Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Natalja_Aljona    10/05/2015    2 recensioni
Novosibirsk, 2013.
Aljona Sergeevna Dostoevskaja e Lev Fëdorovič Puškin, l’aspirante pattinatrice e l’ex terrorista.
Lei quindici anni di sogni, lui ventidue anni di illusioni.
Lei scandalosamente bionda, coraggiosa e incosciente come poche.
Lui troppo impulsivo e troppo innamorato.
Lei frequenta il penultimo anno del Ginnasio, lui ha passato sei anni in carcere per un attentato a Putin.
Perché lui davvero non ci riusciva, a non idealizzare quel Paese, quella Siberia feroce e opprimente, il cuore bianco e grigio della sua Russia sanguinaria e corrotta, a non cullare l'illusione di una Patria gloriosa sotto le macerie della violenza fine a se stessa e le sue stesse cicatrici di ragazzino che credeva ciecamente nel suo mondo immaginario, nei suoi miti bellissimi e impossibili, perché non c'era davvero quella gloria, non c'era davvero quella Patria.
Non c'era davvero quella luce, c'erano solo loro.
Lev con la pelle mangiata dalla prigione e il cuore rubato da Aljona e Aljona fatta di ghiaccio, musica, libri e capelli.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Centosedici
I've got nothing to prove for it's you that I'd die to defend

Non ho niente da dimostrare perché morirei per difenderti

(Seconda Parte)


Rostov-sul-Don, 2 aprile 2036


And you left me
Standing on a corner crying
Feeling like a fool for trying

I wish I could erase our memory
'Cause you didn't give a damn about me

E tu mi hai lasciato
In piedi in un angolo a piangere
A sentirmi una stupida per aver provato

Vorrei poter cancellare il nostro ricordo
Perché a te non importava niente di me
(Wasting All These Tears, Cassadee Pope)

[...]

You're invisible
Invisible to me
My wish is coming true
Erase the memory of your face

Tu sei invisibile
Invisibile per me
Il mio desiderio si sta avverando
Cancellare il ricordo del tuo viso
(Candles, Hey Monday)


-Del, ti fermi un attimo da me? Così diamo un'occhiata ai compiti di matematica e tu puoi salutare Il'ja-
-Oh... Va bene-
-Dai, lo so che ti fa piacere-
Adeliya sorrise alle parole della sua amica Lara, una ragazzina bruna e schietta che aveva imparato a decifrare i suoi sguardi tanto bene da invitarla sempre a casa sua quando c'era anche suo fratello, Il'ja Jakovlevič Resetovskij, ventiduenne studente di Legge diligente e brillante come pochi.
-Gli piaci anche tu, sai?-
-Ma dai...-
-E in ogni caso, a me i compiti di matematica servono davvero-

Quando passarono davanti alla camera di Il'ja, la porta era socchiusa.
Lara vi si accostò e gridò:
-Il'ja, vuoi salutare Deliya?-, per poi sussurrare all'amica che l'avrebbe aspettata nella sua stanza.
-No, dai, magari non vuole... Sta studiando, lui studia sempre, perché dovrebbe venire a salutarm...-
-Deliya? Oh, sei davvero qui, credevo che Lara mi stesse facendo uno scherzo come al solito...-
-Sì?-
Il'ja aveva fatto la sua comparsa sulla soglia della stanza, con i capelli neri un po' spettinati e l'aria un po' stanca, ma il suo sorriso era davvero radioso.
-Tutto bene?-
-Tutto bene... Studiavi, vero?-
-Sì, ma mi piace... A volte è un po' un rompicapo, ma mi piace-
-È quello che vuoi fare?-
-L'avvocato? Oh, sì. Indubbiamente. Ho sempre avuto questa specie di tarlo... E mi dicevano che studiare legge era molto meno poetico di quanto lo fosse dire "voglio fare l'avvocato", ma io non volevo fare un lavoro poetico, volevo fare un lavoro serio, e farlo seriamente-
Un lavoro serio, già.
Niente di poetico, niente di folle.
Anatol' probabilmente le avrebbe detto che non c'era niente di poetico neanche nell'arruolarsi, perché un conto erano le imprese dei libri, un conto erano le vere responsabilità, i veri allenamenti, la vera disciplina.
Ma responsabilità nei confronti di chi?
Non della sua famiglia, no, non di qualcuno che amava.
Di un Paese che non lo rispettava come non rispettava i suoi abitanti, un Paese che non l'avrebbe ringraziato, non l'avrebbe ricordato, che sarebbe rimasto ancora più freddo e crudele di prima, se a lui fosse successo qualcosa, se lui si fosse sacrificato invano.
Adeliya non credeva nella Russia, non credeva negli ideali.
E soprattutto non credeva negli eroi, non credeva in vite eccezionali, in sacrifici memorabili, non credeva nella Storia che studiava, perché nessuno aveva chiesto a suo fratello di diventare la nuova vittima di quella Storia, nessuno l'aveva gettato in pasto a una guerra che non c'era ancora, ma in fondo di guerre ce n'erano sempre, e anche di soldati che morivano per niente.
Il'ja non pretendeva di diventare un eroe, non pretendeva di diventare l'orgoglio del suo Paese, ma almeno quello della sua famiglia, almeno quello di sua sorella.
Perché Adeliya lo vedeva, quant'era orgogliosa Lara di avere un fratello come lui, che si ammazzava di studio e quando usciva dalla sua stanza sorrideva ancora, che a volte si addormentava sulla scrivania, dava esami eccellenti e credeva ancora nella giustizia che studiava,
la vera giustizia.
Lei si era dimenticata com'era vivere con un fratello in casa, parlare con suo fratello, sorridergli e vederlo sorridere, sentire di essere legata a lui più che a chiunque altro al mondo,
come prima.
Si era dimenticata le storie dei Cosacchi, quei folli che avevano messo a ferro e fuoco la Russia per qualcosa che non avrebbero mai avuto ed erano stati decapitati, squartati, massacrati senza nemmeno poter lasciare una speranza a chi aveva creduto in lui.
La loro giustizia era qualcosa di troppo grande e lontano, così lontano che forse nemmeno esisteva, forse se l'erano solo inventato.
Ed era questa la verità.

Adeliya non credeva più ad Anatol'.
Adeliya non credeva più in suo fratello.


I wish I could break your heart
I wish I could bring you down
Just for a second, teach you a lesson
About being alone in the dark

I wish I could make you cry
So hard you can barely breathe
Maybe you just might know what it feels like
Mmm, to be me


Vorrei poterti spezzare il cuore

Vorrei poterti far cadere

Solo per un attimo, insegnarti una lezione

Sullo stare da solo al buio

Vorrei poter farti piangere

Così tanto che tu riesca a respirare a stento

Forse potresti solo capire come ci si sente

Mmm, ad essere me

(I Wish I Could Break Your Heart, Cassadee Pope)


[...]


I tried to make you happy
You know I tried so hard to be
What you hoped that I would be
I gave you what wanted
God, couldn't give you what you need
You wanted more from me
Than I could ever be
You wanted heart and soul
But you didn't know, baby


Ho provato a renderti felice

Sai che ho cercato così disperatamente di essere

Quello che tu speravi che fossi

Ti ho dato quello che volevi

Dio, non potevo darti quello di cui avevi bisogno

Tu volevi di più da me

Di quello che avrei mai potuto essere

Tu volevi il cuore e l'anima

Ma tu non sapevi, tesoro

(Wild Is The Wind, Bon Jovi)


-Buona fortuna per il prossimo esame, allora...-
-Se va bene vieni a prendere un gelato con me?-
-Ma a te gli esami vanno sempre bene...-
-Allora vieni a prendere un gelato con me lo stesso?- rise Il'ja, con uno scintillio negli occhi scuri, e Adeliya sorrise, arrossendo.
-Certo, se ti fa piacere-
-Altroché! Ma senti, tuo fratello invece come sta? Tutto bene in Accademia?-
Fino a quel momento Adeliya aveva cercato di non pensare al fatto che Il'ja fosse uno dei più cari amici di Anatol' fin dai tempi del Ginnasio, anche se aveva un anno in più di suo fratello, di non ricordare le parole di Il'ja pochi giorni prima che Tolik si arruolasse, che se andava bene per lui allora andava bene davvero, anche se loro non lo capivano.
Tolja non poteva vivere per loro, non potevano costringerlo a restare con loro.
Ma in fondo non li stava lasciando, non se ne stava andando per sempre, no?
No, non stava dicendo addio a nessuno, era sempre il loro Tolik.
Era sempre stato così, con quel sogno dentro, quella stella fissa, il loro Tolik.
Loro non lo stavano perdendo e lui non doveva perdere il suo sogno.
Che lui, Il'ja, ci credesse o meno, era secondario.
Anatol' era suo amico, e Il'ja credeva in lui.
Questo gli bastava.
Ma a Deliya no.

No, Deliya ammirava tanto Il'ja perché era come avrebbe dovuto essere un fratello ai suoi occhi, e certo, neanche i fratelli legati quanto lei e Tolja e Larisa e Il'ja potevano restare insieme per tutta la vita, dovevano per forza separarsi a un certo punto, ma solo fisicamente, l'affetto non glielo potevano portare via.
La separazione da Tolik però era stata troppo brusca, insopportabilmente violenta, ed era diverso, salutare un fratello che usciva di casa per andare all'Università, sapendo che il pomeriggio l'avrebbe trovato in casa a studiare, e l'avrebbe comunque incrociato nei corridoi, ma anche quando fosse andato a vivere in un'altra casa avrebbe sempre potuto telefonargli, era diverso da rimanere sulla soglia a guardare andar via suo fratello arruolato, arruolato volontario, senza una sola traccia di dubbio negli occhi, senza una sola speranza per lei in quegli occhi di fiume che non riusciva più a sostenere, perché non erano gli stessi del ragazzino che le raccontava storie di Cosacchi prima di dormire.
Allora Anatol' era lì con lei, accanto a lei, nel letto accanto al suo, quando la storia finiva i Cosacchi sparivano e rimaneva suo fratello.
Ora invece erano cambiate le posizioni.
Lei era sempre lì, dormiva sempre nello stesso letto, nella stessa camera, e aveva sempre un fratello di nome Anatol', o almeno ricordava di averlo avuto, ma lui non c'era più, era finito in una delle sue storie, era in mezzo ai Cosacchi, adesso.
E Adeliya si addormentava senza storie, chiudeva gli occhi e non c'era più nessuno, accanto a lei, perché suo fratello era rimasto con i Cosacchi, era rimasto dall'altra parte.
Gli altri potevano dirle che non era vero, che l'aveva presa nel modo sbagliato, e che un giorno sarebbe riuscita a capire, ma Adeliya sapeva che Anatol' l'aveva lasciata sola.
-Tutto bene.
Tutto bene in Accademia- ripeté quasi meccanicamente, solo togliendo il punto di domanda.
Non lo sapeva se andava tutto bene in Accademia, ma doveva andare bene per forza, dato che Anatol' sembrava stare bene solo lì.
Dio, come poteva essere normale?
Come avrebbe potuto capire una cosa del genere?

Doveva andare bene, perché lui l'aveva voluto tanto, l'aveva lasciata per questo, perché lui non aveva mai avuto dubbi e lei non aveva più speranze, non aveva più fiducia, e allora sì, doveva andare tutto bene in Accademia.
-Sempre coraggioso, il tuo fratellino- sorrise Il'ja, ma lei no.
Sì?
Io no.
Io mai.
Io ero coraggiosa quando c'era lui, ma lo sapevamo entrambi che non era vero.
Che io non lo ero davvero.
Ma lui non poteva certo rimanere per me.
Io non volevo un fratello coraggioso, sai?
Lo sapete, lo capite, riuscite almeno ad immaginarlo?
Io volevo solo un fratello!


But you went away
How dare you?
I miss you
They say I’ll be ok
But I’m not going to ever get over you


Ma tu sei andato via
Come hai osato?
Mi manchi
Gli altri dicono che starò bene
Ma io non riuscirò mai ad andare avanti senza di te
(Over You, Miranda Lambert)


[...]


You need someone to hold you
Somebody to be there night and day
Someone to kiss your fears away
I just went on pretending
Too weak, too proud, too tough to say
I couldn't be the one
To make your dreams come true
That's why I had to run
Though I needed you, baby


Tu hai bisogno di qualcuno che ti stringa

Qualcuno che ci sia notte e giorno

Qualcuno che baci via le tue paure

Io continuo solo a fingere

Troppo debole, troppo orgoglioso, troppo duro per dirti

Che non posso essere quello

Che realizzerà i tuoi sogni

Questo è il motivo per cui sono dovuto andare via

Anche se avevo bisogno di te, tesoro

(Wild Is The Wind, Bon Jovi)


-Ehi, Del, finalmente. Vi siete sposati, tu e Il'ja, oltre che salutarvi?-
-No- borbottò Adeliya, secca, e Larisa alzò lo sguardo dal libro di matematica.
-Che c'è? Cos'ha combinato mio fratello, di solito riesce sempre a farti sorridere!-
-Tuo fratello niente, davvero. Lui è stato carinissimo come al solito.
Lui sì-
-E allora?-

-Mi ha chiesto di Tolik-
-Oh...-
-Già-

-Non vi parlate da quel giorno? Da quattro mesi?-

-E non ci parleremo, Lara. Io non posso più parlare con lui-

-Ma lui ti vuole bene, Del... Ti vuole davvero bene!-
-Forse me ne ha voluto, sì. Quando eravamo piccoli. Era tutto diverso, quando eravamo piccoli. Le sue storie erano solo storie, i suoi sogni erano solo sogni e lui era solo mio fratello. E io non avevo paura-
-Ci sono due cose che gli altri hanno sempre invidiato a voi due, sai? La determinazione di tuo fratello e il suo affetto per te. Si sarebbe sparato in un piede piuttosto che deluderti!-
-E allora perché non l'ha fatto?
Perché non si è sparato in un piede?-
-Perché dev'essere già abbastanza distrutto dentro. Sa di averti delusa e probabilmente ha deluso anche se stesso, ma sta realizzando il suo sogno-
-E allora che problema c'è?
Ha scelto-
-Non ha scelto di perdere te, Adeliya...-
-No. Neanch'io l'ho scelto. È successo e basta.
Non voglio più parlare con lui, Lara-
Se solo il suo sogno servisse a qualcosa...
Se solo potessi cambiarlo!

Il'ja e Lara erano probabilmente i due ragazzi più di buon cuore di tutta Rostov, conoscevano suo fratello e gli volevano bene.
Gli altri non cercavano di capire Anatol', non si ponevano di questi problemi.
Lo consideravano un povero pazzo e un incosciente, ma a loro bastava distogliere lo sguardo per dimenticarsi di lui, per non pensare più a lui.
Ecco, per una volta Adeliya avrebbe voluto essere come gli altri.


I wish I could crash your dreams
I wish I could turn back time
Boy, I'd lead you on
Light the fuse, drop the bomb
Just so I'd be the first to leave


Vorrei poter distruggere i tuoi sogni

Vorrei poter tornare indietro nel tempo

Ragazzo, ti porterò su

Accenderò la miccia, lancerò la bomba

Solo perché così sarei la prima ad andarmene

(I Wish I Could Break Your Heart, Cassadee Pope)


[...]


Maybe a better man
Would live and die for you
Baby, a better man would
Never say goodbye to you


Forse un uomo migliore

Vivrebbe e morirebbe per te

Tesoro, un uomo migliore

Non ti direbbe mai addio

(Wild Is The Wind, Bon Jovi)


Novosibirsk, 2 aprile 2036


Natal'ja controllò di essere ben dritta, che i suoi piedi fossero alla larghezza delle spalle e che le punte fossero girate verso l'esterno di circa trenta centimetri, strinse ancora più saldamente il bilanciere dietro alla sua nuca e scese rapidamente in contrazione eccentrica.
Una volta formato con il ginocchio un angolo di novanta gradi distese le gambe e spiccò un breve balzo verso l'alto, grazie alla contrazione concentrica.
Toccò di nuovo il pavimento della palestra e, controllando il movimento eccentrico, riportò il ginocchio a novanta gradi per ricominciare l'esercizio pliometrico.
Quando ebbe finito il ciclo batté il cinque con Jakov, lo zio-cugino con cui condivideva ogni allenamento e con cui bisbigliava fitto fitto di esercizi, passi, figure e salti che solo lui e sua madre, in casa loro, potevano capire, e aspettò che il battito del suo cuore tornasse regolare.
Si scostò i pochi, quasi invisibili capelli sfuggiti alla treccia che teneva arrotolata sulla nuca e finalmente sorrise, abbastanza soddisfatta di quello che aveva fatto quel pomeriggio.
-Domani riprovi il triplo axel?- le chiese Jakov, e Al'ja annuì, con gli occhi che le scintillavano di emozione quanto di ambizione.
-E fu così che la piccola Puškina vinse un altro Mondiale- sorrise il ragazzo, orgoglioso di lei.
Non erano mai stati rivali, lei e Jakov, non solo perché concorrevano in due categorie diverse, ma soprattutto perché erano cresciuti legati dall'amore per il pattinaggio, dalla complicità dovuta agli allenamenti condivisi e ai consigli e gli incoraggiamenti reciproci, e non avrebbero mai potuto essere le stesse cose a dividerli.
Ognuno dei due assisteva con il cuore in gola e tutta la fiducia del mondo a tutte le gare dell'altro, e qualunque fosse il risultato finale l'intensità del loro abbraccio e l'orgoglio reciproco non cambiava.
Lui era stato il primo allievo di Aljona, iniziato al pattinaggio a quattro anni da quella che cinque inverni dopo sarebbe diventata la campionessa olimpica del 2022, facendogli sognare quel mondo più che mai.
Al'ja, invece, era la sua secondogenita, quella a cui l'incanto del ghiaccio di cui sua madre era perdutamente innamorata era sceso direttamente nelle vene, ereditato naturalmente come il colore degli occhi e dei capelli, anche se poi aveva dovuto conquistarsi la differenza fra il subirne il fascino ed esserne la protagonista.


-Jaša, sono già le cinque? Ti prego, dimmi che non sono ancora le cinque...-

-Veramente sono, aspetta...-

Jakov controllò rapidamente lo schermo del suo cellulare e Natal'ja non trovò per niente rassicurante il modo in cui il ragazzo sussultò.

-Le cinque e cinque minuti-

-Ma no! Ma no, dai, è il tuo cellulare che è avanti!-

-Controlla sul tuo, allora...-

-Ecco, infatti. Sul mio sono... Ah... Le cinque e sei-

-Fantastico-

-Già-

-Avevo appuntamento con Julija in crêperia ventuno minuti fa!-

-Brava-

-Jakov, per favore!-

-Magari vai a cambiarti, intanto, no?-

-Infatti! Ci vediamo a casa!-

Natal'ja mandò un bacio a quel suo improbabile zio ventitreenne che avrebbe avuto tutto il tempo di cambiarsi con calma e di farsi anche una doccia negli spogliatoi, mentre lei doveva correre e basta, se voleva evitare che la sua migliore amica la decapitasse con un suo stesso pattino.

Lanciò i pantaloncini e la canottiera nella sua borsa, si guardò fulmineamente allo specchio e decise di non sciogliersi i capelli, perché ora che avesse finito di srotolarsi la treccia Julija avrebbe già imparato a sputare fuoco, cercò invano di infilarsi gli stivali sopra le scarpe da ginnastica e quando si rese conto della cretinata che stava facendo scagliò le povere scarpe in un angolo dello spogliatoio dove poi dovette andare a riprendersele, maledicendosi il doppio delle volte, e dopo essersi accertata di non aver lasciato niente in giro si precipitò fuori con in mano il flaconcino di profumo al tiglio della linea Azov che portava ovunque, preferendolo ad ogni possibile deodorante per comuni mortali.

Perché le pattinatrici, e in particolare le pattinatrici siberiane, erano comuni cretine, ma di certo non comuni mortali.


-Eccomi! Julija! Julen'ka! Sono qui!-

Julija si voltò con un movimento del collo spaventosamente simile a quello di una vipera verso la biondissima esagitata che l'aveva appena chiamata gridando dalla soglia de I Cosacchi dell'Ob'.

-Sì? Di già?-

-Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace...-

-Sei una persona orribile, lo sai? Vuoi bene solo ai tuoi pattini e lasci la tua presunta migliore amica a morire di fame-

-A morire di fame in una crêperia?-

-Perché, non credi che ti abbia aspettata?-

-Hai una tazza di cioccolata vuota e un piattino pieno di briciole di crêpe e tracce di gianduia davanti, Jul-

-E oseresti rimproverarmi per questo, Natal'ja L'vovna?-

-No, certo, però almeno non fare la melodrammatica-

-Io sono melodrammatica, Al'ja. Tu sei bionda, bella, stakanovista e ritardataria, io sono un po' meno bionda, ma in compenso notevolmente antipatica, malfidente e melodrammatica. Va bene?-

-Quello che vuoi, ma ora fai ordinare una cioccolata e una crêpe anche a me-

-Anche per me, grazie-

-Ancora?-

-Tu sei appena tornata dagli allenamenti, io ti ho aspettata mentre ti allenavi. Pensi forse di aver consumato più energie di me?-

-Sì, Jul, assolutamente-

-Vedi come sei cattiva? La tipica crudeltà delle pattinatrici siberiane!-

-Oh, ma per favore...-

-Ma che hai fatto? Sento il tuo battito cardiaco nella mia tazza!-

-Se non avessi già finito la cioccolata lo sentiresti di meno!-

-Ma che cioccolata e cioccolata! I tuoi allenamenti sono fuori di testa, Al'ja-

-Non i miei allenamenti, la corsa che ho fatto per arrivare un po' meno in ritardo!-

-Lasciamo perdere. Com'è andata a Rostov? Dav sta bene?-
-Benissimo, sì... È una bellissima città. E il fiume...
Oh, il fiume...-
-Com'è?-
Natal'ja rimase pensierosa per alcuni istanti, per poi scuotere la testa.
-Credo che non sarà mai solo un fiume...
Ma è davvero uguale agli occhi di Anatol'.
E non so se Anatol' potrebbe esistere senza il Don e se i suoi occhi sarebbero azzurri lo stesso. Però gli occhi di Anatol' sono sempre azzurri, il Don no-
Julija aggrottò le sopracciglia, perplessa.
-Anatol'?-
-Oh, è... Un amico di David. Un suo compagno di Accademia. Ha ventun anni, tre in più di Dav, ed è...
Anatol'-
-E tu cosa pensi di lui?-
-Credo che sia un bel ragazzo. Sì, molto bello.
Ma è un Cosacco-
-Anche tuo fratello lo è-
-Lui è diverso... Mio fratello è David prima di essere un Cosacco. Perfino io sono Natal'ja prima di essere una pattinatrice!
Lui invece è un Cosacco prima di essere Anatol'-

Il sorriso di Julija era svanito.
Non che sorridesse spesso, lei, non era mai stata una di quelle ragazze sempre radiose, ottimiste e disponibili, e forse l'unica persona che riteneva degna dei suoi rari sorrisi era proprio Natal'ja Puškina, la bellissima pattinatrice che un pomeriggio le era piombata in casa con uno zigomo tumefatto e due occhi di cenere e aveva fatto crollare tutti i suoi pregiudizi.
Quanto le aveva dato sui nervi, all'inizio, un'inizio che era durato anni, e quanto aveva imparato a volerle bene da quel novembre 2032!
Al'ja pattinava con più facilità di quanto camminasse, e non era un modo di dire, con più naturalezza di quanto respirasse, ed era in quei momenti, quando dimenticava di essere in grado di respirare anche senza il ghiaccio, di dover tornare a casa sui suoi piedi, senza lame e senza stelle, che Julija le impediva di cadere.
Quando era cominciata la loro amicizia, però, era appena finito il presunto amore di Natal'ja, finito con uno schiaffo e troppi insulti e uno sguardo troppo cattivo da dimenticare, e si era incrinata la fiducia di Al'ja, allora sedicenne, cresciuta in una famiglia che viveva d'amore e di ideali, in un quartiere che sarebbe crollato senza il disperato orgoglio dei suoi abitanti.
Non avrebbe potuto restituirgliela Julija, che di fiducia ne aveva sempre avuta meno di lei.
Si era promessa di proteggerla, quel giorno, perché Al'ja era innamorata del ghiaccio e ne aveva tutti i bagliori negli occhi, ma non l'aveva dentro, no.

Dentro aveva solo il sole, la luce filtrata dai sogni dei suoi genitori e dei suoi fratelli, che la rendeva terribilmente fragile, quando si scontrava con la realtà degli altri.
Gli altri come Jurij.
E lo sapeva, Julija, che non potevano essere tutti come Jurij, ma sapeva anche che nessuna era come Al'ja, e se ci aveva messo tanto a capirlo lei che era diventata la sua migliore amica, quanto avrebbero potuto ferirla gli altri, compreso quel ragazzo di Rostov-sul-Don che non sapeva ancora cosa sarebbe mai diventato per Natal'ja?
-E tu ti ricordi così bene i suoi occhi?-
-Beh, è difficile...
È difficile non pensarci- ammise Al'ja, un po' malinconica, e Julija scosse la testa, cominciando a giocherellare nervosamente con il cucchiaino nella tazza vuota.
-Almeno provaci!-
-Jul, cosa stai dicendo?-
-Io non lo conosco-
-In realtà neanch'io. Ma è amico di Dav. Di Dav, hai presente? Quante persone normali sono riuscite a diventare amiche di Dav?-
-E il fatto che lui non sia una persona normale ti fa sentire più tranquilla? No, per capire-
-Tranquilla no, ma... Hai capito cosa intendo, dai. Mi sono espressa male. Volevo solo dire che se non fosse un bravo ragazzo non sarebbe mai riuscito a diventare amico di Dav-
-Tuo fratello non è un bravo ragazzo, Al'ja.
È solo un fuori di testa molto simpatico-
-E quando mai farebbe del male a una ragazza?-
-Gli basta aprire una porta per rischiare di ucciderne tre-
-Ma ce l'hai con mio fratello?-
-Ma no! Perché mai dovrei avercela con il ragazzo che l'unica volta che è entrato in casa mia ha spostato di venti centimetri il divano su cui ha appoggiato una mano per cinque secondi?-
-Però poi l'ha rimesso a posto in quattro e si è seduto.
Senza fare altri danni-
-Al'ja, se non fosse sostanzialmente un tesoro tuo fratello non sarebbe a piede libero, lo sai? E non credere che abbiamo finito di parlare di quell'Anatol'!-

-Cos'altro dovremmo dire di lui? È prima di tutto un Cosacco, prima di qualsiasi parola, sguardo o respiro, ma quando mi ha stretto la mano, quando ci siamo salutati, forse... Forse è stato Anatol' a stringermi la mano. Anatol' e basta-
-E tu gli hai stretto la mano come la sorella di David, come la campionessa di pattinaggio di Novosibirsk o come Natal'ja e basta?-
-Perché, io sono tre persone in una?-
-Sì, per compensare l'assenza di neuroni-
-Ma perché sei così nervosa, oggi?-
-I ragazzi caucasici e certe pattinatrici siberiane mi fanno innervosire-
-Ma Tolik non ti ha ancora fatto niente!-
-E non credo che mi farà mai niente.
Ma se fa qualcosa a te lo decapito con un pattino-
-E poi me lo ricompri?-
-Eh?-
-Stai tranquilla, Julen'ka, davvero. Non è come Jurij. Non può essere come Jurij. I Cosacchi sono uomini d'onore-
-Anche con le donne? Pugačëv, per esempio, il tuo amato Pugačëv, che qui è citato dappertutto, anche se era un Cosacco del Don come il tuo Anatol'... Che tu sappia è mai stato gentile con una donna? E ha mai fatto qualcosa di diverso dal massacrare la gente e mettere a ferro e fuoco tutte le città in cui metteva piede? No, perché con tutto il rispetto non mi sembra che fosse il fidanzato ideale-
-Pugačëv era del Settecento, credo che i Cosacchi del 2036 abbiano un altro stile di vita...-
-Credi, brava.
Credi-
Julija si scostò bruscamente i lunghi capelli castani dal volto, cercando di mandarli dietro la schiena, ma non ci riuscì e decise di rinunciare, anche se le coprivano gli occhi.
Forse era meglio così, era meglio che non guardasse la sua amica e non vedesse, in fondo al suo sguardo ora cristallino e spensierato, le tracce, più o meno cicatrizzate, dell'umiliazione di quattro anni prima.
Anatol' di Rostov-sul-Don non le avrebbe fatto del male.
Non avrebbe osato.


I saw a man down on lonely street
A broken man who looked like me
And no one knows the pain that he's been living

He lost his love and still hasn't forgiven
He said: "I've been through some changes
But one thing always stays the same"

Without love
There's nothing without love
And nothing else can get through the night
Nothing else feels right without love
Ain't nothing without love
Nothing else but love can burn as bright
And nothing would mean nothing without love

I see my life
There's some things I took for granted
Love's passed me by
So many second chances
I was afraid
But I won't be afraid no more


Ho visto un uomo in una strada solitaria
Un uomo distrutto che assomigliava a me
E nessuno conosce il dolore che stava vivendo
Ha perso il suo amore e non è ancora stato perdonato
Lui ha detto: "Ho attraversato alcuni cambiamenti
Ma una cosa resta sempre uguale"

Senza amore
Non c'è niente senza amore
E nient'altro può far superare la notte
Nient'altro sembra giusto senza amore
Non c'è niente senza amore
Nient'altro se non l'amore può bruciare così luminoso

Ho visto la mia vita
Ci sono alcune cose che davo per scontate
L'amore mi ha superato
Così tante seconde possibilità
Avevo paura
Ma non avrò più paura
(Without Love, Bon Jovi)


La seconda volta che l'aveva vista, sempre a Rostov, sua unica città e suo unico conforto, Natal'ja aveva un paio di jeans bianchi forse meno conturbanti del pizzo, ma le sue gambe erano sempre fenomenali, un maglioncino dorato lungo e stivali neri alti, mentre i capelli, quei capelli di cui Anatol' aveva tanto rievocato il movimento, ricordandoli in preda al vento di fine marzo, erano imprigionati in una lunghissima treccia.
Gli aveva sorriso come se si fossero salutati solo il giorno prima, come se avesse aspettato di rivederlo, e lui avrebbe voluto prenderla per mano, ma quella volta non osò.
Perché non si erano visti il giorno prima, non si erano visti per tanti "giorni prima", e anche se Tolik ci aveva pensato sempre, a quella loro primissima stretta di mano e alla speranza e la fiducia provate, forse non avrebbe dovuto provare sentimenti del genere.
Forse era semplicemente troppo egoistico da parte sua desiderare tanto di stringere a sé la meravigliosa sorella di un amico meraviglioso che viveva a 3.730 chilometri da lì e non avrebbe potuto essere più orgogliosa di suo fratello, perché nessuna delle scelte di David le aveva mai fatto dubitare del loro legame e del suo affetto per lei.
Quando aveva conosciuto Natal'ja e assistito alla magia della sua complicità con David, Anatol' aveva realizzato di non essere mai riuscito a rassicurare Adeliya come avrebbe dovuto, perché era sempre stato troppo impegnato a difendere il suo sogno per ricordare a Deliya che lui ci sarebbe stato comunque, che sarebbe tornato a casa comunque, che non le avrebbe mai detto addio.
Natal'ja non avrebbe avuto paura di quel lato di lui, ma Anatol' non sapeva come si faceva ad amare sul serio una ragazza, aveva tanto smaniato per diventare un soldato e aveva dato ogni sua energia all'Accademia, aveva sempre dato il meglio di sé, ma questo proprio non lo sapeva.
Anche con Deliya aveva sbagliato tutto, e Deliya era la sua sorellina, l'amore per lei non avrebbe dovuto insegnarglielo nessuno, eppure non era riuscito a far bastare nemmeno quello.
Riusciva solo a guardarla con uno struggimento che avrebbe consumato i suoi occhi prima dell'immagine di Al'ja, e poi a voltarsi e cercare di riprendersi e non pensarci, perché lei non poteva essere più bella di un mese prima e lui non poteva essere meno forte di un mese prima.
Ma lui era solo un soldato, un mese prima, e non conosceva nessuna Natal'ja L'vovna Puškina.
Era solo il migliore amico di suo fratello minore, un ragazzino di quasi tre anni più piccolo di lui, ma alto quanto lui e con un modo di fare che quando non terrorizzava incantava, un ragazzino che stregava con le parole e inventava storie da non dormirci la notte, anche se per il momento aveva messo la vocazione militare davanti alla scrittura.
Anatol' non ne aveva altre, di vocazioni.
Non aveva altre possibilità.
E non sapeva quante possibilità avrebbe avuto con Natal'ja.


I walk down the street, people passing me by
They look you up and down but they don't look you in the eye
I'm just another stranger in my own hometown
Looking for a angel but Heaven can't be found


I said: "Hey, I'm lonely tonight"

Hey, hey, hey, I'm gonna make it through

But that don't make it right


Cammino per la strada, la gente mi supera
Loro ti guardano dall'alto in basso, ma non ti guardano negli occhi
Sono solo un altro straniero nella mia stessa città
In cerca di un angelo, ma il Paradiso non si trova


Ho detto: "Ehi, sono da solo stanotte"

Ehi, ehi, ehi, ce la farò

Ma questo non lo rende giusto
(Does Anybody Really Fall In Love Anymore, Bon Jovi)


Era la prima volta da quando aveva litigato con Adeliya che aspettava con tanta ansia il giorno di licenza, ma Natal'ja era lì per David, perché l'aveva aspettata come se stesse tornando da lui?
Era lì per David, il suo adorato fratellino, eppure ricambiava i suoi sguardi con la stessa avidità.
Anatol' ne era stordito, ma anche lei doveva avere i suoi freni, perché in quel momento non gli aveva permesso di toccarla, non aveva nemmeno cercato di avvicinarsi, e lui non era più tanto sicuro che fosse vera.
-Che ne direste di andare a prendere una vaschetta di gelato mentre io vado a dare un'occhiata a quella libreria? Poi andiamo a mangiarlo su una panchina. E dopo, Tolik, accompagniamo Al'ja al negozio di tua madre, che deve fare una bella scorta di burrocacao, smalti e mascara!-
-Oh, va bene...
Va bene, no?-
Al'ja si voltò a cercare la sua conferma e Anatol' annuì, con un sorriso.
David si fidava di lui, altrimenti non gli avrebbe mai permesso di rimanere da solo con sua sorella.
Questo non voleva dire che non avesse paura, ma ne aveva un po' di meno, se Natal'ja era con lui.


Well, my eyes have seen the horror of the coming of the flood
I've driven deep the thorny crown into the soul of someone's son
Still I'll look you in the eye 'cause I've believed in things I've thought
And I'll die without regret for the wars I have fought

Sì, i miei occhi hanno visto l'orrore dell'arrivo del diluvio
Ho spinto in profondità la corona di spine nell'anima del figlio di qualcuno
Ti guarderò ancora negli occhi perché credevo nelle cose che pensavo
E morirò senza rimpianti per le guerre che ho combattuto
(Miracle, Jon Bon Jovi)


Non poteva averla davvero aspettata per un mese.
Non aveva senso.
Eppure quando entrò in gelateria con lei si sentì fin troppo felice.
Non avevano ancora nemmeno fatto un discorso decente, ma gli era sembrato di averla guardata per due ore, quel 31 marzo 2036, e poi sognata per un mese.
Il 31 marzo la sottile distinzione fra una visione e una ragazza era ancora più fragile di quel giorno, la Natal'ja di quel giorno doveva essere più simile alla stoica campionessa di pattinaggio che alla distratta, adorabile fata siberiana che l'aveva folgorato un mese prima, ma aveva sempre un che di ipnotico, troppo anche per lo sguardo di un soldato.


In a world that don't know Romeo and Juliet
Boy meets girl and promises we can't forget
We are cast from Eden's gate with no regrets
Into the fire we cry


In un mondo che non conosce Romeo e Giulietta

Un ragazzo incontra una ragazza e promesse che non possiamo dimenticare

Siamo cacciati dai cancelli dell'Eden senza rimpianti

Nel fuoco piangiamo

(I'd Die For You, Bon Jovi)


Gli sembrava un momento così solenne, e invece stavano solo entrando in gelateria.
Sempre la stessa gelateria.

La Gelateria sul Don era un locale modesto con un'insegna azzurra sopra le porte a vetri, un freezer con i ghiaccioli e i gelati confezionati e una piccola cassa dove fare gli scontrini a sinistra, un lungo bancone di vetro stondato al centro e a destra due frigoriferi con le torte gelato e i semifreddi.
Fuori c'erano quattro panchine verdi, in genere assediate dai bambini e da genitori disperati che cercavano di impedire loro di macchiarsi con il gelato, ma lungo la via ce n'erano altre di pietra su cui zampettavano spavaldi e alteri i piccioni e le tortore.
Natal'ja faceva scorrere lo sguardo sui vari gusti di gelato con gli occhi che le brillavano, cercando quelli con più cioccolato, biscotti e cereali.
-A te cosa piacerebbe?- gli chiese dopo alcuni minuti di assorta contemplazione, e nel voltarsi e fare un passo indietro gli sfiorò un braccio con il suo.
Anatol' credette di sentirsi mancare, che il cuore e la pressione non sarebbero riusciti a sostenerlo, anche se sia il maglioncino di Al'ja sia la sua felpa erano a maniche lunghe, e non aveva davvero sentito la sua pelle come un mese prima, ma se la ricordava fin troppo bene.
Lei si scostò di nuovo, quasi con aria di scuse, e non lo guardava più, non lo guardava più e Anatol' non respirava.
-A me... Va bene... Tutto quello che vuoi tu-
Non aveva certo intenzione di dirglielo con quel tono disperato, come se stesse soffocando e non riuscisse più a scandire le parole, ma Natal'ja annuì e provò di nuovo a cercare il suo sguardo.
-Yogurt, biscotto, nocciola e cioccolato? Fondente, per Dav. O a te non piace fondente? Allora magari prendiamo gianduia... A me sembra adorabile, gianduia. No? O preferisci la crema? Che non è affatto male, anzi, guarda che bell'aspetto che ha. Sai che è da tantissimo tempo che non prendo il gelato alla crema? È che davvero impazzisco per yogurt e biscotto...-
-Va bene, va bene...-
Era riuscita a farlo ridere, a fargli ritrovare l'equilibrio e la serenità.
Si chiese come se fosse possibile che quella ragazzina gli infliggesse tali colpi al cuore e poi rimettesse tutto a posto con quella voce dolcissima e quelle parole da bambina assorta in riflessioni che sulle sue labbra sembravano molto più importanti di quanto lo fossero realmente.

Si chiese come fosse possibile sentirsi tanto disperato e tanto al sicuro.
Almeno finché lei non si fosse voltata di nuovo, almeno finché non l'avesse sfiorato di nuovo.
E perché non poteva avere di più?
Perché non poteva essere lui a stringerla, a cercarla, a dirgli che lo faceva impazzire?
Perché non poteva essere lui a farla cadere e poi proteggerla per sempre?
Non le avrebbe fatto del male, davvero.
Non le avrebbe mai fatto del male.
Si sarebbe preso la colpa di tutto, ma prima sarebbe riuscito a leggerle il fiume negli occhi, e anche se era tanto lontano da lì, da lui, non gliel'avrebbe mai portato via.
Perché non poteva innamorarsi di lei?
Non si era mai sentito tanto sicuro di poterlo fare.
E poi sarebbe tornato in Accademia Militare.
E poi l'avrebbe lasciata.
E avrebbe spezzato il suo cuore come aveva fatto con quello di Deliya.
Ne sarebbe valsa la pena comunque?
Per lui, forse.
E quando mai aveva desiderato qualcosa tanto quanto l'onore cosacco?
Valeva anche con le ragazze, l'onore cosacco?
Valeva anche con le ragazze come Al'ja?
E lui sarebbe riuscito ad essere un uomo d'onore anche con lei, anche in amore?
Non era stato un bravo fratello.
L'Accademia Militare era l'unico posto in cui non sbagliava mai.
Da tre anni a quella parte non era più un ragazzo.
Era solo un soldato.
E allora le avrebbe spezzato il cuore come facevano i soldati.

Avrebbe deluso David, naturalmente, perché non si sarebbe dimostrato il ragazzo giusto per la piccola, meravigliosa Al'ja -e Dio sapeva quanto questo lo distruggeva dentro-, ma non sarebbe stata la prima volta che deludeva un fratello.

Al'ja era un tale splendore, un tale splendore...

E lui come diavolo avrebbe potuto resistere?

Come avrebbe mai potuto salvarsi?


I might not be a savior
And I'll never be a king
I might not send you roses
Or buy you diamond rings

But if I could see inside you
Maybe I'd know just who we are
'Cause our love is like a hunger
Without it we would starve

Potrei non essere un salvatore
E non sarò mai un re
Potrei non mandarti rose
O comprarti anelli di diamanti

Ma se potessi vedere dentro di te
Forse saprei chi siamo davvero
Perché il nostro amore è come una fame
Senza moriremmo di stenti
(I'd Die For You, Bon Jovi)


Credo che mia sorella mi abbia detto che non sarei mai riuscito a volere bene a nessuno.

Credo di averle tirato uno schiaffo così forte da farla barcollare e che lei abbia pianto per ore, ma credo di essermene andato prima che lei capisse che non sarei tornato e di non volere più che io tornassi.

Credo di essermi sentito veramente male e di aver avuto veramente paura.

Credo anche di essermene pentito a morte, come sarebbe stato possibile il contrario, ma chi più di un soldato sa quanto sia indispensabile andare avanti?

Credo che avrei voluto amare Natal'ja, ma avevo troppa paura di deluderla, e allora credo di aver deciso di deluderla prima di provare ad amarla.

Ma questo lo credo, lo credo soltanto, perché davvero non lo so.

Quello che so, quello che ho sempre saputo, è che sarei stato un bravo soldato, un bravo Cosacco, ma non sapevo più se sarei riuscito ad essere anche una brava persona.

Onesto sì, onesto sempre, ma come avrei fatto a non ferire più nessuno?

Almeno mi rimaneva l'Accademia Militare.

Mi sarebbe rimasta sempre l'Accademia Militare.

A un altro non sarebbe bastata, lo so, ma io me la sarei fatta bastare.

Perché non mi stavo prendendo in giro, non stavo prendendo in giro nessuno.

Non ero un ragazzino che voleva giocare a fare il soldato.

Io ero un Cosacco.

Mi chiamo Anatol' Viktorovič Kutuzov, sono nato a Rostov-sul-Don il 2 marzo 2015, sono cresciuto in riva al Don e il Don ce l'ho dentro.

Non ho mai voluto fare del male a nessuno.

Ma sono pur sempre un Cosacco.


It's getting sometimes I don't know
When to stop, when to go
Sometimes we're so afraid to let it show
A stolen kiss so out of place
It wipes the smile right off your face
And when those feelings start
We let them go, let them go

A volte mi capita di non sapere
Quando fermarmi, quando andare via
A volte siamo così spaventati di darlo a vedere
Un bacio rubato così fuori luogo
Toglie il sorriso dal tuo viso
E quando questi sentimenti cominciano
Noi li lasciamo andare, li lasciamo andare
(Only Lonely, Bon Jovi)


Mentre Natal'ja diceva i gusti che voleva alla gelataia, indicandoli con gli occhi che le si illuminavano nel nominarli, Anatol' si accorse del ragazzo che fissava Al'ja da pochi metri di distanza, come sotto incantesimo.
Gli era preso il panico, anche se era solo uno sguardo e lei non se n'era nemmeno accorta, tutta presa com'era nell'organizzazione della loro vaschetta di gelato, e istintivamente le aveva posato una mano su una spalla, socchiudendo gli occhi perché lei non potesse leggergli nello sguardo il colpo al cuore provato nel toccarla.
Quando li riaprì Al'ja aveva finito di chiedere il gelato e si era girata a rivolgergli un sorriso fugace, senza spostarsi.
E Anatol' aveva sorriso così stupidamente, con quella sfacciata e incredula felicità, e lui non l'aveva visto, ma il ragazzo di prima aveva bruscamente distolto lo sguardo, imbarazzato.
Sembrava così semplice, loro avrebbero potuto davvero stare insieme.
Ma Anatol' non sapeva ancora di cosa lui fosse realmente capace.


Your blood like ice
One look could kill

I wanna love you but I better not touch
I wanna hold you but my senses tell me to stop
I wanna kiss you but I want it too much


Il tuo sangue come ghiaccio

Uno sguardo potrebbe uccidere

Voglio amarti ma è meglio non toccarti
Voglio stringerti ma i miei sensi mi dicono di fermarmi
Voglio baciarti ma lo desidero troppo
(Poison, Alice Cooper)


-Dav non è ancora tornato dalla libreria, eh?- commentò Natal'ja, con un mezzo sorriso.
-No-
Avrebbe voluto sorridere anche lui, ma gli uscì solo quel "нет" strozzato e lei lo guardò un po' incuriosita un po' preoccupata, perché non riusciva ancora a capirlo del tutto, ma si fidava ugualmente.
Non poteva venire dalla riva dell'Ob' e riuscire a comprendere subito tutto il Don nello sguardo, ma ci si sarebbe abituata.
E poi lui la guardava così, come se lei lo facesse soffrire, e anche lui avrebbe potuto farlo con lei, ma Al'ja sapeva che Tolik non voleva.
Oh, temeva che sarebbe successo, sentiva che sarebbe successo, ma lui non voleva, non voleva...
Dopo però lasciò scivolare le dita fra le sue, e Natal'ja rimase a guardare, sentendo sempre meno la pressione del sangue, come lui le stringeva la mano, e poi la baciò, la baciò davvero.
Al'ja non avrebbe saputo dire per quanto tempo l'aveva fatto e quante volte l'aveva rifatto, ma quando lo guardò con un lieve ma tenace barlume di aspettativa negli occhi, e chissà poi cosa chiedeva, cosa cercava veramente, Anatol' le sorrise senza più quell'intenso struggimento che la faceva tanto tremare, bensì con una rassegnazione lacerante che non seppe spiegare.
Le accarezzò una guancia come se stesse compiendo il gesto più sacro della sua vita e scosse la testa, e fu allora che Natal'ja fu colta dal terrore.

Fu allora che qualcosa distrusse l'incanto e lei lo odiò per la prima volta.
-Lascia perdere, Al'ja, lascia perdere...
Va bene così-
Avrebbe voluto chiedergli cosa andava bene così e cosa andava bene, e cosa e perché dovesse lasciar perdere, ma non gli chiese niente.
Si limitò a fare un passo indietro, ugualmente ferita e spaventata, e quando alzò lo sguardo su di lui lo trovò quasi sul punto di piangere.
-Dav non è ancora tornato, no...- disse più a se stessa che a lui -come avrebbe potuto parlare ancora con lui? Ma in fondo non aveva mai parlato con lui!-, e le tremava la voce.
-Al'ja, ti prego, ti prego...-
Al'ja non sapeva dove fosse il suo cuore quando Anatol' la strinse a sé, quando si ritrovò fra le sue braccia e sentì le sue mani sulla schiena, ma non lo sentiva battere e non sentiva neanche quello di Tolik.
-Mi dispiace-
Lei annuì quasi impercettibilmente, non disse una parola.
Perché la pregava?
Perché gli dispiaceva?
E lei cosa avrebbe dovuto dirgli?

Lascia perdere, Tolik, lascia perdere... Va bene così?


Games we play, words we say
Cutting wounds we know they run so deep
Leave it all behind you
Or someday love will find you

Only lonely - I can't stop hurting you
Only lonely - But I can't stop loving you
Only lonely - How much pain does it take?

So tell me, babe, how much pain can you take
Before your heart breaks?

Giochi che facciamo, parole che diciamo
Le ferite da taglio, lo sappiamo, vanno così in profondità
Lasciati tutto alle spalle
O un giorno l'amore ti troverà

Semplicemente solo - Non riesco a smettere di ferirti
Semplicemente solo - Ma non riesco a smettere di amarti
Semplicemente solo - Quanto dolore bisogna sopportare?

Allora dimmi, tesoro, quanto dolore riesci a sopportare
Prima che il tuo cuore si spezzi?
(Only Lonely, Bon Jovi)


[...]


Look for the girl with the sun in her eyes and she's gone


Cerca la ragazza con il sole negli occhi e lei se n'è andata

(Lucy In The Sky With Diamonds, The Beatles)


-Eccomi! Scusate, è che... I libri, no... Ne ho presi quattro, per adesso. Erano troppi. Voi siete riusciti a prendere il gelato?-
Quando vide suo fratello con un enorme sacchetto della libreria e un'aria al contempo colpevole ed entusiasta, Natal'ja non poter fare a meno di sorridere e Anatol' di fare quello che parve un tentativo di accenno di sorriso.
-Va tutto bene?-
Lo sguardo di David vagò dalla sorella all'amico con un'ombra di inquietudine negli occhi fino a un attimo prima limpidissimi, ma Al'ja gli fece una carezza su una guancia e annuì, cercando di rassicurarlo.
-Tutto bene-
-Mh. Tolja, hai avuto un calo di pressione? No, perché non sembra che ti circoli sangue umano nelle vene, a guardarti-

-Non lo so...-
-Non sai se hai avuto un calo di pressione o non sai se hai sangue umano? Perché francamente preferirei il calo di pressione. Il gelato, comunque?-
-È qui. Andiamo a sederci?- propose Al'ja, sollevata dal cambio di argomento del fratello.
-Certo, laggiù c'è una panchina libera. Tu però ti siedi vicino a Tolik, così se devi rovesciare il gelato addosso a qualcuno qualcuno lo fai con lui-
-Oh... Per me va bene- mormorò Tolja, e Al'ja inarcò un sopracciglio.
-Se ti rovescio il gelato addosso?- gli chiese, e quelle furono le prime parole che gli rivolse dopo il "Va bene così" di Anatol'.
-No, beh...
Sì, anche, come vuoi-
David si girò verso l'amico e, dopo averlo guardato attentamente, commentò:
-Non ci arriva, vero?-
-Cosa?-
-L'ossigeno ai tuoi neuroni. Oggi non ci arriva. Niente sangue, niente ossigeno...
Tolik, sei sicuro di essere vivo?-
-Ma credo di sì...-
David era convinto di avere una sorella e un migliore amico brillanti e intelligenti, ma evidentemente era troppo chiedere che lo fossero entrambi contemporaneamente.
-Va bene, dai, andiamo a sederci-

And I got all the symptoms, count 'em, one, two, three

First you need
That's what you get for falling in love
Then you bleed
You get a little but it's never enough
And when you're on your knees
That's what you get for falling in love


E ho tutti i sintomi, contali, uno, due, tre

Prima ne hai bisogno
Questo è quello che succede quando ti innamori
Poi sanguini
Ne ottieni un po', ma non è mai abbastanza
E quando sei in ginocchio
Questo è quello che succede quando ti innamori

(Bad Medicine, Bon Jovi)


[...]


I got this timebomb ticking in my head
This time I think she's gonna blow
How can I say "get away"
When I just can't let go?


Ho questa bomba a tempo che ticchetta nella mia testa
Stavolta penso che scoppierà
Come posso dirle "vai via"
Quando io non riesco a lasciarla andare?
(Only Lonely, Bon Jovi)


L'aveva aspettata per un mese, sì.
Non avrebbero avuto molto tempo, ma Anatol' rischiava di morire per un solo secondo passato accanto a Natal'ja, figurarsi per diversi secondi passati a baciarla.
Figurarsi per i pochi istanti che gli erano bastati per spezzarle il cuore e fare lo stesso col suo, proprio nello stesso momento.
Perché non andava bene così.

Perché non poteva andare bene senza di lei.
-Se voi... Se voi avete da fare, dopo...- cominciò, senza guardare nessuno dei due fratelli Puškin, solo fissando le stringhe delle sue scarpe e il suo gelato che sgocciolava sull'asfalto.
-Io vado in palestra-
-Non vieni a salutare tua madre? Sai che devo portare Al'ja al negozio per burrocacao, smalti e mascara-
-Mia madre...-
-Non succede niente se vai dopo in palestra, no?-
-Non lo so-
-Tolja, sei il migliore dell'Accademia anche se per cinque minuti non ti alleni. Sai di esserlo, vero? Anche più di me, certo. Scherzo quando dico che non è vero-
-Ma non mi interessa...-
-Seriamente, Tolik, prima scherzavo, ma sembra davvero che tu stia per avere un collasso-
-Non avrò nessun collasso, Dav, stai tranquillo. Voglio solo andare ad allenarmi-
-Se non vieni con noi chi mi impedirà di buttare giù i cartelli di tua madre? Quello scricciolo di Al'ja, forse? E poi chi la sente Olya?-
Natal'ja era seduta accanto ad Anatol', ma guardava da un'altra parte, verso la strada e la gente che passava, come se non fosse stata lì.
Come se avesse potuto non guardarlo, non ascoltarlo e non avere voglia di tirargli uno schiaffo e pregarlo di rimanere con lei, con loro, perché un conto erano il suo cuore, i suoi sentimenti e la sua follia, e un conto era David, sinceramente e seriamente preoccupato per il suo migliore amico.
Fallo per David, non per me.
Resta per David, non per me.
Tutto il resto va bene così.
Fra di noi va bene così.
Lasciamo perdere come vuoi tu, Tolik.


I don't know where all the rivers run

I don't know how far, I don't know how come

Well, I'm gonna die believin' each step that I take

Ain't worth the ground that I walk on

If we don't walk it our way


No, I don't claim to be a wiseman, a poet or a saint

I'm just another man who's searching for a better way

But my heart beats loud as thunder

For the things that I believe

Sometimes I wanna run for cover

Sometimes I want to scream


Non so dove vadano tutti i fiumi

Non so quanto lontano, non so come

Ebbene, morirò credendo in ogni passo che faccio

Non importa la terra su cui cammino

Se non camminiamo a modo nostro


No, non pretendo di essere un uomo saggio, un poeta o un santo

Sono solo un'altro uomo in cerca di una possibilità migliore

Ma il mio cuore batte forte quanto il tuono

Per le cose in cui credo

A volte vorrei correre in cerca di rifugio

A volte vorrei gridare

(Bang A Drum, Jon Bon Jovi)


Mentre camminavano verso La dacia del detersivo cercavano tutti e tre di sorridere, senza un vero motivo, solo per rassicurarsi a vicenda, anche se David era l'unico che aveva il coraggio di guardare negli occhi il suo migliore amico e sua sorella.
Era l'unico veramente innocente.
L'unico che diceva sempre tutto.
L'unico che non aveva paura.
Ma quel giorno Natal'ja e Anatol' non potevano essere salvati da David.
Al'ja era curiosa e al contempo un po' agitata all'idea di conoscere la madre di Anatol', anche se per Ol'ga lei sarebbe stata solo la sorellina -maggiore, ma nessuno l'avrebbe mai creduto a vederli l'uno accanto all'altra- di David in cerca dei fantastici burrocacao Azov e degli esclusivi smalti e mascara del Caucaso.
Anatol' invece era solo agitato, perché quello era il momento in cui avrebbe dovuto andare via, tornare ai suoi allenamenti e lasciare i fratelli Puškin ai loro sorrisi, al loro pomeriggio, alla loro giornata.
Lui sarebbe riuscito solo a peggiorare la situazione, e Dio, non voleva ferire Al'ja, non voleva ricordare di averle appena rubato il sorriso, quando avrebbe potuto rassicurarla, accarezzarla, abbracciarla, dirle che l'aveva baciata perché la trovava meravigliosa, meravigliosa con i collant che non riusciva a sistemarsi e il gelato nei capelli, meravigliosa con la paura che lui la giudicasse male e lo sguardo indispettito che si era sciolto quando lui le aveva preso la mano, meravigliosa con le aspettative che aveva riposto in lui, che le leggeva nello sguardo, con la speranza che tenesse a lei, che l'avesse baciata per amore.
Non l'aveva fatto perché credeva...
Perché
non credeva...
Perché temeva...

Ma l'aveva baciata perché la trovava meravigliosa.
E davvero, davvero, davvero, l'aveva baciata per amore.
Anatol' avrebbe voluto stare più vicino a Natal'ja della stessa anima della ragazza, e chiederle scusa per come si era e si sarebbe comportato quel giorno, spiegarle che con lei non riusciva a fermarsi, non riusciva a pensare, non riusciva a distrarsi e a rinunciare.
Sapeva che non sarebbe riuscito ad accontentarsi di un bacio né di altri mille, e rimanendo con lei quel pomeriggio avrebbe perso la testa definitivamente.
Lascia perdere, va bene così?
E lei non aveva nemmeno fiatato?
Non era come David, Al'ja, non gridava, non distruggeva chi la feriva.
Si teneva le sue ferite e provava a guardare altrove, a guarire in silenzio.
Non gli aveva chiesto perché, ed era stato quello a farlo disperare.
Ci aveva provato, una volta, Natal'ja, a chiedere perché.
Ci aveva provato, con Jurij.
Non avrebbe mai voluto saperlo, non avrebbe mai voluto sentirlo.
E quando Anatol' le aveva detto di lasciar perdere, che andava bene così, si era semplicemente arresa alle sue parole.
Eppure Tolik sapeva che Al'ja era molto più forte di lui.
Perché Al'ja credeva in lui.


Baby, ain't it funny how you never ever learn to fall
You're really on your knees when you think you're standing tall
But only fools are "know-it-alls"
And I played that fool for you


Tesoro, non è divertente come non si impara mai a cadere

Sei davvero in ginocchio quando credi di essere in piedi

Ma solo gli stupidi credono di sapere tutto

E io ho interpretato quello stupido per te

(This Ain't A Love Song, Bon Jovi)


-Due confezioni di cera rossa per il parquet, benissimo...Desidera anche un lipgloss al cocco a metà prezzo? Sempre della linea Azov, naturalmente. La migliore-
Anatol' ascoltò la fine della frase di sua madre con un sorriso intenerito.
Solo lei, e probabilmente David, se fosse stato del settore, sarebbero riusciti a vendere un lipgloss al cocco a una signora venuta a cercare la cera rossa per il parquet.
-Oh, ma è così fantastico, qui!- sentì sussurrare Al'ja rivolta al fratello, e immaginò il suo sguardo sognante vagare sugli scaffali pieni di burrocacao, shampoo e prodotti per capelli, che David gli aveva detto essere una delle sue più grandi passioni.
Lo immaginò, senza guardarla, per non innamorarsi più di quanto avesse già fatto.
Più di quanto fosse possibile.
-David Puškin! Sei entrato nel mio negozio lasciando l'arredamento intatto? Che storia è questa? Tolja, l'hai ipnotizzato? Oh, e tu... Tu sei Natal'ja, vero? La sorellina del nostro Attila siberiano! Che bello conoscerti!-
La signora della cera rossa era appena uscita dalla dacia del detersivo con il lipgloss al cocco che Olya era riuscita a convincerla a comprare, quando la diabolica venditrice di detersivi e cosmetici si era accorta dei due Cosacchi e della ragazzina che guardava i burrocacao Azov con aria rapita.
Biondissima come David, ma molto più minuta di lui, mascara probabilmente di qualche sottomarca siberiana e gambe fenomenali come le aveva riferito suo figlio.
Niente da dire, la pattinatrice era uno spettacolo.
E suo figlio sembrava sempre più fulminato.
-Tolja? Perché stai guardando con quell'insistenza lo scrub viso all'argilla per pelli grasse?-
-Cosa?-
-È in offerta. Ma sei mio figlio, cosa te lo dico a fare...
Te lo regalo-
-Ma io non ho la pelle grassa...-
-E allora sceglitene un altro, che vuoi che ti dica? Tesoro, hai bisogno di aiuto?-
Ol'ga si rivolse a Natal'ja, che aveva seguito di sottecchi la scenetta fra madre e figlio e si era lasciata sfuggire più di un sorriso.

Ol'ga Kutuzova era adorabile proprio quanto i suoi burrocacao.

-Oh, non lo so, è che sono tutti fantastici...-
-Che ne dici di un set completo? Ti applico un bello sconto Cosacchi-
-Uno sconto Cosacchi? Esiste?-
-L'ho inventato per tuo fratello- spiegò Ol'ga, sorridendo dello stupore di Al'ja.
-E sai una cosa, splendore?
Sembri nata per usare il mascara del Caucaso. Vuoi provarlo? In questi giorni c'è proprio un prezzo speciale... Un prezzo speciale per un mascara speciale!-
Olya fece l'occhiolino alla pattinatrice, e Anatol' alzò gli occhi al soffitto, fingendo di non conoscerla.
Quando mai non c'era un prezzo speciale, alla dacia del detersivo...
-Oh... Grazie!-

Natal'ja era stata rapita da Ol'ga e Anatol' e David erano rimasti davanti allo scaffale degli scrub viso, perché non avevano il coraggio di superare il reparto dei mascara, dove era sparita Al'ja, per raggiungere quello dei detersivi, della cera e dei tappetini per il bagno, settore forse un po' più virile.
-Non c'è un cartello che puoi buttare giù? Così tornano indietro-
Avrebbe voluto essere una battuta, ma Anatol' l'aveva detto con una tale mestizia che David si preoccupò più per lui che per sua sorella persa nel magico -e pericoloso- mondo dei mascara.
-È per Adeliya?-
-Cosa? Oh, anche. In un certo senso.
Comincia tutto da Adeliya-
-E con chi continua?-
-Lascia perdere...-
-Dici?-
Tolik annuì, ma lo sguardo di David non gli piacque per niente.
Perché si era scelto per migliore amico proprio uno che se non ti uccideva ti leggeva l'anima?
E soprattutto perché non l'aveva ucciso?
-Lo sai che mi fido di te...- sussurrò David, e Anatol' sentì una stretta al cuore, perché a quel ragazzino siberiano lui voleva bene davvero, e riusciva a leggere nei suoi occhi la metà dell'anima di Natal'ja.
-Lo so...-
Dav gli sorrise, con lo sguardo più fiducioso che Tolik si fosse visto rivolgere negli ultimi quattro mesi.
-E allora comportati di conseguenza-
Già.
Come avrebbe potuto deludere quell'adorabile ragazzino siberiano
-di un metro e ottantadue- che se non ti uccideva ti faceva sentire molto migliore di quanto in realtà non fossi?


There's a sad face in the mirror
I'm sad to say it's me
Like a ghost up in the attic
Only love can set him free

I've been running 'round in circles
On this roller coaster ride
There's a lonely world around us
We get sucked in by the tide

I said: "Hey, love ain't no crime"

C'è un viso triste allo specchio
Mi rattrista dire che sono io
Come un fantasma in soffitta
Solo l'amore può renderlo libero

Ho corso in tondo
Su questo giro di montagne russe
C'è un mondo solitario intorno a noi
Veniamo risucchiati dalla marea

Ho detto: "Ehi, l'amore non è un crimine"
(Does Anybody Really Fall In Love Anymore, Bon Jovi)


-David? Tolja? Ecco a voi la futura Miss Russia 2036!-
I due ragazzi si voltarono quasi contemporaneamente verso Ol'ga, che guardava trionfante la deliziosa giovane siberiana che sembrava nata per usare il mascara del Caucaso, e non avrebbero potuto avere reazioni più diverse.
David si limitò a sorridere, abituato allo splendore di sua sorella, e poi l'intenzione sarebbe stata quella di cercare lo sguardo del suo migliore amico, ma non c'era più nessun migliore amico dietro di lui.
Anatol' perse l'equilibrio e si aggrappò disperatamente ad un tubetto di detergente per il viso ai sali del Mar Morto, a dir poco sconvolto.
Natal'ja lo guardò con una certa apprensione, dal momento che né Olya né David sembrarono preoccuparsi di aiutarlo, ma lui si rialzò e cercò di sorridere a tutti, ancora un po' frastornato.
-Sto bene...- la rassicurò, lei sola, perché sua madre e Dav non dubitavano che stesse bene, ma nutrivano invece parecchi interrogativi sulla sua sanità mentale.
-Stai bene...- aggiunse poi, in un sussurro, e Natal'ja sorrise con una dolcezza tale che Anatol' credette fosse rivolta a suo fratello, ma stava guardando proprio lui.
E il detergente per il viso ai sali del Mar Morto.
-Posso?-
Prima che lui potesse rendersene conto Al'ja gli aveva sfilato di mano il flacone di detergente, sfiorandogli quasi impercettibilmente le dita.
-Certo...-
-Beh, credo che potrei prendere anche questo... È conveniente- rifletté la pattinatrice fra sé e sé, e Tolik si ritrovò a dire:

-Sì, perché se consideri il rapporto qualità prezzo...-

Ol'ga e David avevano gli occhi sgranati, eppure Natal'ja annuiva e Anatol' si sentiva meno cretino di quanto avrebbe dovuto, anche se non aveva idea di quello che stava dicendo.
-Va bene, credo che per oggi possa bastare. La cassa è...-
-Gli... Smalti- le ricordò David, ancora ammutolito dalle performance di Anatol' -il miglior militare dell'Accademia di Rostov, una persona seria, mica un Puškin qualsiasi!-, e Al'ja si illuminò.
-Certo! Gli smalti!-
-Te li indicherà mio figlio- intervenne Ol'ga. -E te li illustrerà anche! D'altra parte c'è il quattro per tre ed è un occasione da non perdere, vero, Tolik?-
Anatol' impallidì, ma era un Cosacco, e doveva portare alto il nome della stirpe...
E del negozio di sua madre.


Natal'ja aveva abbracciato David per l'ennesima volta e stava ormai per salire sul treno, quando il cellulare di suo fratello squillò e il ragazzo distolse lo sguardo da lei per cercare il telefono in una tasca dei jeans.
Al'ja fece per rivolgere un timido cenno di saluto ad Anatol', ma lui la trattenne per una mano e le lasciò un velocissimo bacio sulle labbra.
-Non credere che non sia innamorato di te-
-Non ci credevo...- sussurrò lei, e quando David alzò di nuovo gli occhi e le sorrise, salutandola con una mano, Tolik l'aveva già lasciata andare.
Loro due erano gli unici a credere che David non avesse capito.


-Sai, Tolja, indubbiamente sei più portato per la carriera militare che per lavorare nel negozio di tua madre, ma sorvolando sul rapporto qualità prezzo, lascia che ti dica una cosa... Se sia io che Al'ja ci fidiamo di te, contemporaneamente, e considerato che io non sbaglio mai e mia sorella sbaglia solo quando non mi ascolta... Sei consapevole di essere un cretino a non avere fiducia in te stesso? Al di fuori dell'Accademia, intendo. Con mia sorella-
-Tua sorella?-
Anatol' era sbiancato in modo preoccupante, ma David non voleva dargli il colpo di grazia, solo farlo ragionare.
Se fosse riuscito anche ad evitare che Tolik svenisse in mezzo alla strada, poi, sarebbe stato ancora meglio.
Ma in ogni caso David Puškin era un gran pezzo di ragazzo, sarebbe riuscito a sostenerlo.
-Già, mia sorella.
Te la ricordi?-
-Certo, ma...-
-L'hai baciata-
-Sì...-
-Mentre rispondevo al telefono all'altro deficiente di famiglia. Kolja, mio fratello-
-Hai visto?-
-No, ma lo sapevo-
-Lo sapevi?-
-Io e Natal'ja... Beh, non ho bisogno di vederla, non ho bisogno che sia davvero vicina. Io la sento.
Io lo so-
-E anche lei sente te?-
-Certo. Ma a volte spera che io perda qualche colpo-
-Dav, io...-
-Lo so, lo so-
-Senti anche me?!-

-No, non così tanto. Non ancora, almeno. Ma sono pur sempre uno dei ragazzi più intelligenti che conosca-
Finalmente riuscì a strappare un sorriso a Tolik, e in quel momento fu certo che il suo amico non era svenuto in piedi.
-Non riesci proprio a smettere di guardarmi come se stessi per ucciderti? Sei una delle poche persone che non ho mai minacciato di morte! Però devo dirti un paio di cose, questo sì. Dall'ultimo appuntamento con l'unico ragazzo che Al'ja ha avuto, quattro anni fa, mia sorella è tornata insultata e schiaffeggiata, con le lacrime agli occhi, una guancia in fiamme e un livido sotto un occhio, la camicetta strappata e le braccia graffiate, perché non voleva ancora andare a letto con lui-
-Ma...-
Non c'erano ma, purtroppo.
-Ma chi era?-
-Uno che non ho mai cercato per spaccargli la faccia, perché altrimenti l'avrei ucciso. No, quella volta ci ha pensato Nikolaj. Io ero troppo distrutto per la mia Al'ja, stavo sempre con lei. Lei era più importante di tutto, e aveva bisogno che le stessi vicino e la proteggessi da vicino, non che andassi ad ammazzare quel tizio. Di notte sognavo di farlo, questo sì. Ma anche di notte stavo con lei, quando mi chiamava ero con lei, se lei aveva bisogno stavo sveglio con lei. Il fratello più impulsivo e violento di Natal'ja L'vovna Puškina ha vendicato il suo onore semplicemente curandolo. Ma la mia Al'ja è coraggiosa, sai? Fin troppo. Ma è tanto piccola, e gli altri non la capiscono mai. Quella stronza della sua ex amica, ma questa è un'altra storia, e quel... Quell'individuo che l'ha trattata così. Quelli che la guardano e la giudicano, solo perché è la più bella di tutte.

Io mi fido di te, lo sai, ma ti prego, ti prego... Trattala bene. È la mia Al'ja-
La sua Al'ja.
David aveva smesso di scherzare, aveva smesso di prenderlo in giro, e non lo stava minacciando, sapeva che con lui non ce n'era bisogno.
Era il suo migliore amico, era su un altro livello, ed erano compagni di Accademia Militare, sapevano cos'era l'onore.
Gli stava solo chiedendo la cosa che gli stava più a cuore al mondo, di avere cura di sua sorella.
-Certo-
Anatol' strinse la mano di David, come il giorno in cui si erano conosciuti e avevano capito che sotto la loro pelle il sangue scorreva con la stessa intensità e nei loro cuori battevano gli stessi tuoni, perché erano entrambi Cosacchi e sarebbero diventati fratelli.

-Il 1 novembre vieni a Novosibirsk per il mio compleanno?-

-Quanti anni compi, ventitré?-

In un'altra occasione David avrebbe almeno finto di offendersi per la dimenticanza dell'amico, ma non poteva certo pretendere che l'ossigeno arrivasse sia ai polmoni di Anatol' sia ai suoi neuroni.

-Diciannove, Tolik. Solo diciannove-

-È pù facile credere che tu sia geneticamente modificato piuttosto che tu abbia davvero solo diciotto anni-

-Fai pure, ma i miei erano troppo scarsi in scienze per riuscire a modificare geneticamente qualcuno-

-E Al'ja?-

-Lei aveva un anno e nove mesi quando sono nato io-

-E la senti da allora?-

-Da quando sono suo fratello. Sai come ci chiama nostra madre? Captain Crash and the beauty queen from Mars. Ce la cantava sempre, e in effetti è proprio la nostra canzone.

She wears a plastic crown like Cinderella and roller skates in bed... He rides the greyhound from his hometown when he comes around, 'cause they don't let him drive now... You and me, we're invincible together... We can be also tragical, whatever... Dressed up just like Ziggy, but he couldn't play guitar, Captain Crash and the beauty queen from Mars-

-Non credo di averla mai sentita...-
-È dei Bon Jovi, una della band preferite della mamma. Nona traccia di Crush, del 2000, diciassette anni prima che nascessi io. La mamma aveva due anni-
-E la sentiva già?-
-No, io sono l'unica creatura sovrannaturale della mia famiglia. Lei a due anni ascoltava Ani Lorak, le canzoni che le faceva sentire mia nonna. Ya vernus' e cose del genere-
-Credo di non...-
-Tranquillo, se mai mia madre proverà a parlare di musica con te svierò l'argomento sul rapporto qualità prezzo-
-Grazie- sorrise Anatol', e David ricambiò strizzandogli l'occhio.
-Tutto per non far venire un infarto al Cosacco migliore di me-
Tutto per non deludere il fratello migliore di me, pensò Tolik, ma molto meno malinconico di prima.
Forse un giorno sarebbe riuscito a chiedere scusa a Deliya.
Forse un giorno lei sarebbe riuscita a perdonarlo.

Quel giorno, in ogni caso, Anatol' non andò in palestra.


These days what’s left of me ain’t no Prince Charming
And my Cinderella feels like she stayed at the dance too long
We ain’t got much but what we got is all that matters
We’re pickin’ up the pieces, tryin’ to put ‘em back where they belong


In questi giorni cosa rimane di me, nessun Principe Azzurro

E la mia Cenerentola si sente come se fosse stata al ballo troppo a lungo

Non abbiamo molto, ma quello che abbiamo è tutto quello che importa

Stiamo raccogliendo i pezzi, cercando di rimetterli nel posto a cui appartengono

(This Is Love This Is Life, Bon Jovi)


Novosibirsk, 31 ottobre 2036


Doveva cercare Al'ja al Palazzetto dell'Ob', la pista di pattinaggio coperta di Novosibirsk, che si trovava sotto la palestra.
La Palestra dell'Ob', naturalmente.
Anatol' era venuto da Rostov-sul-Don a Novosibirsk-sull'-Ob', e doveva ancora abituarsi a quell'atmosfera, a quell'aria in cui sembrava di respirare il ghiaccio, e anche a Rostov faceva freddo, certo, ma la Siberia era un'altra storia.
La storia di David e Natal'ja, C
aptain Crash and the beauty queen from Mars.
E la storia di Nostal'hiya, che lui non conosceva ancora, ma conosceva due dei fratelli Puškin e i loro sogni, e i Puškin e i loro sogni avevano fatto la storia di quel quartiere.
Doveva abituarsi ad un altro fiume, sì, ad un'altra corrente, ed era quasi novembre, il mese in cui l'Ob' ghiacciava, ma lui aveva fatto in tempo a vedere l'acqua brillare e a vedere gli occhi di Al'ja splendere fra le sue onde.
E avrebbe conosciuto il ghiaccio di Al'ja, ora quello artificiale del Palazzetto, ma anche quello del lago che a Novosibirsk chiamavano mare.
A Novosibirsk il fiume era il lago e il lago era il mare, il ghiaccio li copriva tutti e il ghiaccio era il cielo, ed era tutto così vertiginoso, così selvaggio...
Quella era la terra dei Puškin, la terra che gli avrebbe restituito Natal'ja.
Se i bagliori degli occhi di Anatol', che tenevano ancora imprigionato il Don ora tanto lontano, fossero riusciti ad essere più forti del ghiaccio.


David gli aveva detto che Al'ja avrebbe dovuto essere con un ragazzo alto dai capelli neri che aveva chiamato "lo zio Jaša", ma non era un soprannome, era davvero il loro zio.
Se ci fosse stata anche una ragazza dall'aria imbronciata, un'infiltrata nella pista dei professionisti, ormai chiamata dai più "la pista della campionessa", la pista di Natal'ja Puškina, non doveva preoccuparsi, perché "Era Julen'ka".
Julija Keržakova, la migliore amica di Al'ja, che era andata a vederla mentre si allenava.
-E io... Io posso andarla a vedere mentre si allena?- aveva chiesto Anatol' in un sussurro.
-No- l'aveva gelato David -C'è un divieto esplicito per i ragazzi caucasici cretini. Soprattutto se sono fidanzati con una delle pattinatrici!-
-Io e tua sorella siamo fidanzati?-
-Ti conviene che lo siate, altrimenti col cavolo che te la lascio baciare, la prossima volta!-
-Allora posso andare a vederla mentre si allena...-
-Tolik, dimmi la verità. Proverò ad accettarla. Perché sei così stupido?-
Era inutile spiegargli che in confronto a lui erano tutti stupidi.
Erano tutti troppo normali.
Tolik voleva bene lo stesso al suo Dav, anche se era una creatura sovrannaturale.


And your heartbeat is slowing down

Your feet are grounded still you're reaching for the sky

You can let 'em clip your wings, 'cause I believe that you can fly


E il battito del tuo cuore sta rallentando

I tuoi piedi sono ancora a terra anche se stai per raggiungere il cielo

Non puoi lasciare che ti tarpino le ali, perché io credo che tu possa volare

(Miracle, Jon Bon Jovi)


Sulla porta del Palazzetto dell'Ob' qualcuno aveva scritto Наталья и Яков Пушкин короли льда, Natal'ja e Jakov Puškin re del ghiaccio, koroli l'da, e Anatol' sorrise, ma si chiese anche come fosse quel Jakov, lo zio pattinatore di Al'ja e Dav.
Aveva il loro stesso sangue, quindi non poteva essere tanto male, e soprattutto non poteva essere innamorato di Al'ja.
Non credeva che avrebbe potuto reggere il confronto con un pattinatore siberiano.
-E tu chi saresti? Non sei di Nostal'hiya, non sei di Novosibirsk e non sei nemmeno siberiano. Cosa ci fa un
russo normale nel nostro Palazzetto?-
-Non sono un russo normale- si difese Tolik, sostenendo lo sguardo di sfida della ragazzina.
Ripensò alla descrizione di David, capelli biondo scuro, occhi verdi e aria imbronciata.
Soprattutto l'aria imbronciata.
Non c'erano dubbi, era Julija Keržakova.
-Sono di Rostov-sul-Don. Sono caucasico-
-Caucasico- ripeté lei, sprezzante.
-E questa ti sembrerebbe una giustificazione valida?-
-Veramente non credevo di dovermi giustificare...-
-Dimmi che non sei Anatol' Kutuzov. Non potrei sopportarlo-
-Beh, io...-
-Non ho niente contro i ragazzi caucasici, non preoccuparti.
Ho proprio qualcosa contro di te-
-Ah, grazie...-
-Figurati. E non cercare Al'ja.
Chiunque guarderà Natal'ja L'vovna Puškina senza averne il diritto brucerà per autocombustione-
-D'accordo, qual è il problema?- sospirò Tolik, che, bloccato e costretto ad indietreggiare da Julija, non era ancora riuscito ad individuare Natal'ja.

Chissà se esistevano persone normali, a Nostal'hiya.
-Non so se sei alla sua altezza. Non so se la farai soffrire-
-In realtà non lo so neanch'io-
ammise il ragazzo, e Julija sgranò gli occhi, non sapendo se fosse il caso di tirargli un manrovescio o di dargli una possibilità.
Il manrovescio era più nel suo stile, ma forse...
-Eppure non sembra cattivo come Jurij- mormorò fra sé e sé, e Anatol' si incupì di colpo, ricordando il racconto di David e quanto gli era sembrato insopportabile che qualcuno avesse fatto del male a Natal'ja, che l'avesse fatto deliberatamente, per egoismo, non ritenendola degna di rispetto e gentilezza, come se lei non avesse nemmeno avuto un cuore.
-Si chiamava Jurij?-
-Si
chiama Jurij. E se lo ammazzi potresti perfino cominciare a starmi simpatico. Io non sono riuscita a fare molto, all'epoca-
Non appena l'aveva visto fuori da scuola gli aveva tirato uno schiaffo, ma lui gliel'aveva restituito molto più forte.
E poi era arrivato Nikolaj e gli aveva spaccato la faccia.

-Tu sei Julija, vero?-
-Già. E tu sei Anatol', chiaramente-
-Mi dispiace...-
-Vabbé, cercherò di farmene una ragione-
Era seria?
Tolik aveva paura di sì.
Decisamente, doveva abituarsi alle ragazze siberiane.
-Guardala pure, dai. E ricordati di essere doppiamente privilegiato, perché hai il privilegio di vedere Natal'ja Puškina allenarsi e hai addirittura il mio permesso di guardarla!-
Ad Anatol' venne da ridere, pensando a tutte le volte che l'aveva baciata senza il permesso di Julija, anzi, senza sapere nemmeno della sua esistenza, ma era meglio non farglielo presente.
-Grazie...-

Eccola, la sua Natal'ja.

Che se si era accorta di lui, non si era fermata.

Non aveva sentito i suoi occhi, no, e nemmeno la sua voce, ma nel momento in cui si era girato l'aveva vista volare.
Non avrebbe saputo dire come si chiamavano quei salti, non aveva mai visto una vera gara di pattinaggio in vita sua, neanche in televisione, ma quella era esattamente la Natal'ja del primo giorno, fatta d'aria e sguardi sospettosi, di lago e d'orgoglio, di seta e di sangue.
La ragazza che gli nascondeva il sole negli occhi, perché non credeva che lui meritasse tutta quella luce, il suo vero sorriso, ma gliel'aveva concesso nello stesso momento in cui gli aveva permesso di stringerle una mano, e da allora era stata più vicina.
La seconda volta che l'aveva vista era meno eterea e più fragile, si era lasciata spezzare il cuore con un bacio, ma non aveva smesso di credere che lui gliel'avrebbe rimesso a posto, che non l'avrebbe lasciata salire sul treno senza dirle la verità.
E la verità era che aveva bisogno di lei.
Aveva creduto che Natal'ja Puškina, la campionessa di pattinaggio, fosse diversa da Al'ja, la ragazzina dal vestito bianco e i capelli sconvolti dal vento incontrata sui gradini dell'Accademia Militare, la sorella di David.
Eppure ogni movimento di Al'ja sul ghiaccio aveva la stessa magia del loro primo incontro, e lei era esattamente la stessa persona.
Rapito com'era nel guardarla pattinare, Anatol' non si era accorto del ragazzo dai folti capelli scuri che si stava slacciando i pattini poco lontano da lui, e quando ebbe finito lo raggiunse, facendolo sussultare.
-Привет! Tu non pattini?-
Davanti alla pista dei professionisti del Palazzetto dell'Ob' non c'erano scaffali di detergenti per il viso a cui aggrapparsi, e fu davvero un miracolo ad impedire a Tolik di volare per terra.
E tanti saluti al famoso "portamento militare".
Davanti ai Puškin era impossibile mantenerlo.

Jakov Puškin non dava, a differenza di David, l'impressione che al primo passo falso avrebbe potuto sbriciolargli l'osso del collo, e aveva occhi di un azzurro più scuro di quelli di David e Natal'ja, un po' più simili ai suoi, ma sorrideva, e il suo era propio il sorriso dei Puškin.
Quindi lui era l'altro re del ghiaccio, il famoso zio di Al'ja e Dav?
-No, no, no... Io non... Non sono capace-
-Vuoi prendere lezioni?-
-No! No, no, per carità... Sono qui per...-
-Per Al'ja-
-Cosa?-
-Mia nipote, la ragazza che sta pattinando in questo momento. La campionessa. Natal'ja L'vovna Puškina, insomma. Io sono Jakov, suo zio-
-Ah, certo...-
Anatol' scosse la testa e si chiese se sarebbe mai riuscito a sembrare intelligente davanti a un Puškin.
O a un siberiano in generale.
Almeno sembrarlo.
Non potevano esserglisi congelati i neuroni quando era sceso dal treno, dai...
Perché fuori dall'Accademia era così poco credibile, come soldato?
Cosa diavolo gli avevano fatto Al'ja e l'aria di Novosibirsk?
-Sì, sono Anatol' Viktorovič Kutuzov-
-Capisco... E sei il suo fidanzato o vuoi venderle qualcosa?-
-Io?-
L'ossigeno, maledizione.
-Magari se smetti un attimo di guardarla riesci a rispondermi-
-Credo di essere il suo fidanzato-
-L'importante è esserne convinti-
commentò Jakov, lanciando uno sguardo alla sua nipotina.
-Chiamiamo la mia звезда e scopriamo se lo sei davvero?-

Ma lo stava prendendo in giro?
-No, dai, mi fido. Te la chiamo e basta. Al'ja! C'è un tale Anatol' Viktorovič Kutuzov. Hai presente?-
Natal'ja aveva pattinato verso di loro e aveva inclinato lievemente la testa, negli occhi uno scintillio incredibilmente simile a quello del ghiaccio.
Lui aveva provato a sorriderle con la stessa intensità con cui stava cercando di non svenire, e Al'ja aveva fatto lo stesso dall'alto del suo equilibrio quasi surreale, che in lei sembrava molto più naturale di quanto lo fosse camminare.
E poi improvvisamente si erano ritrovati sulla stessa superficie.
Lei si era slacciata i pattini ed era ritornata una ragazzina relativamente terrestre.
L'aveva preso per mano e aveva sussurrato:
-Vieni di là con me, devo cambiarmi-
Anatol' si era imposto fino a quel momento di non fare caso al vestitino striminzito della pattinatrice, e la frase "devo cambiarmi" gli fulminò un altro neurone -l'ultimo?-, ma Natal'ja l'aveva portato davvero al pieno di sopra, negli spogliatoi delle ragazze, in quel momento deserti, aveva chiuso la porta alle loro spalle, si era sciolta i capelli in tutta la loro lunghezza e l'aveva baciato.
-Grazie- bisbigliò poi, accarezzandogli una guancia e sorridendo dell'aria stravolta del ragazzo.
-Di cosa?-
-Per essere venuto a vedermi-
-La prossima volta che vieni a Rostov devo portarti in un posto-
-Dove?-
-Vedrai-
-Non puoi avere segreti con me, Anatol' Kutuzov. Io non ne ho con te-
-Tu sei la sorella di David!-
Natal'ja lo guardò indispettita, dopodiché lo spinse via e raggiunse la sua borsa su una delle panchine.
-Aspettami, mi cambio e arrivo-
-Ah, ti aspetto... Qui?-
-Sì. Ti dispiace? Ci metto un secondo-
-Oh, mettici tutto il tempo che vuoi...-

Al'ja scosse la testa, ridendo, e si sfilò il vestitino, per poi recuperare i suoi jeans e la maglietta dalla borsa.
Vi ripose accuratamente i pattini, si spazzolò i capelli davanti allo specchio e tornò da Tolik.
-Tutto bene?-
-Tutto bene...-
-Possiamo andare?-
-Possiamo andare...-
-Sei articolato come il giorno in cui ci siamo conosciuti- sospirò la ragazza, alzando gli occhi al cielo.

-Ma sei bello lo stesso-

Anatol' sorrise e intrecciò le dita alle sue.
-Anche tu sei bella mentre ti cambi-
-Ma se non mi hai nemmeno guardata! Hai fissato la porta per tutto il tempo, dannato uomo d'onore che non sei altro. Ma d'altra parte è per questo che ti ho detto che potevi aspettarmi qui.
Lo sapevo-
-Lo sentivi?- chiese Tolik, con aria terrorizzata.
-Eh. Infatti-
-Oddio, sei
proprio la sorella di David...-
-Beh, è stata la prima cosa che ti ho detto-
-Siete entrambi creature sovrannaturali?-
-Certo-
-Santo Cielo...-
-Dai, andiamo. Jakov e Julija
non sono innocenti come te-
-Perché, stanno insieme?-
-No, no, per carità! Ma fanno congetture-
-Su di noi?-
-Su di noi-
-E noi...-
-Noi andiamo-
-Andiamo-
-Se posso darti un consiglio, любимый,
stai zitto-


She's anything in the world

That you cannot explain

But when she throws me a smile

It's fire in the rain


She's a mystery

There's no defense

It's innocence

But she won't let you see

'Cause she's a mystery


Lei è qualsiasi cosa nel mondo

Che non puoi spiegare

Ma quando mi rivolge un sorriso

È fuoco nella pioggia


Lei è un mistero

Non c'è difesa

È innocenza

Ma non ti lascerà vedere

Perché lei è un mistero

(She's A Mistery, Bon Jovi)


Fuori dal Palazzetto dell'Ob' si aggirava un ragazzo con una sigaretta fra le dita e taglienti occhi verdi che si accesero quando li vide uscire.
Osservò a lungo Natal'ja e Anatol', sempre più disgustato, e quando Al'ja rabbrividì Tolik capì chi era.
-Andiamo via- sussurrò Julija, a cui era mancato il respiro quando l'aveva riconosciuto.
Si allontanarono in fretta, e Jurij Šadov rimase a guardarli finché non sparirono dietro un angolo e lui riprese a fumare la sua sigaretta.
Anatol' era stato colto da un senso di nausea quando aveva incrociato lo sguardo di quel ragazzo e aveva avuto una fitta al cuore quando aveva sentito Natal'ja rabbrividire.

Le strinse una mano e lei gli sorrise debolmente, ma le ombre le sparirono dagli occhi quando Tolik le diede un bacio su una guancia e le sussurrò, in un soffio che le si fermò sulla pelle:
-Будет всё хорошо, любимая-

Budet vsyo khoroshò, lyubimaya.
Andrà tutto bene, amore mio.


Rostov-sul-Don, 3 dicembre 2036


I got to confess
Sometimes I'm a mess
And sometimes I step out of line
Like this old tattoo
I ain't shiny or new
With you by my side nothing matters

They can say it's blind love
But it's a fool who don't believe
That I'd fly all the way to the moon
Just to walk you down your street


Devo confessarlo
A volte sono un disastro
E a volte faccio un passo fuori dalla linea
Come questo vecchio tatuaggio
Non sono splendente o nuovo
Con te al mio fianco niente importa

Gli altri possono dire che è amore cieco
Ma è un folle chi non crede
Che volerei fino alla luna
Solo per camminare lungo la tua strada

(Save The World, Bon Jovi)


-Che cos'è?-
Natal'ja guardò Anatol' con occhi scintillanti e pieni di aspettative, ma lui scosse la testa, con un sorriso misterioso e uno sguardo criptico.
-Non lo senti?- la prese velatamente in giro, e Al'ja dapprima sgranò gli occhi, poi per tutta risposta gli tirò una gomitata.
Avevano attraversato il parco Skazka per arrivare lì, e ora erano davanti a un grande edificio bianco.
-Leggi lì-
Tolik le indicò l'insegna che campeggiava in cima alla facciata, e a Natal'ja mancò il fiato.
Ice Arena.
Quella era la pista di pattinaggio coperta di Rostov.
-È... Davvero... Posso... Andiamo...
Entriamo?-
In che altro posto avrebbe potuto portarla?
Nient'altro al mondo l'avrebbe resa più felice.
-Ma Tolik, non ho i pattini!- si ricordò Al'ja un attimo dopo, e la delusione le riempì gli occhi chiari.
-Non preoccuparti, David ha detto a Jakov di metterteli in valigia-
-Che però è in albergo-
-Jakov?-
-La valigia-
-Ah...-
-Appunto-
-Torniamo a prenderli?-
-No, dai, per adesso mi basta entrare a vedere. Dev'essere meravigliosa...-
-Già...-
-Oh, grazie!-
Al'ja gli gettò le braccia al collo così improvvisamente da farlo quasi barcollare -era uno scricciolo, ma l'entusiasmo di una pattinatrice siberiana, e precisamente di una campionessa, era quanto di più incontenibile esistesse al mondo-, e quando la strinse a sé sentì il fuoco sotto la pelle e una felicità tanto assoluta da stordirlo, perché era il suo sogno, Natal'ja L'vovna Puškina, il sogno di un ragazzo che aveva sempre sognato solo l'onore.
Era come se si fossero scambiati gli equilibri.

Tolik con Al'ja riusciva a malapena a camminare, mentre lei acquisiva sulla strada la stessa sicurezza che aveva sul ghiaccio ogni volta che lui le teneva la mano.

Natal'ja aveva contemplato a lungo la pista dell'Ice Arena con aria sognante, e di nuovo i suoi occhi erano un tuttuno con il ghiaccio, il suo unico regno, che le apparteneva anche se in quel momento non poteva pattinare.
Lei sapeva volare lo stesso, Anatol' l'aveva vista.

-Oggi pomeriggio ci torniamo con i tuoi pattini- le promise, stringendole una mano.
-E tu?-
-Io ti aspetto.
E cerco di respirare-
Al'ja scosse la testa, ora più incantata da lui che dal ghiaccio, e quando Tolik le sorrise, un po' dolcemente e un po' intimidito, perché lei aveva occhi troppo abbaglianti e una gioia troppo intensa dipinta sul viso, lo baciò come se ci fosse stato solo il ghiaccio a testimoniare quanto impazzisse per quel Cosacco.
-Non abbiamo un altro posto dove andare?- gli sussurrò all'orecchio, e lui parlò prima di rendersi conto che lo stava dicendo ad alta voce.
-Possiamo andare a casa mia...-
L'Ob' era tornato a scorrere negli occhi di Natal'ja, e Anatol' non sapeva più dove fosse finita la corrente del Don.
Lui non sapeva dove andassero a finire tutti i fiumi, sapeva solo che il suo amore non poteva finire.
E le storie dei Cosacchi, ma non gli servivano in quel momento.
-Andiamo a casa tua...-
-No, andiamo a prendere le tue cose in albergo.
Stanotte stai a casa mia-
Il giorno dopo lui sarebbe dovuto tornare in Accademia.
Ma solo il giorno dopo.


Building a house of fire, baby

Buildin' it with our love

We are buildin' a house of fire every time we touch

We are building this house together, baby

Standing on solid ground

We are building a house of fire that you can't tear down


Stiamo costruendo una casa di fuoco, tesoro

La stiamo costruendo con il nostro amore

Costruiamo una casa di fuoco ogni volta che ci tocchiamo

Stiamo costruendo questa casa insieme, tesoro

Su un terreno solido

Stiamo costruendo una casa di fuoco che non si può abbattere

(House Of Fire, Alice Cooper)


[...]


I'd fight for one kiss
On a night like this


Combatterei per un bacio
In una notte come questa

(Save The World, Bon Jovi)


Anatol' aveva due piccoli tatuaggi, uno per spalla.
Sulla destra aveva la bandiera di Rostov, il tricolore azzurro, giallo e rosso, colori che rappresentavano rispettivamente i tartari, i calmucchi e i russi, ma anche tutti i Cosacchi.
Sulla sinistra, invece, c'era lo stemma dell'atamano dell'Onnipotente Armata del Don in vigore dal 1918 al 1920, rappresentante uno scudo rotondo posato su una pelle in campo azzurro, con un cervo delle steppe trafitto all'interno e la scritta Всевеликое Войско Донское
(Vsevelikoye Voysko Donskoye, Onnipotente Armata del Don) incisa nel bordo giallo-oro.
Dietro lo scudo c'erano due aste incrociate, anch'esse giallo-oro, con il caratteristico
bunchuk, la coda di cavallo, simbolo dell'autorità militare, e una bulava (mazza) posta in palo, simbolo dell'autorità civile.
Era tutto quello in cui credeva, la sua città e i Cosacchi del Don.
Natal'ja li aveva sfiorati più volte, dopo avergli tolto la maglietta, e non aveva avuto bisogno di spiegazioni, perché conosceva il loro significato e soprattutto sapeva cosa significassero per lui.
Lei quel giorno indossava quei famosi collant di pizzo bianco che avevano tanto turbato l'innocenza di Anatol', e finalmente l'aspirante eroe Cosacco aveva capito cosa significava
"srotolarli in privato".
-Adesso hai capito che trauma possono essere?-
-Anche per me...-
-Tu avevi uno sguardo allucinato, quel giorno-

-Adesso ti sembro molto più lucido?-
-Adesso non mi servi lucido, любимый-
-Non scherzare troppo con me, любимая...-
-Perché no? Vogliamo parlare del rapporto qualità prezzo, invece? In questo momento sembri proprio il cervo delle steppe trafitto dello stemma dell'atamano-
-Ricordati di quanto mi hai mancato di rispetto oggi, quando
io sarò atamano-
Tolik fece scorrere le dita fra i capelli chiarissimi di Al'ja, e la pattinatrice gli rivolse uno degli sguardi adoranti a cui lui non si sarebbe mai abituato.
-Tu ricordati di me e basta-


I don't need no license
To sign on no line
And I don't need no preacher
To tell me you're mine
I don't need no diamonds
I don't need no new bride
I just need you, baby
To look me in the eye

Now there's a million questions
I could ask about our lives
But I only need one answer
To get me through the night

Non ho bisogno di nessuna licenza
Non ho bisogno di firmare su nessuna riga
E non ho bisogno di nessun predicatore
Che mi dica che sei mia
Non ho bisogno di diamanti
Non ho bisogno di una nuova sposa
Ho solo bisogno di te, tesoro
Che mi guardi negli occhi

Ora ci sono un milione di domande
Che potrei fare sulle nostre vite
Ma ho bisogno di una sola risposta
Che mi permetta di superare la notte
(Living In Sin, Bon Jovi)


[...]


I said: "Hey, I'll be alright"
'Cause I know that someone somewhere is gonna say those words tonight

Ho detto: "Ehi, starò bene"
Perché so che qualcuno da qualche parte dirà queste parole stanotte
(Does Anybody Really Fall In Love Anymore, Bon Jovi)


Note


Buona domenica a tutti! :)

Finalmente sono riuscita a finire anche questa seconda parte!

Avrei potuto continuare ancora per una decina di pagine, ma essendo già trentacinque non mi conveniva, e non è venuto tutto esattamente come l'avevo previsto, ma ne sono abbastanza soddisfatta, dai ;)

Spero tantissimo che vi sia piaciuto! Sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate ;)

Vi lascio il video di Only Lonely dei Bon Jovi, la canzone di Tolik e Al'ja, nel caso vi andasse di sentirla ;) Only Lonely

E qui c'è un piccolo album con l'unica foto che ho trovato che si avvicini alla mia immagine di Anatol', lo stemma dell'atamano dell'Onnipotente Armata del Don dal 1918 al 1920 e la bandiera di Rostov-sul-Don, i due tatuaggi di Tolik ;) Anatol'

Detto questo, ancora buona domenica e a presto! :)

Marty


  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Natalja_Aljona