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Autore: Word_shaker    17/05/2015    2 recensioni
Per chi non ha visto "Avengers: Age of Ultron" qui è presente uno spoiler grande quanto la Avengers Tower.
«Da quanto tempo sei qui?»
«Diciassette anni terrestri» rispose il ragazzo mezzo secondo dopo la sua domanda.
«E’ un bel po’…» osservò l'altro, non sapendo bene cosa dire. Di certo, lui non era nella posizione adatta per lamentarsi; i due restarono in silenzio, un piccolo sorriso di complicità che stava affiorando fra le ciglia di entrambi.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: George, e, Fred, Weasley
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Tutto era incredibilmente strano laggiù. Pietro non aveva mai visto un posto simile, né avrebbe potuto essere certo che esistesse, se non fosse stato per il semplice fatto che quel posto stava scorrendo in mezzo ai suoi occhi.
Tutto era incredibilmente bianco, più bianco di lui. Gli sembrò, per un momento, di essere in un cumulo nebbioso.
«Prova a correre», si disse debolmente, «prova a correre!»
Corse. Era velocissimo e quasi immateriale, come sempre; ogni volta che correva, si sentiva leggero, come se non facesse parte del mondo… Rispetto a tutte le altre volte, però stavolta una differenza sostanziale c'era: Pietro non era davvero parte del mondo.
«Mamma?» provò a chiamare, la voce che tremava «Papà? Siete qui, vero?»
Per un momento gli parve di essere in un incubo. Provò a toccarsi il petto, ma non usciva più sangue dall'uniforme di recluta dei Vendicatori. Pietro non sanguinava; perlomeno, non più.
Chiuse gli occhi e i ricordi gli piombarono addosso come la scarica di proiettili che l'aveva ucciso: il mastodontico velivolo pronto a partire… Una signora che parlava di suo figlio rimasto intrappolato… Clint che si era precipitato a salvarlo… E Pietro che si era interposto fra Clint e Ultron ed era stato spappolato da una pioggia di proiettili.
Il suo corpo era caduto esanime per terra, una nuova tonalità rossa che percorreva tutto il suo corpo, e poi lui non era più stato.
Si sedette lì, in mezzo al vuoto. L'unico suono che sentiva proveniva da se stesso, che tremava con dei piccoli rantoli.
La sua unica preoccupazione lo assalì: «Wanda… Ho lasciato Wanda da sola… Il bambino è in salvo… Wanda… Wanda…».
Non pensò. Da quando i suoi genitori erano stati risucchiati dalla potenza terroristica delle Stark Industries, la vendetta era l'unica cosa su cui aveva meditato, ed aveva avuto poco tempo, troppo poco, per capire che aveva sbagliato rotta. Wanda aveva avuto il permesso di vivere, Pietro invece no. Lui doveva essere l'ultima vittima di quel burattino della guerra senza fili, l'ultima, innocente bestia da macello di Ultron il carnefice.
Corse di nuovo. Corse, corse, finché non arrivò in quello che sembrava un bosco con un lago immenso. Non aveva mai avuto, prima d'ora, il concetto di immenso, di eterno, di infinito, esattamente come tutti i mortali.
Adesso, da morto, gli sembrava di avere una risorsa nuova, di acquisire a pieno quel concetto… E dire che aveva solo visto un lago.

«Scusa» disse ad un ragazzo accanto a lui; era spettinato, i capelli color carota che imperavano sulla sua testa come una grande corona pelosa e appariscente «che cosa ci fanno tutte queste… Persone… Qui?»
«Sei nuovo, eh?» fece l'altro con un sorriso ammiccante «Questo è l'unico posto in cui si possono vedere i propri cari. Non si può interagire con loro o parlargli, ma si può vedere che cosa fanno. Devi soltanto guardare il lago e vedrai chiunque tu voglia».
«Fichissimo!» pensò lui ad alta voce con una smorfia ironica che tradiva la sua serietà «Quindi, se io avessi una sorella gemella…»
Il rosso represse una risata per il suo commento; «…Non devi fare altro che guardare il lago e pensarla. Gemelli anche voi, allora!» 
«Sì… Cioè, ce l'avevo. Bisogna parlare al passato qui, giusto?» chiese l'albino con un po’ di incertezza.
«Parla un po’ come vuoi, nessuno ti giudica qui. A proposito, io sono Fred» rispose il ragazzo con un'espressione gioviale.  
«Io mi chiamo Pietro. Che cosa intendevi con “gemelli anche voi”?» chiese con una smorfia curiosa. Magari lui sapeva che cosa si provava, magari lui sapeva dirgli come fare ad abbandonare l'angoscia della separazione e, in un certo senso, anche il senso di colpa per aver abbandonato Wanda.
«Ho un fratello gemello che ho lasciato laggiù. Si chiama George. Stavo facendo una battuta mentre lottavo contro un deficiente durante la Guerra Magica, ma non ho potuto finire la frase perché un bastardo ha fatto esplodere il muro al quale ero appoggiato. Un'esplosione e… Niente, sono morto schiacciato contro quei mattoni. Tu invece?» mentre raccontava, osservò l'albino, la sua faccia non sembrava più così gioviale. Anche a lui faceva male stare lontano da chi amava. Anche lui, forse, trovava l'abbandono peggiore della morte.
«Si chiama Wanda. Sono dodici minuti più grande di lei… Stavamo combattendo anche noi. Sono corso avanti per salvare un compagno che stava prendendo un bambino e quello stronzo di un robot mi ha sparato più volte… Anch'io ho fatto una battuta prima di morire» il dolore in ogni parola era tangibile. Parlare faceva male, un male ben superiore a quello fisico, ma era sempre meglio che percepire la propria anima che anneriva nel silenzio.
«Molti dicono che i nostri cari arriveranno prima di quanto pensiamo, che una vita umana è un battito di ciglia rispetto all'eternità. Non lo metto in dubbio, ma è snervante! Io sono qui e lui è lì, è giusto che sia così… Però lui mi manca quanto io manco a lui, e non può saperlo. E’ questa la cosa odiosa: non può saperlo» confessò Fred in quella che sembrava una smorfia corrucciata «sai, sono stato un mago. Ero iperattivo e lui mi seguiva ovunque, eravamo praticamente identici. Sta da cani da quando me ne sono andato».
Pietro non lo interruppe nel suo racconto. Che aveva di meglio da fare, se non ascoltarlo o cercare di capire meglio come funzionasse quel maledetto lago? Niente. E poi avrebbero potuto aiutarsi a vicenda, visto che stavano “vivendo” la stessa situazione. L'unica volta in cui lo interruppe non fu per avere la conferma che fosse un mago, ma per chiedergli: «Da quanto tempo sei qui?»
«Diciassette anni terrestri» rispose il ragazzo mezzo secondo dopo la sua domanda.
«E’ un bel po’…» osservò l'altro, non sapendo bene cosa dire. Di certo, lui non era nella posizione adatta per lamentarsi; i due restarono in silenzio e misteriosamente, dopo un po', un piccolo sorriso di complicità affiorò fra le ciglia di entrambi. Ad un certo punto, Pietro domandò: «Sbaglio o siamo morti entrambi come due fottuti eroi?»
«No, non sbagli» affermò Fred con un sorriso un po’ più ampio. Dove volesse andare a parare era un mistero per il rosso.
«Una cosa è certa: siamo forti! Sicuramente mia sorella e tuo fratello saranno fieri di noi!» esclamò l'albino con un sorriso altrettanto vasto. Non sapeva esattamente perché stesse mandando un messaggio così positivo, ma voleva trovare il lato buono di tutta la faccenda, perché sicuramente c'era. Era come se un moto di ottimismo improvviso avesse preso il sopravvento: visto che gli sarebbe toccato restare lì per l'eternità, tanto valeva restare allegri. In fondo, sarebbero stati ricordati come degli eroi, si sarebbero eternati e avrebbero avuto un'altra vita nella memoria di chi aveva assistito alle loro imprese. Avevano avuto una morte quasi... Privilegiata.  
«Come si chiama?» fece dopo un po’ di tempo.
«Chi?» chiese in risposta Fred come appena sveglio.
«Tuo fratello.»
«Ah, giusto! George.»
«Gran bel nome. Quindi sei un mago…» osservò il velocista.
«Tutti sono maghi nella mia famiglia» disse l'altro come se la cosa fosse irrilevante.
«Mia sorella è una sorta di strega… Può controllare la mente delle persone. Io invece sono un velocista.» «Però, mica male!»
«Immagina il casino che faremo noi quattro assieme quando ci raggiungeranno» mentre lo diceva, sul viso di Pietro si dipinse un sorriso vago e divertito, come un bambino che fantastica sui suoi regali di Natale. Quella era stata una delle poche volte in cui aveva parlato al futuro. Quel tipetto gli era proprio simpatico, era come una macchina per il sorriso senza gettoni. Con lui, magari, il tempo sarebbe volato davvero.
Fred rise e, dopo un po’, aggiunse: «Puoi giurarci, amico!».
   
 
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