digitò un codice e le porte si aprirono.
  • Oh, cazzo. – disse lei, sconvolta.
Rise di gusto nel sentire quel commento, un po’ per il divertimento un po’ per la tensione e senza indugio la invitò ad entrare. Quell’ascensore non era panoramico, ma quando si fermò aprì le porte direttamente sulla loro personale spiaggia.
Misero piede in una minuscola caletta di sabbia bianca, un ombrellone e due lettini li attendevano, completi di cocktail e asciugamani. Ed la guardò avanzare, incantata da quel posto. Fece un piccolo apprezzamento sul suo sedere pieno, ma lo tenne per sé, ben nascosto nella sua mente, poi le andò dietro, puntando alla crema solare poggiata su un tavolino di legno. Lei era già con i piedi nell’acqua gelida, ma la richiamò.
  • Sara, potresti mettermi la crema dietro la schiena? – disse, mostrandole il flacone.
  • Certo – rispose, voltandosi.
Sentì le sue dita sfilargli la bottiglietta dalle mani e porsi dietro di lui. Dopo qualche secondo percepì il suo tocco morbido sulle spalle e pregò gli dei di non avere reazioni strane.
Sara cercava di stendere al meglio quella crema così pastosa, ma d’altronde Ed aveva una carnagione così chiara che al sole sembrava fosforescente. L’immagine delle sue spalle – quelle spalle – larghe e lentigginose le si attaccò agli occhi, senza lasciarle via di scampo. Sentiva i suoi muscoli contrarsi sotto le dita e finì per mordersi troppo il labbro inferiore quando lui tirò la testa indietro, in un gesto di…godimento?
Terminò in silenzio e gli restituì la crema, evitando il suo sguardo. Si concentrò sulla sensazione della sabbia sotto i piedi mentre cercava una protezione adatta a lei. Si sentiva terribilmente studiata mentre si stendeva la crema sul corpo, anche se lui non la guardava in modo sconveniente. Si rese conto di non riuscire ad arrivare al centro della schiena per quanto si sforzasse, così lo chiamò e glielo chiese.
  • Ed? – lui si voltò – Ti dispiacerebbe…ricambiare il favore?
Ed non rispose, si limitò ad andarle incontro e a prendere la protezione dalle sue dita. Lei si girò senza che lui le chiedesse nulla. Aveva due graziose fossette sulle spalle, non ne aveva mai viste su nessuno. Gli piacevano.
Cominciò a massaggiarle le spalle, sentendola subito intirizzirsi. Aveva detto “ricambiare il favore”, no? Ecco, lo stava facendo. Fece scorrere intenzionalmente le dita fino all’altezza dei fianchi, senza trascurare le zone coperte dai sottili laccetti del costume. Vide chiaramente la sua pelle venire percorsa dai brividi e desiderò intensamente baciarle il collo. Aveva una piccola voglia sulla parte bassa della schiena, le spalle più larghe rispetto alla media, il collo sottile, il sedere pieno, il ventre soffice.
Era perfetta. E per quel giorno era sua.
  • Ecco fatto.
Si voltò lentamente e lui le sorrise, mentre riponeva la crema sul tavolinetto di legno. La guardò per un attimo attraverso gli occhiali e lentamente le sfilò i suoi, mettendoli via insieme alle sue Rayban. La luce le illuminava gli occhi. Si fece distrarre per un attimo, ma poi tornò alla realtà e mise in atto i suoi pensieri. Scattò come un fulmine e la afferrò, prendendola in braccio. Sara urlò, ma era troppo tardi per ribellarsi, Ed stava già correndo verso la riva, ridendo come un idiota. Si gettò nell’acqua fredda, senza lasciarla andare.
Il freddo cancellò dai loro volti le ore di sonno arretrato, risvegliando i loro corpi intorpiditi dal calore. La lasciò andare soltanto quando entrambi furono del tutto bagnati.
  • Ed! – lo sgridò lei, senza riuscire a chiudere la bocca per la sorpresa, ma alla fine rise.
Lo sentì ridere di gusto, mentre lei tentava invano di schizzarlo, poiché puntualmente lui spariva sott’acqua. Lo vide andare verso di lei in apnea e fu trascinata giù, senza riuscire a fuggire.
Quando riemersero entrambi, presero fiato. Ed pensò che forse era lui quello che stava sognando. Era lui quello che doveva punzecchiarle un braccio per vedere se fosse vera. Tuttavia, poté costatarlo quando lei lo attaccò inaspettatamente, tentando di mandarlo giù.
Gliela diede vinta più di una volta, ma soltanto per sentire le sue braccia intorno al collo e le sue mani sulle spalle. Gli piaceva tenerla per i fianchi quando lei non toccava più, sentiva di aver trovato il suo posto nel mondo.
Fu distratta troppe volte dal riflesso dell’acqua nei suoi occhi azzurri, talvolta dimenticava persino dove fosse. Seduta sul bagnasciuga con lui, vicini abbastanza da sfiorarsi, si chiese di nuovo come mai quell’Ed gli era piombato addosso. Non lo aveva desiderato e tantomeno se lo aspettava, eppure eccola lì, seduta al suo fianco, la mente ancora confusa dall’assurdo turbinio che era diventata la sua vita. Lui era un cantante straniero, lei era ancora all’università. Chi voleva prendere in giro con quella storia di loro due? Favole. Bubbole.
La frutta fresca che ricevettero per pranzo, accompagnata da qualche stuzzichino degno di un re, li portò ben presto ad accomodarsi al riparo dal sole cocente.
In contrasto con l’intera idea di partenza di quella giornata, Ed mise un telo sulla sabbia e la invitò ad accomodarsi vicino a lei. Chiunque li avesse visti litigare per chi dovesse mangiare l’ultimo pezzo di anguria, non li avrebbe mai definiti una coppia.
La piccola radio a loro disposizione, mandava qualche canzone carina e spesso canticchiarono insieme, mettendo da parte i pensieri tristi. Ed mise su un assurdo teatrino, cominciando ad imitare le star che aveva conosciuto, ridendo spesso di quel se stesso che faceva capolino raramente.
Erano già le 15, quella giornata stava volando, sperò ancora che il tempo rallentasse.
  • Ti va di fare un tuffo? – gli chiese lei, col labbro inferiore in mostra.
Il suo sguardo era già un sì. Tese le mani chiedendole indirettamente di aiutarlo ad alzarsi, ma come poteva sapere Sara che Ed Sheeran non concedeva pause?
Quando tentò di tirarlo su, fu trascinata in basso, cadendogli rovinosamente addosso. Lui già rideva, ma quella nota serena nella sua risata la fece sentire a suo agio più lì, stesa su di lui, che quando stava seduta a tavola con i suoi genitori.
Lo abbracciò, stringendogli forte il torace. Loro non si abbracciavano mai e sapeva perché, ma quando lo sentì ricambiare la stretta, si chiese dove fosse stato per tutta la sua vita. Le sue braccia erano un porto sicuro.
Si tuffarono in acqua prendendo la rincorsa.
  • Allora, ti piace? – chiese lui.
  • Avevi dubbi? – rispose. – Era da un anno che non andavo al mare.
  • Non avresti mai pensato di andarci con me.
  • Certo che no! – si lasciò andare, galleggiando sul pelo dell’acqua.
  • Devi sentirti davvero onorata della mia presenza, data la tua accondiscendenza, plebea. – fece la voce grossa, imitando quel re che diceva essere il suo alter ego.
  • Maestà, lasci che le mostri la mia accondiscendenza ad accompagnarla sul fondo del mare!
Non finirono mai di giocare, se avessero potuto avrebbero fatto dei castelli di sabbia.
Quando furono le 17, un maggiordomo si avvicinò a loro.
  • Il signore desidera-
Il poveretto dovette interrompersi per evitare gli schizzi d’acqua prodotti dal loro rincorrersi sulla riva.
  • Desidera restare ancora in spiaggia o posso dare ordine di predisporre la sala?
Ed la afferrò per le braccia per impedirle di investire lui e il povero maggiordomo, e ansimante rispose.
  • Predisponga pure la sala, noi arriviamo subito.
Quello fece un cenno col capo e se ne andò, lasciandoli nuovamente soli.
  • Dove andiamo? – chiese lei, con sguardo interrogativo, chiedendosi cos’altro la aspettasse.
  • A fare un percorso benessere nella SPA dell’hotel. – disse lui, mentre raccoglieva la ciabatta che il mare gli stava portando via.
Ma cosa gli era venuto in mente di portarla a fare un percorso benessere quando lei soffriva il solletico? Ci sarebbero stati sicuramente dei massaggi e lei avrebbe fatto una figuraccia quando avrebbe cominciato a ridere come un’isterica sotto le mani del massaggiatore.
  • Dai, andiamo.
E la prese per mano, mentre l’acqua salata formava mille goccioline sui suoi tatuaggi colorati. Andarono silenziosamente in direzione dell’ascensore e vi entrarono, sciogliendo quell’intreccio di dita. Ancora bagnati, entrarono nell’appartamento luminoso e Sara andò in cucina per prendere un bicchiere d’acqua. Mentre gli chiedeva da lontano se ne volesse anche lui, lo vide spuntare con in mano un accappatoio bianco. Lui lo aveva già indossato e la aiutò ad avvolgersi nel suo, spostandole i capelli bagnati dal viso. Ed aveva le guance arrossate dal sole ed era così bello in quel momento che non riuscì a non sistemargli il collo spesso dell’accappatoio, in cerca di una scusa per toccarlo.
  • Non dovevi organizzare tutto questo, sei sempre eccessivo. – disse allora, quando il suo sorriso la imbarazzò troppo. Si accorse di adorare il suo naso.
  • E tu non devi aggiustarmi il colletto se hai voglia di toccarmi. – e le sfiorò la mano.
Sara sbarrò gli occhi, sentendo le guance andarle a fuoco. Indispettita, o forse troppo presa dalla vergogna, se ne andò lasciandolo lì come un ebete, con la convinzione di aver esagerato.
Ed si voltò, seguendola con lo sguardo. La seguì, cominciando a pronunciare le sue scuse ancora prima di riaverla nel suo campo visivo. Era di spalle e stava per poggiarle una mano sulla spalla, quando qualcuno bussò alla porta.
Una voce li avvertiva che, se i signori erano pronti, potevano recarsi nella Spa quando volevano. Abbassò la mano, mentre rispondeva alla voce nascosta dietro la porta. Non seppe cosa fare vedendola immobile. La chiamò ma lei non si girò, così si portò dinanzi a lei e la trovò col muso lungo e le guance rosso vivo. Aprì la bocca per parlare, ma prima che qualsiasi sillaba uscisse dalla sua bocca, lei gli mollò l’ennesimo cazzotto, stavolta colpendolo sullo sterno. Si portò una mano al petto istintivamente, ma non gli aveva fatto male.
  • Ehi – disse allora – Scusa, ho esagerato.
  • Non è quello. – rispose lei, guardandosi i piedi.
  • Cosa, allora? – cercava una risposta.
  • È quel tuo modo di provocarmi, nonostante tutto. Sembra che tu lo faccia apposta.
Rimase un attimo in silenzio, riflettendo sulle sue parole.
  • Scusa, non so trattenermi. – forse lei non sapeva quanto fosse imbarazzato nel rivelarle quel dettaglio. Per spezzare la tensione, la prese a braccetto. – Andiamo.


Angolo autrice:

Cosa starà tramando quello strano di Ed? Qualche volta io stessa non lo capisco. XD
Grazie per le visite e le recensioni, vi lascio le immagini dei panorami, dell'hotel e del mare di Sorrento!
Alla prossima! :D

    


 
  
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