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Autore: Dandelionx    13/05/2015    2 recensioni
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“Ho un'altra passione, sai?”
Egli mise su un’espressione incuriosita, arricciando le labbra e socchiudendo gli occhi come a volerla scrutare dentro, solo attraverso gli occhi.
“Mi piace scoprire le persone attraverso i gesti”, concluse, fissandosi le ballerine sgualcite ed arrossendo lievemente.
[...]
“Anche a me piacerebbe scoprirti”, annunciò dopo un po’.
“Me lo permetterai?”.
Di risposta, dapprima si aprì in un mesto sorriso, poi gli lasciò un lungo e soffice bacio sulla guancia, chiudendo le palpebre. Infine si alzò per andare via.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Linea 13 – Il silenzio della felicità

 

Blaire Newell se ne stava seduta da sola, come tutti i giorni, sulla seggiola scomoda dell’autobus linea 13; un libro sulle gambe e delle cuffie, mentre la voce di Paul McCartney le risuonava in nelle orecchie.
C’era un ragazzo su quell’autobus che sedeva sempre due o tre poltroncine avanti a lei. Era il suo oggetto di studio preferito da un po’ di tempo, ormai. Non si rendeva neppure conto quando iniziava a fissarlo, studiandone i tratti, per quel poco che lasciava intravedere dal cappuccio sempre alzato. Non gli aveva quasi mai visto gli occhi. Non sapeva il suo nome. Non sapeva assolutamente nulla di lui, eppure le pareva di conoscerlo bene. Era capitato una sola volta che i loro occhi si incontrassero, quella volta in cui, le sue guance si erano colorate di rosso e aveva subito sviato lo sguardo.

Capitò un giorno che il ragazzo, Finn O’Malley, si sedette nella poltroncina accanto a quella della ragazza. Di lei ancora nessuna traccia. Si sentì improvvisamente e misteriosamente nostalgico e non riuscì alla sua mente di non formulare qualche pensiero negativo; ad esempio, ipotizzò che le fosse successo qualcosa, poiché di solito era puntuale.Colta sul fatto”, si era detta, mordendosi il labbro quasi a volersi punirsi di essere stata così sciocca da farsi beccare.
Lui però aveva alzato un angolo della bocca all’insù, mascherandolo subito dopo. Lei, tuttavia, non se ne accorse mai.
Aveva trovato molto dolce quel suo repentino cambio d’umore. Poteva benissimo comprendere che fosse imbarazzata se non timida. Si era accorto anche lui di quella strana ragazza, solo che a differenza sua, era più discreto.

O magari aveva perso l’autobus in conseguenza a qualcosa che era successo.
Dannazione! Proprio oggi che avevo trovato un po’ di coraggio per rivolgerle la parola...
Scosse la testa, come a voler levare quei pensieri e si lasciò andare contro lo schienale ruvido. Con quel gesto il cappuccio si era leggermente abbassato dando la possibilità a chiunque di osservare i tratti del suo viso, fino ad allora celati da quel pezzo di stoffa.

Un ciuffetto di capelli ribelli cadde sfrontato sulla sua fronte e lui emise uno sbuffo quando si accorse che l’autobus si era fermato.
Manca ancora un’altra tappa per la mia fermata, pensò speranzoso di veder spuntare dall’entrata quegli occhi magnetici color della speranza. Si ritrovò così a ticchettare a terra con il piede impaziente guardandosi attorno ed innalzandosi il giusto per scorgere i passeggeri che stavano salendo a bordo.
Di lei nessuna traccia ancora.
Si accasciò nuovamente, voltando lo sguardo verso il finestrino, deciso a togliersi dalla testa quella strana ragazza.
Ciò che non aveva calcolato era il fatto che proprio quella ragazza lo stava proprio guardando interdetta.

Ella si schiarì la voce per farsi sentire e lui, di scatto, smise di osservare il paesaggio per fissare l’interlocutore.
Appena i suoi occhi incontrarono quelli che stava attendendo impazientemente da tre fermate si sentì improvvisamente irrequieto, accorgendosi di essere impreparato a quell’incontro diretto.
Lei non parlò ma alluse con un cenno solo al posto che lui bellamente occupava, seguito da un’espressione interrogativa.
Infatti non riusciva proprio a spiegarsi perché proprio lui avesse cambiato posto quel giorno, perché avesse occupato proprio quello accanto a lei.
Si sentì le guance andare in fiamme per la seconda volta e sempre per colpa sua.
Nonostante volesse poco gentilmente mandarlo a quel paese, non le usciva alcun suono; le corde vocali si erano inspiegabilmente bloccate.
Poi lui le rivolse un sorriso, mostrando delle fossette accentuate.
Uno di quelli che lei non avrebbe dimenticato così facilmente, uno di quelli che le fece sciogliere il cuore. Uno di quei sorrisi che lei si era immaginata su di lui.
Più volte, aveva fantasticato su che occhi, su che sorriso e su che labbra avesse, , perché si era ritrovata anche a pensare che quell’aria misteriosa e da cuor di tenebra fosse affascinante e irresistibile.
Finalmente adesso il suo “oggetto di studio preferito” aveva un volto... e che volto! Ci aveva visto giusto, lei. Era esattamente il prototipo di volto che le aveva dato nelle sue fantasie se non più bello ed adesso stava occupando il suo posto.

La domanda era: perché? E avrebbe voluto chiederglielo, se ne stava lì impalata proprio per quello ma la sua voce non pareva collaborare e stava facendo la figura dello stupido automa.
Sorrise anche lei timidamente.
Lui non disse nulla e con un altro cenno silenzioso le indicò il posto vicino al finestrino, quello che lei soleva usare quotidianamente.
Ancora come un automa, si sedette, attenta a non voltare lo sguardo verso di lui ma soffermandosi su un punto fisso ed indefinito davanti a sé.
Dal momento che né lui, né lei proferivano parola, decise di infilarsi le cuffie e il cappuccio della felpa, come a volersi nascondere. Adesso capiva il perché quel misterioso ragazzo teneva sempre il cappuccio calato sulla testa; era come uno scudo da occhi indiscreti, semplicemente si nascondeva.
Partì “Hey Jude” e si beò, almeno per quel poco che riuscì, delle voci dei Beatles.
Fino a quando, per l’appunto, lui non le tolse – sfacciatamente – un’auricolare. Lei schiuse le labbra, veramente sorpresa di quel gesto sfrontato e si girò a guardarlo confusa, scuotendo impercettibilmente il capo come a voler chiedere cosa volesse.
«Scusami», mormorò dopo un po’ non guardandola direttamente negli occhi ma adoperando la tecnica che aveva usato lei prima.
Annuì, la voce non le voleva proprio venir fuori. Stava per mettere a posto l’oggetto quando la sua voce le fece bloccare le dita a mezz’aria.
«Ti osservo spesso, sai? So che lo fai anche tu».
Lei si sentì rincuorata di sapere che non fosse l’unica ad osservare la gente ma anche agitata perché lui si era accorto di lei.

Anche se – per quanto le riguardava – poteva essere uno stalker o peggio, un maniaco.
Continuò ad annuire, stavolta più cautamente.
«Ti prego, di’ qualcosa!». Si girò di scatto con un tono sorprendentemente disperato, incatenando i suoi meravigliosi occhi azzurri in quelli di lei, contornati da pagliuzze dorate.
Fu colta da una leggera scossa che si propagò presto per tutto il corpo. Spalancò gli occhi per la sorpresa. Allora quel ragazzo era davvero sfrontato! Alla faccia del timido...
Oh be’, almeno su qualcosa si era sbagliata o forse no. Da come parlava si poteva capire che faceva uno sforzo immane ad affrontarla a quel modo.
Le venne da sorridere e finalmente la sua voce si sbloccò dallo stato di trance.
«Perché sei seduto qui?».
Okay, forse era una domanda che non c’entrava assolutamente nulla e che avrebbe gravato sicuramente sul carattere del ragazzo.
«Volevo sentire la tua voce», rispose leggermente nervoso.
Lei assunse un’espressione felice. Voleva lo stesso dalla prima volta che lo aveva inquadrato su quell’autobus solo che era molto più timida e vigliacca di lui.
«Solo questo?», si informò. L’idea che potesse essere un maniaco non l’aveva abbandonata del tutto.
«Dico, nessun secondo fine, giusto?» , si sentì in dovere di correggere la domanda.
Lui ridacchiò e scosse la testa, passandosi la lingua sulle labbra in un gesto che a lei parve decisamente sexy.

No, sexy no.
Doveva smettere di guardargli le labbra. Si stava bruciando a poco, a poco.
«Cosa leggi sempre?», chiese di punto in bianco. Più per intavolare una conversazione che altro.
Intanto era terminata la canzone e ne era partita un’altra che arrivava al suo orecchio come un piacevole sottofondo. In fondo la voce del ragazzo era mille volte meglio, si ritrovò ad ammettere.
«Grandi Speranze, di Charles Dickens», spiegò sorridente.
«Mi stai dicendo che leggi sempre lo stesso? È così?», la interrogò velocemente, sgranando un po’ gli occhi.
Lei si lasciò andare ad una risata di cuore e poi stringendosi nelle spalle, annuì innocentemente: «È il mio libro preferito».
«Caspita. Quante volte lo avrai letto? Dieci? Undici?».
«Tredici», chiarì con un sorrisetto trionfante.
«È bello avere una passione così intensa», commentò sinceramente ammirato.
«E la tua qual è?».
«La musica ed il silenzio».
In quel momento venne a conoscenza di un altro aneddoto di quel ragazzo.  Se ne stava sempre per conto suo e non parlava mai perché si beava del silenzio, prendeva sempre l’autobus verso sera perché non c’era affollamento.

Quello che non capiva era come facesse ad amare il silenzio e la musica insieme.
Lui chiuse gli occhi, consapevole, come se l’avesse letta nel pensiero, poi disse: «Avanti, chiedimelo».
«Dici di amare la musica ma anche il silenzio. Non sarà un controsenso?».
Lui annuì tranquillo. «Lo so. Però a me piace il silenzio che si cela nella musica».
Adesso era lei ad essere ammirata e a pendere dalle sua labbra e non solo perché aveva una bella voce.
«Wow ma penso ancora che sia un controsenso».
Scosse la testa ridendo. «Ti spiego: quando l’autore di una canzone scrive il suo testo ha bisogno di silenzio e quel silenzio lo cela in ogni sua canzone. Devi solo saperlo cogliere ed apprezzare. È un po’ come i sorrisi, quelli più belli si celano dietro gli occhi, devi solo saperli catturare».
Adesso cominciava a capire. E sorrideva come una bambina, perché inconsapevolmente sentiva che stava parlando proprio di lei.
«Comunque, altre passioni da dichiarare? Il mio intuito mi dice di sì», parlò in tono tranquillo e allegro, alzando l’indice e offrendole un sorriso smagliante, seguito da un occhiolino.
«Il tuo intuito non sbaglia di certo. Beccata. Ho un’altra passione», ammise portandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio, facendo cadere anche l’altra cuffia. E tanti cari saluti ai Beatles.

Egli a quelle parole mise su un’espressione incuriosita, arricciando le labbra e socchiudendo gli occhi come a volerla scrutare dentro, solo attraverso gli occhi.

«Mi piace scoprire le persone attraverso i gesti», terminò, fissandosi le ballerine sgualcite ed arrossendo lievemente.

«È una cosa... ammirevole», osservò sinceramente colpito.
«Sei proprio una che stupisce, tu», aggiunse, sistemandosi meglio sul sedile. Lei gli rivolse un sorriso imbarazzato prendendo a giocare con la ciocca di capelli, presa dal nervosismo.
L’autobus nel frattempo si era fermato e così anche la corsa del ragazzo. Era arrivato al capolinea e così anche l’ora dei saluti.
«Sei proprio bella, sai?», affermò retorico.

Lei sorrise continuando ad arrotolarsi quella ciocca di capelli al dito. Anche se il bus si era fermato, lui non sembrò preoccuparsene.
«Dovresti scendere», gli fece notare, giusto per sviare il discorso e levarsi dall’imbarazzo.
Lui annuì, mentre il sorriso si spegneva rapidamente, dando spazio ad un moto di preoccupazione e timore.
L’avrebbe rivista il giorno dopo? Le cose sarebbero tornate come prima? Sarebbero tornati ad essere due sconosciuti?

Quel pensiero era uno spillo che gli lacerava il petto. Voleva certezze. Non voleva perderla ora che l’aveva trovata.
Lei notò subito il suo sguardo disperato, e si chiese cosa stesse andando a pensare, quale assurda preoccupazione lo attanagliava.
Il conducente avvisò per l’ennesima volta la fermata, ma lui continuò a non muoversi.
«Anche a me piacerebbe scoprirti», annunciò dopo un po’.

Aveva quel sorriso dolce e allo stesso tempo triste. E lei sentì una morsa allo stomaco e avrebbe voluto piangere.

«Me lo permetterai?».
Di risposta dapprima si aprì in un sorriso, poi gli lasciò un lungo e soffice bacio sulla guancia, chiudendo le palpebre. Infine si alzò per andare via.
Lui la seguì, gridando uno smorzato: «Aspetta!». Raggiuntala, le cinse un polso in una presa ferrea, decisa ma al contempo morbida e delicata.
Lei si voltò lanciandogli uno sguardo preoccupato con gli occhi lucidi a contornare il volto così si liberò e fuggì.
«Ti rivedrò domani?», sussurrò lui al vento, a nessuno in particolare, una volta che la perse di vista.
Una lacrima minacciava di uscirgli. Mille domande gli affollarono la mente. Altrettante emozioni per quel bacio inaspettato gli attraversarono ogni centimetro di pelle e persino il cuore. Quel suo sguardo impaurito non lo voleva abbandonare.
Cos’aveva fatto o detto di sbagliato?

L’avrebbe rivista? Sì, si volle aggrappare a quella speranza.
E lui, di speranza ne aveva sempre avuta. Avrebbe rivisto quel sorriso dolce e timido, l’avrebbe baciata e sarebbe diventato la ragione di quel sorriso, l’avrebbe scoperta piano, piano, sguardo dopo sguardo, silenzio dopo silenzio ed infine insieme avrebbero scoperto e assaporato quel sentimento che molti temevano ma assaporavano allo stesso tempo: la felicità.

Nell'angolo di Roy:

Salve a tutti lettori - fantasmi o in carne ed ossa che siate -.
Se siete giunti fino a questo punto, vuol dire che il racconto non vi ha fatto schifo e ne sono felice.
Se ho deciso di pubblicare questo stralcio di storia raccolto nei meandri del mio computer, è perché ho sentito di voler far conoscere al mondo e più precisamente a voi, quello che mi passa per la testa quando sono in viaggio o semplicemente sdraiaita sul mio letto con la musica sparata nelle orecchie.
Inoltre, devo anche ringraziare la mia migliore amica Chiara, detta Tris per via di molteplici aneddoti che non starò qui a spiegare e anche la mia compagna di classe Martina alla quale ho deciso di dedicare questo testo per le belle parole che oggi mi ha riferito dopo averlo letto. A volte ho bisogno di qualcuno che creda in ciò che scrivo, credo serva più o meno a tutti.
Comunque, non perdiamoci in chiacchiere...
 
#Lastoria: Blaire e Finn. Che dire di questi due ragazzi? Come ogni personaggio che si rispetti, mi sono entrati dentro sin da subito. Diciamo che un po' mi rivedo nella prima; in fondo è così per ognuno di loro: c'è sempre una parte di me, anche se piccola o addirittura impercettibile.
Comunque, quest'idea mi frullava nella mente già da un po'. Credo mi sia balenata in mente dopo aver letto: "Il confine di un attimo", che consiglio a chi non l'avesse ancora letto.
 
#Curiosità: inizialmente non aveva né volti, né nomi. Il motivo di questo cambiamento è da attribuire alla mia completa non sanità mentale (?).
 
#Royrisponde: Martina mi chiede: "Come andrà a finire tra Blaire e Finn? Non puoi lasciarmi con la curiosità!";
Ecco, non ho una risposta perché la storia - almeno nella mia mente - è autoconclusiva e non ho intenzione di aggiungere altro; semplicemente perché il destino è imprevedibile, Finn e Blaire potranno finire insieme come potranno non rivedersi più. Ognuno di noi ha una fantasia proprio perché venga utilizzata.
Per il resto, a breve creerò un profilo #Ask ed uno #Twitter; quindi per dubbi riguardo le varie storie o semplicemente per un parere/consiglio altrui, non esitate a contattarmi!
Un bacio e... alla prossima Royvolata!
 
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