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Autore: chiara_raose    12/05/2015    2 recensioni
PruAus
Gilbert sbirciò in quella immensa libreria, fin quando non fu attirato da una copertina priva di titolo: un libro con poche pagine ingiallite e che al loro interno rivelarono le parole "Caro diario".
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA • Rieccomi qui con l'aggiornamento! Spero possa essere di vostro gradimento! Intanto ne approfitto per ringraziare Eisen im Blut, sedicesima_luna01 e Rapidash per le parole che mi hanno dedicato nelle rispettive recensioni del precedente capitolo. Grazie davvero di cuore!





La porta che si apre non l'avevi proprio prevista. Tutto ti saresti atteso da quel momento in poi, addirittura un terremoto o un tornado, ma non lui. Tra tutte le possibili catastrofi, non puoi che pensare a quanto, quella di sentire rincasare l'austriaco, sia la più apocalittica immaginabile. Pare quasi strana la sensazione di inquietudine e terrore che attraversa la colonna vertebrale nel sentirne i passi che percorrono il corridoio. La Grande Prussia che teme dei passi fluidi ed eleganti, leggeri come se solo sfiorassero il pavimento caldo di casa; l'andatura tranquilla, priva di frenesia o fretta, in qualche modo aggraziati come stesse danzando con l'aria: esattamente quella pacatezza così disarmante ed ipnotica che lo rendeva quasi buffo a volte ai suoi occhi da guerrafondaio. Chiudi il diario in tutta fretta, stringendo tra le dita quel tesoro e ti rendi conto solo ora, guardandoti attorno, di quanto tu non voglia davvero abbandonarlo da qualche parte. Come potresti mai perdonarti di aver lasciato in un angolo, dimenticato, qualcosa di così unico e raro? Quando mai, uno come Gilbert, non sfrutta quell'oggettino così fragile a proprio favore con piccoli scherzi o possibili ed impensabili ricatti? La penombra lo salva ancora e, tacitamente, condivide il segreto di quelle pagine e di quel piccolo gesto clandestino che le rivela. Nel silenzio, il deglutire profondo, le labbra che si stringono con forza ed insistenza, con le dita che tremano nell'incertezza, anche più di quando la domanda era se aprirlo e leggerlo o meno, quel diario. Di nuovo il rumore dei passi e l'andatura leggera che ha imparato a sentire come un animale percepisce il proprio predatore avvicinarsi, con la medesima prontezza di una predatore che punta la propria vittima giornaliera... Ed ora sta facendosi sempre più vicina. Che fare?
« Gilbert? Sei in casa? »
La porta che si apre ti spaventa, ma sei troppo orgoglioso per ammetterlo, troppo orgoglioso per poter dire “stavo facendo qualcosa di sbagliato”. Te, la Grande e Magnifica Prussia, non sbagli mai, vero? Il diario svanisce quasi, dietro la schiena in maniera istintiva; esattamente come farebbe un bambino sorridi distendendo le labbra e mostrando tutto quel che puoi della dentatura candida, dinanzi alla porta che si apre. Serve un'idea; rapidamente anche! Il sorriso, però, non smuove l'espressione altrui, contornata e accentuata forse dal riflesso delle lenti che brillano da quella luce nel corridoio, rispetto a quel luogo segreto dove, silenziosamente, è calato anche il buio. Preghi che quel buio ti sia complice, come il silenzio delle tue stesse parole nel non saper mantenere decentemente un segreto troppo a lungo; sorridendo semplicemente mentre continui a pensare dove lasciare quel diario perché l'austriaco non ti scopra. Lo osservi avvicinarsi, superando finalmente la soglia ed accendendo la luce. La lampada che si illumina improvvisamente ti acceca e gli occhi urlano per quella violenza subita. Le mani abbandonano quel tesoro rapidamente, lasciandolo lentamente scivolare in un tonfo che speri non sia udibile quanto lo hai sentito tu: col tocco di un elefante in una cristalleria.
« Potevi anche rispondere; è buona educazione »
« Strano che tu venga a dire a me qualcosa come l'educazione, proprio tu che stavi cacciandomi di casa a calci »
Lo stuzzichi e ti diverti, si vede. Non riesci a non ridere, ghignare probabilmente, dinanzi all'espressione indispettita dell'austriaco che non ha palesemente intenzione di dartela vinta. Quanto orgoglio dietro quelle lenti finte. Chi spera di illudere proteggendosi dietro quegli strati vetrati e trasparenti? Le sue palpebre si serrano per un momento, come le dita che si stringono nel trattenersi dal sospirare, col petto che si gonfia leggermente, bloccando quel respiro a metà.
« Probabilmente perché qualcuno si è intrufolato in casa mia pretendendo di passare qui le sue vacanze? »
« Non sei felice che ti faccio compagnia? Saresti qui solo come un cane altrimenti, ammettilo »
Non sai come mai ti siano uscite quelle parole; una volta tanto in vita tua, in fondo, non volevi essere così crudele e schietto con quel maestrino bacchettino che, per quanto abbai non morde, tenendoti ancora in casa piuttosto che lasciarti sotto un ponte. Probabilmente lo fa per pietà, per la tua continua e pressante insistenza, ma notando i suoi occhi dilatarsi per un momento, leggermente, arrivi a comprendere che potevi tenere la bocca chiusa.
« Cosa ti farebbe pensare che io non possa avere compagnia all'infuori di uno come te? »
Le parole lo raggiungono al pari di un colpo di fucile; dritto nel petto a trapassare lo sterno e devastare la colonna vertebrale. Uno come te. La pensava come tutti gli altri su di lui, era inevitabile. La rassegnazione inizia a dolere e pesare sulle spalle, affaticando addirittura le dita della mano. Ti rendi pian piano sempre più conto di un pensiero che ti spaventa e ti fa inorridire al contempo: Gilbert, la Gloriosa Prussia che cerca, tra tutti, di esser visto dagli occhi ametista di quel dannato signorotto d'altri tempi. Perché? Perché mai avrebbe dovuto volerle, quelle iridi? Perché mai avrebbe dovuto desiderare la sua attenzione? Te lo ripeti tante volte, ma non mezza pare essere realmente convincente, mentre la mente prende a viaggiare, vagare e disperdersi in quelle stesse parole; parole che riecheggiano da una parte all'altra del cranio, nel petto fino a far morire anche le farfalle nello stomaco in quel disperato volo a vuoto: uno come te.
« Hai ragione » rispondi con un moto d'orgoglio che porta l'irritazione a schizzare sino a raggiungere le stelle, capace di afferrarle e bruciare con loro. La doppia faccia della medaglia dell'orgoglio: il cedervi equivarrebbe al sciogliere la tentazione ma, al contempo, concederti nella devastazione. « Perché mai dovrei aver bisogno di un signorino isterico come te? Voglio dire: esistono tanti modi per allontanare la gente da sé, ma a quanto pare il quattrocchi qui presente riesce a mantenere il primato se riesce a superare il limite di rendersi completamente insopportabile pure ad uno come me. Dimmi un po', dove avresti intenzione di andare per le prossime vacanze? Da qualche tuo ex-coniuge o al circolo ago e filo? »
Non hai più fatto caso al diario che, fino a poco fa, appariva come l'oggetto di inestimabile valore più raro che potessi mai trovare. L'unica cosa che ora pare aver assunto importanza, in quella stanza, è lo schioccare della sua mano contro la tua guancia. Sogghigni sentendo quasi quel suono ripetersi dieci, cento e mille volte dentro l'orecchio, facendo vibrare il timpano ad un ritmo insopportabile. Sorridi, però, tornando a guardarlo con l'orgoglio e la soddisfazione della vittoria, in bocca: la consapevolezza di averlo spinto violentemente con le spalle al muro.
« Femminuccia »
commenti a denti stretti mentre le iridi altrui iniziano a brillare. Odio, rancore, insopportazione. La matassa del suo animo che inizia a rivelarsi dietro quel spesso ed invalicabile muro di cemento. Sei stato già abbastanza dietro un altro muro, forse è per questo che cerchi in ogni modo di abbattere anche quello altrui... anche quando, dinanzi ai loro occhi, non sei altro che 'uno come te'. Che stupido.
« Complimenti, Gilbert. Ci sei riuscito anche stavolta a ricordarmi il motivo per cui non ti voglio in casa. » Lo guardi assaporando ogni momento di quella sua espressione. I ricordi ti assalgono e sorridi stupidamente nel rammentare che, effettivamente, è l'espressione più viva ed accesa che ti abbia mai dedicato. Cosa vai mai a pensare, Gilbert? Non c'è di cui preoccuparsene, ma solo da goderne in abbondanza, in ogni secondo che viene concesso. Scendere a patti con l'orgoglio, in fondo, vuol dire anche questo.
« Vattene. »
Si è offeso per il tuo sorriso. La guancia arde ancora e lui, quasi incoerentemente in un certo senso, esce da quella stanza di scatto. I passi sono ora affrettati, per quanto leggeri, meccanici, per quanto eleganti. Non si smentisce mai. Quando la porta si chiude, il buio ed il silenzio tornano a regnare e anche le parole ed i pensieri tornano ad opprimere. Il diario è ancora lì e il tuo sguardo vacuo ancora si posa sulle pagine che, cadendo, si sono aperte. La calligrafia è sempre la stessa e sei certo che la riconosceresti tra mille; esattamente come non hai bisogno di mettere eccessivamente a fuoco le parole che concludono la pagina di chissà quale giornata della sua esistenza. È proprio il caso di levare le tende, ma non ha intenzione di abbandonare lì il diario. Un dispetto, un ricordo, non sa il reale motivo per cui si spinge a recuperarlo, dietro l'angolo della libreria dov'era stato lanciato.


Quell'albino è davvero insopportabile.
   
 
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