Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Sefilide    01/01/2009    2 recensioni
Ma i miei pensieri erano tutti posti su una sola domanda: Come mi sarei presentata quel primo giorno a scuola? Non potevo di certo andare in giro per la scuola dicendo “Salve io sono Elaisa Allen. Sono una vampira, ho circa 17 anni….” La storia era poco credibile, -oltre che una totale pazzia. Mi avrebbero presa per pazza, o peggio, creduta e a quel punto sarei diventata un mostro agli occhi di tutti- e in più non era nel mio carattere.
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Spero vi piaccia^^ commentate però vi prego. Nuova vita?

Nuova vita?

 Come previsto mi ritrovavo sola in quella piccola e modesta casa che avevo appena comperato. Non ero abituata a tanta solitudine. In più avevo fame e non mi era facile mangiare non sapendo nemmeno dove andare a pescare il mio nutrimento. Non conoscevo negozi ne sapevo cosa fare in casi simili. La mia più grande paura era che scappando di casa avrei aizzato l’ira nel cuore di mio padre. Come non capirlo. Sua “figlia” scappa di casa dopo tutto il tempo passato insieme. il fatto è che mi ero stancata. I loro modi altezzosi, le loro maniere, tanto educate quando pericolose, non erano parte di me, ne del mio mondo. La mia casa non era poi così piccola. Era un appartamento singolo, con un letto, un bagno, una cucina e un piccolo salone-sala da pranzo. Non avevo un posto per gli ospiti, anche se non credo ne avrei mai avuti a casa mia. La mia stanza, quella in cui ero seduta ad osservare tutto al di là della finestra, aveva un non so che da bambina. Le pareti erano dipinte di un particolare viola bluastro che predominava in gran parte della casa. Al centro della stanza c’era il letto e accanto ad esso una scrivania con sopra un computer portatile e una connessione internet sicura - per poter comunicare con i miei fratelli che sapevano della mia fuga-, di fronte alla scrivania vi era una piccola libreria, comoda per mettere i miei numerosi libri e accanto ad essa la finestra e la mia bellissima poltrona bianca che quasi stonava con il colore delle pareti, ma era il posto più comodo di tutta la casa.
“Casa “ non credevo avrei mai chiamato così un piccolo buco nel quale mi ero rifuggita per scappare da coloro che mi consideravano una minaccia. Per loro non ero altro che uno strumento pericoloso, tenuta sotto stretto controllo ventiquattro ore su ventiquattro. Eppure loro erano la mia famiglia, e lasciarli mi era costato tanto.
Passai la notte a guardare il cielo. Il giorno dopo avrei avuto scuola e non me la sentivo di mettermi a letto. Non ne sentivo il bisogno, non ero stanca. Ma affamata si e anche tanto.
Quella stessa mattina arrivo lenta e inesorabile. Ogni minuto, ogni secondo, erano per me una angoscia. Il solo pensiero di essere trovata e di ritornare con i Volturi mi faceva rabbrividire. Ormai però era mattina e dovevo andare a scuola. Mi ero iscritta a l’unica scuola disponibile nel piccolo paesino di Forks, l’unica scuola che avevo avuto il piacere di notare in quella cittadina. Dopo una nottata tanto bella era sicura che la giornata lo sarebbe stata altrettanto ma mi sbagliato. Il cielo era nero, carico di pioggia. Non che la cosa mi desse fastidio, anzi, ma quella atmosfera mi faceva quasi pentire di non aver comprato una macchina per arrivare fino a scuola. Avevo con me solo la mia bellissima bicicletta, spostarmi inosservata per me non era mai stato un problema, ero agile, scattante e soprattutto molto tranquilla.
Uscendo di casa avevo visto passare una ragazza con un pick-up arancio, speravo non si dirigesse alla mia stessa scuola, anche se la direzione era la stessa. Sarei di sicuro arrivata prima io e, a quel punto, dovuto spiegare troppe cose. Finsi di non averla vista e iniziai la mia corsa verso la scuola. Passai per la foresta. Questa portava da casa mia al grande plesso composto da molte case una affianco all’altra, non mi aspettavo di trovarla così.
Orientarmi tra la folla non mi sarebbe di sicuro risultato facile, per questo arrivai un po’ in anticipo. Già il giorno prima mi ero recata lì per ritirare i libri e una cartina della scuola per orientarmi. Parte del pomeriggio prima lo avevo passato a studiarla cercando ci capire quali erano le strade migliori per arrivare nella aule. Le uniche due che ero riuscita ad imparare erano il laboratorio di arte e la sala da pranzo, per il resto ero ancora una principiate.
Alla prima ora avevo storia. Una bella materia, sarei di sicuro stata la prima della classe. Mio…”padre” ci teneva alla mia istruzione scolastica quindi non avrei avuto problemi. Ma i miei pensieri erano tutti posti su una sola domanda: Come mi sarei presentata quel primo giorno a scuola? Non potevo di certo andare in giro per la scuola dicendo “Salve io sono Elaisa Allen. Sono una vampira, ho circa 17 anni….” La storia era poco credibile, -oltre che una totale pazzia. Mi avrebbero presa per pazza, o peggio, creduta e a quel punto sarei diventata un mostro agli occhi di tutti- e in più non era nel mio carattere.
Riuscii a passare inosservata nel corridoio, un bel vantaggio per me, ma non sarebbe di sicuro stato lo stesso in classe. Come prevedibile non fui la prima ad entrare, mi ero persa poco prima a cercare la classe. Entrai con testa bassa, un po’ ristretta su me stessa. Mi sentivo osservata. Ventuno alunni mi guardavano ammaliati come se avessero per la prima volta visto una ragazza. Il brutto di essere un vampiro è che solitamente si è dotati di una straordinaria bellezza, e anche se io mi ritenevo la più brutta, sembrava che la mia classe non pensasse lo stesso di me. Ero una ragazza non troppo alta per la mia età, capelli castano chiaro sempre lisci e portiti sciolti sulle spalle, abbastanza magra ma non eccessivamente, occhi verdi –o almeno così sembravano per le lenti a contatto che indossavo- viso aggraziato e dolce candido come la neve e ,soprattutto, pelle fredda come il ghiaccio. Il professore si avvicinò a me, cercò di posarmi una mano sulla spalla ma la evitai - non mi lasciavo toccare e avevo le mie buone ragioni-. I ragazzi rimasero sorpresi quando evitai la mano del professore e come si fa in una piccola città, iniziano a spettegolare tra di loro. Il mastro riattirò l’attenzione della classe con un colpo di tosse per poi passare a presentarmi.
<< Lei è Elisa Allen… >>
<< Elaisa >> corressi interrompendo il suo discorso, ma non ci volle molto prima che ricominciasse a parlare
<< Si giusto….Elaisa Allen. Si è iscritta a questa scuola proprio ieri quindi siate buoni con lei >> lasciò qualche minuto di pausa - il tempo necessario ai ragazzi per iniziare a commentare il mio comportamento - poi continuò << Bene! Allora….credo proprio che si dovrà sedere da sola qui davanti! >> esclamò il professore. Non mi feci ripetere due volete la cosa e mi sedetti senza proferire parola. Non ascoltai molto la spiegazione del professore. Prima guerra mondiale non c’era niente di più facile e noioso. Passai l’intera ora a fare disegni sul mio quaderno bianco. Il professore mi guardava di tanto in tanto con aria infastidita dal mio comportamento, ma non ci potevo fare niente, sapevo tutto a memoria. Aspettai con ansia il suono della campanella. Il tempo sembrava non passare mai e più della metà della classe non mi toglieva gli occhi di dosso. Io ero il nuovo giocattolo in quel asilo, la novità che stuzzicava gli animi degli altri.
L’attesa angosciante però finì presto e finalmente potevo dirigermi verso l’unica aula di cui conoscevo l’ubicazione: laboratorio di arte. Non mi ritenevo un nuovo Raffaello o Giotto ma ero brava e lo sapevo. Non riuscii nemmeno ad alzarmi dal banco che mi ritrovai addosso quattro ragazzi che si offrivano di portarmi i libri. Parlavano insieme contemporaneamente. Portai le mani alle orecchie per non sentirli quando notai che iniziarono a litigare tra di loro su chi aveva la precedenza. La mia occasione. Scivolai via dalla classe senza farmi notare e mi diressi con aria tranquilla all’aula di arte, ma proprio poco prima che riuscissi a mettervi piede, una mano si posò sulla mia spalla. Una ragazza dall’aspetto dolce e cordiale si era avvicinata a me forse per fare amicizia. Non sembrava essere tanto più grande di me, forse un anno, era davvero bella. In lei c’era qualcosa di strano che mi faceva quasi sentire come a casa, ma non fu lei a sorprendermi più di tutti. Accanto a lei, un ragazzo, alto, bellissimo, capelli bronzei e occhi color oro fuso. Occhi particolari, occhi come i miei. Un vampiro? No non ne ero certa. Non potevo azzardare tanto!
La ragazza continuava a guardarmi sorridendo, mentre il ragazzo al suo fianco mi fissava come per studiarmi.
<< Ciao io sono Bella e lui è Edward! >> esclamò la ragazza sorridendo
<< Io….Io sono Elaisa Allen .>> . Il mio volto freddo e candido non si scompose. Rimasi tranquilla ma risposi con una certa aria di timidezza
Bella notò all’instante la vena di timidezza e paura nella mia risposta e cercò di farmi sentire a mio agio continuando a parlare
<< Quindi sei nuova di qui? Sei la nuova cavia dei ragazzi di questa scuola >>
<< In effetti… >>risposi a bassa voce quando notai che il ragazzo, Edward, si allontanava da noi dopo aver dato un bacio a Bella. Questo significava soltanto una cosa. Il ragazzo dal viso perfetto non poteva essere un vampiro. Un vampiro non può amare un essere umano, o almeno questo mi avevano insegnato i Volturi.
<< Entriamo? >> chiese Bella dolcemente
Non ebbi nulla da obbiettare e entrai in classe al seguito di lei. Cercai di scappare alla presentazione andandomi a mettere subito a sedere, ma la professoressa di accorse subito di me e, come durante l’ora di storia, mi ritrovai addosso lo sguardo di metà classe.
La lezione non era particolarmente difficile. La professoressa voleva che noi facessimo una copia più simile possibile alla Venere di Botticelli. Non mi ci volle molto a finire il disegno, avevo anche tentato di sbagliare qualcosa –il problema dei miei disegni è che poi finivano con l’essere la copia precisa dell’originale- per cercare di evitare le simpatie della professoressa. Non volevo essere la cocca della maestra, mi sarei sentita troppo osservata. I volturi mi avevano fatta diventare così. Erano gentili l’uno con l’altro, tranne che con me. Io ero il giocattolo di Demetri e nessuno mi si poteva avvicinare senza il suo permesso- che logicamente non concedeva mai-. L’unico che si avvicina a me di tanto in tanto era Marcus. Quando vedeva che Demetri mi trattava troppo male interveniva in mia difesa. Era stato proprio lui ad aiutarmi a fuggire da Demetri. Se Aro lo fosse venuto a sapere Marcus sarebbe finito nei guai, questo era uno dei motivi per il quale non volevo tornare a casa.
Continuai la lezione guardando di tanto in tanto Bella che a scuola volta faceva la stessa cosa. Il tempo passò veloce e per mia sfortuna non riuscii a finire il disegno. Quando suonò la campanella scattai all’inpiedi, feci un cenno di saluto a Bella e uscii dalla classe dirigendomi verso la prossima aula. Passai la mattinata a seguire lezioni noiose cambiando da aula ad aula e subendo sempre la stessa identica umiliazione di presentarmi all’intera classe. Però finalmente arrivò l’ora di pranzo.
La sala da pranzo era grande e c’erano tutti gli studenti riuniti a grandi gruppi intorno ai tavoli.
Presi una mela da mangiare, ma ci giocavo solamente. Si avevo molta fame, ma ero anche un vampiro, non potevo sperare di mangiare una mela. Il mio viso era solcato da profonde segni simili a lividi intorno agli occhi – coperti da del trucco logicamente-. Era il segno che avevo fame e che non mangiavo da troppo tempo. Eppure anche a scuola riuscivo a trattenermi dal mordere i ragazzi- era un grande sacrificio ma era fattibile-
Dal tavolo in cui ero seduta da sola osservavo gran parte della mensa e subito mi saltarono all’occhio Edward e Bella seduti ad un tavolo con un’altra ragazza da un lato e un gruppetto di ragazzi dall’altro. Nel mezzo c’era una specie di confine invisibile che li divideva.
Edward di tanto in tanto si girava a guardarmi e io cercavo di scostare lo sguardo. In un certo senso il comportamento di Edward mi spaventava e intimoriva, esattamente come quello di Demetri, ma Bella, con quei suoi modi di fare, sembrava quasi addolcirlo verso di me.
<< Bella lo avrai notato anche tu… >>Sussurrò Edward alla ragazza. Peccato che non sapesse che lo potevo sentire << …è una vampira lo si capisce subito >>
<< Non dare giudizi affrettati Edward. Forse ti puoi anche sbagliare >>Rispose bella con calma guardando il ragazzo
Non ci volle molto prima che anche la seconda ragazza intervenne. Dai discorsi precedenti avevo capito che si chiamava Alice e che in qualche modo era imparentata con Edward, ma non sapevo di più.
<< Secondo me dobbiamo conoscerla prima di giudicarla >> aggiunse Alice
<< Alice è una vampira! >>
<< E cosa significa questo? Io sono una vampira, tu sei un vampiro, bella vuole essere una vampira…. >>
<< Potrebbe essere malvagia >>
<< Edward tu pensi troppo! >> esclamò Alice sempre sottovoce
Non ci volle molto prima che la situazione iniziò a degenerare e Edward e Alice iniziassero a litigare sulla mia natura. Intanto io però mi ero stancata di stare seduta senza fare niente e decisi di uscire seguita poco dopo da bella che si portò al mio fianco mentre camminavo
<< Elaisa cosa hai all’ultima ora? >>
<< Educazione Fisica >> risposi mantenendo sempre quell’aria di timidezza presente in me. Bella ne rimase sorpresa, avevamo l’ultima lezione insieme.
<< Vieni ti accompagno! >> esclamò infine conducendomi con lei verso la palestra
Mentre camminavamo non riuscivo a togliere gli occhi di dosso a Bella. Era simile a me. Stesso colore di capelli, pelle chiara ed eravamo più o meno della stessa altezza. Però lei aveva un qualcosa di strano che mi attirava a lei. Non avevo voglia di passare l’ora in palestra, soprattutto contando che se avessi colpito una palla sarebbe finita dall’altra parte della scuola. Dovevo inventarmi una scusa che non comprendesse la palestra e a quanto avevo capito dal discorso di prima Alice ed Edward erano vampiri quindi Bella doveva per forza sapere della nostra esistenza. Mi allontanai da lei di qualche passo poi mi fermai. Mi feci un po’ di coraggio poi iniziai a parlare stringendo i pugni.
<< Bella… >> le lasciai il tempo di girarsi prima di continuarne a parlare << …Edward ha ragione. Io sono una vampira, ma ti prego non glielo dire….non lo dire a nessuno. >>
Per mia fortuna eravamo sole. Bella mi guardò con aria mista tra preoccupazione e sconcertamento. Forse non si sarebbe aspettata una confessione così all’improvviso, ma non potevo fare altro. Avevo fame, non conoscevo nessuno e lei mi sembrò la mia unica via di salvezza in quel momento.
<< P…perché me lo hai detto? Perché a me? >> chiede un po’ balbettando. A quanto pare era spaventata, la capivo. Potevo essere malvagia e ormai il trucco da gli occhi se ne era andato. Se fosse stata abituata a stare con i vampiri si sarebbe accorta della mia fame.
<< Scusami Bella….è che non… .>> ero troppo dispiaciuta per averla fatta spaventare sospirai voltandomi e iniziando ad incamminarmi verso casa. Bella non mi fermò, perché avrebbe dovuto? Ormai per lei ero di sicuro una minaccia.
Non ci volle molto per arrivare a casa. Buttai la borsa con i libri per terra e mi avvicinai al letto prendendo in mano il pc. Era da un po’ che non scrivevo a Marcus. Dovevo farmi sentire o si sarebbe di sicuro preoccupato troppo per me. Devo dire la verità, il rapporto tra me e Marcus era più di una semplice amicizia. Non fu lui a mordermi, ma fu lui il primo a proteggermi quando Demetri mi maltrattava. Iniziai la mia lettera in un modo particolare. Non sapevo che scrivere. I messaggi dovevano essere veloci e piccoli. Non potevo perdermi in chiacchiere inutili. Le nostre vite erano entrambe in grande pericolo.

Marcus,
sono arrivata sana e salva in una piccola cittadina in America. Ho conosciuto un ragazzo, anche lui è un vampiro ma non sembra fidarsi di me. Forse è un bene. Mi manchi e mi dispiace per averti messo in questo guaio. Mi farò perdonare
Elaisa

 Forse ero stata troppo sentimentale in quella lettera. Ma come nasconderlo: Marcus mi piaceva. Molti anni in più di me, ma era stato tanto buono, non poteva non piacermi. Mi aveva difesa più di una volta dalle accuse di Aro e Demetri e dopo aver perso la sua ragazza per colpa di Aro non intendeva vedermi fare una fine simile.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Sefilide