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Autore: BukowskiGirl2    13/05/2015    1 recensioni
E' dalla noia, da quel sentimento angoscioso e innocente, che nasce tutto.
Marzia ha intenzione di vivere la sua vita da sola, perchè nessuno la capisce. Lei, con il suo "problema", non va proprio d'accordo. Lorenzo è italo-americano, rigido ma ingenuo. Troveranno la salvezza insieme, perdendo però di vista, la loro meta. Sogni, false ambizioni, aria di depressione, momenti invisibili di felicità, attimi infantili. Cos'ha il futuro in serbo per loro?
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Marzia si addormentò a metà film, lasciando a me la suprema decisione: scappare e lasciare il   lavoro per non essere più trovato o aspettare la mattina per spiegare che era tutto un equivoco e che magari trovarsi nel letto di qualcuno che non si conosce può essere un gesto involontario. E la mia scelta era talmente ovvia, che le mie mani non attesero conferma dalla mia mente per sbottonare lentamente la camicia che ormai indossavo da quasi 12 ore. Marzia dormiva sul pavimento, la presi in braccio per adagiarla sul suo letto. Non diede nessun segno di risveglio, imbottita com’era di sonniferi.
Mi sdraiai accanto a lei con la mente completamente vuota e ci vollero pochi secondi prima che i miei occhi si socchiudessero per portarmi tra le braccia di Morfeo. Fui svegliato, poche ore dopo, da un rumore frastornate. C’era dell’assurdo in tutto ciò che le girava intorno.
Sgranò gli occhi, per guardare che ore fossero. Si voltò verso di me, sorrise e buttò la testa sul cuscino.
-Adesso mi sembra strano, davvero strano. Tu sei qui, io sono qui, non abbiamo fatto nulla.
-Sei abituata a fare altro con gli sconosciuti, quando li porti a letto?
-Sei arrabbiato con me, adesso? Perché mi tratti così?
Era tranquilla, molto più tranquilla della sera prima, quando con fare nervoso, si era comportata da maniaca sessuale. Dovevo dirlo, dire quello che pensavo di lei. Avevo immaginato, per tutta la notte, un futuro. E c’era lei, in qualche modo. Anche se da comparsa, anche se per un po’.
-Ieri sembravi una maniaca.
-Perché, ora non lo sembro?
Mi avvicinai a lei, scostandole dal viso una ciocca di capelli. Mi guardò sospettosa, allontanandosi in modo brusco. Si fermò a fissare il vuoto, poi disse: -L’hai capito, vero?
-Capito cosa?
-Niente, allora, niente. Se ci sarà bisogno, capirai.
-Io devo dirtelo, ho paura di te. Insomma, questo tuo modo lento di parlare, di bloccarti. Mi hai attirato, mi hai portato qui. E adesso? Dove sta il trucco? Quand’è che uscirai un coltello per uccidermi?
-Quando vuoi, quando hai l’agenda vuota.- Accese una sigaretta. -Tanto, la gente, solo questo sa dire. Che sono una maniaca. Quando sanno, perché loro sanno, si allontanano o iniziano a chiamarmi “maniaca”. Figurati, non mi dispiace neppure tanto.
Cosa aveva di male? Era bella, composta, magari poco educata, ma non è un difetto. Tossicodipendente no, non lo era, assolutamente. Nemmeno un’alcolista, a quel punto. Ma cosa c’era dietro? Cosa nascondevano le sue espressioni vuote? Non ero un genio della psicologia, né un filosofo greco, ma qualcosa c’era. Io dovevo scoprirlo, dovevo stare con lei, starle vicino, a contatto, e capire.
Entrò un ragazzo, in stanza. Mi meravigliai del fatto che qualcuno, a parte lei, avesse le chiavi di entrata. Molto probabilmente era il fidanzato e io stavo per fare una brutta fine. Come un amante in fuga, mi alzai di scatto e presi i miei vestiti, coprendomi il petto.
-No, stai tranquillo. Fai pure.
-Io, davvero, sono solo una persona.
-Ammetto che non colgo il senso della battuta. Sono il fratello di Marzia, Filippo.
Mi sciolsi, sentendo qualcosa di così tranquillizzante.
-Sì, non sono un tipo da cabaret. Davvero, non era una battuta. Sono…un amico di Marzia.
-Bene, mi fa molto piacere.
Si rivolse a Marzia: -Noi ci vediamo dopo, casomai.-
Marzia si alzò per andare in bagno e appena ebbe chiusa la porta, Filippo si avvicinò a me sussurrando: -Quindi tu lo sai?-
Di nuovo. C’era di nuovo quella cosa che volevo sapere, ma che avrei saputo solo “quando ce ne sarebbe stato il bisogno”.
-Scusami, vuoi spiegarmi tutto questo mistero? Stamattina lei ha accennato a qualcosa del genere, mi ha chiesto se “sapevo”. Cos’è che devo sapere? A questo punto, sembra qualcosa di orribilmente terrificante.
-Ma no, no che non lo è. Vedi, lei non è molto propensa a dirlo, non le piace, la mette a disagio, anche i farmaci, non le piacciono affatto.
-Be’, a chi piacciono i farmaci?
-Si, concordo. Comunque, vuoi che te la racconti da romanzo giallo o semplicemente riassumendo?
-Se con il romanzo giallo riassumi e mi fai capire magari cosa, dove, quando e perché, allora ci siamo.
-Quando era piccola…- continuò sussurrando -…nessuno si accorgeva di nulla. Per tutti era solo “una bambina molto riflessiva”. Insomma, capisci bene che non ti metti a cura di quanto una bambina di 5 anni stia ferma a fissare il vuoto. Ma i primi accorgimenti furono proprio un paio di anni dopo, quando a scuola, Marzia, iniziò a dire cose assurde e a raccontare storie alle maestre, che le inducevano a chiamare i miei genitori, per chiedere se realmente mio padre fosse ambasciatore di Etiopia o se mia madre venisse veramente da Marte. Allora cambiò titolo, dalla “bambina riflessiva” diventò “la bambina fantasiosa”. Ed erano solo modi stupidi per non accettare l’evidenza. Questi eventi andavano avanti ormai da troppo tempo, mostrando che, per Marzia, non era una questione di ambiente scolastico o familiare, ma si comportava così proprio con tutti.
-Insomma, Filippo, tua sorella è autistica.
Da concentrato com’era, su di me, abbassò lo sguardo mediamente sconfitto.
-Non ho nessun’interesse a rovinare la vita della persona che forse amo di più al mondo. Infatti, te lo dico perché, se devi fare cazzate, non farle dopo e non farne tante. Scappa ora, cambia nome, cambia città, fa’ finta di non conoscerla. E’ una cosa pesante, pesante da gestire. E se non te la senti, per favore, abbandona adesso la sfida.
Mi sentì umiliato, sottovalutato in maniera schifosa, offeso e un poco arrabbiato. Il modo in cui ci avevamo girato tanto attorno, la sera prima, mi aveva mostrato che forse ero stato ceco anch’io, a non volermene accorgere.
-L’ho conosciuta ieri, quando mezza addormentata, è entrata nel locale in cui lavoro.
-Sono delle tecniche antipanico…
-Sì, me lo ha riferito. Ma non è questo il punto. Lei vuole a tutti i costi inserirmi nella sua vita. E non è nemmeno questo, il problema. Non so nemmeno se c’è un problema, forse no. Filippo, semplicemente non devi preoccuparti. Devi darmi tempo, mi sento in uno show televisivo di candid camera, per favore.
Mi diede una pacca sulla spalla, sorridendo, poi andò via. Mi sedetti sbalordito sul letto, mentre riabbottonavo la camicia. C’era qualcosa, il destino, il fato. E lei, sembrava aver scritto tutto lei. Il modo in cui si rivolgeva a me, mi sembrava improvvisamente davvero dolce e premuroso. Non ero io che dovevo proteggere lei, era lei che stava salvando me. 
   
 
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