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Autore: Ghillyam    13/05/2015    3 recensioni
Neville Paciock si svegliò di soprassalto nel suo letto a baldacchino nel dormitorio dei Grifondoro nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Ci mise qualche secondo per realizzare dove fosse, sbattè le palpebre un paio di volte e si guardò intorno: vide i suoi amici dormire tranquillamente nei loro letti, nessuno di loro sembrava soggetto di terribili incubi, fatta eccezione per Harry che si stava agitando nel sonno come, probabilmente, aveva fatto anche lui fino a pochi momenti prima; dopotutto anche il-bambino-che-è-sopravvissuto aveva i suoi fantasmi da combattere, forse molti più di quanti ne avessero altri, ed era sempre meglio combatterli nel sonno che nella vita reale, almeno per il momento: in quel periodo avevano già combattuto abbastanza battaglie.
[La storia si è classificata terza al contest Harry Potter e le 5 W indetto da rhys89 sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Neville Paciock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Nickname: _LestrangeMills_ (Ora Ghillyam)

Titolo della storia: Black eyes

Who? Neville Paciock

What? Svegliarsi dopo un bel sogno (o un incubo) e ricordarlo nitidamente

Where? Stanza delle Necessità

When? Nel periodo tra la fine degli esami e il rientro a casa

Why? Aveva gli occhi [neri] come quelli di [Hagrid], ma del tutto privi del suo calore

Avvertimenti: nessuno

Rating: giallo

Genere: introspettivo, malinconico

Localizzazione: dopo la battaglia dell'Ufficio Misteri

Pairing: nessuna

Intro: Neville Paciock si svegliò di soprassalto nel suo letto a baldacchino nel dormitorio dei Grifondoro nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Ci mise qualche secondo per realizzare dove fosse, sbattè le palpebre un paio di volte e si guardò intorno: vide i suoi amici dormire tranquillamente nei loro letti, nessuno di loro sembrava soggetto di terribili incubi, fatta eccezione per Harry che si stava agitando nel sonno come, probabilmente, aveva fatto anche lui fino a pochi momenti prima; dopotutto anche il-bambino-che-è-sopravvissuto aveva i suoi fantasmi da combattere, forse molti più di quanti ne avessero altri, ed era sempre meglio combatterli nel sonno che nella vita reale, almeno per il momento: in quel periodo avevano già combattuto abbastanza battaglie.

Note: Storia partecipante al contest Harry Potter e le 5 W, indetto da rhys89 sul forum di EFP

 

Black eyes



Neville Paciock si svegliò di soprassalto nel suo letto a baldacchino nel dormitorio dei Grifondoro nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Ci mise qualche secondo per realizzare dove fosse, sbattè le palpebre un paio di volte e si guardò intorno: vide i suoi amici dormire tranquillamente nei loro letti, nessuno di loro sembrava soggetto di terribili incubi, fatta eccezione per Harry che si stava agitando nel sonno come, probabilmente, aveva fatto anche lui fino a pochi momenti prima; dopotutto anche il-bambino-che-è-sopravvissuto aveva i suoi fantasmi da combattere, forse molti più di quanti ne avessero altri, ed era sempre meglio combatterli nel sonno che nella vita reale, almeno per il momento: in quel periodo avevano già combattuto abbastanza battaglie.
Neville si rese conto di star sudando freddo. L'orribile sensazione che l'incubo di poco prima gli aveva lasciato sembrava intenzionata a restare e non faceva che alimentare l'agitazione del ragazzo: poteva ancora vedere chiaramente ogni singolo fotogramma del sogno che, da tre giorni a quella parte, lo tormetanva tutte le notti.


Due occhi neri.
Due pozzi scuri che lo stavano trascinando verso un baratro da cui non sarebbe uscito.
Avrebbe voluto distogliere lo sguardo, ma gli era impossibile. 
Si sentiva irremidiabilemente attratto da quelle iridi, più nere del carbone, che lo osservavano come se volessero ifliggergli la più dolorosa delle torture e, probabilmente, era davvero così.
Neville provò a muoversi, a fare un qualunque movimento che gli permettesse di distogliere lo sguardo da quello della donna che aveva di fronte, ma era come paralizzato: se fosse per la paura, per la troppa rabbia che provava o per altro non avrebbe saputo dirlo. L'unica cosa che sapeva per certo era che non sarebbe riuscito a resistere alla visione di quegli occhi ancora per molto, almeno non senza fare niente.
Aveva bisogno di urlare, di sfogarsi, di dire tutto quello che si era portato dentro per tutti quegli anni e che non aveva mai osato pronunciare ad alta voce, ma, adesso,ora che aveva la possibilità di vendicarsi per quello che gli era stato tolto non riusciva a muovere un solo muscolo e poteva solo osservare l'artefice del dolore che provava prendersi gioco di lui, mentre lo scrutava con occhi folli, trasudanti malavagità e cattiveria.
Mentre Bellatrix Lestrange gli si avvicinava, Neville potè osservarla in tutta la sua perfidia: sembrava che quella situazione la divertisse. Non mostrava un solo accenno di agitazione e, dopotutto, perchè avrebbe dovuto? Era lei ad avere in mano la situazione e, questo, Neville lo sapeva fin troppo bene; il pensiero che, di lì a poco, avrebbe subito la stessa sorte dei suoi genitori certamente lo spaventava, ma lo riempiva anche di uno strano coraggio. Coraggio che, nonostante fosse un Grifondoro, non aveva mai provato prima; per una volta nella sua vita sentiva che stava facendo qualcosa di utile per permettere alle persone a cui voleva bene di salvarsi. Il suo unico rimpianto era quello di non riuscire a spiccicare parola, anche solo per dire a Bellatrix che non gli importava ciò che lei stava per fargli, che lui avrebbe continuato a lottare e non si sarebbe mai arreso, avrebbe tenuto duro fino alla fine e avrebbe vinto, lui, insieme a tutti i suoi amici.
Prima di chiudere gli occhi e prepararsi alla sua fine, Neville osservò ancora una volta quelli della Mangiamorte davanti a lui: aveva gli occhi neri come quelli di sua madre, che in tutti quegli anni aveva guardato tante volte e nei quali aveva sempre sperato di vedere qualcos'altro oltre all'interminabile vuoto che li contraddistingueva da quelli del resto delle persone che lo circondavano, ma del tutto privi del loro calore; negli occhi di quella strega pazza e malvagia non vedeva nient'altro che desiderio di uccidere e torturare, non mostravano un minimo di compassione ed erano del tutto privi di quella luce che, solitamente, animava gli sguardi degli uomini: la luce dell'amore. Probabilmente, si disse Neville, non ne aveva mai provato e, tantomeno, ricevuto.
Il ragazzo vide Bellatrix sollevare la bacchetta e si preparò al peggio.


Dopo la battaglia all'Ufficio Misteri al Ministero della Magia, la figura di Bellatrix Lestrange e il ricordo di quello che lei e i suoi amici Mangiamorte avevano fatto ai suoi genitori continuava a tormentarlo. Certo, era sempre stato un chiodo fisso per lui, nonostante l'avesse tenuto nascosto per molto tempo, ma, prima, non aveva mai dovuto preoccuparsi del fatto che quegli assassini fossero in libertà, mentre, adesso, la paura che altre persone avrebbero potuto subire la stessa sorte di Frank e Alice Paciock non lo abbandonava mai e non faceva altro che distrarlo maggiormente da quello che gli succedeva intorno. Perlomeno prima aveva le riunioni dell'ES o la preoccupazione per i G.U.F.O. a distrarlo, ma, ora che gli esami erano finiti e non c'era più bisogno che Harry gli insegnasse incantesimi di Difesa contro le Arti Oscure, non c'era più niente che gli tenesse la mente occupata. Inoltre, oltre al continuo domandarsi cosa stessero facendo in quel momento Colui-che-non-deve-essere-nominato e i suoi seguaci, avvertiva anche un senso di impotenza che lo rendeva ancora più nervoso; se fosse stato come Harry o un qualsiasi altro ragazzo, Grifondoro, Corvonero, Tassorosso o Serpeverde che fosse, in quella scuola avrebbe certamente trovato una soluzione ai problemi che lo tormentavano e non se ne sarebbe lamentato senza fare niente, ma, d'altronde, come sua nonna non dimenticava mai di ricordargli, lamentarsi era ciò che sapeva fare meglio, dopo, ovviamente, non riuscire bene in niente, che si trattasse di formulare semplici incantesimi o di realizzare pozioni.
Neville sapeva che sua nonna gli voleva bene e che cercava solamente di spronarlo a dare il meglio di sé, ma, alle volte, avrebbe solo voluto che gli chiedesse come stava o se andasse tutto bene e non che approfittasse di ogni occasione per sottolineare quanto poco assomigliasse a suo padre. Effettivamente, da quando le aveva raccontato quello che era successo al Ministero della Magia, Augusta Paciock si era mostrata un po' più affabile nei suoi confronti, ma, lui, non era sicuro che quella situazione sarebbe durata a lungo.
Neville si ridestò dai suoi pensieri vedendo i primi raggi di luce entrare dalla finestra della camera e decise di alzarsi e vestirsi, di tornare a dormire non se ne parlava e, inoltre, non era nemmeno sicuro che sarebbe riuscito a riaddormentarsi.

La Sala Grande era quasi del tutto vuota: le uniche persone presenti erano un gruppetto di Corvonero, intenti a discutere dell'ultimo libro comprato da uno di loro al Ghirigoro, e un altro paio di studenti mattinieri, completamente immersi nelle loro colazioni.
Neville si sedette al tavolo dei Grifondoro e si servì un paio di fette di bacon e delle uova strapazzate, accompagnate da succo di zucca. Aveva lo stomaco chiuso e abbandò il tentativo di finire quello che aveva nel piatto dopo i primi due bocconi.
Con un nodo alla gola, uscì dalla Sala Grande e si diresse nel parco che circondava Hogwarts. Andò verso un grande albero in riva al lago e si appoggiò con la schiena al tronco. Si sentiva ancora scosso per il sogno di quella notte e non riusciva a non pensare all'immagine di Bellatrix Lestrange, mentre si divertiva a torturare povere persone la cui unica colpa era quella di essere Mezzosangue.
Il ragazzo era così immerso nei suoi pensieri che non si accorse di star scivolando, lentamente, verso quello che veniva comunemente chiamato “mondo dei sogni”.


Ancora quegli occhi. Scuri come la notte, ma privi della luce delle stelle; lo stavano scrutando con aria beffarda.
Questa volta, però, Neville non stava fissando gli occhi di Bellatrix Lestrange. Quello sguardo cupo e malvagio apparteneva niente meno che a lui. Si allontanò di qualche passo dallo specchio di fronte a lui e fissò per qualche istante la sua immagine riflessa. Quello che aveva di fronte a sé corrispondeva al suo esatto opposto: era più alto, più muscoloso e aveva un'espressione fiera e sicura che non gli era mai appartenuta, in effetti, si disse Neville, il ragazzo che vedeva riflesso nello specchio era tutto quello che lui non era e che avrebbe voluto essere. Lo osservò ancora qualche istante: sì, era decisamente il contrario di ciò che era lui e l'avrebbe invidiato se non fosse stato per quello che sguardo che incuteva timore. Le iridi scure erano segnate da quello che il ragazzo intuì essere dolore, nascosto dietro ad un velo di cattiveria che, però, non capiva a cosa potesse essere dovuto.
«Come ci siamo ridotti così?» chiese il ragazzo dello specchio
«
Siamo?»
«Io e te siamo la stessa persona, nel caso non te ne fossi accorto.»
«Noi non siamo la stessa persona. Tu sei...tu sei come io non sono mai stato.»
«Ne sei sicuro? Forse dovresti guardare meglio.»
Un altro specchio si materializzò all'improvviso davanti a Neville. L'immagine riflessa era esattamente uguale a quella dell'altro specchio, con l'unica differenza che lo sguardo del ragazzo era ancora limpido e privo di quella malvagità che dominava gli occhi dell'altro. Neville non riusciva a crederci, lui non era mai stato così e gli sembrava impossibile che si fosse trasformato improvvisamente, da un momento all'altro.
«N-non può essere. Io non sono così!» urlò Neville, tutto quello era assurdo.
«Lo credevo anche io, prima di...»

«Prima di cosa?»
«Prima di questo.»
La scena che si presentò davanti a Neville lo lasciò senza parole. Quello che stava vedendo non poteva essere vero: un corpo senza vita immerso in una pozza di sangue. I lunghi capelli scuri della donna riversa a terra le coprivano il volto, ma, nonostante non riuscisse a vederla in volto, il ragazzo aveva la netta sensazione di averla già vista.
«C-che significa questo?» chiese con voce tremante Neville all'altro se stesso, comparso sul fondo della scena.

«Davvero non lo capisci? Siamo stati noi.»
«No! Non è vero, perchè avrei dov..?»
Un'improvvisa consapevolezza si impadronì del ragazzo che realizzò a chi appartenesse quel corpo. Quello che stava succedendo non poteva essere reale, anche se ne avesse avuto la possibiltà non avrebbe mai messo fine ad una vita, nemmeno se si fosse trattato di quella di Bellatrix Lestrange, o sì?
Neville fece per portarsi le mani alla testa, nel vano tentativo di fermare il mal di testa che stava iniziando a martellargli le tempie, ma si rese conto che erano ricoperte di sangue.
Sollevò gli occhi, aspettandosi di vedere la sua controparte, ma tutto ciò che vide fu il suo sguardo spaventato e colmo di orrore che rispecchiava perfettamente ciò che stava provando in quel momento.
Come era possibile che fosse diventato un assassino? Non aveva mai fatto del male a nessuno, figuriamoci uccidere qualcuno, era un'azione che andava ben oltre ai suoi limiti.
No, non poteva essere successo davvero. Eppure gli occhi di colui che aveva visto nello specchio e che aveva giurato di essere lui dicevano il contrario: erano il simbolo della sofferenza e di quello che, quest'ultima, era in grado di scatenare in una persona. Neville aveva osservato attentamente quegli occhi neri come la pece e non aveva trovato un solo segno che indicasse l'innocenza che un ragazzo dovrebbe avere nel proprio sguardo.


Neville spalancò gli occhi. La luce del sole gli illuminava il viso.
Ci volle qualche istante prima che si rendesse conto di trovarsi nel parco di Hogwarts dove, evidentemente, si era addormentato.
Un senso di angoscia lo opprimeva. Ciò che aveva appena vissuto era sembrato così reale da lasciarlo in uno stato di profondo shock. Non riusciva ancora a credere di aver visto se stesso in quello specchio, non gli sembrava possibile che proprio lui, il ragazzo timido ed impacciato, potesse compiere una tale azione.
Automaticamente, quasi come se le sue gambe avessero una vita propria, ripercorse la strada verso il castello. Senza accorgersene si ritrovò davanti all'arazzo di Barnaba il Babbeo. Passò tre volte davanti alla parete e pochi secondi dopo era entrato nella Stanza delle Necessità.
La stanza aveva assunto l'aspetto della sala che Neville e i suoi amici utilizzavano per le riunioni dell'ES: gli unici momenti in cui il Grifondoro si era sentito parte di un gruppo.
Lentamente si avvicinò allo specchio a cui erano affisse le foto dell'Ordine della Fenice originario e quella che ritraeva Cedric Diggory. Subito il suo sguardo fu attirato dai volti sorridenti dei suoi genitori: sembravano così felici e innamorati.
L'orgoglio si sostituì all'angoscia di poco prima e, guardando la sua immagine riflessa nello specchio, vide esattamente quello che voleva: un ragazzo normale che, nonostante avesse vissuto momenti difficili, non si era dato per vinto, riuscendo ad aiutare i suoi amici e salvare le persone che amava esattamente come le persone a cui teneva di più avevano fatto con lui.
I suoi occhi neri non avrebbero potuto riflettere maggior gioia a quel pensiero.

   
 
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