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Autore: Koa__    16/05/2015    4 recensioni
Scappa, da lei, da lui, da te stesso.
Prega, che non sia vero, che sia tutta un'illusione: di stare ancora dormendo.
Ama, e fallo da lontano.
[Prequel di: 'Prigione di seta']
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Altro personaggio, Mrs. Holmes, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest
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- Questa storia fa parte della serie 'Prigione di seta'
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Ama
 

 

 
 
 
Disteso su un prato. Col naso all’insù e gli occhi al cielo. Guardi le nuvole e ti pare di scorgere il suo volto tra forme buffe. Disteso su un prato. Abbandonato tra l’erba alta e i fiori profumati, con l’odore della vigna e i contadini che intonano inni di un’altra epoca. Te ne stai lì, placidamente rilasciato, permetti agli aromi della Provenza d’inebriarti ed al sole di un mattino d’agosto di accarezzarti come soltanto un’amante appassionata sarebbe in grado di fare. Lasci che l’ombra generosa di un cipresso ti ripari in parte, regalandoti ristoro e che una brezza leggera ti stuzzichi la mente, riportandoti a nemmeno qualche ora fa. Ed è quando le immagini tue e di Sherlock si sovrappongono al cielo limpido, che, dominato dalla vergogna, chiudi gli occhi. Ti copri il volto, tentando inutilmente di nasconderti a quello che sarà un evitabilmente implacabile giudizio.

Non vuoi che nemmeno la Provenza veda le tue lacrime.

Per un istante, a possederti c’è unicamente il delirio. I capelli si agitano, mossi dal vento, i pensieri vorticano come impazziti e il tuo pianto sgorga copioso, inarrestabile mentre la consapevolezza di dover amare Sherlock da lontano per il resto della vita, matura dentro di te. Non potrai più avvicinarti. Non a lui, non nella maniera in cui hai fatto stanotte. Lui che è il tuo fuoco e la tua croce, la tua criptonite. Lui; dal quale dovrai tenerti distante in un modo che farà male, ma che sarà necessario.

Perché tu lo sai, che cosa ti accadrà in futuro: vivrai in suo ricordo, in devozione di questa notte appena trascorsa. Ciò che hai fatto ti tormenterà, ti dilanierà eppure non riuscirai mai ad accantonare il pensiero d’aver comunque soddisfatto un tuo desiderio e di non aver peccato in nulla. In fondo penserai sempre, da qualche parte dentro di te, d’aver agito nel giusto facendo l’amore con Sherlock. Ed è questo, più di tutto, che non ti perdoni ovvero l’idea che un lato di te stesso avalli il tuo oltraggioso e perverso comportamento, giustificandolo persino, è inaccettabile.

Dovresti imparare a cancellare i ricordi. E forse lo farai, un giorno. Eppure tutto quel che di lui hai imparato la scorsa notte, lo rammenti perfettamente. Forte della consapevolezza d’essere un mostro, vivrai in sua devozione. Starai lontano. Tuo malgrado. Lo proteggerai, avrai cura di lui (per quanto ti sarà possibile) e lo farai in modo che un giorno abbia qualcuno da amare a sua volta, qualcuno con cui dividere cose, viverne altre, conoscerne di nuove, fare esperienze.

Questo è il tuo modo di amare, Mycroft.

Sacrificarti e mettere da parte te e i tuoi sentimenti, perché è così che deve essere. La notte appena trascorsa insieme ti ha già dimostrato che sei egoista, non riesci più ad accettarti per quel che sei, quindi imponiti di smettere di esserlo. Perché ne hai voluto il corpo e te lo sei preso, in nome di ciò che desideravi non hai guardato in faccia a nessuno, tantomeno al pudore, alle regole o ad una normalità che non ti è mai appartenuta. Perciò condanni te stesso ad una vita di solitudine. A lei ti confiderai. Sulla sua spalla piangerai. Con lei andrai a letto.

Sarai solo e già ora, ad appena ventisette anni, sei sicuro che non avrai nessuna relazione sentimentale. Per te ci sarà solo Sherlock, e per quanto malato e sbagliato possa essere il tuo amore, di fatto esiste e mai potresti sostituirlo. Chiunque altro non sarebbe che una pezza, un’illusione e non vuoi farti del male, non soffrirai più di quanto tu non stia già patendo adesso. Di lacrime ne hai versate a sufficienza. E poi non riusciresti ad amare qualcuno come si converrebbe o come chiunque vorrebbe essere amato. Se, ad esempio, un domani t’imbarcassi in una relazione sentimentale, finiresti con l’essere odiato. Perciò sei un condannato, e la tua ora di libertà è appena finita.

Il mattino è fresco. Apri gli occhi di nuovo ed ancora inspiri l’aria frizzante, nonostante tu sia ben intenzionato a muoverti di lì o a formulare pensieri meno sciocchi, ti ritrovi a fissare il vuoto e nel contempo rimugini sulla tua follia. Mai avresti pensato d’arrivare ad approfittarti della sua innocenza in un modo tanto subdolo e perverso. Non sai cosa ne pensi Sherlock, ma se tu non puoi perdonare te stesso, lui di sicuro non vorrà più vederti.
Se solo potessi dimenticare… o se solo il mattino non avesse portato con sé anche la realtà e messo fine all’incantesimo. Ti basterebbe scordare anche un banale dettaglio come il canto delicato dei grilli, i profumi inebrianti che penetravano dalla finestra, le stelle che spiavano da dietro le tende e poi la sua pelle morbida, i gemiti appena sussurrati, impalpabili. Il cigolio del letto ad ogni movimento. Ricordi tutto, persino la brezza leggera, la sigaretta condivisa, il cielo notturno. Ricordi l’accappatoio caduto sul pavimento e che lì ancora dimora. E poi lui, con il suo modo di fare l’amore prepotente ed espansivo, con la sua bellezza senza imperfezioni. Eterea. Angelica. Lui che hai osservato per tutta una notte senza sonno, estasiato anche solo dal semplice inspirare ed espirare.

Di tanto in tanto ti sei concesso il lusso di sfiorarlo, ma lo hai fatto sempre con paura, con una riverenza timida e impacciata. Era come se temessi di svegliarlo o di spezzare il sogno, di far svanire l’illusione troppo presto. E tu, alle due e trenta di quella notte e con lui che dormiva pacifico, non eri pronto a rompere l’incantesimo. Quindi hai indugiato ed hai atteso l’alba. Solamente al sorgere del sole hai concesso di separarvi. Per fortuna, e graziato da una sorta di miracolo, le ore sono passate gentilmente lente. Silenziose. Esse ti hanno permesso di bere tutto. Al pari di un vampiro assetato ti sei nutrito anche della più piccola sua stilla di sangue. Rammenti alla perfezione il rumore lieve del russare, i movimenti involontari, il suo chiamare il tuo nome nel sonno biasciando al contempo parole senza senso. E poi poterlo toccare, stringere e sfiorare. Lo hai fatto. Fatto e basta. Senza pensarci, senza vergognarti dei pensieri lascivi. Lo hai toccato davvero per la prima volta, conscio dell’incombente verità che fosse anche l’ultima. Perlomeno ti sei concesso l’opportunità di memorizzare ogni più piccolo neo, ogni piega della pelle, ogni ricciolo ribelle, ogni alito di respiro che s’infrangeva contro la stoffa bianca delle lenzuola. Ti ci sei crogiolato a lungo, in quell’atmosfera non ben definitamente in bilico fra sogno e realtà. Fino a quando, ad un certo punto, implacabile, l’alba è arrivata. E la luce del mattino ha portato con sé anche la realtà, te l’ha sputata in faccia con prepotenza e l’ha fatto illuminando il corpo nudo di Sherlock, mollemente adagiato accanto al tuo, avvolto com’era tra le coltri sfatte. Stupendo in una maniera soffocante e così vivo e reale, da essere insopportabile al sol vedersi. Più precisamente, è stato mentre gli accarezzavi i capelli che la vergogna per il reato che avevi commesso, ha iniziato ad invaderti. Finché, lenta, ha preso a dominarti. Ed a quel punto hai fatto ciò in cui riesci meglio, la sola cosa che sai fare al pari di tormentarti: fuggire. Sei scappato, hai preso la porta e quando ancora l’alba sorgeva e la casa dormiva, hai iniziato a correre tra i vigneti. Sei sceso giù lungo la collina, correndo alla più non posso, passando tra le uve acerbe. Hai ignorato tutto, dagli sguardi perplessi dei contadini, al sudore e alla stanchezza che più andavi avanti e più iniziavano a prendere dominio del tuo corpo. Hai corso e nient’altro. Eppure, nonostante la foga, non avevi un motivo realmente valido: volevi semplicemente mettere distanza.

Ed ora ti ritrovi sperduto nella campagna più profonda. Non sei più disteso su un prato, ma blandamente te ne stai appoggiato al tronco di un albero, lì dove fumi da una sigaretta facendolo con discreta disattenzione. È un mattino come molti altri, questo, eppure completamente differente da quelli che finora hai vissuto. C’è qualcosa di diverso. Tu, tu sei diverso. Sei come non sei mai stato. Per tutta la vita non hai fatto altro se non tormentarti, ti chiedevi cosa ci fosse di sbagliato in te e cos’avresti potuto fare per essere normale. Oggi hai smesso. Da oggi lo sai. Ed è tutto nuovo, ma al tempo assurdamente doloroso. Fa male, fa un male del diavolo ed il dolore è tutto lì, al centro del petto.

Cacci fuori un soffio di fumo e per un attimo sorridi, ma non è gioia quella che appare sul tuo viso, quanto piuttosto si tratta d’amarezza. Sei divertito dal tuo esser improvvisamente diventato una stupida contraddizione. Perché il male, il dolore, la sofferenza che provi per quel che sei diventato e per ciò che hai fatto a Sherlock, non ti rendono più umano. Sei ancora un mostro, una creatura orrida, solitaria, sfuggente e inguardabile. Un mostro che soffre e sta male, perché non tollera sé stesso e ciò che è in grado di fare. Sì, ti sei tormentato per tutta la vita, ma oggi lo sai. Conosci te stesso e provi vergogna e dolore. Magari un giorno smetterai di darti il tormento e il male passerà. Magari. Un giorno.
 

 
Every lonely monster need a companion.
 

 
Fine
 

Note finali.

- 'Every lonely monster need a companion'. Citazione dalla puntata: 'Hide' della settima stagione di Doctor Who, suggerita da Allonsy_SK, la quale mi ha fatto notare tempo fa, quanto bene si adattasse a questa storia.

Volevo ringraziare tutti coloro che sono giunti a leggere sino a qui dopo due storie affatto semplici, o facili da digerire. Non mi aspettavo, come ho già detto, che una tematica incest avesse un seguito del genere. 
Koa
   
 
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