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Autore: eppy    12/05/2015    5 recensioni
Quando presente e passato si fondono, le convinzioni vacillano, le barriere si spezzano, desideri mai conosciuti sconvolgono, vecchi sospiri ritornano, e inevitabilmente, cominciano i casini.
Emma è testimone dell'esistenza di un passato che per lui è stato troppo breve e bello, e lo ha lasciato con l'amaro in bocca.
Ethan è semplicemente il ragazzo che è stato capace di farle tremare le ginocchia senza aver mai incrociato i suoi occhi, e che lei, a distanza di anni, ha inserito in una parentesi della sua vita che considera conclusa.
Londra è la meravigliosa città che ospita la vecchia biblioteca che inneschera' i sopracitati casini.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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ETHAN


No! No che non me lo aspettavo!
E se non fossi stato così sicuro di essere sveglio, non avrei affatto faticato a credere che quelle due figure che si stanziavano dinanzi a me, sempre più nitide, e sempre più vicine, fossero frutto della mia immaginazione.
Che cavolo ci facevano Dylan e Derek a Brighton?
Perchè non poteva assolutamente trattarsi di una maledetta coincidenza: chi è che si farebbe venire in mente di salire su un treno per trascorrere una giornata in una cittadina di mare in pieno inverno? Solo Emma, solo lei poteva partorire simili idee e...e solo lei poteva essere stata tanto determinata e folle da organizzare il tutto.
Perchè? Perchè aveva messo su un casino del genere?
E poi come aveva fatto a rintracciarli? Che cosa gli aveva detto a tutte e due per convincerli a presentarsi lì? Come...come ci era riuscita?
E soprattutto..io che avrei dovuto fare?! Fingere di non averli notati per prendere tempo, nascondermi, scappare a gambe levate, urlargli contro, o semplicemente abbracciarli?
Non sapevo nemmeno se in quel momento prevalesse in me la voglia di amarla oppure odiarla profondamente per il sinistro che mi aveva giocato. Nel dubbio, l'avrei ammazzata di baci. Dopo essere riuscito ad uscirne vivo da quella trappola bella e buona. Una trappola nella quale forse forse avevo bisogno di cadere per liberarmi.
Nessuno mi aveva mai mostrato di tenere a me al punto tale da rintracciare al mio posto, le persone che avevo odiato e amato più al mondo ai tempi della band. E invece lei sorrideva a più non posso, mi stringeva forte la mano con gli occhi lucidi, e sembrava proprio volermi urlare addosso di correre incontro a quelli che erano stati quasi fratelli per me...e no, non si poteva nemmeno pensare di prendersela con una persona che aveva organizzato tutto quel casino, con la speranza di fare una cosa gradita.
Ammazzarla di baci: mi pareva proprio il compromesso più adatto alla situazione.
Perchè mentre Dylan e Derek avanzavano lentamente verso di noi, io avrei voluto urlarle contro, dirle che era impazzita, chiederle cosa diavolo le fosse saltato in mente, volevo addirittura farle presente che non avrebbe dovuto fare una cosa del genere, soprattutto che non avrebbe dovuto farlo tenendomi all'oscuro di tutto, che non avrebbe dovuto immischiarsi in quella faccenda...ma volevo dirle anche che in fondo, la ringraziavo di cuore per averlo fatto.
Perchè sapevo bene che se non mi avesse messo di fronte a fatto già compiuto, sarei stato capace di rovinare tutto, per la mia stupida paura di non essere più in grado di riconoscermi  negli occhi di coloro i quali erano stati protagonisti insieme a me di quel passato glorioso. Non ci sentivamo da troppo tempo, non ci vedevamo da quella maledetta sera, e non sapevo più nemmeno io se l'averli a pochi passi di distanza, potesse assumere la forma del peggiore dei miei incubi, visto come erano andate le cose tra di noi, e della più intima delle speranze.
In quel frangente, mi resi conto che quella che Emma ci aveva offerto, non era stata altro che un'opportunità, e come tutte le occasioni, andava colta al volo.
Tanto peggio di così non poteva andare, no? Al massimo avremmo potuto continuare a ignorarci esattamente come prima...ma se è vero che dal fondo si può solo risalire, tanto valeva tentarci.
Li sentivo ancora distanti anni luce nonostante mi fossero entrambi quasi di fronte...come eravamo riusciti a perderci così? Eh? Come?!
Come avevamo fatto a passare dall'essere più che migliori amici, a estranei, in un solo maledettissimo minuto?!
Mentre la rabbia per come avevamo lasciato che andassero le cose montava dentro di me, una rabbia che non mi sarei aspettato di provare in quelle condizioni, avvertii una mano di Emma all'altezza della schiena, che mi incitava silenziosamente ad alzarmi in piedi e compiere qualche passo nella loro direzione.
Ero sicuro al cinquecento per cento (ammesso che esista, e se la memoria non mi inganna credo proprio di no) che nessuno sarebbe mai arrivato a tanto per me. Nessuno si sarebbe preso la briga di infinocchiarmi al punto tale, da riuscire ad organizzare un incontro così folle, spropositato e probabilmente disastroso, correndo pure il rischio di finire per essere insultata per aver tentato di mettere a posto le cose.
Nessuno, tranne lei. Perchè lei era una di quelle persone che si trovano una sola volta nella vita, e che se te le lasci scappare quell'unica volta, lo rimpiangerai per il resto dei tuoi giorni.
Mi resi conto di essere davvero fottuto, quando grazie al suo silenzioso incitamento, mi misi in piedi per davvero, forse pronto per stringere la mano ai miei vecchi amici. Era tutta colpa e merito suo.
Non ero più arrabbiato con Dylan dal giorno dell'ecografia, e forse con Derek non lo ero nemmeno mai stato per davvero, ma dal giorno della rottura della band, avevamo eretto una specie di muro tra di noi, e avevamo lasciato che questo diventasse sempre più alto con il passare dei giorni, dei mesi, addirittura degli anni. Avevamo aggiunto mattoni su mattoni ignorandoci a vicenda, accecati dall'illusione che quello che avevamo costruito insieme potesse davvero durare per sempre.
Era stato troppo bello vivere quella vita cantando a squarciagola negli stadi, e accettare che il nostro sogno si interrompesse brutalmente, non per colpa delle avversità, ma per volere di uno di noi, era stata una vera e propria cannonata. E ci eravamo arrabbiati e allontanati talmente tanto e talmente in fretta, da non riuscire a considerare il fatto che prima o poi, probabilmente più prima che poi, gli 'Uk Hearts' sarebbero finiti lo stesso. Ma all'epoca, la nostra era stata una reazione spontanea, perchè all'improvviso ci eravamo ritrovati dall'avere tutto, al non avere niente..e sfido chiunque a restare con i nervi saldi quando qualcosa che ami finisce, e tu non riesci a spiegarti nemmeno bene il perchè.
" Basta, Ethan."
" Non pensare più, e non farti più domande. Se mi vuoi uccidere per quello che ho fatto, fallo dopo. Adesso, dai ascolto solo al cuore" "..e alle gambe" mi sorrise, la tensione negli occhi mista alla speranza.
Non c'erano dubbi: quella ragazza era la miglior cosa che mi fosse successa.  Oh si, che l'avrei ammazzata di baci.
Prima che potessi rendermene effettivamente conto, presi a camminare andando incontro a Dylan e Derek. Incredibile come tutti e tre, uno proveniente dal vicolo di destra, l'altro da quello di sinistra, e io dalla panchina situtata sul lato est della piazzetta, stessimo impiegando un tempo interminabile per percorrere quei quindici/venti metri che ci separavano all'inizio, quando mi ero accorto di loro.
E stavo ancora pensando a quell'assurdità, quando mi accorsi che il mio corpo urtava contro qualcosa di altrettanto solido, e le mie braccia si erano praticamente spalancate spontaeamente per posarsi sulle loro spalle. Un abbaccio. Uno dei nostri. Mesi e mesi trascorsi a fingere che non ce ne fregasse niente e tanta falsa indifferenza, tutto spazzato via da un solo, unico abbraccio.
Mi pareva tanto una scena da film: noi tre che camminavamo al rallentatore senza sapere cosa sarebbe successo di lì a quache istante, indecisi sul menarci a vicenda, urlarci in faccia, fuggire all'ultimo, stringerci la mano, salutarci con un battuta o con l'astio negli occhi, con la speranza di tornare a essere quelli di prima, e la paura di non riuscirci più. E poi, finiti l'uno tra le braccia degli altri, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. La voglia di ricostruire il nostro rapporto, che finalmente prevaleva su tutto il resto.
Certo che eravamo strani forte noi, eh! E coglioni forte! Perchè ci era bastato un attimo per distruggere tutto, e un attimo per ricostruire tutto.
Una maledetta frase per allontanarci, e uno spontaneo abbraccio per ritrovarci.
E quello che c'era stato in mezzo? Che cosa era stato? Una sorta di fastidiossimo limbo nel quale avevamo vissuto per tanto tempo come cretini, senza capire un accidenti di niente.
Quell'abbraccio, troppo simile agli altri millemila che ci eravamo scambiati sul palco e dietro le quinte, era la dimostrazione più grande che certe cose finiscono e altre no. Gli 'Uk Hearts' erano finiti da molto tempo, ma noi ancora no.
Ci stringemmo talmente forte e talmente a lungo, senza dire una sola miserissima parola, che rischiammo di affogarci in quel groviglio di corpi.
Quanto mi erano mancati quei due idioti! E quanto potevo essere stato stupido a non aver avuto il coraggio di non muovere un dito per poterli riabbracciare. Probabilmente aspettavo che Emma venisse a tirarmi fuori da dentro quella biblioteca e da dentro la ragnatela in cui mi ero fatto intrappolare dal fallimento dai miei stessi sogni, praticamente da una vita. Aspettavo soltanto che lei mi trovasse, e mi rimettesse in carreggiata passo dopo passo,  restituendomi la voglia di sfrecciare come un pazzo sull'autostrada della mia esistenza, bruciando kilometri a ritmo sostenuto, e sentendo l'adrenalina scorrermi di nuovo nelle vene.
Ritornai nel mondo reale soltanto quando avvertii dei singhiozzi, o meglio, un vero e proprio pianto sommesso, provenire dalle mie spalle.
Impiegai un secondo a collegare, e quando sciolsi l'abbraccio per voltarmi verso Emma, in lacrime pochi passi dietro di me come mi aspettavo di trovarla, sentii il cuore già piuttosto compromesso in quel momento, scoppiarmi definitivamente nel petto.
La raggiunsi correndo, le presi il viso tra le mani, feci combiaciare la mia fronte con la sua per qualche istante, guardandola dritto negli occhi inondati di lacrime, e resistendo alla voglia di baciarla ovunque capitasse fino a consumarla d'amore, le asciugai le lacrime con il pollice, e le depositai un solo dolcissimo bacio sulla fronte, prima di prenderla per mano e portarla con me.
" Vieni" sussurrai "vieni con me" ripetei, rafforzando il contatto tra le nostre dita, e desiderando non poterlo sciogliere mai più.
Piangeva, piangeva di felicità. Piangeva come può farlo soltanto qualcuno che vede realizzarsi un desiderio davanti agli occhi; come può farlo qualcuno che ha lottato, sofferto e rischiato tanto prima di riuscire a realizzare quel desiderio. Piangeva versando calde lacrime, come se fosse stata ancora quella ragazzina pazza della nostra band; piangeva perchè il nostro inaspettato e saldissimo abbraccio, era tutto ciò in cui doveva aver sperato nei giorni immediatamente precedenti alla partenza per Brighton; piangeva perchè tempo addietro, sarebbe arrivata a scendere a patti con il diavolo in persona pur di assistere a una scena del genere. Piangeva senza preoccuarsi di quelle lacrime che le rigavano il viso, e tremava, e le batteva forte il cuore, e io volevo urlare al mondo che l'amavo come non avevo mai amato nessuno, e come non sarei mai più riuscito ad amare nessuno che non fosse stata lei.
Non potendo fare ciò che avrei voluto, mi limitai a coinvolgerla nel nostro abbraccio, e sia io che i ragazzi la stringemmo forte, fortissimo, perchè le dovevamo tutto.
Come se non fossimo mai stati divisi, come se non fosse passato tutto quel tempo, tutte quelle parole dure e pesanti, e tutti quegli sguardi indifferenti e rabbiosi, eravamo di nuovo noi.
Niente: era come se non fosse successo assolutamente niente..ed era assurdo, e sconvolgente, e totalmente privo di senso, ma anche bellissimo. Perchè per quanto mi fossi sforzato di non darlo a vedere, quei due idioti mi erano mancati da morire..mi erano mancate più che altro che cazzate che sparavamo insieme, le prese in giro in grande stile, le risate senza senso, le imprecazioni, gli insulti, le pacche sulla spalla e i consigli fraterni. Emma mi aveva fatto riavere tutto quanto quando meno me lo sarei aspettato. E nonostante fossi io quello che l'aveva tenuta stretta quando aveva scoperto di essere incinta e sola, e nonostante lei spesso mi ripetesse che senza di me non ce l'avrebbe fatta a stare bene, e volesse a tutti costi farmi credere di essere il suo portafortuna  e il suo eroe, era lei quella che mi aveva salvato da ciò che stava diventando la mia vita, imprigionata tra quelle quattro mura, sparpagliata su un pacchetto di sigaretta e in una bottiglia di whisky, e resa spaventosamente inproduttiva dall'assenza  di obiettivi e progetti.
" Vedi di tenertela stretta, Harrow" non sapevo se suonava più come un consiglio o una minaccia, ma il fatto che Dylan mi avesse rivolto la parola, apostrofandomi a modo suo, come ai vecchi tempi, mi fece sorridere come un'ebete; quando poi i nostri sguardi si incontrarono dopo tutto quel tempo, ebbi la conferma che pur essendo cambiate le nostre età, le nostre abitudini e le nostre vite, quella complicità che ci aveva legato sin da subito, era rimasta la stessa.
" Già...perchè ti informo che non tutte sono disposte a crearsi momentanee false identità per te" aggiunse Derek, e io lo guardai divertito e un tantino confuso, quando mi resi conto dello scambio di occhiate tra lui e Emma. A che si riferiva? Probabilmente quella domanda mi si leggeva in faccia, perchè aggiunse "glielo racconti tu o glielo racconto io?" rivolgendosi a lei.
" Non è necessario che lo sappia.." esclamò Emma, fulminandolo con lo sguardo, mentre lui se la rideva alla grande, e io non capivo più niente.
" Invece io lo voglio sapere" la provocai, e lei alzò gli occhi al cielo esasperata.
" Va bene: ho utilizzato la scusa di mandarmi la foto che ci siamo scattati all'Old London alle quattro del mattino, per sbirciare sul tuo cellulare e cercare il numero di Derek. L'ho chiamato fingendomi una del call center della Telenò, e ho fatto in modo di incontrarlo uno di quei pomeriggi in cui non ci siamo visti per niente e tu dopo sei piombato a casa mia. Gli ho raccontato tutto e l'ho convinto a darmi una mano per organizzare questa cosa. Poi, dopo aver ottenuto il suo numero, ho chiamato Dylan, e questa volta gli ho detto la verità sin dall'inizio. Mi hanno presa tutti e due per pazza quando gli ho chiesto di incontrarci a Brighton, perchè non credevano che sarei riuscita a trascinarti fin qui in modo insospettabile, o forse avevano paura che ci riuscissi, non lo so. E poi..niente..adesso sono qui e io sono la persona più felice del mondo perchè rivedervi di nuovo tutti e tre, l'uno accanto all'altro, complici e amici come prima, per me non ha prezzo."
" Visto? Te l'ho detto che non devi lasciartela scappare" intervenne di nuovo Dylan...non potevo crederci che avesse davvero messo su quel casino!
Sì, ripensandoci, era decisamente da lei lottare per ottenere qualcosa a cui tenesse, ma pensare che lo avesse fatto  proprio per me, mi mandò in tilt il cervello.
" Non lo farò" risposi, senza nemmeno pensarci, convintissimo di non volerla perdere per nessuno motivo al mondo.
Poco dopo, prendemmo tutti e quattro posto in una caffetteria poco distante, desiderosi di aggiornarci sulla piega che avevano preso le nostre rispettive vite. E fu esattamente così che scoprii che Derek, dopo la rottura della band, era partito alla volta del Sud America, con un biglietto aereo di sola andata, e aveva finito per trascorrere lì quasi un anno e mezzo. Aveva sempre avuto un debole per quelle terre così esotiche e così lontane, e ci aveva spiegato che dopo gli 'Uk Hearts', era stato talmente disperato, da non aver trovato nessuna ragione per la quale valesse la pena di restare a Londra, quindi era partito.
E tutto sommato diceva di esssersela spassata alla grande, pur continuando a rimpiangere il tempo dei concerti. Raccontò di essere ritornato in Inghilterra da poco, e di avere in cantiere un progetto che lo avrebbe portato ad esplorare la sconosciutissima e bellissima Oceania. Gli era sempre piaciuto da matti viaggiare, e infatti, tra noi tre, Derek era sempre stato quello che era riuscito a sopportare meglio il fuso orario e il jet lag. A me personalmente, mandava in bestia, ma pur di vivere quella vita, fingevo che non fosse poi così terribile, e alla fine ci credevo pure, perchè in confronto al resto, non era nemmeno considerabile come un punto a sfavore.
E poi c'era Dylan, che insieme a Nicole si era stabilito nella cittadina natale dei genitori di lei, e insieme avevano formato una meravigliosa famiglia. Avevano avuto due bambini: un maschietto e una femminuccia, e da quel che lui diceva, sembravano cavarsela piuttosto bene. Mi resi conto che le vite dei miei migliori amici erano praticamente agli antipodi, l'una l'opposta dell'altra, ma entrambe soddisfacenti a modo loro.
Derek era stato una specie di vagabondo, Dylan aveva scelto la sedentarietà; Derek aveva rincorso la libertà, Dylan si era assunto la più grande e la più bella delle responsabilità..però stavano entrambi bene.
O meglio, avevano superato molto meglio di me la fase postuma alla rottura della band...
Io che avevo fatto oltre ad evitare tutto e tutti e rintanarmi in una biblioteca? Che ero riuscito a fare, a parte autodistruggermi con le sigarette, l'alcol e la considerazione di me stesso come di un fallito?
La mia non era una storia bella da raccontare..almeno fino a quando non si era intrecciata con quella della ragazza che era seduta al mio fianco.
Raccontai ai miei amici che mi ero iscritto all'univerisità, alla facoltà di architettura, e loro di tutta risposta mi risero in faccia, e li capivo, perchè era assurdo persino per me pensarmi intento a studiare. E infatti non era affatto un mistero che lo facessi in compagnia di Emma, e sotto il suo continuo incitamento. Volevo diventare un architetto, ma ciò che mi affascinava era la parte pratica del mestiere, non la teorica, e avevo tentato di spiegarlo più volte sia a lei che ai professori, però pareva proprio che non ci fosse via d'uscita: dovevo sgobbare sui libri.
E poi però mi sarei laureato, e avrei chiesto a Emma di diventare mia moglie e saremmo stati bene insieme, per sempre. Ovviamente non potevo raccontare di quel progetto, soprattutto non in sua presenza, anche se lei doveva essersi accorta di tutto, e a giudicare da come ci squadravano quei due, dovevano aver capito anche loro che l'amavo alla follia. E anche lei mi amava, lo sentivo, forte e chiaro, in modo molto più distinto di come lo avrei percepito se qualcuno me lo avesse urlato nelle orecchie. Io e lei non avevamo bisogno di parole per parlarci: bastavano gli sguardi, i sorrisi, gli abbracci, le risate, persino gli screzi. E i baci, soprattutto i baci.
Comunque la cosa veramente figa, era che finalmente avevo un progetto anche io. Progettavo semplicemente di renderla felice, rendendo felice di riflesso me e la nostra futura famiglia.  
Raccontai a Dylan e Derek di come trascorressimo i pomeriggi in biblioteca insieme, di come l'avevo accompagnata a fare le ecografie, e a quel punto fui costretto a fare una piccola digressione su quello stronzo di Ricky supportato anche da lei; di come pranzassimo e cenassimo insieme, di come studiassimo insieme e di come-mi resi conto di colpo che la mia vita era ormai realmente un tutt'uno con la sua, e non solo nei miei sogni. Era così che trascorrevo le giornate: con lei. Anzi, in realtà con loro.
Restammo a chiacchierare fino a sera, finendo per ridere e prenderci in giro, come se non avessimo mai smesso di farlo. Incredibile. Ancora stentavo a crederci che fosse accaduto davvero.
Ci salutammo con un altro abbraccio, e soprattutto con la promessa di non perderci di nuovo; quel che era stato era stato, e non potevamo di certo cancellarlo... il passato non si cambia, però il presente e il futuro, quelli sono tutti da scrivere. E noi, avevamo intenzione di far parte dello stesso libro, motivo per cui ci salutammo accordandoci per rivederci il sabato successivo, a cena a casa di Dylan e Nicole.
Conoscevo sua moglie, così come la conosceva Derek...per un po' era stata addirittura la nostra mascotte, perchè stava con Dylan da quando entrambi avevano sedici anni. E poi spesso Niki, come la chiamavamo tutti, ci aveva assistito da malati, ci aveva preparato la cena, ci aveva dato consigli, e ci aveva fatto un po' da mamma, visto che era stata praticamente l'unica ad averci seguito ovunque quando eravamo in tour, fino a quando non era rimasta incinta.
Dopo averli salutati entrambi, io e Emma ci incamminammo in direzione della stazione dei treni, pronti per fare ritorno a Londra.
Ero talmente felice di come fossero andate le cose, che parlai del tutto il  tragitto, raccontandole annedoti ed episodi divertenti risalenti ai tempi della band, che per la prima volta dopo anni, riuscivano a farmi sorridere, senza quel ghigno amaro che mi aveva fatto compagnia negli ultimi tempi. E lei rideva, rideva spensierata, facendo echeggiare quella risata per strada, dicendomi che aveva sempre immaginato che facessimo stronzate del genere. Avevamo una faccia da schiaffi, a suo dire, ma lei si era innamorata anche di quella.
Tra una risata e l'altra, riuscimmo a salire sul treno che ci avrebbe condotto a casa giusto in tempo; tutti e due con sorriso sulle labbra che faceva invidia al mondo intero. Ero felice, mi sentivo felice, addirittura euforico, e forse fu proprio per quel motivo, che non appena prendemmo posto in uno degli scompartimenti tipici dei treni di vecchio tipo, senza concedermi il lusso di ragionarci su, mi avventai su di lei, ancora ridendo, prendendole il viso e le mani, e tuffandomi un attimo dopo sulle sue labbra.
Dio, che meraviglia! Quanto mi piaceva mozzarle il respiro con quei baci inaspettati...e doveva piacere tanto pure a lei, perchè impiegò meno di un istante a reagire, rispondendomi con la stessa voglia, e lasciando che le mie labbra plasmessero le sue senza riserve, senza la minima esitazione.
Fu questione di un istante: un attimo prima ridevamo delle cazzate che avevamo combinato io e i ragazzi tempo addietro, e l'attimo dopo, ci stavamo baciando a bordo di un treno in corsa.
Non so se fui io a fare in modo che si sedesse sulle mie gambe, o se fece tutto da sola; ma continuammo a baciarci sempre più intensamente, completamente assorbiti dalla nostra stessa passione, e consapevoli che sarebbe stato un miracolo se non fossimo finiti così, dopo una giornata come quella.
" Non so come tu sia riuscita ad organizzare tutto" soffiai su quelle labbra, riprendendo fiato
" Sei completamente pazza" sussurrai, baciandola ancora
" Avrei voluto ucciderti quando ho capito che era stata tutta opera tua" le morsi il labbro, e lei sospirò di piacere
" Perchè mi avevi teso una trappola, e non avevo più via di fuga" la baciai ancora
" Dovevo affrontarli per forza, in un modo o nell'altro" infilai le dita sotto il suo maglione, carezzandole la pancia nuda
" E non sapevo nemmeno io se ero pronto" ripresi a torturarla le labbra, mentre le mani percorrevano la sua schiena
" Non ci stavo capendo più niente" sussurrai, attirandola di più contro di me.
" Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie" a quel punto la guardai dritto negli occhi, e poi ripresi a baciarla dolcemente, lontano anni luce dall'essere sazio di quelle labbra e di lei.
Emma aveva di nuovo gli occhi lucidi, e mi baciava e si lasciava baciare, come se non le importasse di nient'altro al mondo.
Quello era un momento tutto nostro: il mio personalissimo modo di dirle che mi aveva fatto il più bel regalo di tutti.
Sprizzavamo felicità da tutti i pori, e forse quello che accadde dopo, fu dovuto a un eccessivo sbalzo umorale.
Ci stavamo ancora baciando come Dio comanda, quando Emma si staccò, e incredula, guardò prima l'addome e poi me.
" Ha scalciato! Ethan, ha scalciato!" urlò quasi, e a quel punto sorrisi a più non posso, concentrandomi sulla sua pancia che pareva effettivamente muoversi
" Aglia!" si lamentò felice "lo vedi? lo hai visto?" domandò, a un passo dallo scoppiare in lacrime dalla gioia
" Si..si" sussurrai, emozionato quanto lei. Non conoscevo parole che potessero esprimere quello che provavo in quel momento. Così, accostai l'orecchio alla sua pancia, sperando di sentirlo o sentirla muoversi ancora, non sapendo nemmeno se quello fosse il modo giusto per farlo, ma non mi importava un fico secco. Volevo stare così.
E restai in quella posizione per un po', talmente gasato ed uforico da dubitare che fossi sul serio io, mentre Emma si rilassava e resisteva a quelle lievi fitte, passandomi le dita tra i capelli.
Poi si chinò su di me, e io mi sporsi per baciarla sulle labbra, lentamente, dolcemente, nella tenera illusione di far durare quel momento per sempre.




BUONSALVEEEEEEE :))
Scusate il ritardo, ma come ho già scritto nelle risposte alle recensioni, sono stata in gita e sono tornata da poco :)
Spero che il capitolo non si sia fatto attedere troppo, e soprattutto spero che non vi abbia deluso :))
Fatemi sapere tutto quello che pensate, dai dai dai :DDD
Devo già scappare, ma se tutto va bene aggiornerò domenica ;)
Grazie di cuore per tutte le recensioni, sappiate che sono sempre apprezzatissime ♥♥
Un bacione, e a prestooooooooo <3<3<3<3
   
 
   






















 














 
  
  
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