Il mestiere di padre
***
Damon
non può ancora crederci.
Sta
tenendo tra le braccia un minuscolo fagottino di un colore rosa violaceo e leggermente
pesto, tutto grinzoso.
Detta
così sembrerebbe qualcosa di orribile, ma in realtà non c’è niente di più bello
a questo mondo, pensa Damon.
Una
piccola creatura dormicchia beata avvolta nella copertina rosa e lui non riesce
a smettere di guardarla, è più forte di lui.
Non
ha mai provato nulla di simile prima d’ora.
Rose
dorme stremata nel letto del reparto maternità e lui
ormai è diverse ore che si gusta sua figlia.
Sua figlia.
Che
strano, eppure ora che la tiene tra le braccia gli
sembra impossibile che fino a poche ore prima lui ancora non sapesse come fosse
fatta, quanto fosse bella.
Come
se ci fosse da sempre nella sua vita.
Ed
è come se tutte le vecchie paure segretamente covate in quei mesi, estorte ogni
tanto da Ric in qualche conversazione sfuggente per
telefono, si fossero dissolte.
Troppo
giovani, troppo soli.
Troppo
lontani dalle loro famiglie.
Troppa
la paura di sbagliare, di amare.
Di
essere uomini fino in fondo.
Perché
da un sì come questo non si torna indietro.
Non
che siano nel suo stile, le vie di mezzo.
E’
uno radicale Damon.
Se
prende una posizione la tiene fino alla fine, con
tutti i dubbi che intasano la mente il cuore.
Eppure.
Prima
sembrava tutto sbagliato, troppi i bilanci negativi.
“Non
sono pronto per essere padre, avrei dovuto sposarmi, laurearmi, trovare un
lavoro.
Essere sicuro di quello che
provo.
Non sono fatto per essere padre,
non so se voglio esserlo, non ci ho mai pensato.
Nessuno mi ha insegnato come si
fa.”
Quante
volte queste angosce lo hanno svegliato nel cuore
della notte, quante volte si è alzato spaventato sperando che fosse solo un
incubo.
Il
frenetico cercare casa in quei mesi grazie ad alcuni agganci di Ric, le visite mediche, i soldi che ha
iniziato a risparmiare.
Se
la ricorda ancora la chiacchierata con Ric, la
mattina dopo la cena del diploma di Stefan davanti a una tazza di caffè seduti
sulla panchina del parco cittadino.
Si ricorda di come suo zio sia rimasto a lungo
in silenzio e poi gli abbia detto semplicemente che lui ci sarebbe stato in
ogni caso.
Ma lui non è padre e non può
dargli consigli in quel senso e un po’ gli dispiace che quello che dovrebbe
farlo al suo posto sia fuori uso, si sia perso.
Perché
se c’è una cosa che fa paura a Damon - più di sentire la propria vita stretta
in quattro pareti da cui non può scappare - è l’ombra di suo padre.
Di
diventare come lui.
Magari
non oggi, ma un giorno lontano quando un qualunque evento lo potrà ferire o destabilizzare.
Reagirà
come Giuseppe?
Finirà
per incolpare qualcuno del suo male?
Poi
- stranamente - la sera stessa in cui sarebbe ripartito per New York aveva
trovato Giuseppe sulla porta.
Dalla
sua espressione in volto Damon aveva capito che Ric
aveva cantato e chissà qualche cattiveria gli avrebbe rifilato a questo giro.
E
in quel momento il pensiero di suo padre pronto a elargire sprezzanti commenti
sul piccolo esserino di quattro mesi appena, abbozzato dentro il ventre della
sua ragazza, gli aveva instillato una curiosa rabbia innescata da uno spirito
protettivo -paterno forse?- nei suoi confronti che lo aveva sorpreso.
Ma Giuseppe si era limitato a
guardarlo negli occhi con quel suo alito un po’ meno alcolico della sera prima
e lo aveva fermato.
-Ho
parlato con Ric-
-Le notizie volano in fretta-
-Ogni
mio commento risulterebbe inopportuno-
Damon
aveva osservato suo padre sospirare e avrebbe giurato di vedere un barlume di
vergogna negli occhi vitrei.
-Su
questo sono d’accordo-
Lo
aveva superato per uscire di casa, ma suo padre non
era intenzionato a mollar così la presa.
Da
qualcuno la testardaggine l’aveva ereditata.
-Non
si torna indietro Damon-
Il
ragazzo si era fermato sulla porta senza voltarsi.
-Ho
deciso mesi fa, da solo, di esserci
in questa cosa-
-Questa
non è una cosa. E’ tuo figlio-
Proprio
lui voleva impartirgli lezioni di morale paterna?
Si
era voltato con la furia negli occhi, ma non aveva fatto in tempo a sputare
veleno che suo padre aveva ripreso il suo discorso.
-Qualunque
cosa tu scelga o faccia, tu sei comunque un padre e lo sarai per tutta la vita,
lo sei diventato prima ancora di saperlo-
Damon
ricorda di aver trattenuto il fiato come in una lunga apnea e ti esser risalito
in superfice solo quando Giuseppe era sparito oltre le scale.
E
in qualche modo le parole di suo padre lo hanno
accompagnato e sostenuto nei momenti di crisi.
Niente
avrebbe cambiato il fatto che Damon fosse padre. Ma
lui poteva scegliere se esserci o meno per questo
bambino, se lottare o meno contro una vita che non si era scelto e non era
sicuro di volere.
Perché
Damon si è innamorato di Rose, ma non ha avuto il tempo per dirle ti amo.
Non
ha avuto la calma di costruire, solidificare, cementare
quel sentimento
Non
ha avuto il tempo di sentirsi l’amore addosso, sulla pelle, incollato al cuore.
Ma forse è questo l’amore, questo
bene smisurato, questa devozione, questo istinto protettivo che ha nutrito per
Rose son dal primo istante.
Perché
gli sembra molto simile a quello che ha visto tante volte negli occhi di suo
padre quando lo vedeva ridere con sua madre.
Ma Damon non ha molti metri di
paragone.
Lei
è la prima che ha lasciato entrare e alla quale ha fatto spazio.
Forse
è questo l’amore.
Forse.
***
All’ospedale
nel giro di alcune ore sono arrivati anche Stefan e Ric.
Lo ha chiamato quando si sono rotte
le acque a Rose perché la loro piccola Lily Grace aveva deciso di conoscere il
mondo prima del previsto.
E
così un nuovo membro si è aggiunto alla famiglia Salvatore e ha visto una sorta
di comprensione negli occhi verdi di suo fratello quando per la prima volta ha
preso in braccio la nipote.
-Rose
come sta?-
-Provata...deve risposare i dottori dicono che ha perso molto
sangue-
Sono
tutti e tre in corridoio, l’orario di visite e quasi finito.
-Si
riprenderà-
-E
poi verrete a casa...-
-Stefan-
-Damon
sono sicuro che papà vorrà conoscerle entrambe-
Il
ragazzo è troppo stanco per discutere.
-Ne
riparleremo poi-
D’un tratto il cellulare di Stefan
squilla e trova tre chiamate perse di Elena.
È
partito senza avere avuto il tempo di spiegarle.
-E’
Elena, torno subito-
Si
allontana uscendo in sala d’aspetto.
-Ehi-
-Ehi che è successo? Dove sei?-
-Scusa
io e Ric siamo dovuti
partire subito-
-Ma per dove?-
-New
York-
-New York???Ma-
-Si
tratta di Damon, lui...-
-Sta bene??E’
successo qualcosa??-
-Si
si, sta bene solo che …ecco ho scoperto una cosa
questa estate-
-Stefan smettila di fare il misterioso mi
spaventi-
-Ha
avuto una bambina-
Ciao a tutte!!
Come sempre grazie a chiunque
recensisca, legga, dia credito alla mia storia!!Siete
decisive per me!
Mi scuso in anticipo perché so
che questo capitolo è un po’ fiacco, di passaggio, anche se in realtà c’è un momento fondamentale e cioè la nascita della bambina –LilyGrace- dove vediamo come si sente Damon rispetto a
questo evento e chi sono le persone che hanno in qualche modo influito sulla sua
scelta di esserci per Rose e la bambina.
Alla fine scopriamo che Stefan
ha messo al corrente Elena di quanto accaduto e
vedremo questo come si ripercuoterà su di lei e sul suo rapporto con il giovane
Salvatore!
Aspetto come sempre un vostro
parere in merito!
Baci
Eli