Capitolo XXI
An evening with her… bye bye!
Assistere
agli allenamenti del Kainan fu istruttivo quanto distruttivo.
Istruttivo
per il Gorilla dello Shohoku che, vedendo con che tenacia e decisione Maki
allenava i suoi compagni, affiancato ovviamente dal severo Takato, ne trasse
numerosi spunti per la sua squadra. Il Kainan King era conosciuta ovunque per
la sua rapidità e gli allenamenti a cui erano sottoposti i suoi giocatori erano
sfiancanti, ma soprattutto ottimi. Non per niente era una delle squadre più
forti del Campionato Nazionale.
Distruttivo,
invece, per i ragazzi dello Shohoku che, vedendo da una parte il Kainan che si
allenava e dall’altra l’espressione diabolica di Akagi, capirono che le loro
mattinate e serate passate in palestra sarebbero state un tantino più pesanti.
Era faticoso soltanto guardarli, figurarsi allenarsi con quei ritmi!
«E
noi che ci lamentavamo di Akagi», biascicò Hisashi, corrugando la fronte.
Sarebbe dovuto andare a correre la mattina presto, per aumentare la sua
resistenza. Altrimenti era sicuro che non avrebbe retto.
«Già…
quella vecchia ciabatta ci da dentro!», esclamò Hanamichi, che si beccò un
colpo dalla prima manager.
«Ma
porca paletta, Hanamichi! Un po’ di rispetto per un tuo senpai!».
«Do’aho».
«E
zitto tu!».
«La
volete smettere?».
I
ragazzi del Kainan si voltarono verso le panchine, per osservare perplessi quei
particolari spettatori che gli erano piombati in palestra alle tre del
pomeriggio in punto.
«Ehi,
Rosso-Scimmia! Tappati la bocca, ci stiamo allenando!», gridò Kiyota, da fondo
campo, mentre si sistemava la fascia viola sulla fronte.
«Tanto
non ti serve a niente, babbuino!», replicò l’altro, scatenando la solita reazione
a catena.
…Che
finì con un bel pugno in testa ad entrambi.
Rossi
per l’affronto, i due si guardarono in cagnesco, poi uno riprese ad allenarsi e
l’altro a braccia incrociate e visino imbronciato a bordo campo.
Hime,
seduta tra il fratello e Ryota, guardava interessata lo stile del Kainan.
Scatti, salti, ancora scatti, passaggi rapidi, canestri, nuovamente scatti,
attacco e difesa… era incredibile quanto quei ragazzi reggessero quei ritmi
incalzanti. Maki era un ottimo capitano, carismatico e severo al punto giusto.
Sapeva cosa voleva e come ottenerlo. La ragazza sorrise, ammirata. Valeva
proprio il titolo di Most Value Player della
Prefettura, non aveva dubbi.
Ma
ancora più ammirata guardava gli altri giocatori, instancabili, veloci, decisi
a diventare sempre più forti. Tra loro come non notare la sua scimmietta, che
come un fan sfegatato, pendeva dalle labbra del suo Capitano? Qualunque cosa
gli dicesse di fare lui la eseguiva immediatamente, chiedendo subito dopo come
fosse andato e cosa dovesse migliorare. Ed era tenerissimo quando veniva
rimproverato dallo stesso Maki perché sorpreso a guardarla, sognante come un
bambino. Per non parlare di quanto si stesse mettendo in mostra. Durante la
partitella di allenamento, infatti, correva da una parte all’altra, inveendo
contro i compagni per passagli la palla e segnando dunk ogni qual volta ne
avesse avuto la possibilità. Era egocentrico, ma solo un pochino!
Appena
gli allenamenti finirono, Nobunaga ebbe ancora le forze per precipitarsi
allegro verso le docce, con l’intento di rinfrescarsi per bene, vestirsi a
puntino e starsene in santa pace con la sua Hime. Certo, non poteva portarla a
fare una passeggiata in paese come l’ultima volta per via della caviglia un po’
dolorante, ma aveva già una mezza idea sul come rimediare alla cosa. Del resto
lui era Nobunaga Kiyota, pensava sempre a tutto, lui! Era o non era il
migliore?
La
trovò seduta sempre sulla stessa panca, con il fratello sdraiato sulle sue
gambe, entrambi intenti a chiacchierare con Mitsui. I ragazzi non si accorsero
di lui finché non arrivò tutto balzante e pimpante. «Ehilà, scimmia! Mitsui!»,
salutò allegramente, mentre Hanamichi scattava in piedi per cantargliene
quattro. Nobunaga, invece, focalizzò la sua attenzione sulla rossa, che li
guardava divertita. «Ciao Hicchan!».
«Ehi!
Solo io posso chiamarla Hicchan!»,
sbraitò Sakuragi, sotto lo sguardo truce di Hisashi, a cui stava iniziando un
bel mal di testa a velocità record.
«Sono
o non sono stato il migliore in campo, prima?», continuò orgoglioso il dieci
del Kainan, rivolto alla ragazza.
Mitsui
si passò una mano sul viso. Non solo doveva sorbirsi gli sproloqui di
quell’esagitato del compagno di squadra, ora ci si metteva anche quell’altra
scimmia del Kainan! Quei due avevano il potere di portare all’esaurimento
nervoso chiunque si trovasse nel raggio di cinque chilometri da loro. A volte
non riusciva neanche a capire come Hime potesse sopportare il fratello
ventiquattro ore su ventiquattro, figurarsi se ora si ritrovava un altro pazzo
come fidanzato!
«Ma
quale migliore e migliore! Dovresti vederti, scimmiottando di qua e di la verso
il Nonno Maki!», esclamò Hanamichi.
E
mentre Kiyota gli saltava addosso per riempirlo di botte e Hisashi si alzava e
si allontanava con fare indifferente, Hime arrossì di vergogna per il fratello.
In quel momento, infatti, stava facendo la sua comparsa proprio il buon vecchio
capitano del Kainan, che seriamente stava iniziando a mettersi problemi sulla
sua forma fisica.
«Ma
ho anche capelli bianchi?», chiese Shin’ichi a Takasago al suo fianco, che non
fece in tempo a rispondergli perché la voce squillante di Hanamichi glielo
impedì.
«Eh,
Nonnetto! Se controlli bene ne troverai anche parecchi! Per non parlare delle
rughe!».
«Hanamichi!»,
si lamentò la sorella, mentre un Maki avvilito tornava velocemente negli
spogliatoi per controllare i segni della vecchiaia.
Quando
l’ambaradan si concluse con le due scimmie ansanti sul parquet della palestra,
Hime si alzò a fatica, mettendosi le mani sui fianchi. «Hana, possibile che non
riesca a tenere a bada la lingua?», disse con un sospiro, guardando mesta il
fratello. «Se non fosse che ti adoro, mi vergognerei di esserti sorella».
«Hi-Hicchan!»,
piagnucolò il rosso, saltandole addosso per cercare affetto.
«E
a me? A me? Mi adori?», chiese geloso Nobunaga, aggrottando triste le
sopracciglia.
«Pussa
via, scimmia!», esclamò Hanamichi, agitando le mani per allontanarlo. «Hicchan
adora me, ed è anche mia sorella! Fatene una ragione!».
Hime
scosse la testa, mentre Nobunaga sorrideva malizioso. «Sul fatto che non sia
mia sorella mi solleva, e non poco! L’incesto non è una bella cosa!».
«Nobunaga!»,
scattò lei, arrossendo fino al midollo, mentre Hanamichi, fumante come una
teiera, sbraitava incessantemente.
«Argh! Maledetto depravato!».
E
nuovamente giù a insultarsi e a pestarsi, sotto lo sguardo rassegnato di una
povera Hime che, mestamente, si risedette sulla panca, in attesa che quei due
smidollati la finissero di bisticciare. Dovette aspettare parecchio, dato che
le scimmie in questione riuscirono anche a litigare su chi dei due dovesse
portare in braccio la ragazza, dato che “non poteva camminare agevolmente”.
Peccato che l’idea fosse stata di Kiyota che si vide la ragazza letteralmente
rubata dal fratello indemoniato.
«Accidenti
a te, Rosso-Scimmia!», esclamò Nobunaga arrabbiato e offeso, che gli camminava
a fianco con un viso più che imbronciato. E lui che voleva tenersela sulle
spalle tutta la sera! Era stata sua l’idea, sua!
Hanamichi,
in risposta, gli fece dondolare il medio sotto al naso. «Ahaha!
Crepa!».
Hime,
stretta al collo del fratello, gli tirò un buffetto in testa, rivolgendo un
sorrisone al moro. Che dopo due secondi partì bel bello per la tangente.
Il
problema, per la piccola scimmietta, non era solo il fatto che quel rossino
della malora gli avesse fregato la ragazza, no. Il fatto che più lo fece
imbestialire era che con loro si fossero aggregati come due cozze agli scogli
anche Mitsui e Miyagi. Gran bella rottura, dato che i due non stavano facendo
altro che scannarsi ogni tre per due, da bravi migliori amici. Dietro di loro,
pronta a far risuonare il suo micidiale ventaglio per le stradine del
villaggio, camminava Ayako, affiancata dalla ciliegina sulla torta: signori e
signore, Kaede Rukawa!
Seratina
romantica: tristemente andata a farsi friggere.
Inutile
dire che Nobunaga continuò a borbottare come uno schizofrenico fino a che non
arrivarono a un locale tranquillo, dove faceva bella mostra di sé un tavolo da
biliardo. Da incazzato nero che era, divenne sorridente come una pasqua, tanto
che gli amici lo guardarono preoccupati, temendo qualche diavoleria di lì a
poco. Ebbene sì, Nobunaga Kiyota adorava giocare a biliardo e non se la cavava
neanche tanto male, a dirla tutta! Quello sì che era il momento giusto per
dimostrare al mondo che, non solo era un giocatore di basket formidabile, ma
che le sue doti andavano ben oltre il parquet della palestra!
«Aww! Biliardo! Non ci ho mai giocato!», esclamò Hime,
saltellando su una sola gamba verso il tavolo verde.
Kiyota
stava per aprir bocca e presentarsi trionfante come il suo nuovo insegnante, ma
la voce pimpante del fratello lo zittì in men che non si dica. «Ahaha! Non preoccuparti, Hicchan! Il sottoscritto ti
insegnerà l’abcd del biliardo!».
Ryota
alzò perplesso un sopracciglio. «Sai giocare?».
«Certo
che no!», rispose candidamente il rossino, con un sorrisone più grande di lui.
«Ma sono un genio, non sarà così difficile, no?».
Ai
presenti scese un bel coccolone davanti alla spudoratezza del rosso, che
continuava a ridere come un deficiente e a blaterare cose insensate come “Il segreto di un buon biliardista è quello di far girare le palle nel
verso giusto! Ahaha!”.
“Eccome se ci riesci”, aveva saggiamente detto
Rukawa, facendo rotolare dalle risate Hisashi e Ryota.
Nuovamente
Kiyota stava per parlare, ma questa volta a zittirlo fu Mitsui. «Hime, lascialo
perdere quello lì. Ti insegno due mosse io, se aspetti tuo fratello stai
fresca!».
Con
quasi le lacrime agli occhi e la bocca spalancata per essersi visto la ragazza
sottratta dall’altro maniaco del gruppo, Nobunaga strinse i pugni, deciso a
farsi valere una volta per tutte.
«Ehi,
chiudi quella bocca. Hai un’espressione da ebete».
Eh,
no. Accettava tutto, ma non prese per i fondelli dal suo acerrimo nemico,
Rukawa! «Che hai detto?!», gridò, con gli occhi infuocati.
«Nobu-chan,
tu non giochi?».
E
nel sentire la voce dolce e soave della sua musa ispiratrice, il numero dieci
del Kainan tornò mansueto come una scimmietta ammaestrata nel giro di due
millisecondi. «Ma certo, Hicchan! Stavo giusto per dirti che–».
«Sei
una pippa e vuoi che ti insegni qualcosa io, vero?», fece saputello Hanamichi,
battendogli amichevolmente una pacca sulla spalla.
Ci
mancò poco che Kiyota gli spalmasse sul muso tutte e sedici le palle che, si
sa, non sono tanto leggere. «Veramente dovresti imparare tu, da me, caro il mio
Sakuragi!».
«Ecco
l’altro invasato», fu il serafico e puntuale commento di
Kaede, che veramente stava rischiando l’incolumità, a sua insaputa. «Due idioti
al prezzo di uno».
«Checcosa?!», esclamarono in coro i due idioti della
situazione, facendo sospirare gli altri e i pochi presenti nel locale.
«Fatevi
riconoscere anche qui, mi raccomando», li rimbeccò Ayako, mentre Ryota al suo
fianco si perdeva tra i suoi boccoli.
Hime
scosse la testa, divertita. «Allora, si gioca a squadre?».
«Io
sto con te!», esclamarono in brodo di giuggiole le due scimmie del gruppo, che
poi videro bene di riempirsi d’insulti due secondi dopo.
Dovettero
passare tre ore e mezza affinché si calmassero le acque e
creassero civilmente due semplicissimi gruppi. Il primo duo vedeva Hisashi,
spavaldo all’inverosimile, e Rukawa, sull’orlo di un bel sonnellino
pomeridiano; il secondo formato proprio dalle due scimmie, dato che Hime, per
riappacificare le teste calde del fratello e del ragazzo, si era fatta da
parte, decretando che avrebbe provato due tiri più tardi. Su chi, poi, avesse
dovuto insegnarglieli, questi due benedetti tiri, ci sarebbe stato da ridere
nuovamente.
Inutile
dire che passò un’altra mezz’ora per decidere chi dovesse battere per primo tra
Hanamichi e Nobunaga, dato che avevano vinto a “testa o croce”.
«Ehi!
Ho il diritto di battere io!», stava esclamando la scimmietta del Kainan. «E
anche il dovere, se non voglio che la palla bianca finisca in buca per colpa
tua!».
«Aha!», schioccò le dita il rosso. «Cos’è? Abituato a
battere, Nobu-scimmia?».
«Checcosahaidetto?!».
«Oh
Kami, fulminateli!», pregò Ayako, alzando gli occhi al cielo.
«Ma
davvero!», annuì Ryota, al suo fianco come fedele compagno. «Hai proprio
ragione, Ayakuccia!».
La
prima manager lo guardò di sbieco. «E per darmi ragione è necessario che mi
metta un braccio sulla spalla?».
«Ayako!
Che tatto!», esclamò ridendo Hime, mentre il play dello Shohoku si faceva
piccolo piccolo e rosso peggio dei capelli dei
Sakuragi.
Gli
unici due che guardavano il battibecco in silenzio erano Hisashi e Rukawa, che
più che osservare passivi e sopportare tutto quel casino, stavano pensando a un
modo per placare quelle teste calde.
E
infatti ecco che, con un colpo secco e ben piazzato, batterono in sincrono
contro due palline, che finirono bel belle sui musi delle due scimmie in
questione.
«Porca
vacca, Mitsui! Mi hai fatto male!», piagnucolò Nobunaga, portandosi le mani sul
viso.
La
guardia ghignò. «Ma no?».
Chi
invece passò direttamente dalle parole ai fatti fu Hanamichi, che ingaggiò,
ovviamente, lotta libera contro il volpino.
«Ce
la faranno a giocare?», chiese Ayako, incrociando le braccia e guardandoli
mesta. «Che branco di caproni».
«Ci
vorrebbe Akagi, ora», disse sospirando Hime.
Un
brivido corse lungo la schiena dei nostri eroi, al solo pensiero di quello che
avrebbe potuto fare il Gorilla in quel momento, sapendo anche che ormai il
limite della sua sopportazione era superato da tempo.
«Non
dirlo neanche per scherzo», fece Mitsui, poggiandosi sulla sua stecca. «Quello
scimmione è capacissimo di comparire da un secondo all’altro e stenderci tutti
a suon di pugni».
«Come
se ti facessero male, poi», disse sarcastico Miyagi, che due secondi dopo la
provocazione all’amico, se lo ritrovò addosso mentre gli sfregava un pugno tra
i capelli.
«Ecco,
sono belli che andati anche questi due», decretò Ayako, sedendosi sul divanetto
lì vicino e guardando impietosita lo “spettacolo” che aveva davanti: Hanamichi
e Rukawa, i due migliori nemici, che se le davano di santa ragione; Mitsui e
Ryota che si davano amichevoli pacche sulle spalle, che di
amichevole non avevano nulla, Hime che guardava divertita tutto quel macello, e
Kiyota che guardava Hime trasognato. Quella fu l’unica scena che la fece ridere
di cuore, pensando a quello che probabilmente la scimmietta aveva avuto in
mente per passare la serata con l’amata, e che invece era andato in frantumi
nel momento in cui si erano uniti a loro.
Scosse
la testa, pensando ai ragazzi. Decisamente quello era un branco di caproni.
* * * *
Piccolo siparietto per l’autrice:
Salve a tutti, cari
lettori e lettrici!
Passato un buon
Capodanno? Spero di sì! *O*
Vi annuncio già da ora
[così vi preparo alla notizia brutta brutta] che
questo mese sarò moooolto moooolto
impegnata con ben quattro, e ripeto, quattro esami da preparare. E mica
piccoletti, no. ç_ç
Quindi se dovessi
tardare con gli aggiornamenti non preoccupatevi, son solo sommersa di studio
fino al collo! X°D
Many thanks
to:
Miha_Chan: Carissima! :*
Sopravvissuta sei? xD Solo una cosa: grazie. :)
[questo è il famoso capitolo dove mi hai sbloccata! Ringraziatela tutti!!] x*
lilli84: Arigatoo, lilli-san!
Buon anno anche a te! :*
Black_Moody: eheh,
piaciuto il discorso con Kaede? Non nego che mi sia passato per la testa
qualcosa di malefico, qualche tempo fa… devo solo ragionarci bene. XD Nobu-chan
questa volta stava per scoppiare veramente… ma di nervi, però! Poveretto, non
gliene va bene una! ;___; [anche se sono io che non gliene faccio andare una,
vabbè XD] E’ così puccho, quel ragazzo, che mi
diverto troppo a trattarlo male! *o* Un bacione grande, cara! :*
Un ringraziamento anche
a tutti i lettori anonimi! <3
Un abbraccio strittoloso,
Kenjina.