Serie TV > American Horror Story
Ricorda la storia  |      
Autore: she is like raindrops    15/05/2015    1 recensioni
«Quante volte ti ho detto che non devi parlare con gli sconosciuti?» lo rimproverò, mentre lo trascinava con sé con aria stizzita.
«Ma mamma, io volevo solo fare amicizia» rispose Beau, tenendo lo sguardo basso, mentre sentiva le lacrime salire agli occhi.
«L'amicizia non esiste, Beau!» esclamò sua madre, fermandosi all'improvviso. Poi gli mise due dita sotto il mento e lo costrinse ad alzare lo sguardo. «Le vedi tutte queste persone?» gli domandò, indicando con un cenno della mano la gente che animava le strade della cittadina. «Sono pronte a fotterti alla prima occasione» aggiunse subito dopo, per poi riprendere a camminare. Beau rimase stupito da quanto sua madre gli aveva detto e non proferì parola.
Dopo poco più di cinque minuti, erano già a casa. Constance, senza dire nulla, lo rinchiuse nella sua stanza, ancora arrabbiata per quanto era accaduto.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Goodbye, abomination.



«Buongiorno, tesoro.»
La voce di Constance Langdon, sua madre, gli fece aprire lentamente gli occhi e constatare che il sole fosse sorto. Li strizzò più volte fin quando non si abituò alla luce e, prima che si alzasse, sua madre si sedette sul letto. Beauregard la fissò con aria stralunata, le palpebre che sbattevano e l'aria interrogativa che non accennava ad abbandonare il suo viso. Non era abituato a vederla sorridere in quel modo, di solito non faceva altro che ricordargli quanto il suo aspetto fosse terrificante e non rispettasse per niente i comuni canoni estetici. «Cosa vuoi fare oggi?» gli domandò la donna, suscitando lo stupore di Beau. «Insomma, è il tuo compleanno e ci sarà senz'altro qualcosa che vuoi fare, no?» aggiunse subito dopo, inarcando entrambe le sopracciglia e guardandolo con attenzione, quasi volesse intuire quale sarebbe stata la sua risposta. Beau, dal canto suo, assunse un'aria pensierosa e rifletté per qualche secondo. C'erano molte cose che avrebbe voluto fare, tipo andare al mare oppure guidare una moto, sentendo il vento scorrere tra i suoi capelli. Avrebbe voluto parlarle di questo suo ultimo desiderio, ma per qualche strana ragione non lo fece.
«Il parco...» mormorò con voce rauca, visto che non parlava quasi mai. Di solito non gli veniva mai chiesto di rispondere ad un quesito, al contrario, era costretto a sorbirsi gli insulti che uscivano dalla bocca della sua stessa madre e da quella del suo fidanzato. Si chiamava Larry o qualcosa del genere, e dire che Beau lo detestasse con tutta la sua anima sarebbe stato un eufemismo. Non c'era mai stata molta simpatia, tra di loro, eppure Constance aveva sempre fatto finta di nulla, cercando piuttosto di vestire i panni di una fidanzata con i fiocchi. Ciò che, sostanzialmente, lei non era. Lo ricordava, Beau. Ricordava alla perfezione il momento in cui aveva udito di nascosto una conversazione riguardo suo padre e la sua misteriosa scomparsa. Constance gli aveva fatto credere che li avesse abbandonati e che si stesse godendo il sole cocente delle Hawaii, ma la verità era che la signora Langdon lo aveva ucciso a colpi di pistola. Quella scoperta era stata così scioccante che Beau aveva addirittura pensato di essersi immaginato tutto, o di aver ascoltato male, ragion per cui non aveva mai detto nulla ad Adelaide o a Tate.
Tate.
Se lo fosse venuto a sapere, probabilmente l'avrebbe uccisa senza pietà. Ne era perfettamente capace, e questo Beauregard lo sapeva fin troppo bene.
«Andiamo al parco, allora» rispose sua madre, i capelli biondi perfettamente acconciati come se avesse un parrucchiere a portata di mano. Udendo quelle parole, il ragazzo si alzò e si recò subito in bagno per lavarsi e vestirsi. Come accadeva sempre, si ritrovò a fare i conti con la sua figura, riflessa nello specchio appeso sopra il lavandino. Dio, quanto gli sarebbe piaciuto avere un aspetto diverso, magari come quello di suo fratello! Magari nessuno lo avrebbe segregato in casa e gli altri non avrebbero urlato anche solo a vederlo. Sospirò, frustrato, a quel pensiero e poi si preparò. Scese quindi in cucina, scoprendo che i suoi fratelli fossero già usciti, e fece colazione. Il suo sguardo, subito dopo, si spostò impercettibilmente sulla porta d'ingresso. Finalmente sarebbe uscito. Sarebbe uscito dopo tutto quel tempo che aveva passato chiuso in camera sua ad ingoiare medicine di ogni tipo e nella vana speranza che qualcuno lo salvasse da quella realtà soffocante.
«Aspetta, Beau» lo richiamò sua madre, intuendo la sua voglia di uscire da quella casa. Si piegò quindi verso l'appendiabiti e prese una felpa nera con un cappuccio ed un capello con una visiera del medesimo colore. «Sai che non puoi uscire senza questi» gli ricordò e, senza dargli nemmeno il tempo di protestare, lo coprì con quegli indumenti. A dire il vero, Beauregard non necessitava affatto di loro. Era, semplicemente, una fissazione di sua madre, la quale voleva che nessuno guardasse come era ridotto suo figlio. Se fosse accaduto diversamente, infatti, non avrebbe più potuto vantarsi della sua "splendida famiglia" e dei suoi meravigliosi figli.
Prima che entrambi se ne rendessero realmente conto, arrivarono a destinazione. Erano ancora le otto e mezzo del mattino, dunque c'erano pochissime persone a nascondersi tra il verde dell'erba e quello degli alberi. Constance prese posto su una panchina, mentre Beau cominciò a giocare con la sua palla rossa. Era felice, si vedeva. Finalmente poteva capire cosa significasse giocare all'aria aperta, lontano dai traumi familiari.
Poi, improvvisamente, il ragazzo calciò il pallone con molta più forza di quanto in realtà fosse necessaria, facendolo allontanare da lui. Beau seguì la traiettoria che aveva tracciato, constatando che adesso si trovasse vicino ad un altro bambino. «Cosa faccio, adesso?» si chiese senza pronunciare quella domanda ad alta voce. Sua madre gli aveva fatto capire senza troppi giri di parole che non dovesse allontanarsi da lei senza il suo consenso, che non dovesse avvicinarsi alle altre persone. Eppure, quella volta, Beau sentì il bisogno impellente di riprendersi ciò che gli apparteneva senza chiedere il permesso di nessuno. Lanciò quindi uno sguardo verso Constance, la quale stava leggendo un giornale, e, senza dire nulla, si avvicinò al bambino che aveva preso in mano la sua palla.
«Ti va di giocare con me?» Gli domandò a bassa voce, quando gli fu abbastanza vicino. Teneva lo sguardo basso, come se qualcuno avesse appena finito di fargli una ramanzina, ma alla fine, mosso dalla curiosità di vedere che volto avesse il suo interlocutore, lo alzò, ignorando quindi tutte le parole che sua madre gli aveva detto riguardo il fatto che non tutti avrebbero potuto apprezzare il suo aspetto. Per un momento sperò che per una volta le cose andassero diversamente, ma quell'utopia fu destinata a frantumarsi in mille pezzi: il piccolo sconosciuto, infatti, cominciò a piangere e ad urlare. «Mamma, c'è un mostro!» esclamò per poi scappare. Beau lo osservò sbattendo le palpebre. Che aveva fatto di male? Non gli aveva detto niente di brutto, anzi, aveva cercato di essere gentile e di mostrarsi amichevole. Sentì qualcuno afferrare la sua mano e trascinarlo via da lì quasi di peso. E quel qualcuno era Constance.
«Quante volte ti ho detto che non devi parlare con gli sconosciuti?» lo rimproverò, mentre lo trascinava con sé con aria stizzita.
«Ma mamma, io volevo solo fare amicizia» rispose Beau, tenendo lo sguardo basso, mentre sentiva le lacrime salire agli occhi.
«L'amicizia non esiste, Beau!» esclamò sua madre, fermandosi all'improvviso. Poi gli mise due dita sotto il mento e lo costrinse ad alzare lo sguardo. «Le vedi tutte queste persone?» gli domandò, indicando con un cenno della mano la gente che animava le strade della cittadina. «Sono pronte a fotterti alla prima occasione» aggiunse subito dopo, per poi riprendere a camminare. Beau rimase stupito da quanto sua madre gli aveva detto e non proferì parola.
Dopo poco più di cinque minuti, erano già a casa. Constance, senza dire nulla, lo rinchiuse nella sua stanza, ancora arrabbiata per quanto era accaduto.
La porta della camera di Beau si riaprì soltanto alle nove di sera, quando lui era già steso sul letto. Si aspettava che sua madre fosse salita da lui per portargli la cena, ma quando vide la figura di Larry avvicinarsi, il suo viso per poco non sbiancò. «Come stai, oggi? Ho sentito che hai fatto incazzare tua madre, e ciò non mi piace» gli domandò, senza ricevere nessuna risposta. Per qualche minuto calò un imbarazzante e teso silenzio. «Sai, conosco un metodo per porre fine alle tue sofferenze» dichiarò tutto ad un tratto l'amante di sua madre. Beau lo guardò con aria interrogativa, ma l'uomo non gli diede nessuna risposta: tolse il cuscino da sotto la sua testa e lo schiacciò sul suo viso, di modo che non potesse respirare. Perché gli stava facendo questo? Che gli aveva fatto di male? Perché voleva che morisse?
Beauregard non lo sapeva, eppure fece di tutto per difendersi, ma Larry era molto, troppo forte per lui, ragion per cui, quest'ultimo, alla fine ebbe la meglio.
«Addio, abominio»
 percepirono le sue orecchie, prima che i suoi occhi si chiudessero per sempre.



Spazio autrice.
Eccomi qui con la mia primissima fanfiction, una one-shot nello specifico. Come potete vedere, ho scelto come protagonista Beauregard, il fratello di Tate ed Adelaide ucciso da quel mostro di Larry, che io, personalmente, non ho mai potuto vedere. Essendo il mio primo "esperimento", non sono molto esperta, dunque se avete consigli da darmi io sono qui. Vi chiedo scusa qualora ci fossero degli errori di battitura, ma purtroppo non ho avuto l'occasione né il tempo materiale per rileggere ciò che ho scritto, ahahahah.  c':
Comunque sia, sto progettando di scrivere una nuova fanfiction (o un'altra one-shot) sempre su American Horror Story, avente come protagonista un personaggio che non compare nella serie tv ma di cui si è tanto discusso: il fratello albino (o almeno così si dice) di Tate. Non so per quale motivo, ma sono rimasta affascinata dalla cosa nell'immediato, dunque mi piacerebbe tantissimo provare a scrivere qualcosa a riguardo. Voi cosa ne pensate? 
Detto questo, adesso devo assolutamente salutarvi, quindi ciao a tutti! Alla prossima storia! 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > American Horror Story / Vai alla pagina dell'autore: she is like raindrops