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Autore: JulieMary    17/05/2015    4 recensioni
Questa è la storia di lei, Julia, un'anima forte che per un vecchio amore non corrisposto perde sicurezza e si sgretola pian piano.
Questa è la storia di lui, Michael, che pare farsi scivolare tutto addosso, ma trattiene dolori nascosti.
Questa è la storia di loro, due ragazzi che scappano da sé stessi, ma che si sentono a casa quando stanno insieme.
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Intrecci, amori, delusioni, colpi di scena e tanti personaggi che accompagnano con i loro problemi le vicende dei due protagonisti.
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|TUTTI I DIRITTI RISERVATI|
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Michael Clifford, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4
GELOSA






Che io ricordassi, non presi mai un brutto voto in letteratura prima di quel giorno. La materia mi piaceva, eppure lo presi, quel 4.

Afferrai la verifica dalla mano della prof e tornai al posto con la voglia di piangere, ma mi trattenni perché non avevo affatto voglia che i miei compagni mi vedessero fare scenate, soprattutto colui che incolpai per il mio nuovo insuccesso scolastico.

Pure per la verifica di matematica della settimana scorsa diedi la colpa ad Ashton, e anche per l'interrogazione di spagnolo di pochi giorni prima.

Presi rispettivamente un 4 e un 5. Per matematica non fu una novità, nonostante avessi l'intenzione di migliorare. Purtroppo, però, quell'intenzione venne uccisa sul nascere.

-Julia, ma che ti sta succedendo?- mi chiese Violet, serissima, quasi bisbigliando.

Sapevo che se avessi parlato, probabilmente non sarei più riuscita a trattenere le lacrime, perciò ebbi delle difficoltà nel rispondere. Mi limitai a fare spallucce mentre fissavo ancora amareggiata quel 4 segnato in rosso sulla verifica.

Il comportamento di Ashton nei miei confronti aveva un'influenza fortissima su di me.

Per lui diventai più vulnerabile, più facile da abbattere. Ero fragile, tanto da non ritrovare più in me stessa la ragazza forte che è sempre riuscita a farsi valere nelle situazioni difficili. Avevo paura, non mi riconoscevo più. Erano davvero così intensi i sentimenti che provavo verso Ashton, nonostante i suoi scorretti atteggiamenti?

Per carità, non volevo che mi ricambiasse con la forza. Volevo soltanto che mi trattasse con gentilezza, che mi sorridesse senza quel velo di falsità sul volto almeno ogni tanto, che non mi calpestasse il cuore con le sue prese in giro.

E pensando costantemente a lui, non avevo la testa per studiare.

Diana, come Violet, non riusciva a spiegarsi come potessi desiderare le attenzioni di una persona che mi trattava come se fossi un giocattolo, ma il problema era che nemmeno io lo sapevo.

Le lezioni di chimica diventarono sempre più pesanti col passare del tempo. Nel pieno mese di novembre cominciai già a non reggere più la vicinanza di Ashton in quell'aula, a quel bancone. Provavo eccitazione mista a tristezza e rabbia se le nostra braccia o le nostre mani si sfioravano perché da una parte ne ero felice, dall'altra avrei voluto urlare, poiché quei contatti non erano frutto della nostra volontà, ma solo di piccoli e puri incidenti. Io lottavo contro il tremore dei miei nervi, invece lui sembrava essere molto tranquillo, come se non ci fossimo mai toccati.

Durante una lezione, Ashton non riusciva a smettere di chiacchierare con Harvey e Logan, seduti al bancone dietro il nostro. Quei tre si fecero richiamare più di una volta dalla professoressa, ma fu inutile. Mentre io cercavo di risolvere un esercizio sulle reazioni acido-base (solo per non stare con le mani in mano mentre la prof controllava dei documenti nel registro di classe, non che io avessi la mente da dedicare a chimica), Ash stava girato indietro. Io ero già a metà dell'opera, lui invece copiò la consegna del compito sul quaderno e abbozzò soltanto la prima parte del lavoro.

Sbagliata, tra l'altro.

-Ash! Oh, girati!- Harvey richiamò ancora l'amico e lui si voltò.

-Che c'è?

-Non ci hai più fatto sapere quella storia- disse il biondo e Logan annuì per affermare. Guardai Ashton di sottecchi e lo vidi sorridere scuotendo la testa. Sembrava in imbarazzo ed io m'incuriosii perché volevo sapere a cosa Harvey si stesse riferendo con 'quella storia', quindi rimasi in ascolto mentre facevo finta di pensare a come proseguire l'esercizio di chimica.

-Che storia?- chiese Ash, continuando a sorridere come un ebete.

-Lo sai- rispose Logan, convinto.

-Ma guardalo, fa il finto tonto- Harvey prese in giro Ashton e lui gli tirò addosso la penna che aveva in mano, colpendolo in pieno petto. I due burloni scoppiarono a ridere e quell'altro idiota venne contagiato.

-Vi ho già detto tutto.

-No, bugiardo- negò Logan. -Hai lasciato il discorso in asso, l'ora prima.

-Non ci hai più detto com'è finita la conversazione con Bethany- gli ricordò Harvey.

Bethany? Ma chi è?

La mia attenzione si fece più viva non appena sentii quel nome a me sconosciuto. Smisi di svolgere il compito e cominciai a tracciare segni senza senso in fondo al foglio e appoggiai la testa su una mano quando, in un microsecondo, gli occhi di Ashton incontrarono i miei. Mi guardò con sguardo neutrale, ma qualcosa mi disse che dietro a quegli occhi senza espressione si nascondeva certamente un cattivo segno. Forse cattiveria, forse senso di colpa. Pensai che probabilmente Ash non avesse voglia di parlare di quella ragazza davanti a me, o forse era ciò che mi conveniva ipotizzare.

-Vorrebbe uscire con me, ma non abbiamo ancora organizzato niente- Ashton si decise a rispondere e quei due deficienti dei suoi amici fecero dei versi, manco fossero stati allo stadio.

Io, invece, mi sentii perdere vita. In un lampo mi rividi davanti al bar Frozen, ad aspettare come una scema che Ashton arrivasse e che il nostro appuntamento avesse inizio. Riprovai la delusione di quel giorno e immaginai, invece, la felicità di Bethany, lei che poteva uscire con Irwin senza temere di essere bidonata.

Perché sì, ne ero sicura: Ashton non avrebbe mai dato buca a quella ragazza.

Non l'avrebbe fatto perché non ero io colei che lo sentiva tramite cellulare e che aveva buone probabilità di condividere qualcosa con lui.

E poi, anche se non avevo la più pallida idea di chi fosse, qualcosa mi diceva che Bethany era pure bella, oltre che fortunata. Magari era bionda, con gli occhi chiari, un fisico atletico e la pelle abbronzata, o forse ero io che avevo troppa fantasia nell'immaginarla.

-Fatela finita!- reagì Ashton, evidentemente in imbarazzo, ma felice allo stesso tempo.

-E dai, vedetevi oggi pomeriggio! Per domani non ci sono compiti- lo pregò Logan.

-Fatti i cazzi tuoi, uscirò con lei quando avrò voglia- si difese il ricciolino.

-Calmati, non c'è bisogno di fare così- lo derise Harvey, roteando le mani in aria.

Ashton scoppiò a ridere ed io scommisi che era persino diventato rosso in faccia. Stavo ancora con la testa poggiata sulla mano, con lo sguardo verso la parte opposta, come se avessi dato le spalle al mio vicino tanto cotto quanto stronzo.

Quella conversazione su Bethany era appena cominciata e già non vedevo l'ora che finisse.

-Comunque sei un grande, Ash! Stavolta ti sei preso davvero una bella gnocca! Purtroppo in questa scuola non ce ne sono molte- si complimentò Logan con l'amico.

-Già, ma perché le più fighe stanno alla Paighton e non qui?- si lamentò piagnucolando Harvey, teatralmente, come un cretino.

Continuavo mordermi le guance nell'intento di controllare la mia rabbia e desiderando di diventare improvvisamente sorda. Mi chiedevo fino a che punto sarebbero dovuti arrivare, quei ragazzi, per farmi sentire una schifezza, un fallimento completo.

Perché me lo sentivo, lo stavano facendo apposta. Li conoscevo e loro conoscevano me.

Quella fu la prima volta che sentii parlare di Bethany.

E il suo nome sarebbe uscito dalle loro bocche per il resto dei giorni.





Mi svegliai nel mio letto, sotto le coperte, tirate fin sopra la mia testa. Uscii fuori gli occhi schiusi, poi il naso. L'odore di vernice non se n'era ancora andato via del tutto, ma trovai insolito sentirlo, poi mi stropicciai le palpebre e mi guardai attorno. Vedevo un po' sfocato, ma ero comunque in grado di riconoscere le forme e i colori degli oggetti. Le pareti della stanza erano color pesca e la scrivania era accanto all'armadio.

Ma come? L'armadio non era mica vicino la porta?

Ci misi pochi secondi per rendermi conto di non trovarmi più nella mia vecchia camera, verde pistacchio e con un'altra disposizione dei mobili. Mi ero ufficialmente trasferita, esattamente il giorno precedente, nell'appartamento lontano dal centro città e ancora non mi ero abituata al nuovo ambiente.

Mi alzai, andai in bagno e poi mi diressi verso la cucina, a passi lenti. Per il corridoio c'erano ancora alcuni pacchi da svuotare. Su uno di loro, inciampai e rischiai di cadere, ma riuscii a mantenere l'equilibrio e quasi scoppiai a ridere. Avevo troppo sonno per affrontare quella nuova giornata, ma un caffellatte e qualche biscotto mi avrebbero aiutata ad accumulare un po' di energie.

Mamma era già davanti ai fornelli, intenta a preparare un tè, e non appena mi vide mi diede il buongiorno.

-Buon dì- le risposi passandole accanto, poi raggiunsi il frigo e presi il cartone del latte; lo versai in un pentolino e lo scaldai su un fornello, accanto a quello del tè di mamma.

-Poco prima di aprire gli occhi, credevo di essere ancora nella vecchia casa- confessai senza esitazione e senza timore di ricevere reazioni inopportune da mia madre. In quel periodo non avevo fatto altro che lamentarmi e lei stava cominciando a non sopportarmi più.

-Ci vorrà poco perché tu ti abitui, non ricominciare- disse lei con tono seccato e sbuffò.

Io non proseguii, rimasi in silenzio. Mentre aspettavo che il latte diventasse caldo, mamma versò l'acqua bollente nella sua tazza, afferrò una bustina di tè e andò a sedersi al tavolo, già apparecchiato per la colazione. Ci vollero pochi minuti per scaldare il latte. Mi unii a mia madre per il primo pasto della giornata, me né io né lei aprimmo ancora bocca. Si era creata un'atmosfera imbarazzante tra noi, una di quelle in cui sai che è meglio se non parli e fai finta che tutto vada bene.

Versai il caffè (già preparato da mamma) nel latte, mescolai il miscuglio con un po' di zucchero e presi circa cinque biscotti dal barattolo. Quando morsi il primo, sentii suonare al campanello. Il mio viso si contorse in una smorfia per la mia perplessità.

-Chi può essere a quest'ora?- si chiese mia madre mentre si alzò dalla sedia e, sinceramente, me lo domandai anch'io.

Rimasi da sola in cucina e sentii la porta aprirsi.

-Buongiorno, signora- una voce a me familiare mi fece rabbrividire. -Julia è pronta?

-Ma tu chi sei?- la demenza mattutina di mamma le fece dimenticare chi fosse quel matto.

-Sono Michael, abito alla porta accanto. Non si ricorda di me? Un po' di settimane fa mi ha visto al balcone, mangiavo una banana...

-Ah sì, sei tu, Michael! L'amico di Julia!- si ricordò lei, all'improvviso. -Sì è svegliata da poco, sta facendo colazione. E' già ora di andare?

-In realtà esco sempre dieci minuti di anticipo perché non voglio perdere il pullman.

-Vuoi entrare? Ci sono i biscotti in tavola- lo invitò mia madre, e quasi mi andò di traverso il caffellatte.

-No grazie, ho appena mangiato- rifiutò Michael.

-Dai, puoi sederti in cucina mentre Julia si prepara- insistette lei.

-Bé, se proprio insiste... la ringrazio- si arrese il ragazzo, ed io sentii dei passi, poi la porta chiudersi.

Mi feci prendere dal panico nel guardarmi: Michael non poteva e non doveva vedermi in pigiama!

Corsi di fretta verso il bagno, sperando che lui non mi vedesse in quello stato.

-Ehi, oggi è il grande giorno!- mi urlò con entusiasmo il biondo ed io, come una scema, mi bloccai in mezzo al corridoio. Sbiancai in faccia, ma mi voltai lo stesso verso Michael, lentamente, non sapendo con che coraggio lo stessi facendo.

-Ehm, già- reagii con finta euforia. -Il grande giorno- ripetei.

-Bel pigiamino- mi squadrò da capo a piedi e mosse su e giù la testa. Il suo sorrisetto era qualcosa che suscitava in me imbarazzo misto a irritazione. Non volevo che lui mi guardasse con quell'espressione che sembrava dirmi “sei così dolce e carina, ma mi diverto troppo a prenderti un po' per il culo”.

-Grazie- risposi con un pizzico di freddezza. -Ora scusami, dovrei andare a vestirmi- aggiunsi indicando la porta del bagno, poi sfrecciai via come una saetta, posseduta completamente dalla vergogna. Mamma sembrava godere del mio disagio, poiché non riusciva a smettere di sorridere mentre guardava me e Michael parlare.

O forse pensava già a chissà cosa, conoscendo la sua grande abilità nel comporre film mentali tramite la sua incredibile immaginazione. Bastava guardarmi con le guance rosse davanti ad un ragazzo per inserirmi in uno dei suoi fantasiosi pensieri. Questo l'ho sempre odiato.

Chiusa la porta a chiave, mi guardai subito allo specchio e ciò che vidi fu quello che più temevo: avevo il viso in fiamme.




Lo sguardo che fece Michael, non appena lo raggiunsi in cucina, non mi diceva nulla di buono. Mi sorrise dolcemente, un modo che mi metteva un po' a disagio.

Indossavo una felpa grigio scuro, la maglietta bianca dei Blink-182, un paio di jeans blu e le mie adorate Vans nere; la zaino sulle spalle pesava e non vedevo già l'ora di arrivare alla fermata del pullman solo per potermi sedere.

Io e Michael salutammo mia mamma, poi uscimmo di casa. Mentre scendevamo le scale del palazzo, lui davanti e io dietro, non avevo né coraggio né voglia di parlare. Nell'edificio si sentivano solo i nostri passi, ma quando varcammo il cancello e ci ritrovammo a camminare sul marciapiede, Michael ruppe il silenzio e si mise al mio fianco.

-Anch'io ascolto i Blink, sai?- mi indicò la stampa della maglietta ed io la guardai, poi tirai su la zip della felpa. Faceva un po' freddino.

-Oh, fantastico- sorrisi. -Sono dei grandi.

-Non li ascolto mica per niente- mi ammiccò Michael e aprì un dolce sorriso tra le guance paffute.

-Certo...

-Comunque è meglio se allunghiamo il passo, temo che siamo un tantino in ritardo- disse lui accelerando ed io lo seguii.

-A che ora passa il pullman?

Michael guardò l'orario sul cellulare.

-Tra due minuti!- esclamò allarmato. -Credo sia meglio correre- mi propose, ma io non ebbi neanche il tempo di rispondere che già stavo correndo insieme a quel matto, il quale mi afferrò un braccio e mi trascinò dietro di sé.

-E' molta la strada?- domandai cercando di non inciampare nei miei stessi piedi, ma Michael aveva le gambe molto più lunghe delle mie ed io facevo fatica a stargli dietro.

-Se corriamo no- mi rispose lui, divertito, ma io non sapevo se ridere o accusare Michael di essere un idiota per le sue risposte da simpaticone.

-Rallenta un po'! Manca poco e rotolo a terra!- gli ordinai già con il fiato corto, ma lui scoppiò a ridere, anziché accontentarmi.

-Se rallentiamo, perdiamo il pullman.

-Che sarà mai un ritardo? Potremmo prendere il prossimo, no?

-Non ci penso nemmeno!- protestò Michael. -Dobbiamo arrivare in tempo.

Dopo quella sua risposta, mi arresi e concentrai tutta me stessa sulla velocità con cui correvano le mie gambe, già doloranti e stanche. Non solo erano corte e poco robuste, ma persino fuori allenamento, dato che la mia pigrizia non mi permetteva di essere proprio in forma.

Quando arrivammo alla fermata del pullman, Michael mi mollò ed io ripresi fiato. Lui aveva ragione, la strada non era poi così lunga, ma mi promisi che per le prossime volte non sarei arrivata a destinazione di corsa.

Mi deluse il fatto che non ci fosse nessuna panchina su cui sedersi. Gli altri ragazzi presenti se ne stavano in piedi ad aspettare il bus e parevano pure abbastanza rilassati.

Come può esistere una fermata del pullman senza panchina? Eh? Come?

-Da domani in poi, ti consiglio di svegliarti alle 06:15, come me, così quando suono al tuo campanello sei già pronta, intesi?- il biondo mi fece strabuzzare gli occhi.

-Cosa? Così presto?

-Sì, così presto- ripetette lui per confermare.

-Tu mi vuoi morta, Clifford- dissi scuotendo la testa e mi sistemai un ciocca di capelli dietro l'orecchio.

-E' così bello svegliarsi presto!- disse Michael. -Puoi goderti la luce del mattino con calma, facendo una passeggiata prima di prendere il pullman.

-Tu sei un alieno- ne ero convinta. -Sei la prima persona che conosco alla quale piace svegliarsi presto, dico davvero.

-Oh, ti credo- lui mi poggiò una mano sulla spalla. -So di essere strano, ma non me ne vergogno.

-Contento tu...

In quel momento vidi il pullman in fondo alla strada, si stava avvicinando sempre di più. Per fortuna io e Michael riuscimmo ad essere lì prima che il veicolo si fermasse davanti al cartello blu.

Oh, almeno mi siedo sul bus, non vedo l'ora!

Il mezzo ci passò davanti mentre rallentava la corsa, poi si fermò e si aprirono le porte. Rimasi a bocca spalancata nel vedere quanto fosse già pieno.

Okay, non posso proprio sedermi stamattina, ho capito.

Io e Michael salimmo, timbrammo il biglietto e cercammo un punto in cui non ci fosse il rischio di appiccicarci ad altre persone durante le frenate o l'attraversamento di strade accidentate; riuscimmo a metterci vicino ai grandi finestrini, così se uno dei due si fosse sentito male si sarebbe potuto distrarre guardando fuori, con i poveri panorami che scorrevano al di là del vetro.

-Alla prossima fermata salgono due miei amici, te li presenterò- mi annunciò Michael, e all'improvviso mi passarono dei flash per la mente. Che fossero quei due ragazzi che vedevo spesso con lui a scuola?

Nel momento in cui un biondo e un moro salirono sul bus e cercarono di venire dalla nostra parte, mi resi conto che la mia idea non era sbagliata: erano quei due del terzo anno, lo sapevo!

Però, a giudicare dall'altezza, non sembravano affatto più piccoli di me.

Il biondo aveva i capelli sistemati in una cresta folta che si alzava appena sopra la fronte, due occhi straordinariamente azzurri e un piercing nero al labbro inferiore; il moro teneva i capelli più corti ai lati e quelli in mezzo la testa erano un po' spettinati, aveva i lineamenti del viso che ricordavano la fisionomia tipica asiatica, gli occhi scuri e leggermente a mandorla, il naso a patata ma tenerissimo e una bocca carnosa che ispirava dolci baci.

Erano dei bellissimi ragazzi, l'ho sempre pensato, ma solo quella mattina mi resi davvero conto di quanto lo fossero, ora che li vedevo così da vicino.

Il pullman ripartì.

-Ehi Mike!- il moro salutò Michael.

-Ehi!

-Buongiorno- si aggiunse il biondo, il quale mi fissò subito dopo e m'indicò. -E' Julia?- chiese rivolgendosi al mio vicino di casa, come se io non fossi in grado di rispondergli da sola.

Oh, wow, Clifford ha già parlato di me ai suoi amici.

-Sì, si è trasferita ieri- rispose Michael. -Juls, lui è Luke, l'altro è Calum- come ben detto, mi presentò i suoi amici ed io strinsi loro la mano.

-Piacere- dissi ad entrambi, i quali mi sorrisero.

-Ti ho già vista diverse volte a scuola... sei un'amica di Diana Morgan?- Luke m'indicò di nuovo.

-Sì, perché?- mi sorprese quella domanda.

-Pensa sempre a Diana, 'sto qui- lo schernì Michael, facendo sentire in imbarazzo l'amico, il quale lo colpì su una spalla con una manata.

Luke è cotto di Diana? Chi l'avrebbe mai detto?!

-Che cazzo dici? Adesso glielo andrà a raccontare, come minimo- Luke reagì male, spaventato all'idea che la sua cotta potesse non essere più segreta per colpa mia.

-Tranquillo, sarò una tomba- gli assicurai, ma lui non sembrò tanto sollevato.

-Se Clifford tenesse la bocca chiusa più spesso, non sarebbe male!- il biondo lanciò un'occhiataccia a quel deficiente dai capelli tinti, ma lui scoppiò a ridere.

-Povera te, hai un vicino scassa palle come Mike, non t'invidio per niente- mi disse Calum e provocò le risa di Luke, mentre invece, Michael, lo fulminò teatralmente con gli occhi.

-Cosa vorresti dire, Hood?

-Niente, niente- si ritirò Calum, ma ci volle un po' prima che smettesse di ridere.

Anch'io mi lasciai coinvolgere dalle sue risate. Mi stava già simpatico, così come Luke.

Chiacchierando e ridendo insieme ai tre ragazzi, il mio primo viaggio in pullman passò in fretta e piacevolmente. Quando arrivammo alla fermata di fronte la scuola, ci avviamo subito verso il cortile dell'edificio e guardai l'ora sul cellulare. Mi resi conto che con il bus arrivavo venti minuti prima che suonasse la campanella di inizio lezioni, per cui sapevo che Diana e Violet non erano ancora lì. Loro si presentavano a scuola dieci minuti prima, anziché venti, proprio come facevo io quando abitavo in centro città.

Da quel giorno in poi avrei passato del tempo con Michael, Luke e Calum prima che arrivassero le mie amiche, il che mi faceva piacere, ma allo stesso tempo mi sentivo un po' a disagio perché non ero abituata a stare in compagnia di soli maschi. Dopo la brutta esperienza avuta con Ashton, Harvey e Logan mi ero messa in testa che tutti i ragazzi fossero uguali, cioè stronzi e pieni di sé, che nessuno di loro mi avrebbe mai trattata con dolcezza o che mi avrebbe fatta ridere, anziché piangere.

Michael, Luke e Calum erano diversi, lo coglievo dai loro modi di fare.

Erano simpatici, allegri...

E poi mi guardavano sorridendo, come se i loro stessi occhi fossero dei sorrisi. Questo mi piaceva molto.

-Ragazzi, lei ascolta i Blink-182! Vero, Juls?- Michael cambiò discorso non appena ci fermammo in un punto del cortile, presumibilmente lo stesso in cui i tre si fermavano a parlare tutte le mattine.

Mi ricordai, però, che qualche giorno prima, Michael non si trovava lì, anzi, era un po' più vicino agli scaloni dell'ingresso, insieme a Phoebe.

Forse non passava proprio tutti i giorni con Calum e Luke, o forse era stata la stessa Phoebe ad allontanarlo un attimo dai suoi amici.

-Davvero?- il moro mi guardò entusiasta.

-Juls, ti amo- Luke mi fece addirittura il baciamano, ma fu in quel preciso momento che mi risvegliai dai miei pensieri.

Ed usò già da subito il vezzeggiativo che Michael mi affibbiò!

-Eh? Ah, sì, li ascolto- risposi lasciandomi ad un attacco di ridarella. Ero in imbarazzo, insomma, Luke mi aveva appena baciato il dorso di una mano! E aveva addirittura detto che mi amava!

Okay, non è serio, però questa è la prima volta che mi capita una cosa del genere!

-Apri la felpa!- mi ordinò Michael ed io obbedii.

-Bella! Io ne ho una simile!- esultò il biondo e m'indicò. Se avesse continuato ad indicarmi, probabilmente gli avrei mozzato l'indice.

-Ascolti anche i Green Day e i Foo Fighters?- mi chiese Calum.

-E gli All Time Low?- si aggiunse Michael.

Io rimasi a bocca aperta. Non potevo crederci, davvero quei ragazzi ascoltavano la mia stessa musica?

-Sì, adoro queste band!- mi feci prendere anch'io dall'euforia.

Calum, Luke e Michael mi strinsero in un abbraccio di gruppo mentre facevano finta di piagnucolare per la commozione. Io scoppiai a ridere, ma l'imbarazzo era vivissimo dentro di me.

-Che succede? E' il tuo compleanno, Julia?- una voce femminile ruppe tutto quanto.

L'abbraccio si sciolse immediatamente e vidi Phoebe di fronte a noi, in attesa di una risposta. Mi sorrideva, ma la sua espressione sembrava fosse finta.

-No, abbiamo scoperto che ascolta la nostra stessa musica- le rispose Calum, felice come un bambino con in mano tante caramelle.

-Oh, wow- commentò lei con falso entusiasmo, poi si voltò verso Michael. -Mikey, volevo parlarti di una cosa, potresti venire un attimo?

-Ehm, certo, di che si tratta?- rispose Clifford e avanzò di un paio di passi verso Phoebe, la quale cominciò già ad indietreggiare, pronta per chiacchierare con lui, lontana da noi.

-Mi chiedevo...- cominciò a parlare, ma i due si allontanarono così di fretta che non riuscii a capire altro.

Lo fece di nuovo, come sospettavo. Phoebe strappò Michael dai suoi amici per parlargli di chissà che cosa. Non la fulminai con gli occhi e tanto meno non le impedii di andar via con Clifford, ma dentro di me non riuscii a reprimere il fastidio. Non sapevo esattamente perché sentivo quella strana sensazione. Sapevo solo che era lì, incastrata nel mio stomaco e che dovevo sopportarla.

-La prossima volta voglio sentire anch'io, e che cavolo!- si lamentò Luke.

-Già, è la terza volta che viene qui e porta via Mike... o forse la quarta?- ipotizzò Calum.

-So solo che corre dietro a lui così spudoratamente che se ne accorgerebbe pure un cieco.

-Certo, però, che quella ragazza ha dei gusti di merda- scoppiò a ridere il moro e, anche se Luke venne contagiato, gli mollò una manata sulla spalla.

-Ha parlato il figo!

-Almeno io non ho l'aria da bamboccio e le dita corte- si vantò Calum, ma Luke stavolta non reagì e continuò a ridere.

Io preferii stare in silenzio a guardare quei due che parlavano a qualche metro di distanza da me e i ragazzi. Stranamente, però, quella chiacchierata non durò per molto. Phoebe lo salutò, si unì ad un gruppetto di ragazze della mia classe e Michael tornò da noi.

-Che ti ha detto? Ti ha chiesto di uscire?- Calum provocò simpaticamente l'amico.

-Ma va- rispose lui. -Mi ha parlato di un videogame a cui sta giocando e vorrebbe che io l'aiutassi a superare un livello complicato, ma io purtroppo non ce l'ho e non ho idea di come si giochi.

-Ti ha parlato davvero di questo?- Luke era sull'orlo di una risata sonora.

-Oh no, le ha detto che ama i videogiochi- Calum si portò una mano in fronte.

-Perché, non potevo?- si difese Michael.

-Ora che sa che sei un patito di queste cose, come minimo ti parlerà solo di questo finché non sarai tu, quello che le chiederà di uscire- il moro spiegò la sua teoria che, in effetti, pareva avere un senso logico.

-E a te? Lei ti piace?- aprii finalmente bocca, anche se non avrei voluto farlo in quel modo e con quella domanda diretta. Mi volli mordere la lingua per quell'intervento così spontaneo e che, invece, avrei dovuto tenere per me, piuttosto che sputarlo fuori.

-Phoebe è una bella ragazza, ma...- Michael lasciò la frase in sospeso e mi guardò con malizia. -Sei gelosa, per caso?

-Cosa? Ma ti pare?! E di che?- smentii mentre Calum e Luke non riuscirono a trattenersi dall'emettere versi. Loro la presero più come una provocazione, quella del loro amico Mike. Anzi, forse lo era davvero.

-Allora come mai questa domanda, con quello sguardo?- Michael continuò a stuzzicarmi.

-Che sguardo?- chiesi allarmata.

-Quello sguardo- lui m'indicò gli occhi ed io battei le palpebre nervosamente. Ero convinta di guardarlo normalmente, senza una particolare espressione, eppure lui vide qualcosa di strano in me.

Ero forse riuscita a mettere in evidenza la mia irritazione anche senza accorgermene? Se la risposta fosse stata positiva, allora sarei stata pronta a prendermi a pugni da sola.

-Io ti guardo e basta- incrociai le braccia al petto e cercai di essere più neutrale possibile pur di non commettere ancora l'errore di far trasparire dai miei occhi le mie sensazioni.

-Juls, ora che ci penso... a te, invece, piace qualcuno?- mi domandò Michael e si avvicinò a me di un passo. Luke a Calum rimasero in silenzio aspettando che io pronunciassi un nome.

D'istinto, quasi sorprendendomi, lo sguardo mi schizzò altrove e beccai Ashton.

Stava dall'altra parte del cortile, vicino al parcheggio delle biciclette. Fumava insieme ad Harvey e, stranamente, Logan non era nei paraggi.

-Allora?- mi riprese Calum, sempre più curioso di sentire la mia risposta.

Io riguardai Ashton e quasi le lacrime mi pizzicarono gli occhi quando lui mi beccò a guardarlo. Riportai l'attenzione su Michael e mi feci forza per riaprir bocca.

-No, nessuno- risposi, fredda.

-Chi stavi guardando?- mi chiese Luke, malizioso. Scrutò le persone che stavano vicino alla fila di biciclette, avendo capito che guardai proprio da quella parte.

-Nessuno... non stavo guardando nessuno- dissi con fermezza, ma abbassai la testa. Trovai la determinazione per mentire, ma non abbastanza da poter pure sostenere gli sguardi di quei tre.

In quel momento pregai che Diana e Violet arrivassero presto.




Per sei ore consecutive non feci altro che pensare a quando sarei tornata a casa perché sapevo che avrei avuto Michael alla calcagna e che non si sarebbe staccato da me per nessuna ragione, neanche dopo essere scesi dal pullman. Sarebbe stata la prima volta che avrei rincasato con lui, ma già conoscevo i suoi modi di fare e non era difficile prevedere le sue intenzioni.

Quando suonò l'ultima campanella del giorno cominciai a provare un'ansia insolita e mi toccai il petto, stranita.

-Juls, andiamo!- Michael posò una mano sulla mia spalla ed io sussultai.

Ecco, non sbagliai ad immaginare quel matto appiccicato a me.

-Cretino, mi spaventi!- sbottai in imbarazzo e le sue risate peggiorarono soltanto la mia situazione.

Sistemai di fretta le cose nello zaino, poi mi avviai verso la porta, dove Jenny mi salutò mentre infilò una sigaretta spenta tra le labbra. La ricambiai.

-Non sei emozionata?- mi chiese Mike cingendomi le spalle con un braccio mentre camminavamo insieme per i corridoi, ma io glielo tolsi subito.

-Levati, quanto sei scemo- risi contagiandolo.

-E' la prima volta che torniamo a casa insieme!

-Wow, davvero emozionante- ironizzai roteando gli occhi al cielo, ma non potei fare a meno di sorridere.

-Non sei contenta di prendere il pullman con me?- mi chiese Michael improvvisando un'espressione triste.

-Perché dovrei? Mi è già bastato stamattina- risposi un po' acidamente, ma ammisi a me stessa che adoravo stuzzicare Clifford e vedere le sue facce buffe.

-E' soltanto il primo giorno che siamo vicini di casa e già mi odi, fantastico.

-Io non ti odio.

-Ah, no?

-No- ribadii. -E adesso basta con questa conversazione idiota, io ascolto la musica, ciao- m'infilai le cuffiette alle orecchie e finalmente Michael decise di chiudere il becco.

Alla fermata del pullman non proferimmo parola, ma eravamo così vicini che le nostre braccia, a volte, si sfiorarono. L'imbarazzo mi saliva alle stelle ad ogni tocco.

Rimanemmo soli per poco tempo perché Luke e Calum ci raggiunsero ed io mi tolsi una cuffietta a malincuore.

-Ciao Mike, ciao Juls- ci salutò Cal ed entrambi ricambiammo. Luke, invece, imitò uno strambo inchino.

I tre cominciarono a parlare di argomenti poco intelligenti e per niente interessanti e senza accorgermene mi estraniai mentalmente dal gruppo. Anche se non ne capii il motivo, mi proposi in testa vecchi episodi dell'anno precedente con Ashton e quegli idioti di Logan e Harvey.

-Juls, tutto okay?- Calum mi schioccò due dita davanti agli occhi ed io sobbalzai all'indietro.

-Uh? Sì, tutto bene.

-Sicura? Sembri pensierosa- mi disse il moro.

-Stava pensando a come far colpo su di me, vero?- Michael mi pungolò su una spalla e mi guardò con malizia.

-E smettila!- lo spinsi con imbarazzo mentre Luke e Cal si misero a ridere.

-Ehi, senti, hai parlato a Diana di Lukey?- Mike cambiò discorso ma non lo sguardo.

-No, Juls, ti scongiuro, lascia perdere- mi pregò il diretto interessato, ma io lo guardai provando tanta tenerezza.

-Tranquillo, ti ho già detto che non le riferirò nulla.

-Grazie, mi fai un favore- Luke mi guardò con le mani congiunte.

-Sei troppo timido, come pensi di trovare una ragazza con il carattere che hai?- Calum prese in giro l'amico.

-Sono timido ma più figo di te, Hood.

-Le ragazze vanno pazze per il mio naso a patata! E poi guarda le mie braccia: le tue, in confronto a queste, sembrano due cannucce.

-Cosa? Bé, almeno io ho gli occhi azzurri!

-Ma che vuol dire?

-Ehm, ragazzi?- Michael riprese i due litiganti, i quali si voltarono verso di lui. -La smettete di fare i coglioni?

-Arriva il pullman!- annunciai ai tre e gettai un sospiro si sollievo perché non ne potevo più di stare là in piedi ad aspettare.

Il bus, a mia sorpresa, era vuoto ed io e i ragazzi ci sedemmo ai posti a quattro, nella seconda metà del veicolo. Il finestrino accanto a me era sporco di rivoli d'acqua piovana resi secchi dall'aria e mi dava fastidio vederli perché rovinavano i paesaggi al di là del vetro.

La vivacità di Luke, Calum e Michael si placò in poco tempo: il primo si addormentò, il secondo preferì un po' di musica piuttosto che scambiare qualche parola con qualcuno di noi e il terzo, invece, seduto vicino a me, decise di passare del tempo giocando a Pokémon con il cellulare.

Io feci come Calum: mi abbandonai alle mie canzoni del cuore.

All'improvviso una cuffietta mi si tolse dall'orecchio ed io mi voltai di scatto verso sinistra. Capii che fu Michael ad interrompere la mia pace.

-Che fai? Non giochi più a Pokémon?

-Cosa ascolti?- lui ignorò le mie domande ponendomene un'altra, ma io non risposi perché presto si sarebbe risposto da solo; s'infilò la cuffietta che aveva tra le dita e sorrise.

-Boulevard of broken dreams, eh?

-Già- annuii.

-Sempre bella- disse lui perdendo lo sguardo al di là del finestrino, ma poi riprese a guardare me. -My shadow's the only one that walks beside me, my shadow heart's the only thing that's beating, sometimes I wish someone out there will found me, 'til then I walk alone- Michael mi cantò in falsetto il pezzo della canzone in contemporanea con Billie Joe ed io risi imbarazzata. Non riuscii più a guardarlo in faccia e mi portai una mano in fronte.

-Sai, sei orecchiabile- ammisi.

-Ti piace come canto?- mi chiese lui contento.

-E' quello che ho detto.

-Allora un giorno ti suonerò qualcosa.

-Sai suonare?- ed ecco che mi voltai ancora verso Mike e i suoi occhi mi intimidirono di nuovo.

-Sì, la chitarra- rispose con fierezza. -E anche quei due sono capaci- indicò Calum e Luke e il primo, sentendosi in causa, ci guardò con aria interrogativa.

-Che volete?- il moro si tolse una cuffia.

-Niente, le ho detto che suoniamo- Michael gli chiarì le idee.

-Ah, okay- Cal ritornò ad ascoltare la musica mentre la testa di Luke cominciò a dondolare. Quel ragazzo era così stanco che non apriva gli occhi nemmeno quando il pullman passava su dossi o strade accidentate.

-Comunque Boulevard of broken dreams è troppo vera- commentò Clifford non appena la canzone ricominciò da capo.

-Concordo- annuii con la testa. -La sento un po' mia.

-Allora è nostra.

-Nostra?- ripetei senza capire.

-Sì, perché anch'io la sento mia- lui mi sorrise e si grattò la nuca.

Io non dissi nulla, ma ricambiai il sorriso, poi riportai la mia attenzione fuori dal finestrino. Mi fece piacere sapere che Michael amasse quella canzone come l'amavo io, ma eravamo davvero così simili io e lui?

Anche tu stai aspettando qualcuno che ti trovi nella strada desolata che è la tua vita?

Io e Mike avremmo ascoltato la musica insieme per tutto il resto del viaggio e, senza ombra di dubbio, persino durante la camminata verso casa.

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GREEN DAY'S ON THE RADIOOO!

Ciao a tutti :)

finalmente sono entrati in scena nuovi personaggi: Bethany, Luke e Calum.

che ne pensate di loro?

Bethany non è entrata ancora proprio ufficialmente, ma la conoscerete presto.

questo è un cosiddetto "capitolo di passaggio", ma i capitoli più importanti non tarderanno ad arrivare, quindi rimanete connessi!

oggi non so che altro dire, quindi non mi rimane che ringraziarvi ancora di cuore per seguire la storia!

cosa succederà ai ragazzi? ma soprattutto, come proseguirà la vita di Julia?

al prossima capitolo, bye bye ;)

PS: vi annuncio che ho organizzato il cast completo della storia!

5SOS -> 5sos

KATHRYN PRESCOTT -> Julia Norton

TAISSA FARMIGA -> Jennyfer Richards

LOGAN LERMAN -> Logan Keef

EVAN PETERS -> Harvey Golberg

CAMILA CABELLO -> Violet Foy

BELLA THORNE -> Diana Morgan

KAYA SCODELARIO -> Phoebe Morris

SELENA GOMEZ -> Bethany Snow

DAVID HENRIE -> Patrick Keef

   
 
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