Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: alicehorrorpanic    10/05/2015    5 recensioni
SEQUEL DI “VOGLIO TE NEL MIO LETTO”
Ora che Alice e Niccolò sono finalmente insieme, il loro amore sarà al sicuro o sarà un salto ad ostacoli?
************
«Cazzo, niente reggiseno» imprecò «vuoi farmi crepare?» ironizzò, stringendomi i fianchi e scendendo a baciarmi il seno.
Ormai la parte razionale del mio cervello era scoppiata e il mio corpo non rispondeva più ai miei comandi ma sembrava dotato di vita propria, totalmente sconnesso da me.
Ero persa completamente in un vortice da cui non avrei più voluto svegliarmi, immersa nei suoi baci, nelle sue carezze, nei suoi morsi sul mio corpo.
Volevo che tutti i nostri problemi sparissero, si dissolvessero in un battito di ciglia, in un respiro.
Strinse forte tra le mani il mio petto e dedicò la sua attenzione al mio ventre, fino ad arrivare tra le mie cosce.
Avevo le gambe che tremavano, il battito accelerato, le dita avvinghiate ai suoi capelli neri e un uragano dentro al mio corpo pronto ad esplodere.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'killkisskill'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
2
Walking contradiction



 
Erano diverse ore che stavamo sdraiati a letto, a sfiorarci, tanto da pranzare alle due del pomeriggio arrangiandoci con un Mc menù ordinato all'ultimo, solo per il gusto di mangiare qualche schifezza insieme piuttosto che digiunare e stare ancora a letto come due malati.
Il tempo passava così velocemente che non ci rendemmo conto neanche che fosse quasi sera, e che lui doveva andarsene per evitare brutte figure.
«Passami la maglia» mi ripeté con voce annoiata per la centesima volta alzando gli occhi al cielo e sbuffando, mentre io lo guardavo compiaciuta e beandomi di quella vista per la milionesima volta.
Di lui non ne avevo mai abbastanza e questo mi spaventava.
«Alice, che facciamo se tua madre arriva e mi trova così?» affermò indicandosi e osservandomi di sottecchi, pronto ad esultare a un minimo mio cedimento.
Lo scrutai di nuovo assottigliando lo sguardo: aveva i jeans slacciati ed era senza maglia, la quale era prigioniera delle mie mani, e lo guardavo come se volessi mangiarlo.
Ma anche lui, il suo sguardo scuro, non era indifferente al fatto che fossi coperta solo da un leggero lenzuolo fino al petto.
Potevo leggere nei suoi occhi quanta poca voglia avesse di andarsene e lasciarmi da sola.
Respirai a fondo e chiusi gli occhi, mossa azzardata e pericolosa, poiché sentii il materasso muoversi e delle labbra morbide posarsi sulle mie.
Il mio cervello era partito di nuovo per la tangente, non capiva più niente ed eravamo e entrati nel nostro mondo isolato sulla mia nuvoletta dove tutto il resto contava zero.
Ma non come l'espressione di mia madre che vidi appena mi staccai da lui che era sceso con la mano ad accarezzarmi il petto sotto il lenzuolo.
Sbiancai e mi irrigidii come un sasso e lo stesso fece lui, ma l'imbarazzo e lo sgomento regnavano sovrani, in realtà avevo paura che mia madre svenisse o prendesse a bastonate il mio ragazzo, di cui lei non sapeva niente o quasi.
Lei tossì per smorzare la tensione e ci guardò seria «vestitevi per carità, non voglio sapere e vedere niente» e si richiuse la porta alle spalle, scomparendo veloce.
Pensavo di morire dopo aver trattenuto il respiro per così tanti secondi che quando respirai di nuovo mi sentii svuotata di ogni cosa.
«Merda» borbottò lui alzandosi velocemente e recuperando la maglia tra le mie mani e infilandosela «dici che mi farà uscire di casa vivo?»
Abbozzai un sorriso e annuii «non credo ti ammazzerebbe, ormai il danno è fatto» 
Lui si corrucciò e mi guardò inespressivo «il danno saremmo noi?»
Annuii di nuovo e cercai una maglietta da indossare, scomparsa chissà dove «tanto la ramanzina la farà a me non a te»
«Mi sembra giusto» ridacchiò e si allacciò i jeans nervoso «io non ho fatto nulla»
Lo guardai alzando un sopracciglio e non credendo alle mie orecchie «sei tu che mi sei saltato addosso trenta secondi fa» puntualizzai con voce grave.
Lui si fermò e incrociò le braccia con aria seccata «vuoi dire che è colpa mia se ci ha beccati?» sospirò e si avvicinò puntandomi il dito contro «ti ricordo che eri tu quella che non voleva ridarmi la maglia» 
«Adesso sarebbe colpa mia?» rincarai «sei stato tu a venire a casa mia e trascinarmi nel letto, e sei stato ancora tu stamattina a sbattermi contro la porta e fare quel cazzo che volevi senza chiedermi niente» conclusi sentendo le guance andare a fuoco.
«Lascia stare, non dovevo venire qua a romperti il cazzo vero?» si interruppe «dopotutto non sei la mia ragazza e devo chiederti il permesso di fare cose che vuoi anche tu?» sputò acido e minaccioso «ma ti senti quando parli?»
«Vaffanculo» urlai prima che potessi fermarmi e darmi uno schiaffo in testa.
«Bene, come vuoi, fatti viva quando la pazza in menopausa uscirà dal tuo corpo» prese in mano le sue cose e si avviò verso la porta della mia stanza.
Volevo parlare, dire qualcosa, fermarlo, ma le parole mi si erano bloccate in gola, un groppo inscioglibile.
E invece rimasi zitta, e lui con passi pesanti e con espressione seria scomparì dalla mia vista.
Mi sentii vuota, spezzata a metà, come se avessi perso qualcosa di così importante e così necessario alla mia vita.
Lui.
Di nuovo, nell'arco della stessa giornata, avevo sbagliato, mi ero lasciata trasportare dalla rabbia del momento senza pensare alle catastrofiche conseguenze.
E io senza di lui non ci potevo stare, non ci riuscivo, già mi mancava.
Sentii scendere qualcosa di caldo sulle guance, mi pulii gli occhi con le mani e andai in cucina ad affrontare Malefica, tanto peggio di così non poteva esserci nient'altro.
Trovai mia madre seduta in cucina che sfogliava un libro di ricette e appena mi sentì arrivare lo chiuse con un tonfo «e così era il tuo ragazzo quello?» 
Chiusi gli occhi e respirai profondamente «in teoria, ma..»
Sorrise allegramente, stupendomi e bloccando le mie parole «eh brava la mia bambina, te lo sei scelto bene, è proprio carino» squittì con gli occhi a cuoricino.
Boccheggiai e risi nervosa cercando di farla tornare sulla terra «si, grazie, ma abbiamo litigato, di nuovo»
Lei fermò la sua eccitazione e mi guardò seria «tesoro, sei giovane, viviti questa storia, si vede che ci tiene a te, non far diventare le cose più complicate di quelle che sono» accarezzò con le dita la copertina del ricettario e poi tornò a guardarmi «vivi al massimo e non pensare, goditela finchè puoi, divertiti ma non soffrire già da ora» 
Rimasi a bocca aperta e non potei che darle ragione ma, purtroppo, avevo già rovinato tutto, come sempre.
Ridacchiò e si coprì la bocca con il dorso della mano «certo, basta che non mi fate un nipotino, a tuo padre potrebbe venire un infarto e vorrà cacciare dalla faccia della terra chiunque sia stato»
Sorrisi più rilassata e mi sedetti sulla sedia, guardando in faccia la felicità in persona.
Alla fine, ero sempre io che complicavo le cose, ci tenevo troppo e pretendevo troppo.
Lui non era come gli altri, non aveva incorporate le istruzioni per essere un perfetto fidanzato, era lui e basta.
Non potevo basarmi sulle mie aspettative e sui miei desideri, dovevo accettarlo così come veniva, nel bene e nel male.
Dovevo viverlo a pieno, fino all'estremo e oltre ogni limite.

A cena non mangiai, avevo davanti agli occhi il piatto pieno eppure, più lo guardavo e più mi veniva la nausea.
Non avrei mai pensato che lui mi avrebbe portato fino a questo punto, a non avere più voglia di fare nulla, nè dormire nè mangiare.
Ogni volta che chiudevo gli occhi mi compariva il suo viso davanti, arrabbiato, deluso, ferito, e piangevo tutta la notte, mi faceva male il cuore a furia di trattenere i singhiozzi.
«Alice, non mangi?» mio padre mi stava osservando, con sguardo quasi preoccupato mentre io avevo gli occhi bassi sul mio cibo.
«Non ho fame» mentii, cercando di convincerlo in qualche modo, aiutata da qualche magia vodoo.
«Ha litigato con il suo ragazzo» affermò tranquilla mia mamma, facendomi quasi soffocare con la saliva.
Cadde un silenzio tombale, spezzato solo dalla lancetta dei secondi dell'orologio da parete e dal mio respiro pesante.
Pregai in ogni lingua possibile che non iniziasse ad urlare come un pazzo come quando aveva scoperto anni prima che frequentavo Lore.
«Ah» se ne uscì freddo e serio «e da quanto tempo avresti un..ragazzo?» anche pronunciare quella parola per lui costava una fatica immensa ma mi stupii comunque che non avesse fatto ancora nessuna cavolata.
«Uhm, da qualche mese» mormorai titubante e nervosa, iniziando a mordermi le labbra e guardando di sottecchi mia madre che se ne stava compiaciuta in silenzio.
«Ah» ripetè lui «beh, ormai sei abbastanza grande da poter fare ciò che vuoi con chi vuoi» sospirò pesantemente e poi lanciò un'occhiata a mia madre «però tu sarai sempre la mia bambina, quindi non vorrei proprio avere brutte sorprese» 
Aggrottai la fronte non capendo cosa intendesse realmente dire così alzai lo sguardo e cercai la risposta nei suoi occhi «papà..» iniziai.
«Credo che sappiano cosa fanno caro, sono giovani ma non stupidi» intervenne mia madre e posò una mano su quella di mio padre, rassicurandolo.
«Non ne dubito, ma non conosco questo ragazzo e..» sussurrò lui in preda alla preoccupazione che sua figlia rimanesse fregata in qualche modo.
Scossi la testa e interruppi il suo discorso deleterio «papà, per favore» supplicai, non volevo continuare quella conversazione imbarazzante a tavola e con i miei genitori. 
«Scusa tesoro» tossì e tornò a inforchettare la sua pasta e a riempirsi la bocca per non parlare ancora.



*****************



Tre giorni.
Erano passati tre giorni e di lui nessuna notizia, nessun messaggio, nessuna chiamata.
A me sembrava quasi un'eternità che non sentivo la sua voce, la sua risata.
Mi mancava immensamente e non riuscivo a colmare quel vuoto che mi sentivo dentro con niente e nessuno.
Era frustrante vivere di una persona che non aveva bisogno di me.
«Bionda, ci sei?» Gaia mi schioccò due dita davanti per farmi rinsavire dai miei pensieri depressivi «hai una brutta cera, sei pallida, hai le occhiaie» constatò osservandomi attentamente e inclinando la testa.
Era una cosa rassicurante che la mia amica notasse tutto quello che avevo cercato di ignorare per giorni, non guardandomi allo specchio.
«Ti ringrazio per l'informazione» ironizzai sbuffando e guardando il cielo azzurro estivo, azzurro come i suoi occhi.
«Non stai bene» affermò seria prendendomi per le spalle «Satana, esci da questo corpo!» urlò un tratto con occhi spiritati e rompendomi sicuramente i timpani.
«Ma che cazzo fai?» gridai di rimando cercando di scrollarmela da dosso.
Lei rise, tenendosi la pancia con le braccia e asciugandosi le lacrime «oddio, sto morendo» 
«Tu non stai bene» affermai, puntandole un dito contro seria e alzandomi dal letto su cui eravamo sedute.
«Dai, stavo scherzando, più o meno» si schiarì la voce e riprese «insomma, non stai bene, sei dimagrita, sciupata, depressa, e ci scommetto le palle che lui sta benissimo» mi girai e la osservai con le braccia incrociate e inarcando un sopracciglio «no, nel senso che lui starà bene fuori ma non dentro» si affrettò ad aggiungere «gli manchi, tanto»
«E come fai a dirlo?» ribattei quasi in lacrime «non mi ha cercata per tre giorni, neanche un cazzo di messaggio e secondo te gli manco?»
«Non dimenticare che è un maschio ed è orgoglioso, soprattutto lui» sospirò e si alzò, ponendosi davanti a me «e toccava a te chiamarlo in realtà» mormorò cauta.
«Credevo ci pensasse lui» ammisi e mi nascosi il viso con le mani «cosa devo fare?» chiesi supplicando.
«Vai da lui, è così semplice» alzò le spalle e aggrottò la fronte, dopo due secondi tirò fuori dalla tasca dei jeans il suo telefono «pronto?» 
Dopo qualche attimo alzò gli occhi su di me e sorrise furba «certo, ci sta di brutto» 
Alzai le sopracciglia e mi chiesi con chi stesse parlando in quel modo, sicuramente qualche persona strana.
«Sei un genio» urlò in estasi «ti amo» 
si zittì e si tappò la bocca con la mano «no, scherzavo» rise nervosa e attaccò.
La guardai in attesa di una risposta soddisfacente ma invece lei sorrise di gusto «abbiamo la soluzione» esordì «non temere»
«Perchè dovrei temere qualcosa?» chiesi allarmata e già in ansia per il non sapere quali piani lei abbia in mente.
«Niente paura, baby» disse sicura stampandosi un sorriso diabolico sul viso.
Gaia era impazzita, era l'unica risposta plausibile al suo muoversi in modo completamente senza senso e schizzato. 
Da almeno mezz'ora andava da una parte all'altra della stanza borbottando in maniera incomprensibile, avevo persino pensato che fossero quelle parole magiche che pronunciano le streghe quando vogliono far accadere qualcosa a tutti i costi.
Eppure lei e il suo avanti e indietro mi stavano provocando un fastidiosissimo giramento di testa.
«Si può sapere che stai facendo?» osai chiedere almeno per la decima volta, era stancante, lei non mi rispondeva mai, o scuoteva la testa o sbuffava.
In pratica, mi stava bellamente ignorando, come se fossi un insetto inutile.
«Zitta o mi deconcentri» berciò ammonendomi e donandomi un'occhiataccia da fare invidia ai film horror, mi aveva fatto venire i brividi sulla pelle.
«Almeno dimmi che hai in mente» la supplicai, feci gli occhi dolci e sbattei le ciglia peggio di una bambina di cinque anni che vuole il giocattolo appena adocchiato e sbatte i piedi a tera finchè non lo ottiene.
In poche parole, insopportabile, ma preferivo essere paragonata agli occhioni del gatto con gli stivali di Shrek.
«Sei noiosa» sbuffò e finalmente si fermò mettendosi le mani sui fianchi «stasera esci» sentenziò, inarcando un sopracciglio diabolica.
«Ma io dovrei..»
«Ah no carina, non mi interessa cosa avevi in mente di fare» mi ammonì, scuotendomi un dito davanti in senso negativo «ti porterò fuori e non accetto un rifiuto» alzò la testa in senso di superiorità: sua maestà la regina era davanti a me in tutta la sua imponenza.
Fu il mio turno di sbuffare e alzare gli occhi al cielo, anche se non avevo più libertà di scelta.
Sarei uscita quella sera ma solo perché ero obbligata, altrimenti me ne sarei stata sul divano a guardare il solito film deprimente del sabato sera.
Mi mancavano le serate folli e ribelli, quelle in cui non si sapeva mai cosa fare e alla fine si finiva per combinare cavolate e rischiare denunce.
Le cosiddette notti brave dei quasi non più adolescenti.
Se non lo facevo adesso che «avevo l'età» come mi raccomandava sempre mia nonna, a quarant'anni me ne sarei pentita e mi sarei ridotta a girovagare per le strade ubriaca e vestita da ragazzina.
Pensavo spesso al mio futuro ma vedevo bianco, completamente, con un bel punto interrogativo nel mezzo.
Potevo immaginare di essermi costruita una famiglia con marito e marmocchi al seguito che correvano per casa, ma poi tutto sfumava e me ne ritornavo seduta sul letto della mia stanza a guardare impotente il tempo che scorreva.
Stavo sognando con gli occhi aperti.
Una mano sventolò davanti alla mia faccia da pesce lesso e io mi riscossi, guardandomi intorno con sguardo perso. 
«Dove eri andata?» mi domandò Gaia, sorridendo sorniona.
Alzai le spalle e la guardai imbronciata «a fare un giro con la testa»
Lei annuì e acchiappò un vestitino dall'armadio: una specie di tubino blu elettrico con dei ricami in pizzo sul fondo e sulle spalline, con una grande scollatura sulla schiena.
Acquisto vecchio e impolverato, mai indossato per pudore.
Inarcai un sopracciglio in una muta domanda e lei si affrettò a spiegare, quasi non stesse più nella pelle «metterai questa meraviglia di abito» mi ordinò, girandosi poi a proprio agio per raccogliere un paio di zeppe argentate «e queste» annuii più volte convinta e soddisfatta della scelta.
«Agli ordini capo» ironizzai sorridendo.
«Mi ringrazierai un giorno» sospirò e si buttò sul letto a peso morto, come se avesse appena corso la maratona di Boston. 



********



Tutto mi sarei aspettata ma non una festa.
Una di quelle da spaccarsi i timpani per la musica impiantata al massimo con le casse ad ogni angolo, con almeno cinque ragazzi al bancone per servire alcolici, altri che vendevano robaccia e pacchetti vuoti di sigarette e cicche in ogni dove.
Quello era il Bollywood, locale attivo da qualche anno in cui avevo messo il piede massimo due volte.
La puzza di fumo già mi riempiva gli occhi e la bocca e non ero ancora arrivata a metà locale.
Mi girai con una smorfia verso Gaia che alzava il collo e faceva roteare gli occhi come una pazza, segno che stesse cercando qualcuno in particolare.
Dovevo immaginarmelo che avrebbe organizzato qualcosa, ancora aleggiava il mistero su chi l'aveva chiamata qualche ora prima.
Mi prese per mano e mi fece sprofondare in uno dei tanti divanetti scuri sparsi per quello spazio pubblico dove era già tanto se riuscivo a beccare ossigeno puro non contaminato.
«Allora?» strillai per farmi sentire, odiavo la musica troppo alta, sembrava mi uscisse direttamente dal petto.
Mi fece segno di attendere con la mano e dopo si sbracciò come una ossessa.
La guardai accigliata finchè non comparì un sorriso sulle sue labbra.
Tutto si svolse in un millisecondo e non ebbi il tempo di collegare i vari pezzi del puzzle.
Una testa castana e sul riccio si avvicinò a lei e senza degnarmi di uno sguardo o di un saluto si stese quasi su di lei, senza pudore, per stamparle un bacio sulla bocca.
Rimasi sconvolta ed impietrita, non tanto per la scena ma piuttosto perché il ragazzo incriminato assomigliava a qualcuno di ben conosciuto.
Continuavo a ripetermi che non era possibile, che se fosse stato lui l'avrei saputo in qualche modo invece, quando si girò dalla mia parte con gli occhi sgranati e lucidi, dovetti ricredermi.
Gaia impallidì visibilmente mentre io mi atteggiai da offesa e incrociai le braccia esigendo delle spiegazioni.
«Bucci» incominciò lui con voce roca e in evidente imbarazzo «chi si rivede»
Inarcai un sopracciglio e sbuffai «non cambiare argomento con me» ribattei dura e gridando per farmi sentire dalla musica a palla, era tutto un controsenso unico.
«Te lo avrei detto» intervenne invece Gaia «ma è la tua serata, la tua occasione»
Feci per domandare di che diavolo stesse parlando e soprattutto di quale occasione quando il mio sguardo cadde proprio su di lui. 
Smisi di respirare per troppo tempo.
Non lo vedevo solo da tre giorni ma sembrava fosse passata un'eternità dall'ultima volta in cui avevo incontrato i suoi occhi blu cielo.
Era sempre bello, perfettino e con i capelli scompigliati.
L'unica pecca era una canottiera troppo larga che non lasciava nulla da immaginare.
Sorrisi inconsapevolmente sperando che si girasse dalla mia parte, il mio sguardo fisso avrebbe dovuto svegliarlo dal suo drink alcolico.
La mia espressione però mutò dopo poco, quando vidi delle braccia abbracciarlo da dietro, la solita ragazza che gli si appolipava addosso.
Pensavo che se la scrollasse di dosso o che almeno protestasse.
Invece, con mio disappunto non si mosse di una virgola, anzi, si girò per sorriderle, anche se in modo scazzato e annoiato.
Aguzzai la vista e osservai meglio la ragazza: capelli lunghi scuri e abito dorato striminzito e cortissimo.
Si girò appena per darsi qualche aria e scuotere la sua folta chioma in mezzo a fumo e quant'altro, e fu proprio in quegli istanti che capii che non era una ragazza casuale, non era una delle tante.
Abbassai lo sguardo di colpo e mi coprii gli occhi: non volevo vedere, qualunque cosa ci fosse da guardare.
«Gaia» iniziai seria e tremando dalla testa ai piedi «perché mi hai fatto venire qui?»
Ci fu qualche minuto di silenzio e poi lei parlò sovrastando la musica «volevo aiutarti a ritrovarti con il tuo bad boy, e anche se ora sembra impegnato con quella..»
«Samantha» la interruppe Chris saccente.
Quel nome destò in me brutti ricordi e brutti momenti da eliminare dal mio cervello.
«Comunque, a lui non interessa, non la sta cagando di striscio» concluse, per poi fulminare con lo sguardo il riccio di fianco a lei.
«Che ne sai, magari è una nuova tattica di conquista» dissi sarcastica e lanciando un'occhiata veloce si due.
Erano sempre nella stessa posizione di poco prima, ma lei cercava in modo evidente di saltargli addosso.
«Bucci, ti posso assicurare che non ha scopato con nessun'altra in questi giorni» berciò Chris, guardandomi serio, anche se il discorso era peggio di un scaricatore di porto.
Sbuffai e mi guardai le scarpe, non sapendo come agire.
«Vai da lui, fatti vedere» mi spronò la pazza davanti a me.
«No» ringhiai decisa, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Bucci» iniziò l'altro, sfregandosi le mani «o ci vai tu da lui o ci va qualcun'altra»
Dentro di me si stava svolgendo una lotta interna capitanata dal cuore che diceva «sì, corri da lui, che stai aspettando?» e la ragione, seduta su un banco di tribunale con le braccia incrociate che gridava a gran voce un grosso e deciso «no, tu non ti muovi»
C'era così tanto fracasso intorno che mi faceva male la testa.
Avevo bisogno di aria pura, ossigeno e basta, senza altre sfumature calcerogene.
Mi alzai di scatto, cercai di allungarmi il vestito sulle gambe e traballante me ne andai fuori.
I due pazzi innamorati non mi fermarono, probabilmente pensavano che sarei andata da lui, che ingenui.
Attraversai mezzo locale e spintonata da una parte all'altra finalmente riuscii ad uscire da quel postaccio.
Presi un lungo respiro e mi guardai intorno: buio, cielo stellato, qualche faro di macchina ogni tanto e luminarie accese.
Pensai alle case vicine e alle loro lamentele per il baccano fino a tarda notte.
Mi sedetti sui gradini al fianco dell'entrata, nascosti da un cespuglio verde da cui spuntavano delle rose bianche che quasi brillavano nella notte.
Non so quanto restai in quella posizione, immersa nel buio della notte e quasi con la pelle d'oca.
I miei pensieri vagavano su molti fronti e avevano come sottofondo la musica rimbombante del locale.
Non era il massimo della vita, ma c'era di peggio, come quei due ubriachi fradici che si strusciavano in mezzo alla strada, per poi finire contro il tronco di un albero, il tutto senza smettere di baciarsi.
Li osservai di nascosto e scossi la testa sorridendo a metà tra il divertito e la tristezza.
Quella scena mi ricordava troppo qualcuno che in quel momento non stava pensando affatto a me, ma alla tizia bruna davanti al suo naso.
Iniziarono a bruciarmi gli occhi, ma non potevo permettermi di piangere come una bambina abbandonata.
Mi sfregai forte le mani sotto gli occhi evitando di far marcire in due secondi il trucco che avevo addosso.
Sentii dei passi pesanti e altri di tacchi a spillo, mi immobilizzai, non tanto per il rumore ma piuttosto per la voce troppo conosciuta.
«Cazzo, la finisci di fare la cozza?» 
Deglutii e cercai di farmi ancora più piccola e trasparente per non farmi scoprire.
«Una volta ti piaceva così tanto invece» odiavo quel tipo di voce che voleva essere provocante ma che a me sembrava solo di una ragazzina viziata e permalosa.
«Hai detto bene, una volta, ora non più, quindi smettila» ripetè lui, e si posizionò proprio davanti al mio nascondiglio, appoggiandosi con la spalla al muro e accendendosi una sigaretta.
«E cosa sarebbe cambiato da allora?» domandò la bruna, con fare mieloso e offeso.
«Tante cose» sospirò lui, facendo arrivare il suo fumo fino a me.
Inspirai e chiusi gli occhi, immaginando di averlo davanti ai miei occhi.
«Anche il fatto che sarà tipo la decima sigaretta che ti fumi stasera?» 
«Questi sono cazzi miei, il cancro verrà a me, non a te»
«E tutto questo perché?» chiese, non sopportando forse di essere all'oscuro di questioni importanti.
«Perchè sto con una pazza psicopatica, ti soddisfa come risposta?» 
Strabuzzai gli occhi alla sue parole, mi aveva davvero chiamata in quel modo?
L'altra ridacchiò e dopo riprese a parlare «abbastanza, ma a quanto vedo quello non soddisfatto sei tu» ribattè, in tono altamente provocante e malizioso.
Strinsi i pugni per non saltarle addosso e soffocarla.
Come caspiterina si permetteva quella cosa di parlare in quel modo?
«Ti sbagli, più soddisfatto di me non c'è nessuno: tre birre, una vodka, otto sigarette e una ragazza impazzita che non vedo da più di tre giorni»
Smisi di respirare per il suo tono disperato e lamentoso.
«Ora si che si spiega tutto» disse in tono sensuale «perché non ti lasci andare un po' con me, come ai vecchi tempi?» 
Lui rise e buttò la sigaretta a terra «non credo che sarei in grado di soddisfarti come una volta, mi dispiace»
«Perché non provare?» tentò di nuovo lei.
«Se vuoi, io sono qui davanti a te ma qualcuno non sarà d'accordo là sotto» alzai leggermente la testa indignata e lo vidi ghignare rassegnato.
«Sicuramente mi riconoscerà» disse, quasi ormai con la mano sui pantaloni del MIO ragazzo.
Per Grazia Divina, lui le bloccò il braccio «dicevo sul serio» e io ripresi a respirare normalmente.
«Anche io» affermò l'altra, aggrottando la fronte.
«Intendo che non mi funziona con nessun'altra che non sia lei» il suo tono era quasi dispiaciuto, o forse trasmetteva solo accettazione.
«Uh, allora è proprio amore vero» schernì la mora, ridendo rumorosamente.
Storsi la bocca e per poco non mi alzai per strapparle tutti i capelli che si ritrovava.
«Non dire cazzate, è quello che è, ma solo per ora»
Per la seconda volta, smisi di respirare e il mio cuore saltò almeno trenta battiti in un secondo.
«Cioè non la ami?»
«Non intendevo quello, mi piace si, ma durerà non so fino a quanto. Ci sarà un momento in cui dovremo dividerci e tutto andrà perso, e quello che abbiamo costruito in due anni svanirà in un soffio»
«Due anni?»
«Sì, fino alla maturità, poi me ne andrò»
Ci fu qualche attimo di silenzio dove io mi sentii solo semplicemente morire dissanguata.
«Sei veramente uno stronzo, come pensi che reagirà lei in tutto questo?»
«Lei potrà decidere: stare qui e trovare una persona migliore di me, oppure seguirmi e farsi male per una vita intera»
«E se invece quello a farsi male sarai tu?» dissi, spuntando fuori dal mio nascondiglio con aria seria, sopracciglio inarcato e braccia incrociate al petto.




BOOM sono tornata.
Fatemi sapere che ne pensate, miraccomndo.
BaciBaci





  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: alicehorrorpanic