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Autore: bloop    10/05/2015    2 recensioni
Cosa succede quando Roma incontra la Romagna? E quando un turista - prendiamone ad esempio uno qualunque, chiassoso ed espansivo - si prende una cotta per una barista, ma ha solo tre settimane di tempo a disposizione da trascorrere con la sua bella?
Aggiungiamoci una piccola migliore amica intenzionata ad evitare cuori spezzati, un silenzioso migliore amico che non riesce a stare zitto davanti ad un'ingiustizia, un ragazzo fin troppo socievole e innamorato e concludiamo con una coppia di gemelli eterozigoti dotati di lingua pungente.
Ventuno cappuccini del buongiorno al Bagno Girasole basteranno ad intrecciare tutte queste vite? Scommetto che avete già intuito la risposta.
«È carino».
«Ninì...»
«Sì?»
«Vacci piano».
«Non vado proprio da nessuna parte, sto solo dicendo che è carino. Non ho intenzione di farci cose né di innamorarmi o di sposarlo o...»
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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- Come ti sconvolgo la vita in tre settimane -


9. Giorno ottavo

 

Dopo il temporale del giorno precedente su Cesenatico era tornato il bel tempo e i turisti si precipitarono in spiaggia già dal primo mattino, per recuperare il sole perso a causa del mal tempo.
Anita era già carica di lavoro: faceva caffè e li portava ai tavoli, farciva tramezzini, caricava la lavastoviglie e scriveva il menù per il pranzo sulla lavagnetta da esporre fuori dal bar; Michele intanto finiva di sistemare i lettini e gli ombrelloni sulla spiaggia, accompagnando i bagnanti che erano già arrivati. Agnese non si era ancora fatta viva, ma Anita era certa che non avrebbe tardato tanto, d'altronde la sua amica non ingranava la marcia senza il suo cappuccino del buongiorno con una spolverata di cacao. Sospirò, già stanca e provata dal caldo umido che entrava dalle porte a vetri spalancate; alzava lo sguardo ogni volta che vedeva passare qualcuno, sperando che Sebastiano non tardasse troppo a palesarsi. Il giorno prima non aveva più ricevuto suoi messaggi e aveva passato tutto il pomeriggio a chiedersi se avesse detto qualcosa di sbagliato o se fosse successo qualcosa a lui o a qualcuno dei suoi amici. Forse aveva esagerato ed era stata troppo precipitosa, oppure si era arrabbiato perché lei aveva passato del tempo con Elia, oppure si era già stancato di lei. Fece una smorfia sofferente e appoggiò l'ennesima tazzina sul vassoio, rischiando di rovesciarne il contenuto quando vide una chioma bionda affacciarsi al bar. Il suo cuore prese a battere più velocemente, salvo poi rallentare di botto quando lei mise a fuoco la faccia di Elia.
«Ciao» lo salutò; la sua voce era lievemente sporcata da una vena di delusione.
«È venuto fuori un gran bel sole», il ragazzo si avvicinò al bancone e appoggiò gli avambracci al piano, guardandola fissa negli occhi.
Anita arrossì un poco e annuì febbrilmente, per poi voltarsi di schiena e riprendere il suo lavoro con gesti automatici.
«Sta arrivando» mormorò Elia, con un sorriso sulle labbra, che si ampliò quando capì di aver fatto centro, «Ieri si è arrabbiato con me perché non è riuscito a vederti» continuò.
Anita boccheggiò e arrossì ancora di più, «Davvero?» balbettò, posizionando quattro tazzine sotto il getto di caffè.
«Sicuro! Senti, prepareresti un caffè anche a me?»
La ragazza annuì e si mordicchiò il labbro inferiore. Voleva vederla e si era arrabbiato perché non era riuscito a passare del tempo con lei e il suo amico invece sì. Questo significava che non si era arrabbiato né stufato e stava arrivando al bagno e da quel momento il sorriso non abbandonò mai le sue labbra.

Sebastiano camminava velocemente inveendo contro Elia, che ancora una volta era sceso in spiaggia per conto suo e ci poteva scommettere le palle che stava chiacchierando amabilmente con la sua Anita. Leonardo ridacchiava e seguiva l'amico con il sorriso sulle labbra, il cuore leggero e un libro nello zaino; aveva già deciso che quella mattina avrebbe fatto compagnia ad Agnese sul terrazzo del Girasole, perché davvero ne aveva voglia e aveva pensato a lei tutto il giorno precedente, mentre fingeva di ascoltare le lamentele di Sebastiano, gli improperi di Tommaso e le cattiverie di Elisabetta.
Quando arrivarono al bagno, Anita stava portando un vassoio ad un tavolino, così Sebastiano approfittò di quel momento di distrazione per sgusciare nel bar e sedersi ad uno sgabello. Se c'era una cosa che aveva imparato di Anita era che non si accorgeva mai di chi aspettava al bancone finché non ci si trovava davanti a chiedere che cosa potesse servigli. Quella, però, doveva essere davvero una giornata speciale, perché dopo appena un minuto che era seduto sentì qualcuno abbracciargli le spalle da dietro.
Sorrise apertamente e si alzò, voltandosi e avvolgendole la vita con un braccio.
«Ciao» la salutò, lasciandole poi un leggero bacio sullo zigomo, «Ieri credevo di impazzire» confessò, inclinando la testa di lato e regalandole un sorriso a trentadue denti, «Come stai?»
Le accarezzò una guancia e la vide arrossire intensamente. Era così bella da togliergli il fiato e non sapeva proprio che cosa lo trattenesse dal baciare quelle labbra sottili e rosa, che sembravano dolci e morbide.
«Sto bene, ho appena finito di preparare settanta caffè e diciotto cappuccini», ridacchiò e lo fissò negli occhi, mordendosi l'interno della guancia.
«Cazzo se hai da fare oggi! Troverai un minuto per me, signorina?» le chiese speranzoso e sorrise apertamente quando lei annuì e gli accarezzò la guancia.
«Ovviamente» confermò, per poi baciargli dolcemente la guancia e allontanarsi dall'abbraccio per tornare al suo lavoro. Non appena fu lontana dal corpo di Sebastiano, però, sentì l'impulso di tornare fra le sue braccia, già ne sentiva la mancanza.

Quando Agnese arrivò, aveva un muso talmente lungo che ad Anita venne spontaneo incolpare Davide.
Si arrampicò come sempre su uno sgabello libero al bancone, poi prese a dondolare i piedi proprio come una bambina. Era il genere di comportamento che era solita evitare, per non sembrare ancora più piccola di quanto già sembrasse, e il fatto che non se ne stesse preoccupando significava solo una cosa: umore ai minimi storici.
Salutò l’amica con un sospiro e uno sbadiglio, a cui quella rispose posizionandole di fronte il solito cappuccino del buongiorno - nella speranza che lo diventasse, un buon giorno.
«Che succede?» le chiese dunque, con una punta di preoccupazione.
Agnese sbuffò e scosse leggermente il capo. «Mia madre. Mia sorella. Io.»
"Il ciclo" tradusse mentalmente Anita, trattenendosi dall'alzare gli occhi al cielo. Non c'era modo di raddrizzare una giornata iniziata storta, se Agnese era in quel periodo del mese. Niente e nessuno.
«Oh» disse solo, infatti. Quasi temeva di pronunciare qualunque altra parola, conoscendo la sua instabilità emotiva. «Be', vuoi dell'altro zucchero?»
Un altro sospiro affranto. «No, sono a posto così».
Per un attimo sembrò che avesse finito, ma quello successivo Agnese riprese a parlare in tono sommesso e lamentoso: «Tanto tra poco me ne andrò di sopra a morire di caldo e cercare di studiare per un esame che non passerò mai. Non so nemmeno perché mi sia iscritta all'università, farò la cameriera a vita...»
A quel punto Anita proprio non riuscì a non roteare gli occhi. «Se studi, passi gli esami. Se non studi, non li passi. No, non farai la cameriera a vita. Con tutto quest'ottimismo mi farai scappare i clienti!»
Agnese stiracchiò un piccolo sorriso, scese dallo sgabello e afferrò la tazza, per poi uscire lentamente dal bar.
«Più tardi ti porto la merenda!» le gridò dietro Anita, che in risposta ottenne solo l'ennesimo sospiro.

Quando mise piede sul terrazzino per poco non le cadde tutto di mano: al suo tavolino - l'unico - c'era Leonardo, seduto su una delle due sedie. Era assorto nella lettura di un libro enorme, che incuriosì Agnese e la fece avvicinare.
«Cosa leggi?»
Leonardo sobbalzò e per poco non cadde dalla sedia, poi si ricompose e si schiarì la voce, chiudendo il volume e mostrandole la copertina.
«Il Signore degli Anelli» disse, per poi alzarsi e aiutarla con la borsa e il cappuccino.
Lei lo ringraziò con un sorriso imbarazzato e un paio di guance rosse che la facevano sembrare una ragazzina delle medie di fronte alla sua prima cotta.
«Immagino tu debba studiare. Ti do fastidio se resto qui a leggere?» La parlantina di Leonardo era rara almeno come la neve ad agosto, ma quando arrivava il suo turno era una gioia per chi lo ascoltava.
«È incredibile questo posto! C'è ombra, tira un po' di vento e non ci sono amici o persone moleste»
Agnese ridacchiò, completamente d'accordo sull'elenco dei pregi del suo nascondiglio non più tanto segreto. Se Anita fosse lì le direbbe di farsi avanti, perché in fondo non aveva niente da perdere; ma Agnese non era Anita e quando si trattava di ragazzi la loro tattica era ben diversa: Agnese aspettava in difesa, sempre pronta a scappare o a svicolare; Anita si lasciava travolgere e non aveva paura di rimanere ferita.
Sorridendo lievemente si sedette sulla sedia accanto alla sua, lo sguardo basso e un'imprecazione bloccata da un morso alla lingua quando inevitabilmente picchiò il piede contro una gamba del tavolo. Estrasse libro e quaderno, una matita e si sistemò nella maniera più ordinata che poté, a dispetto della solita esplosione di disordine che caratterizzava il suo tavolino. Gli bastò aprire il libro di sociologia per rendersi conto che con Leonardo seduto accanto non sarebbe riuscita a studiare una sola riga; era troppo attenta a cogliere ogni suo movimento, ascoltare il suo respiro, pronta a inorridire in caso di sbuffi o sospiri.
Non smetteva di darsi della stupida: perché non poteva concentrarsi sul libro e basta? Da un lato le sarebbe piaciuto avere uno straccio di motivo per essere così agitata, anche il più piccolo segno di interesse da parte sua sarebbe stato ben accetto, dall'altro era spaventata dalle sue stesse reazioni. Lui le piaceva e negarlo era ormai inutile; nasconderlo presto sarebbe diventato impossibile, specie ora che lo ammetteva a se stessa: avrebbe cominciato ad arrossire anche solo al sentirlo nominare, a sentirsi autorizzata a pensare a lui. Sbagliato, sbagliato, sbagliato! Si stava solo facendo del male. Sospirò silenziosamente e, conscia del fatto che non sarebbe mai riuscita a studiare, si limitò a fissare la pagina, aspettando che succedesse qualcosa.
Quel qualcosa non tardò ad arrivare: Leonardo sbuffò e si sventolò il segnalibro davanti alla faccia. «Ma che caldo fa?» ansimò, voltandosi a guardare Agnese, che scrollò le spalle.
«Non è nemmeno così caldo rispetto al solito» rispose con voce incerta.
Lui lasciò cadere la testa all'indietro e gemette piano, facendo sì che la ragazza arrossisse ancora di più e i suoi pensieri prendessero direzioni non esattamente indicate a quella situazione.
«Seba sta andando all'attacco» continuò lui, tornando a guardare la passerella sotto di loro, lungo cui stava camminando il suo amico, direttosi al bar subito dopo aver appoggiato lo zaino e la maglietta all'ombrellone.
«Non fa altro che parlare di lei, sai? A volte è insopportabile, però devo ammettere che non l'ho mai visto così preso da qualcuna».
Agnese sgranò gli occhi e lo guardò sorpresa, mentre lasciava perdere definitivamente gli appunti.
«Ninì ha avuto altre storie serie?»
Fu a quel punto che Agnese si insospettì del motivo per cui lui si trovava lì: era forse in cerca di informazioni?
«Niente di serio» mormorò con distacco, salvo poi commettere l'errore di guardarlo e sorprenderlo a fissarla con sguardo indecifrabile.
Sgranò leggermente gli occhi per la sorpresa e tornò alla contemplazione del proprio libro, con le guance un po' più rosse di prima. «E t- lui?»
Ennesima figuraccia, complimenti Agnese!, si rimproverò, mordendosi l'interno della guancia come suo solito. Ecco un altro sintomo della sua presa di coscienza: l'imbarazzo l'avrebbe spinta a dire e fare un sacco di cose stupide.
Leonardo, dal canto proprio, aveva notato l' "e tu?" che Agnese aveva cercato di ingoiare. Gli tornò in mente Samanta solo per un istante, poi cacciò il pensiero dando un'occhiata al mare mosso. Quella era stata una storia seria, forse, ma una pessima relazione, fondata sull'abitudine e il bisogno invece che sul sentimento. Tanto che ad un certo punto la sua ex aveva semplicemente deciso di aver più bisogno di quell'altro che non di lui.
Si morse il labbro inferiore. «Seba si prende una sbandata e viene regolarmente friendzonato, non ha mai avuto vere storie».
Agnese parve sollevata da quella rivelazione, ma anche turbata. «E questa volta fa sul serio?» gli chiese in un sussurro, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
Leonardo non lo sapeva. Sebastiano era il suo migliore amico, una delle persone migliori che avesse mai incontrato in vita sua; era impaziente in ogni senso possibile e diventava una palla al piede quando si annoiava - lo conosceva come le proprie tasche ormai. Si fidava delle sue intenzioni, ma non avrebbe saputo dire se avesse senso definire "seria" una storia destinata a finire nel giro di tre settimane. «So che non approfitterà di lei e non la sta prendendo in giro».
L'espressione di Agnese, quando lo guardò, lasciava trapelare tutti i suoi dubbi nei confronti del principio di relazione tra i loro migliori amici, ma lei non fece altre domande; annuì e distolse lo sguardo.
«Oddio» mormorò poi, incredula, gli occhi puntati su una figura che parcheggiava la bici all’ingresso del bagno.

-

Era arrivato di gran carriera, la testa piena di parole che non riusciva a ordinare in frasi. Tommaso l'aveva detto per scherzo, ma Sebastiano aveva deciso di farlo davvero; in fondo cosa aveva da perdere?
Sarebbe stato meglio mostrarle quanto gli importava della risposta oppure fingere che la questione non lo toccasse minimamente? Probabilmente l'opzione migliore sarebbe stata buttare la proposta nel bel mezzo della conversazione, con naturalezza e un sorriso incoraggiante, proprio come avrebbe fatto Elia al suo posto. Sì, il modo migliore per chiederle di uscire con lui era decisamente quello. L'avrebbe fatto.
Con queste idee in mente, quindi, Sebastiano Castelli entrò nel bar, accolto da un'occhiata in tralice di Michele e da un sorriso allegro di Anita, che, come al solito, rischiò di rovesciare un bicchiere. Avanzò a passi lunghi e ciondolanti verso il bancone, con la mente così vuota che quasi poteva sentire l'eco della propria indecisione.
«Aehm, Nìni» borbottò con un sorriso stiracchiato, talmente nervoso da sbagliare persino la pronuncia nel soprannome.
La ragazza ridacchiò e servì un caffè ad un anziano cliente abituale. «Ecco a lei. Ehi, turista! Nini?» domandò, divertita dal nuovo nomignolo.
Sebastiano si diede del cretino sottovoce e si scompigliò i capelli. «Scusa, è che...» fece una smorfia; «è il caldo, non ci sto a capi’ più niente» cercò di giustificarsi. Non aveva iniziato nel migliore dei modi la sua impresa, no.
«No, va bene,» si affrettò a tranquillizzarlo lei: «mi piace. Nini» ripeté, sorridendo tra sé.
Almeno un lato positivo c'era, osservò lui, dondolando sui talloni. Gli sarebbe tanto piaciuto dire qualcosa, instaurare una conversazione come faceva sempre, stordendo tutti con la propria logorrea, ma questa volta aveva la lingua impastata e le parole incastrate in fondo alla gola. Provò a sbloccarle con un colpo di tosse, ma fu inutile. Tanto valeva andare dritto al punto. «Senti, mi chiedevo...»
«Ninì, tavolo due». Michele mise un vassoio in mano ad Anita, che si strinse nelle spalle stiracchiando un sorriso di scuse. «Certo. Torno subito» mormorò, per poi partire alla volta del tavolo indicato.
Sebastiano sospirò, strofinandosi nervosamente le mani l'una nell'altra; senza nemmeno sapere perché la seguì, la schiena ritta e i muscoli tesi. Non si sarebbe arreso così facilmente; riprovò: «Volevo chiederti se...»
«Oh mio Dio, non ci credo!» gridò Anita prima di appoggiare il vassoio su un tavolo libero e affrettare il passo, per poi saltare letteralmente in braccio ad un ragazzo che Sebastiano non aveva mai visto. Ovviamente lui si zittì e rimase a guardare la scenetta da lontano, le parole troncate a metà. Chi era quel tipo che stava stritolando Anita, sollevandola da terra e facendole fare una giravolta? Distolse lo sguardo con finta indifferenza, salvo poi tornare a fissare la ragazza, che ora accarezzava le braccia muscolose e abbronzate di quel suo amico comparso dal nulla a rovinare i suoi piani.
«Ma quando sei tornato? Potevi scrivermi, sarei venuta in stazione!» disse la biondina, ancora su di giri.
Giovanni era un amico di infanzia di Anita, aveva un paio di anni in più di lei e potevano definirsi migliori amici, anche se entrambi si consideravano come fratello e sorella; era volato in Australia un anno prima per frequentare l'università di economia di Melbourne e non aveva avvisato nessuno del suo ritorno.
«Volevo farti una sorpresa, tutto qui», scrollò le spalle e si grattò la nuca, facendole poi l'occhiolino.
«E ci sei riuscito alla grande! E poi dove hai messo i capelli!?» continuò lei, alzandosi in punta di piedi e accarezzandogli la testa rasata.
«Faceva troppo caldo là! » rispose semplicemente.
Sebastiano sbuffò piano, voltandosi ed incamminandosi sconsolato sulla strada per tornare all'ombrellone. Magari era solo un amico e più tardi avrebbe avuto l'occasione giusta per chiederle finalmente di uscire.
Contemporaneamente, Anita stava apostrofando il suo amico: «Sei tutto matto!»
Giovanni scrollò le spalle larghe e spalancò le braccia. «Per così poco? Non hai idea di quante cose abbia da raccontarti!» le assicurò, seguendola fino al bancone, dietro il quale lei si mise subito al lavoro.
«Sono tutt'orecchi! Le tue avventure si possono raccontare in pubblico?»
Giovanni si sedette su uno sgabello e incrociò le braccia al petto. «Non tutte» premise, «ma prima raccontami come vanno le cose qua! A malapena mi ricordo l'italiano, ho bisogno di ascoltare un po' dei tuoi bla bla bla!»
Anita rise; era felice di poter finalmente riavere il suo migliore amico a portata di abbraccio - e di scappellotto. Dio solo sapeva quanto le fosse mancato durante quei dodici mesi trascorsi ai vertici opposti del pianeta. Cosa avrebbe potuto raccontargli? «A Cesenatico non succede mai niente, ad eccezione di qualche temporale e fin troppi turist- », a proposito, dov'era finito Sebastiano? Si alzò in punta di piedi, mentre il suo sguardo scandagliava tutto il bar alla ricerca della testa bionda e dei bermuda rossi del ragazzo, ma non ne trovò traccia: Sebastiano sembrava essere sparito nel nulla. Strinse le labbra in una smorfia delusa, mentre tornava coi piedi per terra, chiedendosi se non si fosse offeso per la sua distrazione.
Giovanni si accorse al volo del suo cambiamento di espressione e si guardò attorno a sua volta, senza saper bene cosa cercare. «Cosa succede?»
«Oh, niente». Anita, colta in fallo, abbassò lo sguardo su una tazzina di caffè vuota e si morse il labbro inferiore nel tentativo di non sembrare troppo delusa. «C'era un... un mio amico e ora se n'è andato».
Giovanni scoppiò in una risata incredula. «Quel muso lungo per un amico? Come no!» la sfidò, inarcando le sopracciglia. «Dai, racconta, Ninì».


«Andiamo, Seba, stai scialla!» consigliò Tommaso, lanciando in aria il pallone per poi riprenderlo prima che gli cadesse sul petto.
«Magari è il suo fidanzato!» sibilò Sebastiano, che passeggiava avanti e indietro nel piccolo spazio fra gli ombrelloni.
«Come no» borbottò Elisabetta, sfogliando una rivista di moda comodamente sdraiata sul lettino al sole.
Il ragazzo sospirò per l'ennesima volta da quando era tornato all'ombrellone. Si sedette sulla sdraio, poi si rialzò subito per riprendere la marcia, non sopportando l'inattività. Non riusciva a smettere di pensare al modo in cui quel tizio l'aveva oscurato con una semplice apparizione; era comparso e, puff, Sebastiano era sparito. Era stato eclissato. Il dubbio su chi fosse quel ragazzo, oltre tutto, lo stava logorando. Una cotta, una vecchia fiamma, un ex; l'attuale ragazzo con cui era in pausa di riflessione? Chi diavolo era?
Stava impazzendo. Afferrò una bottiglietta d'acqua e ne prese un sorso con tanta impetuosità che finì per strozzarsi, sputandone una sorsata addosso a Elisabetta.
«Castelli, ma vaffanculo!» lo ringraziò quella.
Tommaso ridacchiò, senza smettere di giocare col suo pallone nemmeno un attimo. «Sta' tranquillo».
«'Na parola» bofonchiò Sebastiano, rosso in volto sia per la frustrazione che per il mancato soffocamento. Non sapeva cosa fare, a chi chiedere. Dov'era Leonardo quando serviva? Ed Elia? Dov'erano i suoi amici quando aveva bisogno di aiuto?
Sbuffò e si lasciò cadere a sedere sulla sabbia, per poi alzarsi di nuovo.
«Cristo, mi stai esasperando!» sbottò a quel punto Betta. «Stai fermo!»
«La fai facile, te! Sei fatta di ghiaccio! Io ho appena visto la ragazza che mi piace con un altro!» gemette il biondo, passandosi una mano tra i capelli, «Ora torno da lei» aggiunse con sicurezza; voltò le spalle ai suoi amici e si incamminò con determinazione, salvo poi bloccarsi con il piede ancora in aria.
«Magari più tardi» borbottò, tornando all'ombra.
Elisabetta sbuffò sonoramente e chiuse la rivista, per poi lanciargliela contro. «Taci!» ringhiò.
E Sebastiano incassò il colpo con remissività, senza però riuscire a calmarsi. Più pensava a quel ragazzo e più la sua figura, vista solo di sfuggita, si faceva alta, muscolosa e desiderabile; tutti i difetti che vedeva in se stesso si capovolgevano diventando per opposizione i migliori pregi di quel tizio. Il suo breve sogno si stava già infrangendo? Sospirò, guadagnandosi una pallonata sulla coscia da parte di Tommaso.
«Ahia» protestò imbronciandosi, mentre l'altro rideva.


Leonardo sorrise, mentre chiudeva il grosso libro con un dito tra le pagine a tenere il segno. «Davvero, non so come facciate. Se dovessi studiare ora impazzirei».
Agnese ridacchiò; anche lei avrebbe molto volentieri mollato gli studi, ma dopo il liceo scientifico non le rimanevano molte opportunità, se non quella di continuare gli studi. «L'università non è così male» mormorò, per poi correggersi: «Almeno a volte. Sono ancora stravolta dalla sessione estiva, ma devo ancora dare un esame, quindi non posso prendermi pause». Purtroppo.
Si erano ritrovati a parlare di università e progetti futuri, quando lei aveva spiegato il motivo della sua sorpresa di poco prima, avendo notato un ragazzo che le sembrava di conoscere; aveva raccontato con un pizzico di amarezza di quel vecchio amico di Anita che era finito a studiare in Australia.
Leonardo aveva sorriso e sviato il discorso che sembrava metterla di cattivo umore, nonostante fosse curioso di saperne il motivo. Le aveva raccontato del lavoro come aiutante di un fruttivendolo al mercato e delle serate trascorse a consegnare pizze sul suo vecchio scarabeo scassato, tenuto insieme da grossi strati di scotch.
Lei aveva pronunciato a mezza voce il suo sogno nel cassetto di diventare giornalista, pregandolo di non ridere. E lui non aveva riso («Ti ricordo che il mio era insegnare»). Leonardo, al momento, non aveva più grossi progetti. Viveva giorno per giorno, metteva da parte un po' di denaro per le vacanze con gli amici, a cui non avrebbe mai rinunciato, e metteva tutto il resto nelle mani dei genitori.
Agnese invece sognava di viaggiare il mondo in mongolfiera, in caso la carriera da giornalista fosse fallita prima di iniziare, e, sì, a quella rivelazione risero entrambi.
«In mongolfiera?» ripeté lui incredulo.
Lei si strinse nelle spalle e sorrise. Di fantasie ne aveva fin troppe, così tante che ormai non si curava nemmeno più di chiuderle nel cassetto: lasciava che volassero via com'erano arrivate, senza legarle ad alcuna aspettativa.
Questo Leonardo lo capiva fin troppo bene. Aveva iniziato a lavorare per autofinanziarsi gli studi universitari, ma aveva presto gettato la spugna, rassegnandosi ad una vita più semplice del previsto per permettere ad altri di inseguire i propri sogni.
«Altri?» Non riuscì ad impedirsi di chiedere oltre Agnese, nonostante temesse di risultare invadente.
«Sì, le mie sorelle».
E il discorso virò di nuovo, essendosi avvicinato troppo ad argomenti spinosi.
Tra chiacchiere, confessioni, battute e risate arrivò l'ora di pranzo e Leonardo vide i suoi amici risalire la passerella per raggiungere il bar.
«Forse è ora che scenda dagli altri» borbottò, sinceramente dispiaciuto che quel momento con Agnese fosse già finito.
«Be', anche io devo pranzare, quindi...»
Non si stava auto-invitando, eppure il sorriso del ragazzo le fece intuire che lui avesse capito qualcosa che lei nel suo inconscio sperava.
«Siediti con noi!» esclamò infatti e lei non poté fare altro che sorridergli e annuire lentamente.
«Non era per costringerti a chiedermelo, però grazie» mormorò, raccogliendo le sue cose in una pila quasi ordinata, per poi alzarsi e raccattare la borsa dallo schienale.
Appena Sebastiano prese posto al tavolo, fece schizzare lo sguardo verso l'interno del bar nella speranza di trovare Anita da sola. Lei era là, dietro il bancone, che lavorava con sguardo basso e attento - riempiva bicchieri, consegnava lattine, preparava caffè e lui sarebbe rimasto a guardarla per sempre, se non fosse stato per... «Leo, che cazzo, levati!»
«Sono felice anche io di vederti, Castelli».
«Ci degni della tua compagnia, Calicchia?» Tommaso si intromise; con una spinta liberò dai piedi della sorella la sedia accanto alla propria per lasciare posto all'amico. Si sorprese quando, seguendo il suo sguardo, trovò Agnese qualche passo più indietro, il solito timido sorriso sulle labbra.
«Ehi, ciao anche a te!» la salutò allora Villa; «Ti unisci a noi per pranzo?»
La ragazza si strinse nelle spalle, dispensando sorrisi educati agli altri. «Se posso» mormorò.
«Avoja! Siediti qua!» la accolse Elia, guadagnandosi un'occhiataccia di Elisabetta.
Lo sguardo di Leonardo invece non era per niente simile a quello della ragazza; il suo era deluso, amareggiato, dispiaciuto. Sperava di aver conquistato la fiducia di Agnese e di essere riuscito a farsi conoscere un po' meglio, nella speranza che lei capisse che non esisteva solo Elia, anzi.
Sbuffò piano e si sedette vicino a Sebastiano, che ebbe così la vista libera per guardare Anita.
«Se ti becca a fissarla ti prende per un maniaco, Seba» borbottò, tirandogli una leggera gomitata, alla quale il biondo rispose con un «Ma statte zitto» che somigliava più ad un ringhio.
«Che se magna?» bofonchiò Elisabetta leggendo distrattamente il menù. «Se vedo un'altra piadina vomito».
Agnese ridacchiò imbarazzata; se dopo i primi minuti era stato semplice passare del tempo in compagnia di Leonardo, la presenza della ragazza le incuteva timore, anche per via della sua costante acidità.
«Magari... vado a chiedere cosa c'è di diverso» comunicò, alzandosi subito in piedi per fuggire lontano dai suoi sguardi assassini.
«Ti accompagno!» si offrì subito Elia.
Sebastiano lo guardò male e si alzò per primo, senza dargli il tempo di muoversi. «Nun t'azzarda'» lo freddò. «Devo... ci penso io. 'Nnamo, Agne'».
Lei si strinse nelle spalle e annuì. «Certo».


Anita aprì una bottiglietta d'acqua e in fretta ne bevve il contenuto, mentre con l'altra mano riempiva un bicchiere di una bibita gassata alla spina. Alzò lo sguardo solo un istante da ciò che stava facendo, giusto in tempo per accorgersi di Agnese che si stava arrampicando su uno sgabello al bancone e Sebastiano subito accanto.
«Ehi» la salutò lui, un sorriso incerto in volto. Non riusciva a scollarle gli occhi di dosso, ma nemmeno a dimenticare il modo in cui quel tizio l'avesse oscurato quella mattina.
Il ragazzo si guardò attorno; dello sconosciuto non sembrava esserci traccia al momento, avrebbe dovuto approfittarne per chiedere finalmente ad Anita di uscire.
«Ehi» rispose lei, arrossendo appena sulle guance. «Dov'eri sparito?» non riuscì ad impedirsi di chiedere.
Sebastiano si grattò la testa e distolse lo sguardo; non poteva di certo ammettere di essere scappato per paura di non reggere il confronto con quel tipo. «Avevi compagnia...» mormorò a mo' di scusa. Da quando uno come lui, impulsivo fino all'estremo, si faceva bloccare dalla paura, lasciandosi sfuggire occasioni d'oro? Non era un comportamento da Sebastiano. Ecco, perché, mentre le ragazze parlavano tra loro, decise che si sarebbe giocato il tutto per tutto e, nonostante il pubblico, le avrebbe chiesto chiaro e tondo di uscire con lui. Lo avrebbe sputato con decisione, o magari no; non voleva pianificare nulla, avrebbe sfruttato il suo essere "cazzone e sfacciato" - come diceva sempre Betta - per sorprenderla. In positivo, possibilmente.
Nel frattempo Agnese, avendo visto lo sguardo smarrito di Anita a quell'ammissione di Sebastiano, si era sentita autorizzata ad intervenire per distrarla dai propri pensieri, riferendole ciò che aveva visto questa mattina: un ragazzo proprio identico a Giovanni, a parte per i capelli che...
«I capelli che...?»
Una voce profonda e familiare fece sobbalzare Agnese, che si voltò di scatto trovandosi faccia a faccia con Giovanni.
«Oddio, dove hai messo i capelli?» fu la prima frase che le uscì dalla bocca una volta che l'ebbe riconosciuto. Era rasato! Niente più capelli castani "troppo lunghi", niente di niente.
Giovanni rise e si accarezzò distrattamente la testa. «Non hai idea di quante volte me lo sono sentito dire. Ciao anche a te».
«Ninì, poi potresti venire al tavolo? Non so quanto possa sopportare Elisabetta» borbottò Agnese, stiracchiando un sorriso e scendendo dallo sgabello, subito imitata da Sebastiano. Anita li seguì con lo sguardo e li vide tornare al tavolo; il ragazzo prese posto e cominciò a giocare con il porta-tovagliolini, gli occhi bassi e la bocca distorta in una smorfia contrariata. Che ce l'avesse con lei per averlo interrotto quella mattina? Se n'era andato perché era rimasto offeso dal suo saluto a Giovanni? Non lo vedeva da un anno, era normale che lo abbracciasse e gli dedicasse un po' del suo tempo.
Leonardo aggrottò le sopracciglia, vedendoli tornare al tavolo con la stessa espressione pensierosa; su una cosa non c'era alcun dubbio: l'incontro con Anita non era andato nel migliore dei modi. Si sedettero ai propri posti e Leonardo, che aveva approfittato del loro allontanamento per posizionarsi accanto a lei, fece saltare lo sguardo dall'uno all'altro prima di chiedere a mezza voce cosa stesse succedendo.
«È tornato Gio» rispose solo Agnese, stringendosi nelle spalle come a sminuire la faccenda. Avrebbe dovuto smettere di pensare troppo e farsi paranoie.
«Giovanni?» domandò Elia senza capire, mentre legava i riccioli ancora gocciolanti in una crocchia scomposta; la sua lunga nuotata in solitaria l'aveva mantenuto all'oscuro di tutte le novità.
«Giovanni» ripeté Sebastiano saltando sul posto. La bolla di depressione che l'aveva avvolto scoppiò nel momento stesso in cui si rese conto che Agnese lo conosceva: lei avrebbe potuto dargli tutte le informazioni che gli servivano!
«Agne', amica mia», sfoggiò un sorriso smagliante, di quelli che usava per farsi perdonare una battutaccia dagli amici, e si sporse sul tavolo verso di lei. «Dimme 'na cosa...»
Tommaso capì al volo le intenzioni di Sebastiano e scoppiò a ridere. «E bravo Castelli, iniziamo a ragionare!»
«Mica tanto» lo contraddisse subito Elisabetta, alzando gli occhiali da sole sopra la testa; Sebastiano non diede retta a nessuno, troppo concentrato su Agnese e sulle domande da porgli. «Ma 'sto Giovanni chi è?»
La ragazza deglutì lentamente e si passò una mano tra i capelli. Temeva sarebbe potuta succedere una cosa simile, che Sebastiano le avrebbe fatto il terzo grado su Giovanni.
«È il migliore amico di Ninì» disse a bassa voce, controllando subito che né la sua amica né il nuovo arrivato fossero nei paraggi. Sospirò a fondo e attese la prossima domanda, perché era certa che ce ne sarebbe stata una seconda e una terza e forse una quarta.
«Amico? Solo un amico? Ma... amico tipo...» Arrossì: non era sicuro di saper concludere quella frase senza dire sconcerie.
«Tipo friend with benefits?» accorse in suo aiuto Elisabetta, solo per poi potergli ridere in faccia; si stava comportando come un ragazzino alle prime armi.
Tommaso sogghignò. «Già, sono amici come Elia e mia sorella o amici e basta?» aggiunse, ignorando poi il gemito rabbioso della sorella.
Sebastiano arrossì di più. «Eh» mormorò a mo' di conferma, guardando la sua unica speranza dritto negli occhi.
La prima reazione di Agnese fu un rossore diffuso su tutta la faccia, poi bevve un sorso di acqua e ricambiò lo sguardo di Sebastiano.
«Semplici amici» confermò con sicurezza. Non aveva mai dubitato del rapporto genuino e innocente di Anita e Giovanni e non avrebbe certo cominciato quell'estate, anche se con il suo ritorno non era più certa di come sarebbe potuta andare avanti quell’avventura: Anita avrebbe smesso di frequentare Sebastiano? E lei sarebbe stata costretta ad allontanarsi inevitabilmente da Leonardo? Ed Elia. Leonardo ed Elia. Non c'era nessuna differenza tra... bah! E a chi voleva darla a bere?
Sebastiano rise. «Perché? È frocio?»
La risata della ragazza accompagnò quell'ipotesi insensata e infondata. Scrollò la testa e si legò i capelli in una crocchia disordinata, per poi tornare a guardare il biondo.
«Si conoscono da sempre e sono come fratelli. Niente doppi fini né giochi strani» rispose, appoggiando le braccia incrociate sul tavolino di legno.
Quest'assicurazione non bastò a tranquillizzare Sebastiano, nonostante i suoi dubbi fossero diminuiti. Perlomeno ora sapeva che tra Anita e quel tizio non c'era mai stato niente ―per il momento―, ma ancora si sentiva minacciato dal suo ritorno.
Prese a tamburellare le dita sulla superficie del tavolo, mentre già elaborava la mossa successiva. Era sempre determinato a chiederle di uscire, il problema era la modalità, anche visto il nuovo bodyguard a tempo pieno che quel giorno sovrintendeva qualunque suo tentativo di avvicinarsi ad Anita. In tutta probabilità quel Giovanni non si era nemmeno accorto dei suoi tentativi di avvicinarsi a lei, cosa che, in parte, lo infastidiva: stava guadagnando la sua fiducia, stavano per iniziare a frequentarsi (forse) e quel ragazzo nemmeno si accorgeva di lui. Che per Anita Sebastiano non fosse poi così importante? Sembrava plausibile, ma non per questo meno offensivo. Lui stava dando il meglio di sé per conquistarla, non voleva essere "poco importante". Avrebbe dovuto fare qualcosa.
«Terra chiama Castelli!»
Tommaso, allungato sul tavolo, agitava una mano più o meno davanti al suo viso nel tentativo di strapparlo ai suoi pensieri.
«Che c'è?»
«Tu cosa prendi?» A rispondere fu l'inconfondibile tono infastidito Michele, in piedi proprio accanto ad Agnese.
Oh, pensò solo, senza ancora riflettere sulla risposta da dare. Si era aspettato di vedere arrivare Anita, ma era così perso nei propri pensieri che probabilmente non si sarebbe accorto nemmeno del suo arrivo.
«Seba?» ripeté Leonardo pazientemente, dopo qualche lungo istante in cui tutti lo fissavano e lui si ostinava a non rispondere.
La reazione di Sebastiano non fu quella attesa; senza una parola si alzò e si avviò a grandi falcate verso il bar, una nuova convinzione ad animarlo. Appigliandosi al detto "Se la montagna non viene a Maometto, Maometto va alla montagna", qualche istante dopo si piazzò di fronte al bancone e fissò Anita negli occhi con tanta intensità da lasciarla perplessa.
«Esci con me» disse con un'eccessiva determinazione; tanta che poi arrossì, pensando di essere stato troppo brusco, e si corresse: «Ti va di uscire con me?»
Ad ogni parola che pronunciava, però, incalzato dalla leggera risata che proveniva dalla sua sinistra, dove sedeva Giovanni, il suo imbarazzo cresceva. Ecco perché, ormai paonazzo, ritrattò del tutto: «Per favore. Sai... Leo è...» Leo era... cosa? Oh, trovato! «Vuole uscire con Agnese, ma non si azzarda a chiederglielo, quindi...»
Anita distolse lo sguardo dalle guance rosse di Sebastiano e si morse forte il labbro inferiore nel vano tentativo di nascondere la delusione. Sperava che le chiedesse di uscire loro due da soli, invece anche per quella volta sarebbe stata un'uscita di gruppo.
«Dovresti rispondere, Ninì, non vedi che lo stai facendo penare?» la incoraggiò Giovanni, che se la rideva sotto i baffi. Ninì lo fulminò con un'occhiataccia, che poi divenne più dolce quando incontrò lo sguardo turbato di Sebastiano. Se inizialmente aveva titubato e aveva quasi risposto che aveva organizzato una serata con Giovanni per farsi raccontare tutto dell'Australia, dopo l'uscita infelice del suddetto ragazzo Anita non aveva più alcun dubbio.
«Se Leonardo vuole uscire con Agne...» mormorò, avvampando.
«E tu ci vuoi uscire con me?» incalzò Sebastiano, sporgendosi leggermente sul bancone.
Ninì arrossì violentemente e annuì, salvo poi confermare con un flebile e timido «Sì» che fece sorridere Sebastiano e sbuffare Giovanni.
Il cuore del ragazzo fece una capriola e il suo sorriso di allargò a dismisura; preso dall'entusiasmo, avrebbe volentieri esultato, ma si contenne per evitare cadute di stile davanti a quel vecchio amico di Anita con cui si sentiva in competizione. "Due a uno per te, amico, ma sto recuperando" pensò, per poi porgergli la mano. «Piacere, Sebastiano».
Giovanni gonfiò il petto e si mise dritto sullo sgabello, per poi stringere con forza la mano del ragazzo. «Giovanni» disse con tono autoritario.
«Smettila di fare il coglione, Gio» lo apostrofò Anita, lanciandogli una spugna umida.
«Non ho fatto niente, piccola» si difese, alzando le mani e mettendo su un ghigno tra il divertito e il provocatorio.
A Sebastiano non piacque affatto il nomignolo che il ragazzo aveva usato rivolgendosi ad Anita e un sospiro infastidito uscì dalle sue labbra, attirando così l'attenzione della bionda, che lo guardò e appoggiò una mano sul suo avambraccio appoggiato al bancone.
«Tutto okay?» gli chiese con premura, sorridendogli dolcemente.
«Certo, torno al tavolo. Ci vediamo dopo?» domandò, anche se non era sicuro di voler sentire la risposta, certo che sarebbe stata negativa.
«Sicuro» esclamò invece Anita, interrompendo il contatto fra la loro pelle e sorridendogli apertamente.
Sebastiano annuì e ricambiò il sorriso, per poi voltarsi ed incamminarsi verso l'uscita, senza salutare Giovanni e senza aggiungere altro. Era troppo felice, Anita aveva accettato di uscire con lui e...e avrebbe dovuto dirlo a Leo e Agnese. Se quei due si fossero rifiutati sarebbe andato tutto a quel paese e addio appuntamento con la sua biondina.
Si lasciò andare a sedere sulla sedia e si passò una mano tra i capelli, per poi avvicinarsi a Leo.
«Ha detto che ci esce, con me» gli confessò, cercando di trattenere l'euforia.
Leonardo lo guardò divertito e soddisfatto. «Grande!»
«Però le ho detto che ci sarai anche tu perché vuoi uscire con Agnese» bisbigliò, controllando con la coda dell'occhio che la ragazza in questione non sentisse; fortunatamente Elia la stava rincitrullendo di chiacchiere e barzellette scadenti.
«Tu cosa?!» sibilò Leo, fissando l'amico con indignazione.
«Oh avanti, è vero!» si difese Sebastiano.
«No che non è vero» rimbeccò l'altro, punto sul vivo.
«Sì invece! Fallo per me, Leo» lo implorò.
Leonardo sospirò pesantemente e distolse lo sguardo, lasciando che venisse calamitato dal viso di Agnese. Rideva, sinceramente divertita, ed era davvero carina.
«Okay, okay» accettò infine.
Più ci pensava, però, e meno capiva le sue stesse emozioni: era felice, soddisfatto, incuriosito, nervoso, lusingato... Come si sentiva? Non riusciva a trovare una soluzione a quel groviglio che si trovava all'altezza dello stomaco, tanto che quando Michele gli portò il suo cheeseburger fu costretto a cederlo ad un affamato Elia, giustificando l'inappetenza con un leggero bruciore di stomaco e scatenando così la risatina di Sebastiano e una sfilza di battutine di Tommaso.
Per tutta la durata del pranzo, fu mentalmente assente. Continuava a pensare e a cercare di spiegarsi le sue stesse sensazioni ―magari si era beccato qualche virus. Quando i ragazzi si alzarono dal tavolo per "stracciare Bracaglia a biliardino" e Leonardo si trovò da solo al tavolo con Agnese, spostò lo sguardo su di lei e la vide mordicchiarsi l'interno della guancia come sempre, mentre fissava il vuoto immersa nei propri pensieri.
Il ragazzo abbozzò un sorriso divertito e spinse indietro la sedia: «Andiamo anche noi? Sarà uno spettacolo divertente: i Villa sono fin troppo competitivi».
Agnese sobbalzò appena, poi subito annuì, imbarazzata dall'essere stata sorpresa a fissare il nulla con aria ebete; si alzò in fretta e aspettò che Leonardo facesse lo stesso.
«Credo che presto ci toccherà di nuovo reggere il moccolo».
Lei lo guardò interrogativa, sgranando gli occhi scuri: “In che senso?” diceva il suo sguardo.
Così Leonardo di sentì in dovere di spiegare: «Seba ha chiesto alla tua amica di uscire, ― fece una smorfia; ― e siccome si vergognava, ci ha tirati in mezzo» concluse con naturalezza, ma incapace di non sbirciare la reazione di Agnese: una volta metabolizzato il concetto, lei sgranò gli occhi e arrossì, boccheggiando in silenzio le mille proteste che non aveva il coraggio di pronunciare; poi sospirò e abbassò lo sguardo. È proprio necessario?, avrebbe voluto chiedere, ma non lo fece ― un po' perché le sembrava maleducato e un po' perché, molto in fondo, l'idea di passare altro tempo con lui le piaceva. «Be', ci tocca» concluse quindi, sforzandosi di sorridere.


Giovanni non riusciva a smettere di ridere della figura che quel Sebastiano aveva fatto.
«Dai seriamente esci con quello? Ma è pure di Roma!», guardò Anita con sguardo divertito, mentre si appoggiava mollemente al bancone. «Non offenderti, Nina, ma speravo di passare la serata con te e raccontarti di Christie» mormorò, accarezzando il braccio di Anita, che gli sorrise leggermente.
«Sono tutta orecchi, puoi raccontarmelo ora, ma stasera esco con Seba e non si discute», lei ripose il cestello pieno di stoviglie nella lavapiatti e gli fece una linguaccia.
«Ti piace davvero, eh?»
Anita si guardò i piedi, mentre le sue guance si tingevano di un rosso intenso e le sue mani cominciavano a tremare. «Si vede così tanto?» farfugliò e sentì uno strano sfarfallio nello stomaco al solo pensare a Sebastiano.
Giovanni sorrise intenerito, perché per quanto quella storia non lo convincesse, non poteva negare che la sua amica sembrasse davvero presa.
«Dovresti vederti adesso», ridacchiò. «Se ti fa del male però lo strangolo» concluse serio, incrociando le braccia al petto e sforzandosi di rimanere serio. Anche Anita notò che Giovanni stava per scoppiare a ridere, così gli lanciò uno strofinaccio e si lasciò andare ad una risata cristallina e sincera.
«Sei un coglione» lo apostrofò scrollando la testa e guadagnandosi un sorriso ampio da parte del ragazzo.



Bloop's corner:
Buonasera a tutti! So che è da infami pubblicare a quest'ora di domenica sera e per di più oltre quattro mesi dopo il capitolo precedente. Non abbiamo scuse, siamo state impegnate con gli esami e non abbiamo avuto più il tempo per scrivere. Ma ora eccoci qua con un nuovo capitolo! Questa volta Sebastiano ce la fa a tirare fuori le palle e a chiedere ad Anita di uscire, anche se non saranno soli perché il lupo perde il pelo ma non il vizio. 
Colgo l'occasione per ringraziare le quattro lettrici che hanno lasciato una recensione, siete state davvero carine e dolci a dirci la vostra! Abbiamo apprezzato molto :)
Inoltre vorrei anche ringraziare la mia socia, perché martedì ha un esame e sta shitting bricks, ma non perde comunque l'occasione di farmi sorridere. In bocca al lupo, Mich!
Vi salutiamo e vi ringraziamo di essere arrivate fino a qui e vi aspettiamo al prossimo capitolo, dove finalmente Sebastiano e Anita escono insieme! E anche Leo e Agnese, non dimenticatelo!!
Alla prossima,
Un abbraccio
Mari 



 
   
 
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