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Autore: gingersnapped    10/05/2015    2 recensioni
“Respira. Quando non respiri, non pensi.”
Le sue parole l’avevano colpito. Quelle stesse parole, pronunciate dalla sua piccola bocca in un giorno assai lontano da quello, ma chiare come se le avesse pronunciate qualche istante prima, risuonavano nella testa di Hiccup. La ricordava ancora davanti a lui, i lunghi riccioli rossi che si muovevano con la lieve brezza del vento, l’arco (il suo arco) in mano, gli occhi acquamarina sorridenti. Sembrava così lontana in quel momento.
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Jack Frost, Merida, Rapunzel, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Notizie inaspettate e strane apparizioni
 

 
Merida Dunbroch era una principessa singolare, almeno così pensava Maudie. Aveva visto altre principesse prima di allora, di terre diverse, e l’anziana signora avrebbe potuto giurare sugli antichi dei che le altre seguivano un preciso protocollo che sembrava alla base del loro futuro di regine. Merida Dunbroch era invece diversa.
Negli anni della sua esperienza, Maudie aveva ben presto imparato a comprendere al volo con chi aveva a che fare, e aveva educato la sua unica figlia, di non molto più grande della rossa, a fare altrettanto, ma dopo tutti questi anni, non riusciva a capire chi fosse la principessa di Dunbroch. Già le sembrava strano chiamarla principessa: se la mattina non avesse bussato ripetutamente alla porta della sua camera, certe volte accompagnando il gesto con le urla, non si sarebbe svegliata. Altre mattine invece la ritrovava accovacciata davanti al camino della sala più grande del castello a riscaldarsi, oppure era fuori da sola, cosa che certamente le altre principesse non facevano. Certi giorni non mangiava quasi nulla se non una misera mela, altri giorni si abbuffava come se sentisse i morsi della fame da settimane intere. Preferiva gli abiti dei popolani ai suoi, tessuti con la seta più pregiata, e se li faceva passare sotto banco proprio da sua figlia. Non si pettinava mai i capelli, preferiva lasciarli sciolti, e non era assolutamente attenta al linguaggio che invece avrebbe dovuto adoperare. Per Maudie, Merida Dunbroch non sembrava una principessa, e credeva che se avesse potuto, ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma riconosceva in lei caratteristiche indispensabili per governare un regno, qualità che le altre principesse con il loro galateo non avevano di certo.
Merida Dunbroch era una principessa singolare, che non voleva diventare una semplice consorte del marito, almeno così pensava Maudie. Merida Dunbroch era una principessa che non aspettava altro di diventare Regina.

 
(È così che si fa)



“Il mio matrimonio?”, chiese la rossa, appena riprese a respirare. Non era semplicemente arrabbiata: un misto di incredulità e spavento le fece sobbalzare lo stomaco e sentire una stretta al cuore. Fece un altro respiro veloce, sperando di aver frainteso ciò che le avesse detto la madre, anche se c’erano pochi fraintendimenti. Di lì a poco avrebbe compiuto la maggiore età. Di lì a poco in qualità di principessa avrebbe dovuto sposarsi. Di lì a poco avrebbe dovuto rinunciare alla sua vita. E lei odiava decisamente questi suoi doveri. La madre non le rispose, continuandola  a guardarla con quegli occhi sgranati, così duri e severi in grado di pietrificare il più impetuoso degli uomini ma non la figlia, le labbra così disinvoltamente serrate in una linea praticamente sottile. La rossa si alzò, incapace di stare ferma.
“Perché?”, continuò, con un tono accusatorio.
“Lo sai il perché”, disse la madre. “È così che si fa.”
“Anche se è così che si fa non vuol dire che si debba fare!”, esclamò la ragazza. Elinor per qualche secondo rimase interdetta, poi anche questa espressione si sgretolò per ritornare la fredda sovrana.
“Sei una principessa, devi anteporre il bene del tuo regno.”
“È così ingiusto!”
 La madre si alzò, ergendosi in tutta la sua figura, e Merida quasi non la riconobbe. Tutto quello che concerneva il suo aspetto, come i capelli castani tirati –e intrecciati in un’acconciatura complicata- accuratamente via dal viso, rotondo esattamente come il suo, o le lunghe ed ampie vesti preziose che indossava, denotava una persona che non ammetteva sciocchezze. E per Elinor, la maggior parte di quello che diceva la figlia erano sciocchezze. L’unica cosa che doveva fare era comportarsi da principessa e Merida non riusciva proprio ad adattarsi a quella vita. Sua figlia era libera, e voleva rimanere tale.
Elinor amava la figlia, ed era senza dubbio un’ottima sovrana, ma in quel momento avrebbe desiderato tanto non esserlo.
“Merida!”, la rimproverò, girandosi verso la porta prima che la figlia potesse vedere un’ombra di vacillamento nei suoi occhi. “È un matrimonio, non la fine del mondo.”
Fu un bene che uscì dalla stanza senza girarsi, perché il solo suono della grande porta di legno della camera della figlia sbattuta violentemente le fece perdere un battito.

 
(Strane manifestazioni di amicizia)



Jack si stiracchiò, cercando di destarsi da quello stato di noia, e si volse a guardare l’amico. Non avevano dormito (Hiccup non aveva dormito; lui più volte aveva sonnecchiato nell’arco di quella giornata) per provare ad approcciarsi con quel falco, inutilmente: a parte farsi accarezzare di tanto in tanto dal giovane artista (infatti l’aveva pure beccato, causandogli una cicatrice non molto dissimile da quella sua), non era disposto a collaborare. E così Jack aveva visto Hiccup dare al falco ogni tipo di carne che avesse in casa, accarezzarlo, provare a zittirlo senza alcun risultato. E perché Jack non se n’era andato? Semplicemente per fare la parte del buon amico, e poi perché il brunetto era fermamente convinto che questo servisse a rendere Hiccup meno pazzo.
“Hic, non puoi aprire la finestra e farlo volare via?”, chiese Jack, sbadigliando apertamente.
“La finestra è già aperta. Mi sembra chiaro che non se ne voglia andare”, rispose Hiccup senza prestare molta attenzione all’amico, mentre provava a dare del pollo crudo al falco.
“Dici? Secondo me è perché non sa dov’è la finestra!”, esclamò l’amico, alzandosi per aprirla maggiormente.
“E se provassi a cucinarlo?”, domandò Hic, rizzandosi improvvisamente. Il falco, a quel movimento brusco, ricominciò a stridere.
“Hic, secondo te i falchi in natura mangiano carne cotta?”
“Cosa ne posso sapere io?”
Jack alzò gli occhi al cielo, facendo un enorme sospiro. “E poi dicono che sei più intelligente di me.”
“Sento di essere ad un passo dalla soluzione!”
“Pure il falco è stupito da tanta imbecillità.”
“Secondo me continua a stridere per la tua presenza”, disse Hiccup. Al che Jack si alzò, le mani in aria, in segno di resa, e si diresse verso l’uscita. Dopo aver fatto un segno con la mano all’amico e al volatile, uscì dalla porta, desideroso di dormire pesantemente, però rimase per un altro po’. Poi si affacciò dalla finestra e prima di correre al suo rifugio disse “Vedi che continua a stridere nonostante me ne sia andato?”

 
(Nel bosco)



Dopo aver preso Angus, il suo primo vero amico, la rossa era volata letteralmente verso il bosco, insofferente al vento freddo che si stagliava contro il viso e che la faceva tremare, lasciandosi in preda ad un pianto liberatorio. Cercava di non pensare a ciò che era successo, a ciò che sarebbe successo in un futuro non molto lontano, forse immediato conoscendo la madre. E mentre gli alberi sfrecciavano accanto a lei, presentandosi come macchie indistinte, Merida non poteva far altro che chiedersi chi avrebbe mai dovuto sposare, di chi avrebbe dovuto tenere i segreti e da chi sarebbe stata tradita con la prostituta di turno. Le sembrava così strano, eppure sapeva bene che non avrebbe dovuto essere così. Sua madre le parlava di matrimonio da sempre, a memoria della ragazza, ricordandole ogni volta quanto fosse fortunata a ricevere quella educazione che lei non aveva mai ricevuto ma Merida sembrava indifferente verso tutti gli sfarzi della corte. Le sembrava di essere in gabbia, prigioniera di un mondo che si aspettava che lei lo governasse, sottoponendosi al tempo stesso alle sue leggi. Non aveva pensato a cosa avrebbe fatto, e neanche dove sarebbe andata, almeno finché Angus non si bloccò improvvisamente facendola cadere.
“Angus!”, urlò lei, rimproverando il suo cavallo, quando si accorse che questo sembrava spaventato da qualcosa che stava davanti a lei, e di cui la giovane non si era neanche accorta. Merida si guardò attorno, toccandosi per istinto la spalla dove credeva che ci fossero le frecce, ma non si era portata la faretra e neanche l’arco, e si alzò da terra. Era finita nel vecchio cimitero. Fece qualche passo in avanti, cauto, fermandosi a guardare le enormi pietre disposte in un cerchio perfetto. Non si era accorta che prima ci fosse così tanta nebbia, che adesso non le permetteva neanche di vedere dove stava mettendo i piedi. Sobbalzò, quando si sentì sprofondare: fortunatamente per lei, era solo un acquitrino. Poi sentì un rumore.
“Angus!”, lo richiamò lei, a bassa voce, ma il cavallo si ostinava a rimanere fuori dal cimitero, costringendola ad armarsi di tutto il suo coraggio e a prendere un ramo secco da terra. E così, cercando di ignorare quel sentimento di paura che stava per pietrificarla, andò in direzione del rumore.

 
(Padri)



“Questo è troppo!”, esclamò il re, colpendo il possente tavolo di legno con un pugno. Dal lato opposto della tavola, anche il volto di Stoick si scurì. Un altro attacco alle guardie. L’ennesimo omicidio a qualcuno di Dunbroch, e chi lo stava facendo, non sembrava avesse alcuna intenzione di smettere.
“Fergus, dobbiamo fare qualcosa”, disse il comandante delle guardie, cercando di nascondere le mani che tremavano dalla rabbia. Gobber, che era presente, sobbalzò.
“Ma io non ho finito!”
“Non c’è tempo per finire”, disse il sovrano, alzandosi.
“Deve esserci. Tua figlia volteggia con la spada ancora convinta di essere imbattibile, e tuo figlio”, qui Gobber si girò in direzione di Stoick “si sta sorprendentemente rivelando meno incapace degli altri. Se non volete rimandare per gli altri, fatelo almeno per i vostri figli.”
Fergus abbassò lo sguardo, e si lasciò cadere sul trono, mentre Stoick rimase impassibile. Gobber sapeva bene che in realtà, sotto quello spesso strato di muscoli, il suo cuore si stava gonfiando di orgoglio per il figlio, ma sapeva anche che non l’avrebbe mai ammesso.
“Non possiamo aspettare”, sospirò Fergus, profondamente turbato.
“Concedimi un mese.”
“È troppo.”
“Allora solo due settimane. Solo due settimane, Fergus, e poi entreremo in guerra.”
Il re si alzò dal trono, ergendosi in tutta la sua possanza e autorità.
“Solo due settimane, Gobber. E niente di più.”

 
(Ancora)



“A che punto sei?”
Rapunzel sobbalzò, non riconoscendo la voce di chi le parlava, e si girò immediatamente, senza rispondere. Al suo fianco c’era un giovane ragazzo, pressoché della sua età, con la pelle color caramello, liscia e levigata, un paio di occhi castani, più scuri e più caldi di quelli di Flynn, e dei folti capelli neri. Aveva un abbigliamento non molto dissimile da quello del Genio.
Accorgendosi dell’espressione spaventata della bionda, il ragazzo si presentò. “Scusami, io sono Aladdin.”
“Anche tu sei apprendista presso il Genio?”, chiese lei, stringendo la mano che il ragazzo le porgeva con affidabilità.
“Oh, no, non mi sognerei mai di fare.. che materia è?”, scherzò lui, facendo ridere Rapunzel. “Il Genio mi deve tre favori, ecco.”
“Tre favori?”
“Sì..”, rispose lui, parecchio evasivo. Poi fece un grosso sorriso. “A che punto sei?”
“Al terzo libro”, disse Rapunzel, orgogliosa di se stessa e non riuscendo a mascherare la propria soddisfazione.
“Ancora?”, domandò invece Aladdin, frantumando tutte le aspettative della bionda. “Guarda che non hai molto tempo”.
“Lo so, ma credo che in qualche mese riuscirò ad apprendere tutto e..”, cominciò lei, delusa, a parlare ma Aladdin le fece segno di zittirsi.
“Non si tratta di qualche mese, ma di qualche settimana.”
“Come?”, fece lei, allarmata, sgranando i suoi grandi occhi verdi.
“Non lo sai? I tuoi amici non te l’hanno detto?”
“Smettila, Al! Rapunzel deve studiare ancora molto!”, lo rimproverò il Genio, entrando nella stanza proprio in quel momento.
“Ma non ce la farò mai a studiare tutto questo in qualche settimana, figuriamoci ad imparare come si cura!”, commentò Rapunzel, la voce più alta di due ottave e la confusione in corpo.
“Ce la farai, i migliori ce la fanno sempre”, disse semplicemente il Genio con tranquillità.
“E se io non fossi tra i migliori?”, chiese la ragazza, in preda allo sconforto.
“Questo dipende da te.”

 
(Wisp)



“Un fuoco fatuo!”, esclamò Merida, riconoscendo come fonte di rumore quella strana fiammella azzurra-blu. Ricordava quando era ancora piccola e sua madre le raccontava le leggende riguardanti queste strane luci. Affascinata, la giovane tese una mano in direzione del fuoco fatuo, ma prima che potesse anche solo sfiorarlo con le dita, quello scomparve.
“Angus!”, richiamò la ragazza, stavolta più forte di un semplice sussurro, e il cavallo trottò fino al suo fianco. Doveva salire al più presto sull’albero più alto, per vedere a che ora sarebbe sorta l’alba, e così organizzare il suo ritorno a casa, quando la visione di un altro fuoco fatuo, più lontano dal primo, la desistette. Avvicinandosi a questo, che come il primo scomparve, e vedendo che se ne formava un altro, la giovane si accorse che formavano un percorso, che la spingeva ad inoltrarsi ancor di più in quella parte di bosco mai visitata. E le sembrava così diversa: era convinta che mai, in quel frangente, avrebbe potuto riconoscere il luogo in cui suo padre le aveva insegnato il tiro con l’arco, o ancora il tronco sulla quale si era seduta insieme ad Hiccup e lui le aveva raccontato la sua storia, o la casetta sull’albero sulla quale adorava giocare ma che era vietata ai maschi. Non solo: non aveva mai visto una notte così buia come quella. Doveva sentirsi molto stanca, si disse, perché le era sembrato, mentre camminava seguendo la debole luce dei fuochi fatui, di vedere qualche ramo degli alberi allungarsi come se volesse afferrarla, o fermarla, ed effettivamente un paio di volte si era strappata il vestito poiché rimaneva impigliato tra quelli.
Se solo la madre non avesse voluto darle quella notizia in quel modo, pensò lei, mentre una vocina fastidiosa nella sua testa le sussurrava che sicuramente avrebbe avuto la stessa reazione e si sarebbe trovata sempre in quel bosco, di notte.
“Fantastico, adesso inizio a parlare sola!”, commentò al alta voce, mentre accarezzava il muso di Angus che, terrorizzato, tremava accanto a lei. In un caso come quello, avrebbe preferito che il suo cavallo si mostrasse più coraggioso piuttosto che fifone. Ogni suono lo faceva nitrire dallo spavento, facendo spaventare anche lei di riflesso. Non sapeva quando la notte sarebbe finita, le sembrava di essere in quel bosco da molto più di qualche ora, e stava per salire su Angus e ritornare indietro, quando vide che c’era una specie di uscita davanti a lei. Tese ancora una volta la mano verso il fuoco fatuo, e questo, come ci si sarebbe aspettato, scomparve, ma non se ne generò un altro. Camminò ancora un po’, osservando che la vegetazione diminuiva sempre più, fin quando uscì dal bosco. Angus di conseguenza cavalcò più veloce, superando la padrona e rilassandosi. Merida sorrise, alzando gli occhi al cielo e rivolgendosi alle stelle.

 

(Incontri inaspettati)



“Forse preferisci il tacchino?”, chiese Hiccup al falco, porgendogli l’unico pezzetto di tacchino rimasto in casa. Il volatile si girò dall’altra parte, come se fosse annoiato.
“Ma si può sapere perché sei qui?”, borbottò il moro, quando venne distratto da un rumore alla porta. Qualcuno stava bussando. Distrattamente, andò ad aprire, ritrovandosi davanti Merida e il suo cavallo.
“Ciao”, salutò lei, veloce.
“Ciao”, ricambiò lui, rimanendo stranito da quella apparizione. I due si guardarono negli occhi per qualche istante, poi abbassarono contemporaneamente lo sguardo.
“Non è ancora l’alba, quindi.. Insomma, cosa ti porta qua?”, chiese Hiccup, balbettando e gesticolando. Merida sorrise, guardando la casa e stringendosi nel suo vestito e il giovane si accorse che la principessa era senza il mantello. “Oh, certo. Accomodati”, aggiunse, spostandosi per far passare la principessa.
“Sfortunatamente il tuo cavallo deve restare fuori”, disse Hiccup, chiudendo la porta. Merida annuì, guardando Angus dalla finestra.
“È una lunga storia”, rispose lei, dopo.
“Cosa?”
“Quella che mi ha portata qua. È una lunga storia”, spiegò, sedendosi sul letto. 
“Fammi il riassunto”, propose Hiccup, sedendosi su uno sgabello non molto lontano. Merida rise.
“Ci provo.”
Stava proprio per star per parlare quando il falco ricominciò a stridere.
“Toothless, puoi stare in silenzio una volta tanto?”, si lamentò Hiccup, nella voce una nota di disperazione. “È un falco bianco! Cosa ci fa un falco bianco a casa tua?”, domandò Merida, alzandosi e avvicinandosi al volatile.
“In realtà non lo so”, rispose, corrugando le sopracciglia. Il che era vero.
“Da quanto tempo è qui?”
“Da un giorno ormai.”
“Gli hai dato del cibo?”
“Ci ho provato, ma non mangia.”
Al che la rossa abbassò gli occhi, notando il pezzo di tacchino. Sospettosa, si avvicinò ad Hiccup.
“Cosa gli hai dato, esattamente?”
“Tacchino, pollo, maiale..”
Merida sgranò gli occhi. “E secondo te i falchi mangiano questi animali in natura?”
“Adesso inizio a pensare che non sia così”, borbottò Hiccup.
Il moro vide la ragazza guardarsi attorno, per poi prendere un arco e delle frecce dalla sua cassa delle armi, e dirigersi verso la porta.
“Dove vai?”, chiese lui, forse un po’ troppo precipitoso.
“A caccia. Aspettami.”

 
(Coniugi)



“Elinor?”
La donna, con le mani congiunte e gli occhi chiusi, al suono della voce si alzò faticosamente dalla cassapanca in legno, facendo prima un inchino all’immensa croce disposta nella parete davanti.
“Come sapevi che mi trovavo qui?”
Fergus fece qualche passo in direzione della moglie.
“So chi frequenti”, rispose semplicemente, e i due coniugi si sedettero assieme, pregando.
“So che è morta un’altra guardia di Dunbroch”, disse la moglie, spezzando il silenzio religioso.
“Purtroppo”, commentò il sovrano, corrugando le folte sopracciglia ramate.
“Cosa faremo?”
“Lo sai quello che faremo.”
“Sì, ma non voglio che si faccia.”
“Mi ricordi Merida quando fai così”, scherzò Fergus. “A proposito, dov’è?”
La cieca fedeltà della moglie nei confronti del marito vacillò, tanto da farle mordere le labbra. “Non lo so”, sibilò, mentre l’espressione gioiosa (stanca ma gioiosa) del sovrano mutò.
“Una guardia è morta e nostra figlia non si trova?!”

 
(Amicizie inaspettate)



“Quindi mangia i conigli?”, chiese curioso Hiccup al fianco della rossa, mentre tutti e due osservavano Toothless divorare quella carcassa di coniglio morto voracemente.
“Conigli, topi, quaglie. Tutti gli animali del bosco più piccoli di lui”, rispose la principessa, soddisfatta.
“Adesso dovrebbe smettere di stridere, giusto?”
“Dovrebbe”, accordò lei.
“E quindi? Perché sei venuta qui?, domandò nuovamente il moro. “Non che mi dispiaccia”, si affrettò ad aggiungere, balbettando.
“Mi hanno guidata i fuochi fatui da te. Io ero nel bosco e..”
Merida non concluse neanche la frase, perché Hiccup stava ridendo.
“Che c’è?”
I fuochi fatui ti hanno guidata?”
“Sì, te l’ho detto!”
“Sono semplici luminescenze che derivano dalla combustione del metano e del fosfano dovute alla decomposizione di sostanze organiche.”
“Cosa? No!”
“Eri in un cimitero?”
“Sì, al cimitero antico.”
“E magari al cimitero antico ci sono laghi, fiumiciattoli, o acquitrini?”
“Sì, c’è un piccolo acquitrino nella zona est.”
“Semplici luminescenze”, ripeté l’artista.
“Mi hanno portato fuori dal bosco!”
“Forse eri stanca.”
“Non ero stanca”, disse lei, imbronciandosi, ma i non marcati cerchi violacei sotto agli occhi e uno sbadiglio smentirono quanto detto.
“E perché eri nel bosco?”
“Perché.. sentivo il bisogno di allontanarmi da mia madre e dalla corte”, rispose lei, volutamente vaga. Il giovane abbassò lo sguardo, soffermandosi a guardare il falco, che proprio in quel momento stava rigurgitando il coniglio appena mangiato.
“Merida, non mi pare che Toothless abbia gradito”, disse Hiccup, osservando preoccupato e anche abbastanza disgustato il cibo ingerito e rigurgitato.
“Te lo sta donando. Sai, come fa la mamma con i suoi cuccioli”, replicò lei, e di conseguenza il falco fece segno con la testa verso il cibo, guardando Hiccup fisso.
“E io dovrei..?”
“Mangiarlo, sì”, concluse lei.
“Non ci penso proprio”, ribatté lui, disgustato. In quel frangente sia la principessa che Toothless lo guardarono piuttosto severamente.
“E va bene!”
Con le mani prese un pezzettino di quel coniglio, cercando di dimenticarsi che, oltre ad essere stato mangiato e rigurgitato dal falco, era anche crudo, e, molto lentamente, se lo mise in bocca, cercando di dissimulare con i gesti e con le espressioni facciali una squisitezza. Toothless fece un altro gesto, e la rossa disse :”Ingoialo adesso.” Hiccup sgranò gli occhi, meravigliosamente verdi come la foresta, incredulo a quello che stava accadendo, ma nonostante tutto, forzatamente si costrinse ad inghiottire quel dannatissimo boccone, ignorando il suo corpo ben più propenso a vomitarlo. Merida gli rivolse un sorriso, e all’inventore sembro pure che il falco sorridesse di rimando, e questo lo rese immensamente felice.

 
(Casa non-dolce casa)



“Jack? Sei tornato?”, domandò una piccola vocina. Una voce così dolce, e affettuosa, per il giovane non sarebbe mai potuta appartenere se non a quella piccola e graziosa ragazzina, che timidamente faceva il suo ingresso oltre quella tendina lurida e avente i buchi in più parti.
“Emma!”, esclamò lui, inginocchiandosi e aprendo le braccia così che quella bambina potesse abbracciarlo.
“Com’è andata oggi la giornata?”, chiese lei, sorridendo. Jack si alzò, e fece finta di cadere morto sulla panca di legno, e la bambina si sedette sulle sue ginocchia. Il moro si sentiva sempre più leggero, dopo aver visto la sua dolce sorellina sorridere. Le si formavano le fossette agli angoli della bocca.
“Allora, sono sempre più convinto che Hiccup sia pazzo!”, rispose lui, facendola ridere.
“E perché?”
“Si è messo in testa di addomesticare un falco bianco!”
“Davvero? E perché mai?”
“Non lo sa neanche lui.”
“E tu, Jack?”
“Io gli ho fatto compagnia. Come sta la mamma, invece?”
A queste parole Emma si rabbuiò, e ciò non passò inosservato agli occhi attenti del giovane.
“Ha dormito tutto il giorno. Diceva di essere molto stanca.”
“Non ti preoccupare”, disse Jack piuttosto forzatamente. “Dopo questa bella dormita starà meglio.”
La bambina annuì, non molto convinta, e Jack non poté far altro che abbracciarla. L’avrebbe protetta per sempre.


Scusate se non pubblico da un po', ma la scuola mi sta uccidendo pian piano. In più devo ancora completare la mia tesina (come se l'avessi seriamente iniziata ma vabbé) e ho un sacco di cose da fare e sto iniziando ad odiare il mondo pian piano. Chiedo venia se il capitolo non è il massimo, anzi, proprio per il ritardo ho cercato di farlo più lungo. Le parti di Rapunzel sono ancora poche e lente, me ne rendo conto, ma, prendendo come modello come studio io, niente è divertente mentre si studia. Hiccup in questo capitolo potrà essere un po' diverso da nostro solito Hic, però mi piaceva l'idea di non renderlo un genio in tutto, ecco. E poi Jack.. è un ladro sì, ma non un senza-tetto. Al prossimo capitolo che spero sia prima degli esami, 
la vostra disperata gingersnapped
   
 
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