Centosedici
I've
got nothing to prove for it's you that I'd die to defend
Non
ho niente da dimostrare perché morirei per difenderti
(Seconda Parte)
Rostov-sul-Don, 2 aprile 2036
And you left me
Standing on a
corner crying
Feeling like a fool for trying
I wish I
could erase our memory
'Cause you didn't give a damn about me
E
tu mi hai lasciato
In piedi in un angolo a piangere
A sentirmi
una stupida per aver provato
Vorrei poter cancellare il nostro
ricordo
Perché a te non importava niente di me
(Wasting
All These Tears, Cassadee Pope)
[...]
You're invisible
Invisible to me
My wish is coming true
Erase the memory
of your face
Tu sei invisibile
Invisibile per me
Il mio
desiderio si sta avverando
Cancellare il ricordo del tuo
viso
(Candles, Hey Monday)
-Del,
ti fermi un attimo da me? Così diamo un'occhiata ai compiti di
matematica e tu puoi salutare Il'ja-
-Oh... Va bene-
-Dai, lo
so che ti fa piacere-
Adeliya sorrise alle parole della sua amica
Lara, una ragazzina bruna e schietta che aveva imparato a decifrare i
suoi sguardi tanto bene da invitarla sempre a casa sua quando c'era
anche suo fratello, Il'ja Jakovlevič Resetovskij, ventiduenne
studente di Legge diligente e brillante come pochi.
-Gli piaci
anche tu, sai?-
-Ma dai...-
-E in ogni caso, a me i compiti di
matematica servono davvero-
Quando
passarono davanti alla camera di Il'ja, la porta era socchiusa.
Lara
vi si accostò e gridò: -Il'ja,
vuoi salutare Deliya?-,
per poi sussurrare all'amica che l'avrebbe aspettata nella sua
stanza.
-No, dai, magari non vuole... Sta studiando, lui studia
sempre, perché dovrebbe venire a salutarm...-
-Deliya? Oh,
sei davvero qui, credevo che Lara mi stesse facendo uno scherzo come
al solito...-
-Sì?-
Il'ja aveva fatto la sua comparsa
sulla soglia della stanza, con i capelli neri un po' spettinati e
l'aria un po' stanca, ma il suo sorriso era davvero radioso.
-Tutto
bene?-
-Tutto bene... Studiavi, vero?-
-Sì, ma mi
piace... A volte è un po' un rompicapo, ma mi piace-
-È
quello che vuoi fare?-
-L'avvocato? Oh, sì. Indubbiamente.
Ho sempre avuto questa specie di tarlo... E mi dicevano che studiare
legge era molto meno poetico di quanto lo fosse dire "voglio
fare l'avvocato", ma io non volevo fare un lavoro poetico,
volevo fare un lavoro serio, e farlo seriamente-
Un lavoro serio,
già.
Niente di poetico, niente di folle.
Anatol'
probabilmente le avrebbe detto che non c'era niente di poetico
neanche nell'arruolarsi, perché un conto erano le imprese dei
libri, un conto erano le vere responsabilità, i veri
allenamenti, la vera disciplina.
Ma responsabilità nei
confronti di chi?
Non della sua famiglia, no, non di qualcuno che
amava.
Di un Paese che non lo rispettava come non rispettava i
suoi abitanti, un Paese che non l'avrebbe ringraziato, non l'avrebbe
ricordato, che sarebbe rimasto ancora più freddo e crudele di
prima, se a lui fosse successo qualcosa, se lui si fosse sacrificato
invano.
Adeliya non credeva nella Russia, non credeva negli
ideali.
E soprattutto non credeva negli eroi, non credeva in vite
eccezionali, in sacrifici memorabili, non credeva nella Storia che
studiava, perché nessuno aveva chiesto a suo fratello di
diventare la nuova vittima di quella Storia, nessuno l'aveva gettato
in pasto a una guerra che non c'era ancora, ma in fondo di guerre ce
n'erano sempre, e anche di soldati che morivano per niente.
Il'ja
non pretendeva di diventare un eroe, non pretendeva di diventare
l'orgoglio del suo Paese, ma almeno quello della sua famiglia, almeno
quello di sua sorella.
Perché Adeliya lo vedeva, quant'era
orgogliosa Lara di avere un fratello come lui, che si ammazzava di
studio e quando usciva dalla sua stanza sorrideva ancora, che a volte
si addormentava sulla scrivania, dava esami eccellenti e credeva
ancora nella giustizia che studiava, la
vera giustizia.
Lei si
era dimenticata com'era vivere con un fratello in casa, parlare con
suo fratello, sorridergli e vederlo sorridere, sentire di essere
legata a lui più che a chiunque altro al mondo, come
prima.
Si era
dimenticata le storie dei Cosacchi, quei folli che avevano messo a
ferro e fuoco la Russia per qualcosa che non avrebbero mai avuto ed
erano stati decapitati, squartati, massacrati senza nemmeno poter
lasciare una speranza a chi aveva creduto in lui.
La loro
giustizia era qualcosa di troppo grande e lontano, così
lontano che forse nemmeno esisteva, forse se l'erano solo
inventato.
Ed era questa la verità.
Adeliya
non credeva più ad Anatol'.
Adeliya non credeva più
in suo fratello.
I wish I could break your heart
I
wish I could bring you down
Just for a second, teach you a lesson
About being alone in the dark
I wish I could make you
cry
So hard you can barely breathe
Maybe you just might know
what it feels like
Mmm, to be me
Vorrei poterti spezzare il cuore
Vorrei poterti far cadere
Solo per un attimo, insegnarti una lezione
Sullo stare da solo al buio
Vorrei poter farti piangere
Così tanto che tu riesca a respirare a stento
Forse potresti solo capire come ci si sente
Mmm, ad essere me
(I Wish I Could Break Your Heart, Cassadee Pope)
[...]
I tried to make you happy
You
know I tried so hard to be
What you hoped that I would be
I
gave you what wanted
God, couldn't give you what you need
You
wanted more from me
Than I could ever be
You wanted heart and
soul
But you didn't know, baby
Ho provato a renderti felice
Sai che ho cercato così disperatamente di essere
Quello che tu speravi che fossi
Ti ho dato quello che volevi
Dio, non potevo darti quello di cui avevi bisogno
Tu volevi di più da me
Di quello che avrei mai potuto essere
Tu volevi il cuore e l'anima
Ma tu non sapevi, tesoro
(Wild Is The Wind, Bon Jovi)
-Buona fortuna per il prossimo
esame, allora...-
-Se va bene vieni a prendere un gelato con
me?-
-Ma a te gli esami vanno sempre bene...-
-Allora vieni a
prendere un gelato con me lo stesso?- rise Il'ja, con uno scintillio
negli occhi scuri, e Adeliya sorrise, arrossendo.
-Certo, se ti fa
piacere-
-Altroché! Ma senti, tuo fratello invece come sta?
Tutto bene in Accademia?-
Fino a quel momento Adeliya aveva
cercato di non pensare al fatto che Il'ja fosse uno dei più
cari amici di Anatol' fin dai tempi del Ginnasio, anche se aveva un
anno in più di suo fratello, di non ricordare le parole di
Il'ja pochi giorni prima che Tolik si arruolasse, che se andava bene
per lui allora andava bene davvero, anche se loro non lo
capivano.
Tolja non poteva vivere per loro, non potevano
costringerlo a restare con loro.
Ma in fondo non li stava
lasciando, non se ne stava andando per sempre, no?
No, non stava
dicendo addio a nessuno, era sempre il loro Tolik.
Era sempre
stato così, con quel sogno dentro, quella stella fissa, il
loro Tolik.
Loro non lo stavano perdendo e lui non doveva perdere
il suo sogno.
Che lui, Il'ja, ci credesse o meno, era
secondario.
Anatol' era suo amico, e Il'ja credeva in lui.
Questo
gli bastava.
Ma a Deliya no.
No,
Deliya ammirava tanto Il'ja perché era come avrebbe dovuto
essere un fratello ai suoi occhi, e certo, neanche i fratelli legati
quanto lei e Tolja e Larisa e Il'ja potevano restare insieme per
tutta la vita, dovevano per forza separarsi a un certo punto, ma solo
fisicamente, l'affetto non glielo potevano portare via.
La
separazione da Tolik però era stata troppo brusca,
insopportabilmente violenta, ed era diverso, salutare un fratello che
usciva di casa per andare all'Università, sapendo che il
pomeriggio l'avrebbe trovato in casa a studiare, e l'avrebbe comunque
incrociato nei corridoi, ma anche quando fosse andato a vivere in
un'altra casa avrebbe sempre potuto telefonargli, era diverso da
rimanere sulla soglia a guardare andar via suo fratello arruolato,
arruolato volontario, senza una sola traccia di dubbio negli occhi,
senza una sola speranza per lei in quegli occhi di fiume che non
riusciva più a sostenere, perché non erano gli stessi
del ragazzino che le raccontava storie di Cosacchi prima di
dormire.
Allora Anatol' era lì con lei, accanto a lei, nel
letto accanto al suo, quando la storia finiva i Cosacchi sparivano e
rimaneva suo fratello.
Ora invece erano cambiate le posizioni.
Lei
era sempre lì, dormiva sempre nello stesso letto, nella stessa
camera, e aveva sempre un fratello di nome Anatol', o almeno
ricordava di averlo avuto, ma lui non c'era più, era finito in
una delle sue storie, era in mezzo ai Cosacchi, adesso.
E Adeliya
si addormentava senza storie, chiudeva gli occhi e non c'era più
nessuno, accanto a lei, perché suo fratello era rimasto con i
Cosacchi, era rimasto dall'altra parte.
Gli altri potevano dirle
che non era vero, che l'aveva presa nel modo sbagliato, e che un
giorno sarebbe riuscita a capire, ma Adeliya sapeva che Anatol'
l'aveva lasciata sola.
-Tutto bene. Tutto
bene in Accademia-
ripeté quasi meccanicamente, solo togliendo il punto di
domanda.
Non lo sapeva se andava tutto bene in Accademia, ma
doveva andare bene per forza, dato che Anatol' sembrava stare bene
solo lì.
Dio,
come poteva essere normale?
Come avrebbe potuto capire una cosa
del genere?
Doveva
andare bene, perché lui l'aveva voluto tanto, l'aveva lasciata
per questo, perché lui non aveva mai avuto dubbi e lei non
aveva più speranze, non aveva più fiducia, e allora sì,
doveva andare tutto bene in Accademia.
-Sempre coraggioso, il tuo
fratellino- sorrise Il'ja, ma lei no.
Sì?
Io
no.
Io mai.
Io ero coraggiosa quando c'era lui, ma lo sapevamo
entrambi che non era vero.
Che io non lo ero davvero.
Ma lui
non poteva certo rimanere per me.
Io non volevo un fratello
coraggioso, sai?
Lo sapete, lo capite, riuscite almeno ad
immaginarlo?
Io volevo solo un fratello!
But you went away
How dare
you?
I miss you
They say I’ll be ok
But I’m not
going to ever get over you
Ma tu sei andato via
Come hai
osato?
Mi manchi
Gli altri dicono che starò bene
Ma
io non riuscirò mai ad andare avanti senza di te
(Over You,
Miranda Lambert)
[...]
You need someone to hold
you
Somebody to be there night and day
Someone to kiss your
fears away
I just went on pretending
Too weak, too proud, too
tough to say
I couldn't be the one
To make your dreams come
true
That's why I had to run
Though I needed you, baby
Tu hai bisogno di qualcuno che ti stringa
Qualcuno che ci sia notte e giorno
Qualcuno che baci via le tue paure
Io continuo solo a fingere
Troppo debole, troppo orgoglioso, troppo duro per dirti
Che non posso essere quello
Che realizzerà i tuoi sogni
Questo è il motivo per cui sono dovuto andare via
Anche se avevo bisogno di te, tesoro
(Wild Is The Wind, Bon Jovi)
-Ehi,
Del, finalmente. Vi siete
sposati, tu e Il'ja, oltre che salutarvi?-
-No-
borbottò Adeliya, secca, e Larisa alzò lo sguardo dal
libro di matematica.
-Che c'è? Cos'ha combinato mio
fratello, di solito riesce sempre a farti sorridere!-
-Tuo
fratello niente, davvero. Lui è stato carinissimo come al
solito. Lui sì-
-E
allora?-
-Mi ha chiesto di
Tolik-
-Oh...-
-Già-
-Non vi parlate da quel giorno? Da quattro mesi?-
-E non ci parleremo, Lara. Io non posso più parlare con lui-
-Ma
lui ti vuole bene, Del... Ti vuole davvero
bene!-
-Forse me ne ha voluto, sì. Quando eravamo piccoli.
Era tutto diverso, quando eravamo piccoli. Le sue storie erano solo
storie, i suoi sogni erano solo sogni e lui era solo mio fratello. E
io non avevo paura-
-Ci sono due cose che gli altri hanno sempre
invidiato a voi due, sai? La determinazione di tuo fratello e il suo
affetto per te. Si sarebbe sparato in un piede piuttosto che
deluderti!-
-E allora perché non l'ha fatto? Perché
non si è sparato in un piede?-
-Perché
dev'essere già abbastanza distrutto dentro. Sa di averti
delusa e probabilmente ha deluso anche se stesso, ma sta realizzando
il suo sogno-
-E allora che problema c'è? Ha
scelto-
-Non
ha scelto di perdere te, Adeliya...-
-No. Neanch'io l'ho scelto. È
successo e basta. Non
voglio più parlare con lui, Lara-
Se
solo il suo sogno servisse a qualcosa...
Se solo potessi
cambiarlo!
Il'ja
e Lara erano probabilmente i due ragazzi più di buon cuore di
tutta Rostov, conoscevano suo fratello e gli volevano bene.
Gli
altri non cercavano di capire Anatol', non si ponevano di questi
problemi.
Lo consideravano un povero pazzo e un incosciente, ma a
loro bastava distogliere lo sguardo per dimenticarsi di lui, per non
pensare più a lui.
Ecco, per una volta Adeliya avrebbe
voluto essere come gli altri.
I wish I could crash your
dreams
I wish I could turn back time
Boy, I'd lead you on
Light
the fuse, drop the bomb
Just so I'd be the first to leave
Vorrei poter distruggere i tuoi sogni
Vorrei poter tornare indietro nel tempo
Ragazzo, ti porterò su
Accenderò la miccia, lancerò la bomba
Solo perché così sarei la prima ad andarmene
(I Wish I Could Break Your Heart, Cassadee Pope)
[...]
Maybe
a better man
Would live and die for you
Baby, a better man
would
Never say goodbye to you
Forse un uomo migliore
Vivrebbe e morirebbe per te
Tesoro, un uomo migliore
Non ti direbbe mai addio
(Wild Is The Wind, Bon Jovi)
Novosibirsk, 2 aprile 2036
Natal'ja controllò di essere
ben dritta, che i suoi piedi fossero alla larghezza delle spalle e
che le punte fossero girate verso l'esterno di circa trenta
centimetri, strinse ancora più saldamente il bilanciere dietro
alla sua nuca e scese rapidamente in contrazione eccentrica.
Una
volta formato con il ginocchio un angolo di novanta gradi distese le
gambe e spiccò un breve balzo verso l'alto, grazie alla
contrazione concentrica.
Toccò di nuovo il pavimento della
palestra e, controllando il movimento eccentrico, riportò il
ginocchio a novanta gradi per ricominciare l'esercizio
pliometrico.
Quando ebbe finito il ciclo batté il cinque
con Jakov, lo zio-cugino con cui condivideva ogni allenamento e con
cui bisbigliava fitto fitto di esercizi, passi, figure e salti che
solo lui e sua madre, in casa loro, potevano capire, e aspettò
che il battito del suo cuore tornasse regolare.
Si scostò i
pochi, quasi invisibili capelli sfuggiti alla treccia che teneva
arrotolata sulla nuca e finalmente sorrise, abbastanza soddisfatta di
quello che aveva fatto quel pomeriggio.
-Domani riprovi il triplo
axel?- le chiese Jakov, e Al'ja annuì, con gli occhi che le
scintillavano di emozione quanto di ambizione.
-E
fu così che la piccola Puškina vinse un altro Mondiale-
sorrise il ragazzo,
orgoglioso di lei.
Non erano mai stati rivali, lei e Jakov, non
solo perché concorrevano in due categorie diverse, ma
soprattutto perché erano cresciuti legati dall'amore per il
pattinaggio, dalla complicità dovuta agli allenamenti
condivisi e ai consigli e gli incoraggiamenti reciproci, e non
avrebbero mai potuto essere le stesse cose a dividerli.
Ognuno dei
due assisteva con il cuore in gola e tutta la fiducia del mondo a
tutte le gare dell'altro, e qualunque fosse il risultato finale
l'intensità del loro abbraccio e l'orgoglio reciproco non
cambiava.
Lui era stato il primo allievo di Aljona, iniziato al
pattinaggio a quattro anni da quella che cinque inverni dopo sarebbe
diventata la campionessa olimpica del 2022, facendogli sognare quel
mondo più che mai.
Al'ja, invece, era la sua secondogenita,
quella a cui l'incanto del ghiaccio di cui sua madre era perdutamente
innamorata era sceso direttamente nelle vene, ereditato naturalmente
come il colore degli occhi e dei capelli, anche se poi aveva dovuto
conquistarsi la differenza fra il subirne il fascino ed esserne la
protagonista.
-Jaša, sono già le cinque? Ti prego, dimmi che non sono ancora le cinque...-
-Veramente sono, aspetta...-
Jakov controllò rapidamente lo schermo del suo cellulare e Natal'ja non trovò per niente rassicurante il modo in cui il ragazzo sussultò.
-Le cinque e cinque minuti-
-Ma no! Ma no, dai, è il tuo cellulare che è avanti!-
-Controlla sul tuo, allora...-
-Ecco, infatti. Sul mio sono... Ah... Le cinque e sei-
-Fantastico-
-Già-
-Avevo appuntamento con Julija in crêperia ventuno minuti fa!-
-Brava-
-Jakov, per favore!-
-Magari vai a cambiarti, intanto, no?-
-Infatti! Ci vediamo a casa!-
Natal'ja mandò un bacio a quel suo improbabile zio ventitreenne che avrebbe avuto tutto il tempo di cambiarsi con calma e di farsi anche una doccia negli spogliatoi, mentre lei doveva correre e basta, se voleva evitare che la sua migliore amica la decapitasse con un suo stesso pattino.
Lanciò i pantaloncini e la canottiera nella sua borsa, si guardò fulmineamente allo specchio e decise di non sciogliersi i capelli, perché ora che avesse finito di srotolarsi la treccia Julija avrebbe già imparato a sputare fuoco, cercò invano di infilarsi gli stivali sopra le scarpe da ginnastica e quando si rese conto della cretinata che stava facendo scagliò le povere scarpe in un angolo dello spogliatoio dove poi dovette andare a riprendersele, maledicendosi il doppio delle volte, e dopo essersi accertata di non aver lasciato niente in giro si precipitò fuori con in mano il flaconcino di profumo al tiglio della linea Azov che portava ovunque, preferendolo ad ogni possibile deodorante per comuni mortali.
Perché le pattinatrici, e in particolare le pattinatrici siberiane, erano comuni cretine, ma di certo non comuni mortali.
-Eccomi! Julija! Julen'ka! Sono qui!-
Julija si voltò con un movimento del collo spaventosamente simile a quello di una vipera verso la biondissima esagitata che l'aveva appena chiamata gridando dalla soglia de I Cosacchi dell'Ob'.
-Sì? Di già?-
-Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...-
-Sei una persona orribile, lo sai? Vuoi bene solo ai tuoi pattini e lasci la tua presunta migliore amica a morire di fame-
-A morire di fame in una crêperia?-
-Perché, non credi che ti abbia aspettata?-
-Hai una tazza di cioccolata vuota e un piattino pieno di briciole di crêpe e tracce di gianduia davanti, Jul-
-E oseresti rimproverarmi per questo, Natal'ja L'vovna?-
-No, certo, però almeno non fare la melodrammatica-
-Io sono melodrammatica, Al'ja. Tu sei bionda, bella, stakanovista e ritardataria, io sono un po' meno bionda, ma in compenso notevolmente antipatica, malfidente e melodrammatica. Va bene?-
-Quello che vuoi, ma ora fai ordinare una cioccolata e una crêpe anche a me-
-Anche per me, grazie-
-Ancora?-
-Tu sei appena tornata dagli allenamenti, io ti ho aspettata mentre ti allenavi. Pensi forse di aver consumato più energie di me?-
-Sì, Jul, assolutamente-
-Vedi come sei cattiva? La tipica crudeltà delle pattinatrici siberiane!-
-Oh, ma per favore...-
-Ma che hai fatto? Sento il tuo battito cardiaco nella mia tazza!-
-Se non avessi già finito la cioccolata lo sentiresti di meno!-
-Ma che cioccolata e cioccolata! I tuoi allenamenti sono fuori di testa, Al'ja-
-Non i miei allenamenti, la corsa che ho fatto per arrivare un po' meno in ritardo!-
-Lasciamo
perdere. Com'è andata a Rostov? Dav sta bene?-
-Benissimo,
sì... È una bellissima città. E il fiume... Oh,
il fiume...-
-Com'è?-
Natal'ja
rimase pensierosa per alcuni istanti, per poi scuotere la
testa.
-Credo che non sarà mai solo un fiume... Ma
è davvero uguale agli occhi di Anatol'.
E
non so se Anatol' potrebbe esistere senza il Don e se i suoi occhi
sarebbero azzurri lo stesso. Però gli occhi di Anatol' sono
sempre azzurri, il Don no-
Julija aggrottò le sopracciglia,
perplessa.
-Anatol'?-
-Oh,
è... Un amico di David. Un suo compagno di Accademia. Ha
ventun anni, tre in più di Dav, ed è...
Anatol'-
-E tu
cosa pensi di lui?-
-Credo che sia un bel ragazzo. Sì,
molto bello. Ma è
un Cosacco-
-Anche tuo
fratello lo è-
-Lui è diverso... Mio fratello è
David prima di essere un Cosacco. Perfino io sono Natal'ja prima di
essere una pattinatrice! Lui
invece è un Cosacco prima di essere Anatol'-
Il sorriso di Julija era
svanito.
Non che sorridesse spesso, lei, non era mai stata una di
quelle ragazze sempre radiose, ottimiste e disponibili, e forse
l'unica persona che riteneva degna dei suoi rari sorrisi era proprio
Natal'ja Puškina, la bellissima pattinatrice che un pomeriggio
le era piombata in casa con uno zigomo tumefatto e due occhi di
cenere e aveva fatto crollare tutti i suoi pregiudizi.
Quanto le
aveva dato sui nervi, all'inizio, un'inizio che era durato anni, e
quanto aveva imparato a volerle bene da quel novembre 2032!
Al'ja
pattinava con più facilità di quanto camminasse, e non
era un modo di dire, con più naturalezza di quanto respirasse,
ed era in quei momenti, quando dimenticava di essere in grado di
respirare anche senza il ghiaccio, di dover tornare a casa sui suoi
piedi, senza lame e senza stelle, che Julija le impediva di
cadere.
Quando era cominciata la loro amicizia, però, era
appena finito il presunto amore di Natal'ja, finito con uno schiaffo
e troppi insulti e uno sguardo troppo cattivo da dimenticare, e si
era incrinata la fiducia di Al'ja, allora sedicenne, cresciuta in una
famiglia che viveva d'amore e di ideali, in un quartiere che sarebbe
crollato senza il disperato orgoglio dei suoi abitanti.
Non
avrebbe potuto restituirgliela Julija, che di fiducia ne aveva sempre
avuta meno di lei.
Si era promessa di proteggerla, quel giorno,
perché Al'ja era innamorata del ghiaccio e ne aveva tutti i
bagliori negli occhi, ma non l'aveva dentro, no.
Dentro
aveva solo il sole, la luce filtrata dai sogni dei suoi genitori e
dei suoi fratelli, che la rendeva terribilmente fragile, quando si
scontrava con la realtà degli altri.
Gli altri come
Jurij.
E lo sapeva, Julija, che non potevano essere tutti come
Jurij, ma sapeva anche che nessuna era come Al'ja, e se ci aveva
messo tanto a capirlo lei che era diventata la sua migliore amica,
quanto avrebbero potuto ferirla gli altri, compreso quel ragazzo di
Rostov-sul-Don che non sapeva ancora cosa sarebbe mai diventato per
Natal'ja?
-E tu ti ricordi così bene i suoi occhi?-
-Beh,
è difficile... È
difficile non pensarci-
ammise Al'ja, un po' malinconica, e Julija scosse la testa,
cominciando a giocherellare nervosamente con il cucchiaino nella
tazza vuota.
-Almeno provaci!-
-Jul, cosa stai dicendo?-
-Io
non lo conosco-
-In realtà neanch'io. Ma è amico di
Dav. Di Dav, hai presente? Quante persone normali sono riuscite a
diventare amiche di Dav?-
-E il fatto che lui non sia una persona
normale ti fa sentire più tranquilla? No, per
capire-
-Tranquilla no, ma... Hai capito cosa intendo, dai. Mi
sono espressa male. Volevo solo dire che se non fosse un bravo
ragazzo non sarebbe mai riuscito a diventare amico di Dav-
-Tuo
fratello non è un bravo ragazzo, Al'ja. È
solo un fuori di testa molto simpatico-
-E
quando mai farebbe del male a una ragazza?-
-Gli basta aprire una
porta per rischiare di ucciderne tre-
-Ma ce l'hai con mio
fratello?-
-Ma no! Perché mai dovrei avercela con il
ragazzo che l'unica volta che è entrato in casa mia ha
spostato di venti centimetri il divano su cui ha appoggiato una mano
per cinque secondi?-
-Però poi l'ha rimesso a posto in
quattro e si è seduto. Senza
fare altri danni-
-Al'ja,
se non fosse sostanzialmente un tesoro tuo fratello non sarebbe a
piede libero, lo sai? E non credere che abbiamo finito di parlare di
quell'Anatol'!-
-Cos'altro
dovremmo dire di lui? È prima di tutto un Cosacco, prima di
qualsiasi parola, sguardo o respiro, ma quando mi ha stretto la mano,
quando ci siamo salutati, forse... Forse è stato Anatol' a
stringermi la mano. Anatol'
e basta-
-E
tu gli hai stretto la mano come la sorella di David, come la
campionessa di pattinaggio di Novosibirsk o come Natal'ja e
basta?-
-Perché, io sono tre persone in una?-
-Sì,
per compensare l'assenza di neuroni-
-Ma perché sei così
nervosa, oggi?-
-I ragazzi caucasici e certe pattinatrici
siberiane mi fanno innervosire-
-Ma Tolik non ti ha ancora fatto
niente!-
-E non credo che mi farà mai niente. Ma
se fa qualcosa a te lo decapito con un pattino-
-E
poi me lo ricompri?-
-Eh?-
-Stai tranquilla, Julen'ka, davvero.
Non è come Jurij. Non può essere come Jurij. I Cosacchi
sono uomini d'onore-
-Anche
con le donne? Pugačëv,
per esempio, il tuo amato Pugačëv, che qui è citato
dappertutto, anche se era un Cosacco del Don come
il tuo Anatol'...
Che tu sappia è mai stato gentile con una donna? E ha mai
fatto qualcosa di diverso dal massacrare la gente e mettere a ferro e
fuoco tutte le città in cui metteva piede? No, perché
con tutto il rispetto non mi sembra che fosse il fidanzato
ideale-
-Pugačëv era del Settecento, credo che i
Cosacchi del 2036 abbiano un altro stile di vita...-
-Credi,
brava. Credi-
Julija
si scostò bruscamente i lunghi capelli castani dal volto,
cercando di mandarli dietro la schiena, ma non ci riuscì e
decise di rinunciare, anche se le coprivano gli occhi.
Forse era
meglio così, era meglio che non guardasse la sua amica e non
vedesse, in fondo al suo sguardo ora cristallino e spensierato, le
tracce, più o meno cicatrizzate, dell'umiliazione di quattro
anni prima.
Anatol' di Rostov-sul-Don non le avrebbe fatto del
male.
Non
avrebbe osato.
I saw a man down on lonely street
A broken man who looked like me
And no one knows the pain
that he's been living
He
lost his love and still hasn't forgiven
He said: "I've been
through some changes
But one thing always stays the
same"
Without love
There's nothing without love
And
nothing else can get through the night
Nothing else feels right
without love
Ain't nothing without love
Nothing else but love
can burn as bright
And nothing would mean nothing without love
I see my life
There's some things I took for granted
Love's passed me by
So many second chances
I was afraid
But I won't be afraid no more
Ho visto un uomo in una strada
solitaria
Un uomo distrutto che assomigliava a me
E nessuno
conosce il dolore che stava vivendo
Ha perso il suo amore e non è
ancora stato perdonato
Lui ha detto: "Ho attraversato alcuni
cambiamenti
Ma una cosa resta sempre uguale"
Senza
amore
Non c'è niente senza amore
E nient'altro può
far superare la notte
Nient'altro sembra giusto senza amore
Non
c'è niente senza amore
Nient'altro se non l'amore può
bruciare così luminoso
Ho visto la mia vita
Ci sono
alcune cose che davo per scontate
L'amore mi ha superato
Così
tante seconde possibilità
Avevo paura
Ma non avrò
più paura
(Without Love, Bon Jovi)
La seconda volta che l'aveva vista,
sempre a Rostov, sua unica città e suo unico conforto,
Natal'ja aveva un paio di jeans bianchi forse meno conturbanti del
pizzo, ma le sue gambe erano sempre fenomenali, un maglioncino dorato
lungo e stivali neri alti, mentre i capelli, quei capelli di cui
Anatol' aveva tanto rievocato il movimento, ricordandoli in preda al
vento di fine marzo, erano imprigionati in una lunghissima
treccia.
Gli aveva sorriso come se si fossero salutati solo il
giorno prima, come se avesse aspettato di rivederlo, e lui avrebbe
voluto prenderla per mano, ma quella volta non osò.
Perché
non si erano visti il giorno prima, non si erano visti per tanti
"giorni prima", e anche se Tolik ci aveva pensato sempre, a
quella loro primissima stretta di mano e alla speranza e la fiducia
provate, forse non avrebbe dovuto provare sentimenti del
genere.
Forse era semplicemente troppo egoistico da parte sua
desiderare tanto di stringere a sé la meravigliosa sorella di
un amico meraviglioso che viveva a 3.730 chilometri da lì e
non avrebbe potuto essere più orgogliosa di suo fratello,
perché nessuna delle scelte di David le aveva mai fatto
dubitare del loro legame e del suo affetto per lei.
Quando aveva
conosciuto Natal'ja e assistito alla magia della sua complicità
con David, Anatol' aveva realizzato di non essere mai riuscito a
rassicurare Adeliya come avrebbe dovuto, perché era sempre
stato troppo impegnato a difendere il suo sogno per ricordare a
Deliya che lui ci sarebbe stato comunque, che sarebbe tornato a casa
comunque, che non le avrebbe mai detto addio.
Natal'ja non avrebbe
avuto paura di quel lato di lui, ma Anatol' non sapeva come si faceva
ad amare sul serio una ragazza, aveva tanto smaniato per diventare un
soldato e aveva dato ogni sua energia all'Accademia, aveva sempre
dato il meglio di sé, ma questo proprio non lo sapeva.
Anche
con Deliya aveva sbagliato tutto, e Deliya era la sua sorellina,
l'amore per lei non avrebbe dovuto insegnarglielo nessuno, eppure non
era riuscito a far bastare nemmeno quello.
Riusciva solo a
guardarla con uno struggimento che avrebbe consumato i suoi occhi
prima dell'immagine di Al'ja, e poi a voltarsi e cercare di
riprendersi e non pensarci, perché lei non poteva essere più
bella di un mese prima e lui non poteva essere meno forte di un mese
prima.
Ma lui era solo un soldato, un mese prima, e non conosceva
nessuna Natal'ja L'vovna Puškina.
Era solo il migliore
amico di suo fratello minore, un ragazzino di quasi tre anni più
piccolo di lui, ma alto quanto lui e con un modo di fare che quando
non terrorizzava incantava, un ragazzino che stregava con le parole e
inventava storie da non dormirci la notte, anche se per il momento
aveva messo la vocazione militare davanti alla scrittura.
Anatol'
non ne aveva altre, di vocazioni.
Non aveva altre possibilità.
E
non sapeva quante possibilità avrebbe avuto con Natal'ja.
I
walk down the street, people passing me by
They look you up and
down but they don't look you in the eye
I'm just another stranger
in my own hometown
Looking for a angel but Heaven can't be found
I said: "Hey, I'm lonely
tonight"
Hey, hey, hey, I'm gonna make it through
But that don't make it right
Cammino per la strada, la
gente mi supera
Loro ti guardano dall'alto in basso, ma non ti
guardano negli occhi
Sono solo un altro straniero nella mia stessa
città
In cerca di un angelo, ma il Paradiso non si trova
Ho detto: "Ehi, sono da solo stanotte"
Ehi, ehi, ehi, ce la farò
Ma questo non lo rende
giusto
(Does Anybody Really Fall In Love Anymore, Bon Jovi)
Era
la prima volta da quando aveva litigato con Adeliya che aspettava con
tanta ansia il giorno di licenza, ma Natal'ja era lì per
David, perché l'aveva aspettata come se stesse tornando da
lui?
Era lì per David, il suo adorato fratellino, eppure
ricambiava i suoi sguardi con la stessa avidità.
Anatol' ne
era stordito, ma anche lei doveva avere i suoi freni, perché
in quel momento non gli aveva permesso di toccarla, non aveva nemmeno
cercato di avvicinarsi, e lui non era più tanto sicuro che
fosse vera.
-Che ne direste di andare a prendere una vaschetta di
gelato mentre io vado a dare un'occhiata a quella libreria? Poi
andiamo a mangiarlo su una panchina. E dopo, Tolik, accompagniamo
Al'ja al negozio di tua madre, che deve fare una bella scorta di
burrocacao, smalti e mascara!-
-Oh, va bene... Va
bene, no?-
Al'ja si
voltò a cercare la sua conferma e Anatol' annuì, con un
sorriso.
David si fidava di lui, altrimenti non gli avrebbe mai
permesso di rimanere da solo con sua sorella.
Questo non voleva
dire che non avesse paura, ma ne aveva un po' di meno, se Natal'ja
era con lui.
Well, my eyes have seen the
horror of the coming of the flood
I've driven deep the thorny
crown into the soul of someone's son
Still I'll look you in the
eye 'cause I've believed in things I've thought
And I'll die
without regret for the wars I have fought
Sì, i miei
occhi hanno visto l'orrore dell'arrivo del diluvio
Ho spinto in
profondità la corona di spine nell'anima del figlio di
qualcuno
Ti guarderò ancora negli occhi perché
credevo nelle cose che pensavo
E morirò senza rimpianti per
le guerre che ho combattuto
(Miracle, Jon Bon Jovi)
Non poteva averla davvero aspettata
per un mese.
Non aveva senso.
Eppure quando entrò in
gelateria con lei si sentì fin troppo felice.
Non avevano
ancora nemmeno fatto un discorso decente, ma gli era sembrato di
averla guardata per due ore, quel 31 marzo 2036, e poi sognata per un
mese.
Il 31 marzo la sottile distinzione fra una visione e una
ragazza era ancora più fragile di quel giorno, la Natal'ja di
quel giorno doveva essere più simile alla stoica campionessa
di pattinaggio che alla distratta, adorabile fata siberiana che
l'aveva folgorato un mese prima, ma aveva sempre un che di ipnotico,
troppo anche per lo sguardo di un soldato.
In a world that don't know Romeo
and Juliet
Boy meets girl and promises we can't forget
We are
cast from Eden's gate with no regrets
Into the fire we cry
In un mondo che non conosce Romeo e Giulietta
Un ragazzo incontra una ragazza e promesse che non possiamo dimenticare
Siamo cacciati dai cancelli dell'Eden senza rimpianti
Nel fuoco piangiamo
(I'd Die For You, Bon Jovi)
Gli sembrava un momento così
solenne, e invece stavano solo entrando in gelateria.
Sempre la
stessa gelateria.
La
Gelateria sul Don
era un locale modesto con un'insegna azzurra sopra le porte a vetri,
un freezer con i ghiaccioli e i gelati confezionati e una piccola
cassa dove fare gli scontrini a sinistra, un lungo bancone di vetro
stondato al centro e a destra due frigoriferi con le torte gelato e i
semifreddi.
Fuori c'erano quattro panchine verdi, in genere
assediate dai bambini e da genitori disperati che cercavano di
impedire loro di macchiarsi con il gelato, ma lungo la via ce n'erano
altre di pietra su cui zampettavano spavaldi e alteri i piccioni e le
tortore.
Natal'ja faceva scorrere lo sguardo sui vari gusti di
gelato con gli occhi che le brillavano, cercando quelli con più
cioccolato, biscotti e cereali.
-A te cosa piacerebbe?- gli chiese
dopo alcuni minuti di assorta contemplazione, e nel voltarsi e fare
un passo indietro gli sfiorò un braccio con il suo.
Anatol'
credette di sentirsi mancare, che il cuore e la pressione non
sarebbero riusciti a sostenerlo, anche se sia il maglioncino di Al'ja
sia la sua felpa erano a maniche lunghe, e non aveva davvero sentito
la sua pelle come un mese prima, ma se la ricordava fin troppo
bene.
Lei si scostò di nuovo, quasi con aria di scuse, e
non lo guardava più, non lo guardava più e Anatol' non
respirava.
-A
me... Va bene... Tutto quello che vuoi tu-
Non
aveva certo intenzione di dirglielo con quel tono disperato, come se
stesse soffocando e non riuscisse più a scandire le parole, ma
Natal'ja annuì e provò di nuovo a cercare il suo
sguardo.
-Yogurt, biscotto, nocciola e cioccolato? Fondente, per
Dav. O a te non piace fondente? Allora magari prendiamo gianduia... A
me sembra adorabile, gianduia. No? O preferisci la crema? Che non è
affatto male, anzi, guarda che bell'aspetto che ha. Sai che è
da tantissimo tempo che non prendo il gelato alla crema? È che
davvero impazzisco per yogurt e biscotto...-
-Va bene, va
bene...-
Era riuscita a farlo ridere, a fargli ritrovare
l'equilibrio e la serenità.
Si chiese come se fosse
possibile che quella ragazzina gli infliggesse tali colpi al cuore e
poi rimettesse tutto a posto con quella voce dolcissima e quelle
parole da bambina assorta in riflessioni che sulle sue labbra
sembravano molto più importanti di quanto lo fossero
realmente.
Si chiese come fosse possibile
sentirsi tanto disperato e tanto al sicuro.
Almeno finché
lei non si fosse voltata di nuovo, almeno finché non l'avesse
sfiorato di nuovo.
E perché non poteva avere di più?
Perché
non poteva essere lui a stringerla, a cercarla, a dirgli che lo
faceva impazzire?
Perché non poteva essere lui a farla
cadere e poi proteggerla per sempre?
Non le avrebbe fatto del
male, davvero.
Non le avrebbe mai fatto del male.
Si sarebbe
preso la colpa di tutto, ma prima sarebbe riuscito a leggerle il
fiume negli occhi, e anche se era tanto lontano da lì, da lui,
non gliel'avrebbe mai portato via.
Perché non poteva
innamorarsi di lei?
Non si era mai sentito tanto sicuro di poterlo
fare.
E poi sarebbe tornato in Accademia Militare.
E poi
l'avrebbe lasciata.
E avrebbe spezzato il suo cuore come aveva
fatto con quello di Deliya.
Ne sarebbe valsa la pena comunque?
Per
lui, forse.
E quando mai aveva desiderato qualcosa tanto quanto
l'onore cosacco?
Valeva anche con le ragazze, l'onore
cosacco?
Valeva anche con le ragazze come Al'ja?
E lui sarebbe
riuscito ad essere un uomo d'onore anche con lei, anche in amore?
Non
era stato un bravo fratello.
L'Accademia Militare era l'unico
posto in cui non sbagliava mai.
Da tre anni a quella parte non era
più un ragazzo.
Era solo un soldato.
E allora le avrebbe
spezzato il cuore come facevano i soldati.
Avrebbe deluso David, naturalmente, perché non si sarebbe dimostrato il ragazzo giusto per la piccola, meravigliosa Al'ja -e Dio sapeva quanto questo lo distruggeva dentro-, ma non sarebbe stata la prima volta che deludeva un fratello.
Al'ja era un tale splendore, un tale splendore...
E lui come diavolo avrebbe potuto resistere?
Come avrebbe mai potuto salvarsi?
I might not be a savior
And
I'll never be a king
I might not send you roses
Or buy you
diamond rings
But if I could see inside you
Maybe I'd know
just who we are
'Cause our love is like a hunger
Without it we
would starve
Potrei non essere un salvatore
E non sarò
mai un re
Potrei non mandarti rose
O comprarti anelli di
diamanti
Ma se potessi vedere dentro di te
Forse saprei chi
siamo davvero
Perché il nostro amore è come una
fame
Senza moriremmo di stenti
(I'd Die For You, Bon Jovi)
Credo che mia sorella mi abbia detto che non sarei mai riuscito a volere bene a nessuno.
Credo di averle tirato uno schiaffo così forte da farla barcollare e che lei abbia pianto per ore, ma credo di essermene andato prima che lei capisse che non sarei tornato e di non volere più che io tornassi.
Credo di essermi sentito veramente male e di aver avuto veramente paura.
Credo anche di essermene pentito a morte, come sarebbe stato possibile il contrario, ma chi più di un soldato sa quanto sia indispensabile andare avanti?
Credo che avrei voluto amare Natal'ja, ma avevo troppa paura di deluderla, e allora credo di aver deciso di deluderla prima di provare ad amarla.
Ma questo lo credo, lo credo soltanto, perché davvero non lo so.
Quello che so, quello che ho sempre saputo, è che sarei stato un bravo soldato, un bravo Cosacco, ma non sapevo più se sarei riuscito ad essere anche una brava persona.
Onesto sì, onesto sempre, ma come avrei fatto a non ferire più nessuno?
Almeno mi rimaneva l'Accademia Militare.
Mi sarebbe rimasta sempre l'Accademia Militare.
A un altro non sarebbe bastata, lo so, ma io me la sarei fatta bastare.
Perché non mi stavo prendendo in giro, non stavo prendendo in giro nessuno.
Non ero un ragazzino che voleva giocare a fare il soldato.
Io ero un Cosacco.
Mi chiamo Anatol' Viktorovič Kutuzov, sono nato a Rostov-sul-Don il 2 marzo 2015, sono cresciuto in riva al Don e il Don ce l'ho dentro.
Non ho mai voluto fare del male a nessuno.
Ma sono pur sempre un Cosacco.
It's getting sometimes I don't
know
When to stop, when to go
Sometimes we're so afraid to
let it show
A stolen kiss so out of place
It wipes the smile
right off your face
And when those feelings start
We let them
go, let them go
A volte mi capita di non sapere
Quando
fermarmi, quando andare via
A volte siamo così spaventati
di darlo a vedere
Un bacio rubato così fuori luogo
Toglie
il sorriso dal tuo viso
E quando questi sentimenti cominciano
Noi
li lasciamo andare, li lasciamo andare
(Only Lonely, Bon Jovi)
Mentre Natal'ja diceva i gusti che
voleva alla gelataia, indicandoli con gli occhi che le si
illuminavano nel nominarli, Anatol' si accorse del ragazzo che
fissava Al'ja da pochi metri di distanza, come sotto incantesimo.
Gli
era preso il panico, anche se era solo uno sguardo e lei non se n'era
nemmeno accorta, tutta presa com'era nell'organizzazione della loro
vaschetta di gelato, e istintivamente le aveva posato una mano su una
spalla, socchiudendo gli occhi perché lei non potesse
leggergli nello sguardo il colpo al cuore provato nel
toccarla.
Quando li riaprì Al'ja aveva finito di chiedere
il gelato e si era girata a rivolgergli un sorriso fugace, senza
spostarsi.
E Anatol' aveva sorriso così stupidamente, con
quella sfacciata e incredula felicità, e lui non l'aveva
visto, ma il ragazzo di prima aveva bruscamente distolto lo sguardo,
imbarazzato.
Sembrava così semplice, loro avrebbero potuto
davvero stare insieme.
Ma Anatol' non sapeva ancora di cosa lui
fosse realmente capace.
Your blood like ice
One look
could kill
I wanna love you but I better not touch
I wanna
hold you but my senses tell me to stop
I wanna kiss you but I want
it too much
Il tuo sangue come ghiaccio
Uno sguardo potrebbe
uccidere
Voglio amarti ma è meglio non toccarti
Voglio
stringerti ma i miei sensi mi dicono di fermarmi
Voglio baciarti
ma lo desidero troppo
(Poison, Alice Cooper)
-Dav non è ancora tornato
dalla libreria, eh?- commentò Natal'ja, con un mezzo
sorriso.
-No-
Avrebbe voluto sorridere anche lui, ma gli uscì
solo quel "нет" strozzato e lei lo guardò
un po' incuriosita un po' preoccupata, perché non riusciva
ancora a capirlo del tutto, ma si fidava ugualmente.
Non poteva
venire dalla riva dell'Ob' e riuscire a comprendere subito tutto il
Don nello sguardo, ma ci si sarebbe abituata.
E poi lui la
guardava così, come se lei lo facesse soffrire, e anche lui
avrebbe potuto farlo con lei, ma Al'ja sapeva che Tolik non
voleva.
Oh, temeva che sarebbe successo, sentiva che sarebbe
successo, ma lui non voleva, non voleva...
Dopo però lasciò
scivolare le dita fra le sue, e Natal'ja rimase a guardare, sentendo
sempre meno la pressione del sangue, come lui le stringeva la mano, e
poi la baciò, la baciò davvero.
Al'ja non avrebbe
saputo dire per quanto tempo l'aveva fatto e quante volte l'aveva
rifatto, ma quando lo guardò con un lieve ma tenace barlume di
aspettativa negli occhi, e chissà poi cosa chiedeva, cosa
cercava veramente, Anatol' le sorrise senza più quell'intenso
struggimento che la faceva tanto tremare, bensì con una
rassegnazione lacerante che non seppe spiegare.
Le accarezzò
una guancia come se stesse compiendo il gesto più sacro della
sua vita e scosse la testa, e fu allora che Natal'ja fu colta dal
terrore.
Fu
allora che qualcosa distrusse l'incanto e lei lo odiò per la
prima volta.
-Lascia perdere, Al'ja, lascia perdere... Va
bene così-
Avrebbe
voluto chiedergli cosa andava bene così e cosa andava bene, e
cosa e perché dovesse lasciar perdere, ma non gli chiese
niente.
Si limitò a fare un passo indietro, ugualmente
ferita e spaventata, e quando alzò lo sguardo su di lui lo
trovò quasi sul punto di piangere.
-Dav non è ancora
tornato, no...- disse più a se stessa che a lui -come avrebbe
potuto parlare ancora con lui? Ma in fondo non aveva mai parlato con
lui!-, e le tremava la voce.
-Al'ja,
ti prego, ti prego...-
Al'ja
non sapeva dove fosse il suo cuore quando Anatol' la strinse a sé,
quando si ritrovò fra le sue braccia e sentì le sue
mani sulla schiena, ma non lo sentiva battere e non sentiva neanche
quello di Tolik.
-Mi
dispiace-
Lei
annuì quasi impercettibilmente, non disse una parola.
Perché
la pregava?
Perché gli dispiaceva?
E lei cosa avrebbe
dovuto dirgli?
Lascia
perdere, Tolik, lascia perdere... Va bene così?
Games we play, words we say
Cutting wounds we know they run so deep
Leave it all behind
you
Or someday love will find you
Only lonely - I can't
stop hurting you
Only lonely - But I can't stop loving you
Only
lonely - How much pain does it take?
So tell me, babe, how
much pain can you take
Before your heart breaks?
Giochi
che facciamo, parole che diciamo
Le ferite da taglio, lo sappiamo,
vanno così in profondità
Lasciati tutto alle
spalle
O un giorno l'amore ti troverà
Semplicemente
solo - Non riesco a smettere di ferirti
Semplicemente solo - Ma
non riesco a smettere di amarti
Semplicemente solo - Quanto dolore
bisogna sopportare?
Allora dimmi, tesoro, quanto dolore riesci
a sopportare
Prima che il tuo cuore si spezzi?
(Only Lonely,
Bon Jovi)
[...]
Look for the girl with the sun in her eyes and she's gone
Cerca la ragazza con il sole negli occhi e lei se n'è andata
(Lucy In The Sky With Diamonds, The Beatles)
-Eccomi! Scusate, è che... I
libri, no... Ne ho presi quattro, per adesso. Erano troppi. Voi
siete riusciti a prendere il gelato?-
Quando vide suo fratello con
un enorme sacchetto della libreria e un'aria al contempo colpevole ed
entusiasta, Natal'ja non poter fare a meno di sorridere e Anatol' di
fare quello che parve un tentativo di accenno di sorriso.
-Va
tutto bene?-
Lo sguardo di David vagò dalla sorella
all'amico con un'ombra di inquietudine negli occhi fino a un attimo
prima limpidissimi, ma Al'ja gli fece una carezza su una guancia e
annuì, cercando di rassicurarlo.
-Tutto bene-
-Mh.
Tolja, hai avuto un calo di pressione? No, perché non sembra
che ti circoli sangue umano nelle vene, a guardarti-
-Non
lo so...-
-Non sai se hai avuto un calo di pressione o non sai se
hai sangue umano? Perché francamente preferirei il calo di
pressione. Il gelato, comunque?-
-È qui. Andiamo a
sederci?- propose Al'ja, sollevata dal cambio di argomento del
fratello.
-Certo, laggiù c'è una panchina libera. Tu
però ti siedi vicino a Tolik, così se devi rovesciare
il gelato addosso a qualcuno qualcuno lo fai con lui-
-Oh... Per
me va bene- mormorò Tolja, e Al'ja inarcò un
sopracciglio.
-Se
ti rovescio il gelato addosso?- gli
chiese, e quelle furono le prime parole che gli rivolse dopo il "Va
bene così"
di Anatol'.
-No, beh... Sì,
anche, come vuoi-
David
si girò verso l'amico e, dopo averlo guardato attentamente,
commentò:
-Non ci arriva, vero?-
-Cosa?-
-L'ossigeno
ai tuoi neuroni. Oggi non ci arriva. Niente sangue, niente
ossigeno... Tolik,
sei sicuro di essere vivo?-
-Ma
credo di sì...-
David era convinto di avere una sorella e
un migliore amico brillanti e intelligenti, ma evidentemente era
troppo chiedere che lo fossero entrambi contemporaneamente.
-Va
bene, dai, andiamo a sederci-
And I got all the symptoms, count 'em, one, two, three
First you need
That's what you
get for falling in love
Then you bleed
You get a little but
it's never enough
And when you're on your knees
That's
what you get for falling in love
E ho tutti i sintomi, contali, uno, due, tre
Prima ne hai bisogno
Questo è
quello che succede quando ti innamori
Poi sanguini
Ne ottieni
un po', ma non è mai abbastanza
E quando sei in
ginocchio
Questo è quello che succede quando ti innamori
(Bad Medicine, Bon Jovi)
[...]
I got this timebomb ticking in my
head
This time I think she's gonna blow
How can I say "get
away"
When I just can't let go?
Ho questa bomba a tempo che
ticchetta nella mia testa
Stavolta penso che scoppierà
Come
posso dirle "vai via"
Quando io non riesco a lasciarla
andare?
(Only Lonely, Bon Jovi)
L'aveva
aspettata per un mese, sì.
Non avrebbero avuto molto tempo,
ma Anatol' rischiava di morire per un solo secondo passato accanto a
Natal'ja, figurarsi per diversi secondi passati a baciarla.
Figurarsi
per i pochi istanti che gli erano bastati per spezzarle il cuore e
fare lo stesso col suo, proprio nello stesso momento.
Perché
non andava bene così.
Perché
non poteva andare bene senza di lei.
-Se
voi... Se voi avete da fare, dopo...- cominciò, senza guardare
nessuno dei due fratelli Puškin, solo fissando le stringhe
delle sue scarpe e il suo gelato che sgocciolava sull'asfalto.
-Io
vado in palestra-
-Non
vieni a salutare tua madre? Sai che devo portare Al'ja al negozio per
burrocacao, smalti e mascara-
-Mia madre...-
-Non succede
niente se vai dopo in palestra, no?-
-Non lo so-
-Tolja, sei il
migliore dell'Accademia anche se per cinque minuti non ti alleni. Sai
di esserlo, vero? Anche più di me, certo. Scherzo quando dico
che non è vero-
-Ma non mi interessa...-
-Seriamente,
Tolik, prima scherzavo, ma sembra davvero che tu stia per avere un
collasso-
-Non avrò nessun collasso, Dav, stai tranquillo.
Voglio solo andare ad allenarmi-
-Se non vieni con noi chi mi
impedirà di buttare giù i cartelli di tua madre? Quello
scricciolo di Al'ja, forse? E poi chi la sente Olya?-
Natal'ja era
seduta accanto ad Anatol', ma guardava da un'altra parte, verso la
strada e la gente che passava, come se non fosse stata lì.
Come
se avesse potuto non guardarlo, non ascoltarlo e non avere voglia di
tirargli uno schiaffo e pregarlo di rimanere con lei, con loro,
perché un conto erano il suo cuore, i suoi sentimenti e la sua
follia, e un conto era David, sinceramente e seriamente preoccupato
per il suo migliore amico.
Fallo
per David, non per me.
Resta per David, non per me.
Tutto il
resto va bene così.
Fra di noi va bene così.
Lasciamo
perdere come vuoi tu, Tolik.
I don't know where all the rivers run
I don't know how far, I don't know how come
Well, I'm gonna die believin' each step that I take
Ain't worth the ground that I walk on
If we don't walk it our way
No, I don't claim to be a wiseman, a poet or a saint
I'm just another man who's searching for a better way
But my heart beats loud as thunder
For the things that I believe
Sometimes I wanna run for cover
Sometimes I want to scream
Non so dove vadano tutti i fiumi
Non so quanto lontano, non so come
Ebbene, morirò credendo in ogni passo che faccio
Non importa la terra su cui cammino
Se non camminiamo a modo nostro
No, non pretendo di essere un uomo saggio, un poeta o un santo
Sono solo un'altro uomo in cerca di una possibilità migliore
Ma il mio cuore batte forte quanto il tuono
Per le cose in cui credo
A volte vorrei correre in cerca di rifugio
A volte vorrei gridare
(Bang A Drum, Jon Bon Jovi)
Mentre
camminavano verso La
dacia del detersivo cercavano
tutti e tre di sorridere, senza un vero motivo, solo per rassicurarsi
a vicenda, anche se David era l'unico che aveva il coraggio di
guardare negli occhi il suo migliore amico e sua sorella.
Era
l'unico veramente innocente.
L'unico che diceva sempre
tutto.
L'unico che non aveva paura.
Ma quel giorno Natal'ja e
Anatol' non potevano essere salvati da David.
Al'ja era curiosa e
al contempo un po' agitata all'idea di conoscere la madre di Anatol',
anche se per Ol'ga lei sarebbe stata solo la sorellina -maggiore, ma
nessuno l'avrebbe mai creduto a vederli l'uno accanto all'altra- di
David in cerca dei fantastici burrocacao Azov e degli esclusivi
smalti e mascara del Caucaso.
Anatol' invece era solo agitato,
perché quello era il momento in cui avrebbe dovuto andare via,
tornare ai suoi allenamenti e lasciare i fratelli Puškin ai
loro sorrisi, al loro pomeriggio, alla loro giornata.
Lui sarebbe
riuscito solo a peggiorare la situazione, e Dio, non voleva ferire
Al'ja, non voleva ricordare di averle appena rubato il sorriso,
quando avrebbe potuto rassicurarla, accarezzarla, abbracciarla, dirle
che l'aveva baciata perché la trovava meravigliosa,
meravigliosa con i collant che non riusciva a sistemarsi e il gelato
nei capelli, meravigliosa con la paura che lui la giudicasse male e
lo sguardo indispettito che si era sciolto quando lui le aveva preso
la mano, meravigliosa con le aspettative che aveva riposto in lui,
che le leggeva nello sguardo, con la speranza che tenesse a lei, che
l'avesse baciata per amore.
Non l'aveva fatto perché
credeva...
Perché non
credeva...
Perché
temeva...
Ma
l'aveva baciata perché la trovava meravigliosa.
E
davvero, davvero, davvero, l'aveva baciata per amore.
Anatol'
avrebbe voluto stare più vicino a Natal'ja della stessa anima
della ragazza, e chiederle scusa per come si era e si sarebbe
comportato quel giorno, spiegarle che con lei non riusciva a
fermarsi, non riusciva a pensare, non riusciva a distrarsi e a
rinunciare.
Sapeva che non sarebbe riuscito ad accontentarsi di un
bacio né di altri mille, e rimanendo con lei quel pomeriggio
avrebbe perso la testa definitivamente.
Lascia
perdere, va bene così?
E
lei non aveva nemmeno fiatato?
Non era come David, Al'ja, non
gridava, non distruggeva chi la feriva.
Si teneva le sue ferite e
provava a guardare altrove, a guarire in silenzio.
Non gli aveva
chiesto perché, ed era stato quello a farlo disperare.
Ci
aveva provato, una volta, Natal'ja, a chiedere perché.
Ci
aveva provato, con Jurij.
Non avrebbe mai voluto saperlo, non
avrebbe mai voluto sentirlo.
E quando Anatol' le aveva detto di
lasciar perdere, che andava bene così, si era semplicemente
arresa alle sue parole.
Eppure Tolik sapeva che Al'ja era molto
più forte di lui.
Perché
Al'ja credeva in lui.
Baby,
ain't it funny how you never ever learn to fall
You're really on
your knees when you think you're standing tall
But only fools are
"know-it-alls"
And I played that fool for you
Tesoro, non è divertente come non si impara mai a cadere
Sei davvero in ginocchio quando credi di essere in piedi
Ma solo gli stupidi credono di sapere tutto
E io ho interpretato quello stupido per te
(This Ain't A Love Song, Bon Jovi)
-Due
confezioni di cera rossa per il parquet, benissimo...Desidera anche
un lipgloss al cocco a metà prezzo? Sempre della linea Azov,
naturalmente. La migliore-
Anatol' ascoltò la fine della
frase di sua madre con un sorriso intenerito.
Solo lei, e
probabilmente David, se fosse stato del settore, sarebbero riusciti a
vendere un lipgloss al cocco a una signora venuta a cercare la cera
rossa per il parquet.
-Oh, ma è così fantastico,
qui!- sentì sussurrare Al'ja rivolta al fratello, e immaginò
il suo sguardo sognante vagare sugli scaffali pieni di burrocacao,
shampoo e prodotti per capelli, che David gli aveva detto essere una
delle sue più grandi passioni.
Lo immaginò, senza
guardarla, per non innamorarsi più di quanto avesse già
fatto.
Più
di quanto fosse possibile.
-David
Puškin! Sei entrato nel mio negozio lasciando l'arredamento
intatto? Che storia è questa? Tolja, l'hai ipnotizzato? Oh, e
tu... Tu sei Natal'ja, vero? La sorellina del nostro Attila
siberiano! Che bello conoscerti!-
La signora della cera rossa era
appena uscita dalla dacia del detersivo con il lipgloss al cocco che
Olya era riuscita a convincerla a comprare, quando la diabolica
venditrice di detersivi e cosmetici si era accorta dei due Cosacchi e
della ragazzina che guardava i burrocacao Azov con aria
rapita.
Biondissima come David, ma molto più minuta di lui,
mascara probabilmente di qualche sottomarca siberiana e gambe
fenomenali come le aveva riferito suo figlio.
Niente da dire, la
pattinatrice era uno spettacolo.
E suo figlio sembrava sempre più
fulminato.
-Tolja? Perché stai guardando con
quell'insistenza lo scrub viso all'argilla per pelli
grasse?-
-Cosa?-
-È in offerta. Ma sei mio figlio, cosa
te lo dico a fare... Te
lo regalo-
-Ma
io non ho la pelle grassa...-
-E allora sceglitene un altro, che
vuoi che ti dica? Tesoro, hai bisogno di aiuto?-
Ol'ga si rivolse
a Natal'ja, che aveva seguito di sottecchi la scenetta fra madre e
figlio e si era lasciata sfuggire più di un sorriso.
Ol'ga
Kutuzova era adorabile proprio quanto i suoi burrocacao.
-Oh,
non lo so, è che sono tutti fantastici...-
-Che ne dici di
un set completo? Ti applico un bello sconto Cosacchi-
-Uno sconto
Cosacchi? Esiste?-
-L'ho inventato per tuo fratello- spiegò
Ol'ga, sorridendo dello stupore di Al'ja.
-E sai una cosa,
splendore? Sembri
nata per usare il mascara del Caucaso.
Vuoi provarlo? In questi giorni c'è proprio un prezzo
speciale... Un prezzo speciale per un mascara speciale!-
Olya fece
l'occhiolino alla pattinatrice, e Anatol' alzò gli occhi al
soffitto, fingendo di non conoscerla.
Quando mai non c'era un
prezzo speciale, alla dacia del detersivo...
-Oh... Grazie!-
Natal'ja era stata rapita da Ol'ga e
Anatol' e David erano rimasti davanti allo scaffale degli scrub viso,
perché non avevano il coraggio di superare il reparto dei
mascara, dove era sparita Al'ja, per raggiungere quello dei
detersivi, della cera e dei tappetini per il bagno, settore forse un
po' più virile.
-Non c'è un cartello che puoi
buttare giù? Così tornano indietro-
Avrebbe voluto
essere una battuta, ma Anatol' l'aveva detto con una tale mestizia
che David si preoccupò più per lui che per sua sorella
persa nel magico -e pericoloso- mondo dei mascara.
-È per
Adeliya?-
-Cosa? Oh, anche. In un certo senso. Comincia
tutto da Adeliya-
-E
con chi continua?-
-Lascia perdere...-
-Dici?-
Tolik
annuì, ma lo sguardo di David non gli piacque per
niente.
Perché si era scelto per migliore amico proprio uno
che se non ti uccideva ti leggeva l'anima?
E soprattutto perché
non l'aveva ucciso?
-Lo sai che mi fido di te...- sussurrò
David, e Anatol' sentì una stretta al cuore, perché a
quel ragazzino siberiano lui voleva bene davvero, e riusciva a
leggere nei suoi occhi la metà dell'anima di Natal'ja.
-Lo
so...-
Dav gli sorrise, con lo sguardo più fiducioso che
Tolik si fosse visto rivolgere negli ultimi quattro mesi.
-E
allora comportati di conseguenza-
Già.
Come avrebbe
potuto deludere quell'adorabile ragazzino siberiano -di
un metro e ottantadue- che
se non ti uccideva ti faceva sentire molto migliore di quanto in
realtà non fossi?
There's a sad face in the
mirror
I'm sad to say it's me
Like a ghost up in the attic
Only
love can set him free
I've been running 'round in circles
On
this roller coaster ride
There's a lonely world around us
We
get sucked in by the tide
I said: "Hey, love ain't no
crime"
C'è un viso triste allo specchio
Mi
rattrista dire che sono io
Come un fantasma in soffitta
Solo
l'amore può renderlo libero
Ho corso in tondo
Su
questo giro di montagne russe
C'è un mondo solitario
intorno a noi
Veniamo risucchiati dalla marea
Ho detto:
"Ehi, l'amore non è un crimine"
(Does Anybody
Really Fall In Love Anymore, Bon Jovi)
-David?
Tolja? Ecco a voi la futura Miss Russia 2036!-
I due ragazzi si
voltarono quasi contemporaneamente verso Ol'ga, che guardava
trionfante la deliziosa giovane siberiana che sembrava nata per usare
il mascara del Caucaso, e non avrebbero potuto avere reazioni più
diverse.
David si limitò a sorridere, abituato allo
splendore di sua sorella, e poi l'intenzione sarebbe stata quella di
cercare lo sguardo del suo migliore amico, ma non c'era più
nessun migliore amico dietro di lui.
Anatol' perse l'equilibrio e
si aggrappò disperatamente ad un tubetto di detergente per il
viso ai sali del Mar Morto, a dir poco sconvolto.
Natal'ja lo
guardò con una certa apprensione, dal momento che né
Olya né David sembrarono preoccuparsi di aiutarlo, ma lui si
rialzò e cercò di sorridere a tutti, ancora un po'
frastornato.
-Sto bene...- la rassicurò, lei sola, perché
sua madre e Dav non dubitavano che stesse bene, ma nutrivano invece
parecchi interrogativi sulla sua sanità mentale.
-Stai
bene...- aggiunse
poi, in un sussurro, e Natal'ja sorrise con una dolcezza tale che
Anatol' credette fosse rivolta a suo fratello, ma stava guardando
proprio lui.
E
il detergente per il viso ai sali del Mar Morto.
-Posso?-
Prima
che lui potesse rendersene conto Al'ja gli aveva sfilato di mano il
flacone di detergente, sfiorandogli quasi impercettibilmente le
dita.
-Certo...-
-Beh, credo che potrei prendere anche
questo... È conveniente- rifletté la pattinatrice fra
sé e sé, e Tolik si ritrovò a dire:
-Sì,
perché se consideri il rapporto qualità
prezzo...-
Ol'ga
e David avevano gli occhi sgranati, eppure Natal'ja annuiva e Anatol'
si sentiva meno cretino di quanto avrebbe dovuto, anche se non aveva
idea di quello che stava dicendo.
-Va bene, credo che per oggi
possa bastare. La cassa è...-
-Gli...
Smalti-
le ricordò David, ancora ammutolito dalle performance di
Anatol' -il miglior militare dell'Accademia di Rostov, una persona
seria, mica un Puškin qualsiasi!-, e Al'ja si
illuminò.
-Certo! Gli smalti!-
-Te li indicherà
mio figlio- intervenne Ol'ga. -E te li illustrerà anche!
D'altra parte c'è il quattro per tre ed è un occasione
da non perdere, vero, Tolik?-
Anatol' impallidì, ma era un
Cosacco, e doveva portare alto il nome della stirpe...
E
del negozio di sua madre.
Natal'ja
aveva abbracciato David per l'ennesima volta e stava ormai per salire
sul treno, quando il cellulare di suo fratello squillò e il
ragazzo distolse lo sguardo da lei per cercare il telefono in una
tasca dei jeans.
Al'ja fece per rivolgere un timido cenno di
saluto ad Anatol', ma lui la trattenne per una mano e le lasciò
un velocissimo bacio sulle labbra.
-Non
credere che non sia innamorato di te-
-Non
ci credevo...-
sussurrò lei, e quando David alzò di nuovo gli occhi e
le sorrise, salutandola con una mano, Tolik l'aveva già
lasciata andare.
Loro due erano gli unici a credere che David non
avesse capito.
-Sai,
Tolja, indubbiamente sei più portato per la carriera militare
che per lavorare nel negozio di tua madre, ma sorvolando sul rapporto
qualità prezzo, lascia che ti dica una cosa... Se sia io che
Al'ja ci fidiamo di te, contemporaneamente, e considerato che io non
sbaglio mai e mia sorella sbaglia solo quando non mi ascolta... Sei
consapevole di essere un cretino a non avere fiducia in te stesso? Al
di fuori dell'Accademia, intendo. Con
mia sorella-
-Tua
sorella?-
Anatol' era
sbiancato in modo preoccupante, ma David non voleva dargli il colpo
di grazia, solo farlo ragionare.
Se fosse riuscito anche ad
evitare che Tolik svenisse in mezzo alla strada, poi, sarebbe stato
ancora meglio.
Ma in ogni caso David Puškin era un gran
pezzo di ragazzo, sarebbe riuscito a sostenerlo.
-Già, mia
sorella. Te la
ricordi?-
-Certo,
ma...-
-L'hai
baciata-
-Sì...-
-Mentre
rispondevo al telefono all'altro deficiente di famiglia. Kolja, mio
fratello-
-Hai visto?-
-No, ma lo sapevo-
-Lo
sapevi?-
-Io e
Natal'ja... Beh, non ho bisogno di vederla, non ho bisogno che sia
davvero vicina. Io la sento.
Io lo so-
-E anche lei
sente te?-
-Certo. Ma a volte spera che io perda qualche
colpo-
-Dav, io...-
-Lo so, lo so-
-Senti anche me?!-
-No,
non così tanto. Non ancora, almeno. Ma
sono pur sempre uno dei ragazzi più intelligenti che
conosca-
Finalmente
riuscì a strappare un sorriso a Tolik, e in quel momento fu
certo che il suo amico non era svenuto in piedi.
-Non riesci
proprio a smettere di guardarmi come se stessi per ucciderti? Sei una
delle poche persone che non ho mai minacciato di morte! Però
devo dirti un paio di cose, questo sì. Dall'ultimo
appuntamento con l'unico ragazzo che Al'ja ha avuto, quattro anni fa,
mia sorella è tornata insultata e schiaffeggiata, con le
lacrime agli occhi, una guancia in fiamme e un livido sotto un
occhio, la camicetta strappata e le braccia graffiate, perché
non voleva ancora andare a letto con lui-
-Ma...-
Non c'erano
ma, purtroppo.
-Ma chi era?-
-Uno che non ho mai cercato per
spaccargli la faccia, perché altrimenti l'avrei ucciso. No,
quella volta ci ha pensato Nikolaj. Io ero troppo distrutto per la
mia Al'ja, stavo sempre con lei. Lei era più importante di
tutto, e aveva bisogno che le stessi vicino e la proteggessi da
vicino, non che andassi ad ammazzare quel tizio. Di notte sognavo di
farlo, questo sì. Ma anche di notte stavo con lei, quando mi
chiamava ero con lei, se lei aveva bisogno stavo sveglio con lei. Il
fratello più impulsivo e violento di Natal'ja L'vovna Puškina
ha vendicato il suo onore semplicemente curandolo. Ma la mia Al'ja è
coraggiosa, sai? Fin troppo. Ma è tanto piccola, e gli altri
non la capiscono mai. Quella stronza della sua ex amica, ma questa è
un'altra storia, e quel... Quell'individuo che l'ha trattata così.
Quelli che la guardano e la giudicano, solo perché è la
più bella di tutte.
Io
mi fido di te, lo sai, ma ti prego, ti prego... Trattala bene. È
la mia Al'ja-
La sua
Al'ja.
David aveva
smesso di scherzare, aveva smesso di prenderlo in giro, e non lo
stava minacciando, sapeva che con lui non ce n'era bisogno.
Era il
suo migliore amico, era su un altro livello, ed erano compagni di
Accademia Militare, sapevano cos'era l'onore.
Gli stava solo
chiedendo la cosa che gli stava più a cuore al mondo, di avere
cura di sua sorella.
-Certo-
Anatol'
strinse la mano di David, come il giorno in cui si erano conosciuti e
avevano capito che sotto la loro pelle il sangue scorreva con la
stessa intensità e nei loro cuori battevano gli stessi tuoni,
perché erano entrambi Cosacchi e sarebbero diventati fratelli.
-Il 1 novembre vieni a Novosibirsk per il mio compleanno?-
-Quanti anni compi, ventitré?-
In un'altra occasione David avrebbe almeno finto di offendersi per la dimenticanza dell'amico, ma non poteva certo pretendere che l'ossigeno arrivasse sia ai polmoni di Anatol' sia ai suoi neuroni.
-Diciannove, Tolik. Solo diciannove-
-È pù facile credere che tu sia geneticamente modificato piuttosto che tu abbia davvero solo diciotto anni-
-Fai pure, ma i miei erano troppo scarsi in scienze per riuscire a modificare geneticamente qualcuno-
-E Al'ja?-
-Lei aveva un anno e nove mesi quando sono nato io-
-E la senti da allora?-
-Da quando sono suo fratello. Sai come ci chiama nostra madre? Captain Crash and the beauty queen from Mars. Ce la cantava sempre, e in effetti è proprio la nostra canzone.
She wears a plastic crown like Cinderella and roller skates in bed... He rides the greyhound from his hometown when he comes around, 'cause they don't let him drive now... You and me, we're invincible together... We can be also tragical, whatever... Dressed up just like Ziggy, but he couldn't play guitar, Captain Crash and the beauty queen from Mars-
-Non credo di averla mai
sentita...-
-È dei Bon Jovi, una della band preferite della
mamma. Nona traccia di Crush, del 2000, diciassette anni prima che
nascessi io. La mamma aveva due anni-
-E la sentiva già?-
-No,
io sono l'unica creatura sovrannaturale della mia famiglia. Lei a due
anni ascoltava Ani Lorak, le canzoni che le faceva sentire mia nonna.
Ya vernus' e cose del genere-
-Credo di non...-
-Tranquillo, se
mai mia madre proverà a parlare di musica con te svierò
l'argomento sul rapporto qualità prezzo-
-Grazie- sorrise
Anatol', e David ricambiò strizzandogli l'occhio.
-Tutto
per non far venire un infarto al Cosacco migliore di me-
Tutto per
non deludere il fratello migliore di me, pensò Tolik, ma molto
meno malinconico di prima.
Forse un giorno sarebbe riuscito a
chiedere scusa a Deliya.
Forse un giorno lei sarebbe riuscita a
perdonarlo.
Quel giorno, in ogni caso, Anatol' non andò in palestra.
These days what’s left of
me ain’t no Prince Charming
And my Cinderella feels like she
stayed at the dance too long
We ain’t got much but what we
got is all that matters
We’re pickin’ up the pieces,
tryin’ to put ‘em back where they belong
In questi giorni cosa rimane di me, nessun Principe Azzurro
E la mia Cenerentola si sente come se fosse stata al ballo troppo a lungo
Non abbiamo molto, ma quello che abbiamo è tutto quello che importa
Stiamo raccogliendo i pezzi, cercando di rimetterli nel posto a cui appartengono
(This Is Love This Is Life, Bon Jovi)
Novosibirsk, 31 ottobre 2036
Doveva
cercare Al'ja al Palazzetto dell'Ob', la pista di pattinaggio coperta
di Novosibirsk, che si trovava sotto la palestra.
La Palestra
dell'Ob', naturalmente.
Anatol' era venuto da Rostov-sul-Don a
Novosibirsk-sull'-Ob', e doveva ancora abituarsi a quell'atmosfera, a
quell'aria in cui sembrava di respirare il ghiaccio, e anche a Rostov
faceva freddo, certo, ma la Siberia era un'altra storia.
La storia
di David e Natal'ja, Captain
Crash and the beauty queen from Mars.
E
la storia di Nostal'hiya, che lui non conosceva ancora, ma conosceva
due dei fratelli Puškin e i loro sogni, e i Puškin e i
loro sogni avevano fatto la storia di quel quartiere.
Doveva
abituarsi ad un altro fiume, sì, ad un'altra corrente, ed era
quasi novembre, il mese in cui l'Ob' ghiacciava, ma lui aveva fatto
in tempo a vedere l'acqua brillare e a vedere gli occhi di Al'ja
splendere fra le sue onde.
E avrebbe conosciuto il ghiaccio di
Al'ja, ora quello artificiale del Palazzetto, ma anche quello del
lago che a Novosibirsk chiamavano mare.
A Novosibirsk il fiume era
il lago e il lago era il mare, il ghiaccio li copriva tutti e il
ghiaccio era il cielo, ed era tutto così vertiginoso, così
selvaggio...
Quella era la terra dei Puškin, la terra che
gli avrebbe restituito Natal'ja.
Se i bagliori degli occhi di
Anatol', che tenevano ancora imprigionato il Don ora tanto lontano,
fossero riusciti ad essere più forti del ghiaccio.
David
gli aveva detto che Al'ja avrebbe dovuto essere con un ragazzo alto
dai capelli neri che aveva chiamato "lo zio Jaša",
ma non era un soprannome, era davvero il loro zio.
Se ci fosse
stata anche una ragazza dall'aria imbronciata, un'infiltrata nella
pista dei professionisti, ormai chiamata dai più "la
pista della campionessa", la pista di Natal'ja Puškina,
non doveva preoccuparsi, perché "Era Julen'ka".
Julija
Keržakova, la migliore amica di Al'ja, che era andata a vederla
mentre si allenava.
-E io... Io posso andarla a vedere mentre si
allena?- aveva chiesto Anatol' in un sussurro.
-No- l'aveva gelato
David -C'è un divieto esplicito per i ragazzi caucasici
cretini. Soprattutto se sono fidanzati con una delle
pattinatrici!-
-Io e tua sorella siamo fidanzati?-
-Ti conviene
che lo siate, altrimenti col cavolo che te la lascio baciare, la
prossima volta!-
-Allora posso andare a vederla mentre si
allena...-
-Tolik, dimmi la verità. Proverò ad
accettarla. Perché sei così stupido?-
Era inutile
spiegargli che in confronto a lui erano tutti stupidi.
Erano tutti
troppo normali.
Tolik voleva bene lo stesso al suo Dav, anche se
era una creatura sovrannaturale.
And your heartbeat is slowing down
Your feet are grounded still you're reaching for the sky
You can let 'em clip your wings, 'cause I believe that you can fly
E il battito del tuo cuore sta rallentando
I tuoi piedi sono ancora a terra anche se stai per raggiungere il cielo
Non puoi lasciare che ti tarpino le ali, perché io credo che tu possa volare
(Miracle, Jon Bon Jovi)
Sulla
porta del Palazzetto dell'Ob' qualcuno aveva scritto Наталья
и Яков Пушкин
короли льда,
Natal'ja e Jakov Puškin re del ghiaccio, koroli
l'da, e Anatol' sorrise,
ma si chiese anche come fosse quel Jakov, lo zio pattinatore di Al'ja
e Dav.
Aveva il loro stesso sangue, quindi non poteva essere tanto
male, e soprattutto non poteva essere innamorato di Al'ja.
Non
credeva che avrebbe potuto reggere il confronto con un pattinatore
siberiano.
-E tu chi saresti? Non sei di Nostal'hiya, non sei di
Novosibirsk e non sei nemmeno siberiano. Cosa ci fa un russo
normale nel nostro
Palazzetto?-
-Non sono un russo normale- si difese Tolik,
sostenendo lo sguardo di sfida della ragazzina.
Ripensò
alla descrizione di David, capelli biondo scuro, occhi verdi e aria
imbronciata.
Soprattutto l'aria imbronciata.
Non c'erano dubbi,
era Julija Keržakova.
-Sono di Rostov-sul-Don. Sono
caucasico-
-Caucasico- ripeté lei, sprezzante.
-E questa
ti sembrerebbe una giustificazione valida?-
-Veramente non credevo
di dovermi giustificare...-
-Dimmi che non sei Anatol' Kutuzov.
Non potrei sopportarlo-
-Beh, io...-
-Non ho niente contro i
ragazzi caucasici, non preoccuparti. Ho
proprio qualcosa contro di te-
-Ah,
grazie...-
-Figurati. E non cercare Al'ja. Chiunque
guarderà Natal'ja L'vovna Puškina senza averne il
diritto brucerà per autocombustione-
-D'accordo,
qual è il problema?- sospirò Tolik, che, bloccato e
costretto ad indietreggiare da Julija, non era ancora riuscito ad
individuare Natal'ja.
Chissà
se esistevano persone normali, a Nostal'hiya.
-Non
so se sei alla sua altezza. Non
so se la farai soffrire-
-In
realtà non lo so neanch'io- ammise
il ragazzo, e Julija sgranò gli occhi, non sapendo se fosse il
caso di tirargli un manrovescio o di dargli una possibilità.
Il
manrovescio era più nel suo stile, ma forse...
-Eppure
non sembra cattivo come Jurij- mormorò
fra sé e sé, e Anatol' si incupì di colpo,
ricordando il racconto di David e quanto gli era sembrato
insopportabile che qualcuno avesse fatto del male a Natal'ja, che
l'avesse fatto deliberatamente, per egoismo, non ritenendola degna di
rispetto e gentilezza, come se lei non avesse nemmeno avuto un
cuore.
-Si chiamava Jurij?-
-Si chiama
Jurij. E se lo ammazzi
potresti perfino cominciare a starmi simpatico. Io non sono riuscita
a fare molto, all'epoca-
Non appena l'aveva visto fuori da scuola
gli aveva tirato uno schiaffo, ma lui gliel'aveva restituito molto
più forte.
E poi era arrivato Nikolaj e gli aveva spaccato
la faccia.
-Tu
sei Julija, vero?-
-Già. E tu sei Anatol', chiaramente-
-Mi
dispiace...-
-Vabbé, cercherò di farmene una
ragione-
Era
seria?
Tolik
aveva paura di sì.
Decisamente, doveva abituarsi alle
ragazze siberiane.
-Guardala pure, dai. E ricordati di essere
doppiamente privilegiato, perché hai il privilegio di vedere
Natal'ja Puškina allenarsi e hai addirittura il mio permesso
di guardarla!-
Ad Anatol' venne da ridere, pensando a tutte le
volte che l'aveva baciata senza il permesso di Julija, anzi, senza
sapere nemmeno della sua esistenza, ma era meglio non farglielo
presente.
-Grazie...-
Eccola,
la sua Natal'ja.
Che
se si era accorta di lui, non si era fermata.
Non
aveva sentito i suoi occhi, no, e nemmeno la sua voce, ma nel momento
in cui si era girato l'aveva vista volare.
Non avrebbe saputo dire
come si chiamavano quei salti, non aveva mai visto una vera gara di
pattinaggio in vita sua, neanche in televisione, ma quella era
esattamente la Natal'ja del primo giorno, fatta d'aria e sguardi
sospettosi, di lago e d'orgoglio, di seta e di sangue.
La ragazza
che gli nascondeva il sole negli occhi, perché non credeva che
lui meritasse tutta quella luce, il suo vero sorriso, ma gliel'aveva
concesso nello stesso momento in cui gli aveva permesso di stringerle
una mano, e da allora era stata più vicina.
La seconda
volta che l'aveva vista era meno eterea e più fragile, si era
lasciata spezzare il cuore con un bacio, ma non aveva smesso di
credere che lui gliel'avrebbe rimesso a posto, che non l'avrebbe
lasciata salire sul treno senza dirle la verità.
E
la verità era che aveva bisogno di lei.
Aveva
creduto che Natal'ja Puškina, la campionessa di pattinaggio,
fosse diversa da Al'ja, la ragazzina dal vestito bianco e i capelli
sconvolti dal vento incontrata sui gradini dell'Accademia Militare,
la sorella di David.
Eppure ogni movimento di Al'ja sul ghiaccio
aveva la stessa magia del loro primo incontro, e lei era esattamente
la stessa persona.
Rapito com'era nel guardarla pattinare, Anatol'
non si era accorto del ragazzo dai folti capelli scuri che si stava
slacciando i pattini poco lontano da lui, e quando ebbe finito lo
raggiunse, facendolo sussultare.
-Привет!
Tu non pattini?-
Davanti alla pista dei professionisti del
Palazzetto dell'Ob' non c'erano scaffali di detergenti per il viso a
cui aggrapparsi, e fu davvero un miracolo ad impedire a Tolik di
volare per terra.
E tanti saluti al famoso "portamento
militare".
Davanti ai Puškin era impossibile
mantenerlo.
Jakov
Puškin non dava, a differenza di David, l'impressione che al
primo passo falso avrebbe potuto sbriciolargli l'osso del collo, e
aveva occhi di un azzurro più scuro di quelli di David e
Natal'ja, un po' più simili ai suoi, ma sorrideva, e il suo
era propio il sorriso dei Puškin.
Quindi lui era l'altro re
del ghiaccio, il famoso zio di Al'ja e Dav?
-No, no, no... Io
non... Non sono capace-
-Vuoi prendere lezioni?-
-No! No, no,
per carità... Sono qui per...-
-Per Al'ja-
-Cosa?-
-Mia
nipote, la ragazza che sta pattinando in questo momento. La
campionessa. Natal'ja L'vovna Puškina, insomma. Io sono Jakov,
suo zio-
-Ah, certo...-
Anatol' scosse la testa e si chiese se
sarebbe mai riuscito a sembrare intelligente davanti a un Puškin.
O a un siberiano in generale.
Almeno
sembrarlo.
Non
potevano esserglisi congelati i neuroni quando era sceso dal treno,
dai...
Perché fuori dall'Accademia era così poco
credibile, come soldato?
Cosa diavolo gli avevano fatto Al'ja e
l'aria di Novosibirsk?
-Sì, sono Anatol' Viktorovič
Kutuzov-
-Capisco... E sei il suo fidanzato o vuoi venderle
qualcosa?-
-Io?-
L'ossigeno,
maledizione.
-Magari se smetti un attimo di guardarla riesci a
rispondermi-
-Credo
di essere il suo fidanzato-
-L'importante è esserne
convinti- commentò
Jakov, lanciando uno sguardo alla sua nipotina.
-Chiamiamo la mia
звезда e scopriamo se lo sei
davvero?-
Ma lo stava prendendo in giro?
-No,
dai, mi fido. Te la chiamo e basta. Al'ja! C'è un tale Anatol'
Viktorovič Kutuzov. Hai presente?-
Natal'ja aveva pattinato
verso di loro e aveva inclinato lievemente la testa, negli occhi uno
scintillio incredibilmente simile a quello del ghiaccio.
Lui aveva
provato a sorriderle con la stessa intensità con cui stava
cercando di non svenire, e Al'ja aveva fatto lo stesso dall'alto del
suo equilibrio quasi surreale, che in lei sembrava molto più
naturale di quanto lo fosse camminare.
E poi improvvisamente si
erano ritrovati sulla stessa superficie.
Lei si era slacciata i
pattini ed era ritornata una ragazzina relativamente
terrestre.
L'aveva preso per mano e aveva sussurrato:
-Vieni di
là con me, devo cambiarmi-
Anatol' si era imposto fino a
quel momento di non fare caso al vestitino striminzito della
pattinatrice, e la frase "devo cambiarmi" gli fulminò
un altro neurone -l'ultimo?-, ma Natal'ja l'aveva portato davvero al
pieno di sopra, negli spogliatoi delle ragazze, in quel momento
deserti, aveva chiuso la porta alle loro spalle, si era sciolta i
capelli in tutta la loro lunghezza e l'aveva baciato.
-Grazie-
bisbigliò poi, accarezzandogli una guancia e sorridendo
dell'aria stravolta del ragazzo.
-Di cosa?-
-Per essere venuto
a vedermi-
-La prossima volta che vieni a Rostov devo portarti in
un posto-
-Dove?-
-Vedrai-
-Non puoi avere segreti con me,
Anatol' Kutuzov. Io non ne ho con te-
-Tu sei la sorella di
David!-
Natal'ja lo guardò indispettita, dopodiché
lo spinse via e raggiunse la sua borsa su una delle
panchine.
-Aspettami, mi cambio e arrivo-
-Ah, ti aspetto...
Qui?-
-Sì. Ti dispiace? Ci metto un secondo-
-Oh,
mettici tutto il tempo che vuoi...-
Al'ja
scosse la testa, ridendo, e si sfilò il vestitino, per poi
recuperare i suoi jeans e la maglietta dalla borsa.
Vi ripose
accuratamente i pattini, si spazzolò i capelli davanti allo
specchio e tornò da Tolik.
-Tutto bene?-
-Tutto
bene...-
-Possiamo andare?-
-Possiamo andare...-
-Sei
articolato come il giorno in cui ci siamo conosciuti- sospirò
la ragazza, alzando gli occhi al cielo.
-Ma
sei bello lo stesso-
Anatol'
sorrise e intrecciò le dita alle sue.
-Anche tu sei bella
mentre ti cambi-
-Ma se non mi hai nemmeno guardata! Hai fissato
la porta per tutto il tempo, dannato uomo d'onore che non sei altro.
Ma d'altra parte è per questo che ti ho detto che potevi
aspettarmi qui. Lo
sapevo-
-Lo
sentivi?-
chiese Tolik, con aria terrorizzata.
-Eh. Infatti-
-Oddio, sei
proprio
la sorella di David...-
-Beh, è stata la prima cosa che ti
ho detto-
-Siete entrambi creature sovrannaturali?-
-Certo-
-Santo
Cielo...-
-Dai, andiamo. Jakov e Julija non
sono
innocenti come te-
-Perché, stanno insieme?-
-No, no,
per carità! Ma fanno congetture-
-Su di noi?-
-Su di
noi-
-E noi...-
-Noi andiamo-
-Andiamo-
-Se posso darti
un consiglio, любимый, stai
zitto-
She's anything in the world
That you cannot explain
But when she throws me a smile
It's fire in the rain
She's a mystery
There's no defense
It's innocence
But she won't let you see
'Cause she's a mystery
Lei è qualsiasi cosa nel mondo
Che non puoi spiegare
Ma quando mi rivolge un sorriso
È fuoco nella pioggia
Lei è un mistero
Non c'è difesa
È innocenza
Ma non ti lascerà vedere
Perché lei è un mistero
(She's A Mistery, Bon Jovi)
Fuori dal Palazzetto dell'Ob' si
aggirava un ragazzo con una sigaretta fra le dita e taglienti occhi
verdi che si accesero quando li vide uscire.
Osservò a
lungo Natal'ja e Anatol', sempre più disgustato, e quando
Al'ja rabbrividì Tolik capì chi era.
-Andiamo via-
sussurrò Julija, a cui era mancato il respiro quando l'aveva
riconosciuto.
Si allontanarono in fretta, e Jurij Šadov
rimase a guardarli finché non sparirono dietro un angolo e lui
riprese a fumare la sua sigaretta.
Anatol' era stato colto da un
senso di nausea quando aveva incrociato lo sguardo di quel ragazzo e
aveva avuto una fitta al cuore quando aveva sentito Natal'ja
rabbrividire.
Le strinse una mano e lei gli
sorrise debolmente, ma le ombre le sparirono dagli occhi quando Tolik
le diede un bacio su una guancia e le sussurrò, in un soffio
che le si fermò sulla pelle:
-Будет
всё хорошо,
любимая-
Budet
vsyo khoroshò, lyubimaya.
Andrà tutto bene, amore
mio.
Rostov-sul-Don, 3 dicembre 2036
I got to confess
Sometimes
I'm a mess
And sometimes I step out of line
Like this old
tattoo
I ain't shiny or new
With you by my side nothing
matters
They can say it's blind love
But
it's a fool who don't believe
That I'd fly all the way to the
moon
Just to walk you down your street
Devo confessarlo
A volte sono
un disastro
E a volte faccio un passo fuori dalla linea
Come
questo vecchio tatuaggio
Non sono splendente o nuovo
Con te al
mio fianco niente importa
Gli altri possono dire che è
amore cieco
Ma è un folle chi non crede
Che volerei fino
alla luna
Solo per camminare lungo la tua strada
(Save The World, Bon Jovi)
-Che
cos'è?-
Natal'ja guardò Anatol' con occhi
scintillanti e pieni di aspettative, ma lui scosse la testa, con un
sorriso misterioso e uno sguardo criptico.
-Non
lo senti?- la prese
velatamente in giro, e Al'ja dapprima sgranò gli occhi, poi
per tutta risposta gli tirò una gomitata.
Avevano
attraversato il parco Skazka per arrivare lì, e ora erano
davanti a un grande edificio bianco.
-Leggi lì-
Tolik le
indicò l'insegna che campeggiava in cima alla facciata, e a
Natal'ja mancò il fiato.
Ice
Arena.
Quella era la
pista di pattinaggio coperta di Rostov.
-È... Davvero...
Posso... Andiamo... Entriamo?-
In
che altro posto avrebbe potuto portarla?
Nient'altro al mondo
l'avrebbe resa più felice.
-Ma Tolik, non ho i pattini!- si
ricordò Al'ja un attimo dopo, e la delusione le riempì
gli occhi chiari.
-Non preoccuparti, David ha detto a Jakov di
metterteli in valigia-
-Che però è in
albergo-
-Jakov?-
-La valigia-
-Ah...-
-Appunto-
-Torniamo
a prenderli?-
-No, dai, per adesso mi basta entrare a vedere.
Dev'essere meravigliosa...-
-Già...-
-Oh, grazie!-
Al'ja
gli gettò le braccia al collo così improvvisamente da
farlo quasi barcollare -era uno scricciolo, ma l'entusiasmo di una
pattinatrice siberiana, e precisamente di una campionessa, era quanto
di più incontenibile esistesse al mondo-, e quando la strinse
a sé sentì il fuoco sotto la pelle e una felicità
tanto assoluta da stordirlo, perché era il suo sogno, Natal'ja
L'vovna Puškina, il sogno di un ragazzo che aveva sempre
sognato solo l'onore.
Era come se si fossero scambiati gli
equilibri.
Tolik con Al'ja riusciva a malapena a camminare, mentre lei acquisiva sulla strada la stessa sicurezza che aveva sul ghiaccio ogni volta che lui le teneva la mano.
Natal'ja
aveva contemplato a lungo la pista dell'Ice Arena con aria sognante,
e di nuovo i suoi occhi erano un tuttuno con il ghiaccio, il suo
unico regno, che le apparteneva anche se in quel momento non poteva
pattinare.
Lei sapeva
volare lo stesso, Anatol' l'aveva vista.
-Oggi
pomeriggio ci torniamo con i tuoi pattini- le promise, stringendole
una mano.
-E tu?-
-Io ti aspetto. E
cerco di respirare-
Al'ja
scosse la testa, ora più incantata da lui che dal ghiaccio, e
quando Tolik le sorrise, un po' dolcemente e un po' intimidito,
perché lei aveva occhi troppo abbaglianti e una gioia troppo
intensa dipinta sul viso, lo baciò come se ci fosse stato solo
il ghiaccio a testimoniare quanto impazzisse per quel Cosacco.
-Non
abbiamo un altro posto dove andare?- gli sussurrò
all'orecchio, e lui parlò prima di rendersi conto che lo stava
dicendo ad alta voce.
-Possiamo
andare a casa mia...-
L'Ob'
era tornato a scorrere negli occhi di Natal'ja, e Anatol' non sapeva
più dove fosse finita la corrente del Don.
Lui non sapeva
dove andassero a finire tutti i fiumi, sapeva solo che il suo amore
non poteva finire.
E le storie dei Cosacchi, ma non gli servivano
in quel momento.
-Andiamo
a casa tua...-
-No,
andiamo a prendere le tue cose in albergo. Stanotte
stai a casa mia-
Il
giorno dopo lui sarebbe dovuto tornare in Accademia.
Ma solo il
giorno dopo.
Building a house of fire, baby
Buildin' it with our love
We are buildin' a house of fire every time we touch
We are building this house together, baby
Standing on solid ground
We are building a house of fire that you can't tear down
Stiamo costruendo una casa di fuoco, tesoro
La stiamo costruendo con il nostro amore
Costruiamo una casa di fuoco ogni volta che ci tocchiamo
Stiamo costruendo questa casa insieme, tesoro
Su un terreno solido
Stiamo costruendo una casa di fuoco che non si può abbattere
(House Of Fire, Alice Cooper)
[...]
I'd fight for one kiss
On a
night like this
Combatterei
per un bacio
In una notte come questa
(Save
The World, Bon Jovi)
Anatol'
aveva due piccoli tatuaggi, uno per spalla.
Sulla destra aveva la
bandiera di Rostov, il tricolore azzurro, giallo e rosso, colori che
rappresentavano rispettivamente i tartari, i calmucchi e i russi, ma
anche tutti i Cosacchi.
Sulla sinistra, invece, c'era lo stemma
dell'atamano dell'Onnipotente Armata del Don in vigore dal 1918 al
1920, rappresentante uno scudo rotondo posato su una pelle in campo
azzurro, con un cervo delle steppe trafitto all'interno e la scritta
Всевеликое
Войско Донское
(Vsevelikoye Voysko
Donskoye, Onnipotente Armata del Don) incisa
nel bordo giallo-oro.
Dietro lo scudo c'erano due aste incrociate,
anch'esse giallo-oro, con il caratteristico bunchuk,
la coda di cavallo, simbolo dell'autorità militare, e una
bulava
(mazza) posta in palo, simbolo dell'autorità civile.
Era
tutto quello in cui credeva, la sua città e i Cosacchi del
Don.
Natal'ja li aveva sfiorati più volte, dopo avergli
tolto la maglietta, e non aveva avuto bisogno di spiegazioni, perché
conosceva il loro significato e soprattutto sapeva cosa
significassero per lui.
Lei quel giorno indossava quei famosi
collant di pizzo bianco che avevano tanto turbato l'innocenza di
Anatol', e finalmente l'aspirante eroe Cosacco aveva capito cosa
significava "srotolarli
in privato".
-Adesso
hai capito che trauma possono essere?-
-Anche per me...-
-Tu
avevi uno sguardo allucinato, quel giorno-
-Adesso
ti sembro molto più lucido?-
-Adesso non mi servi lucido,
любимый-
-Non scherzare
troppo con me, любимая...-
-Perché
no? Vogliamo parlare del rapporto qualità prezzo, invece? In
questo momento sembri proprio il cervo delle steppe trafitto dello
stemma dell'atamano-
-Ricordati di quanto mi hai mancato di
rispetto oggi, quando
io
sarò atamano-
Tolik fece scorrere le dita fra i capelli
chiarissimi di Al'ja, e la pattinatrice gli rivolse uno degli sguardi
adoranti a cui lui non si sarebbe mai abituato.
-Tu
ricordati di me e basta-
I don't need no license
To
sign on no line
And I don't need no preacher
To tell me you're
mine
I don't need no diamonds
I don't need no new bride
I
just need you, baby
To look me in the eye
Now there's a
million questions
I could ask about our lives
But I only need
one answer
To get me through the night
Non ho bisogno di
nessuna licenza
Non ho bisogno di firmare su nessuna riga
E non
ho bisogno di nessun predicatore
Che mi dica che sei mia
Non ho
bisogno di diamanti
Non ho bisogno di una nuova sposa
Ho solo
bisogno di te, tesoro
Che mi guardi negli occhi
Ora ci sono
un milione di domande
Che potrei fare sulle nostre vite
Ma ho
bisogno di una sola risposta
Che mi permetta di superare la
notte
(Living In Sin, Bon Jovi)
[...]
I said: "Hey, I'll be
alright"
'Cause I know that someone somewhere is gonna say
those words tonight
Ho detto: "Ehi, starò
bene"
Perché so che qualcuno da qualche parte dirà
queste parole stanotte
(Does Anybody Really Fall In Love Anymore,
Bon Jovi)
Note
Buona domenica a tutti! :)
Finalmente sono riuscita a finire anche questa seconda parte!
Avrei potuto continuare ancora per una decina di pagine, ma essendo già trentacinque non mi conveniva, e non è venuto tutto esattamente come l'avevo previsto, ma ne sono abbastanza soddisfatta, dai ;)
Spero tantissimo che vi sia piaciuto! Sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate ;)
Vi lascio il video di Only Lonely dei Bon Jovi, la canzone di Tolik e Al'ja, nel caso vi andasse di sentirla ;) Only Lonely
E qui c'è un piccolo album con l'unica foto che ho trovato che si avvicini alla mia immagine di Anatol', lo stemma dell'atamano dell'Onnipotente Armata del Don dal 1918 al 1920 e la bandiera di Rostov-sul-Don, i due tatuaggi di Tolik ;) Anatol'
Detto questo, ancora buona domenica e a presto! :)
Marty