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Autore: tata_angel    17/05/2015    2 recensioni
Ma non c' era tempo da perdere, infondo doveva fare le valigie e sistemare tutto, era così felice di andare in Argentina, ed era sicura che sarebbe andato tutto bene.
Blue moon! Spero vi piaccia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rein, Shade
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono tornato
 
Dopo essere atterrato, mi guardai frenetico intorno per cercare la mia famiglia, ma non trovai nessuno . Possibile si fossero dimenticati del mio ritorno?
Iniziai ad agitarmi, non avevo neanche delle monete per usare il telefono pubblico.                                       
Che cosa avrei potuto fare?
Mi guardai intorno e pensai che, forse, avrei potuto chiedere aiuto al bancone della receptionist, magari avrei potuto fare una telefonata veloce.
 
-Buona tarde- salutai educatamente
-Buena tarde. ¿Le puedo ayudar en algo?-  ‘buona sera, posso aiutarla?’ mi chiese gentilmente la signorina al bancone
-Sì, por favor. ¿Puedo hacer una llamada telefónica?- ‘si per favore. Posso fare una chiamata?’ chiesi sorridendo gentilmente
-Cierto- rispose la signorina
Dopo circa tre squilli mia madre rispose al telefono
-Sì?-
-Mamma si può sapere dove siete?- chiesi preoccupato, magari temevo potesse essere successo qualcosa
-A casa, perché?- chiese
-Ma come a casa? Mamma, sono appena atterrato. Ricordi? Dovevo tornare oggi!- iniziai ad agitarmi.
Non volevo essere rude con mia madre, ma tutta la situazione che stavo vivendo era complicata, ci mancava solo che la mia famiglia si fosse dimenticata di me.
-Oh, tesoro hai ragione. Me ne sono completamente dimenticata- rispose agitata
 
-Puoi venirmi a prendere?- chiesi poi
-Tesoro, non farmi vestire per favore. Potresti prendere un taxi? Lo pago io appena arrivi- rimasi scioccato.
Non mi pesava prendere un taxi, ma ero appena tornato a casa da una viaggio, che diamine!
 
Dopo avere imprecato contro tre taxi già occupati, finalmente ne trovai uno vuoto e diedi il mio indirizzo di casa.
Con la testa poggiata al finestrino iniziai a pensare.
Possibile che la mia famiglia si fosse dimenticata del mio rientro?
Durante il volo avevo passato le tredici ore ad immaginarmi la scena e ciò che mi ero immaginato non era certamente questo. Non che volessi mia madre in lacrime ad accogliermi come se fossi tornato dalla guerra, ma almeno volevo mia madre. D’altronde ero appena tornato da un viaggio di tre settimane.
Per tutto quel tempo avevo sentito i sensi di colpa per il timore che si fossero sentiti abbandonati da me, eppure non si erano presentati all’aeroporto.
E se in quel periodo avessero capito che non mi volevano bene?
E se avessero capito che, in realtà, non ero poi così tanto indispensabile nelle loro vite?
Cosa avrei fatto? Quando, tre settimane prima, ero salito sull’aereo questa paura mi era passata per la testa, ma l’avevo rintanato in un angolo remoto della mente. Eppure in quel momento era tornata prepotente, trafiggendomi il cuore. Mi resi conto di dipendere completamente da loro. Capii che avrei potuto rinunciare a tutto, ma non al loro amore. Il loro amore, la loro pazienza era quello che rendeva vivo e ciò che ero. Semmai avessi sviluppato il dubbio se avessi potuto vivere senza di loro, in quel momento aveva l’assoluta certezza che non ce l’avrei fatta.
Non poteva essere così! Continuai a ripetermi come una mantra. Loro mi volevano ancora bene.


Arrivai a casa, ma mia madre non c’era ad attendermi
-¿ Puede esperar aquì?- ‘può aspettare qui?’ chiesi gentilmente al tassista che annuì dandomi un sorriso
Arrivai alla porta e bussai.
Niente.
Busso più forte.
Niente.
Provai ad abbassare la maniglia e notai che la porta era aperta.
Tutto buio, l’unica luce accesa proveniva dalla cucina
-Mamma- chiamai ad alta voce
-Arrivo- la sentii rispondere
-Ciao tesoro. Scusami, ma stavo facendo i piatti. Vado a pagare il taxi e torno subito- disse mia madre uscendo dalla porta.
Tutta qua? Niente abbraccio?
 
-Sì, mamma il volo è andato una meraviglia. No, sto bene, figurati. Sì, mamma ho mangiato- borbottai ironico.
Insomma, ogni madre del mondo riempirebbe di domande il figlio appena tornato a casa dopo un viaggio di TRE settimane.
 
Sbruffai mentre vidi mia madre rientrare in casa.
-Vamos en el sofa- ‘andiamo sulla poltrona’ disse lei.
Certo, adesso parlava anche in spagnolo. Iniziai a pensare di doverlo ripassare.
Un attimo -dov’è papà?- chiesi ad alta voce.
Accesi la luce, che mia madre non si era minimamente preoccupata di accendere e un “bienvenido de nuevo” riempì la sala.
Sentii gli occhi pizzicare appena mi accorsi che erano tutti lì: mio padre, Milky, Bright, Altezza, Lione e tutta la mia famiglia.
-Cielo. Abbracciami, che non resisto più- disse mia madre prima di abbracciarmi.
Mi strinse talmente forte, quasi da stritolarmi
-Mi siete mancati così tanto- piansi sulla spalla di mia madre, sentire le sue braccia avvolgermi, mi fece sentire di nuovo a casa.
-Sono contento che tu sia tornato. Non sai quanto paura ho avuto in queste settimane- mi disse mio padre mentre si avvicinava. Quanto mi era mancato il suo calore, poggiare la guancia sulla sua spalla.
-Fratellone!- urlò Milky, correndo verso di me gettando le braccia in aria.
La sollevai con facilità, stampandogli numerosi baci -come potrei abbandonarvi? Siete tutto per me- risposi.
Milky ridacchiò un po’ stampandomi un bacio.
-Cielo. Come hai fatto a crescere così in fretta?- chiesi a mia sorella, lei mi sorrise avvolgendomi le sue braccia attorno al collo.
Tutti erano rimasti dietro al divano per lasciarci un momento per noi.  
-Come state?- chiesi sorridendo, per poi accigliarmi quando non ottenni risposta
“Oh, perdón. Ehm.. me olvidé el espanol” “Oh, scusate. Ehm.. mi sono dimenticato lo spagnolo” dissi con un pizzico di vergogna mentre mi grattai il collo.
Tutti nella sala risero. 
 
La festa finì a mezzanotte, fortunatamente avevo detto a Rein che ci saremmo sentiti l’indomani affinché potessi avere un momento con la mia famiglia, per parlargli di tutto ciò che era successo in quei giorni a Firenze.
 
Ormai era mattina e non avevo proprio voglia di alzarmi dal letto, mio padre si era preso un giorno libero da lavoro per poter passare la giornata con me. 
Anche Milky aveva chiesto di poter rimanere a casa, d’altronde lei non aveva grandi problemi con la scuola.
Mi alzai dal letto e andai in cucina
-Buongiorno- salutai tutti
-Buongiorno- rispose mia madre
-Allora è vero, te lo sei proprio dimenticato lo spagnolo” mi disse mio padre.
-Già. Non lo sento da tanto e visto che mi sono appena svegliato non capirei nulla. Forse mi conviene ripassarlo”
Ci mettemmo tutti a ridere.
-Che ne dici se facciamo colazione e poi ci racconti del tuo viaggio?- chiese mia madre
 
Finita la colazione andammo tutti in sala e ci sedemmo sul divano
-Allora, dicci tutto- disse mio padre
“Sono successe tante di quelle cose che non potete immaginare. Non ci credo neanche io” iniziai, i miei genitori annuirono
-Ah già, quell’uomo.. Toulouse, come sta? È lui che ha avuto l’incidente, no?” chiese mio padre, io sorrisi.
Mio padre era sempre stato un uomo generoso e altruista, si preoccupava sempre per gli altri, anche di coloro che non conosceva personalmente, ma che, in qualche modo, erano coinvolte nelle vite di chi lo circondava. Nonostante lo prendessi in giro chiamandolo ‘pettegolo’, sapevo che lo faceva con gentilezza.
-Sì, sta bene. Una di quelle cose incredibili riguarda proprio lui- risposi
-Cosa?- chiese mia madre
-Lui.. lui è l’uomo che si occupava di me all’orfanotrofio- dissi tutto d’un fiato, sapevo che se mi fossi non sarei riuscito a finire la frase.
-Cosa?- chiese mia madre
-Già, sembra assurdo, ma è lui. Ha anche una mia foto nel portafoglio. Lui non si è dimenticato di me, ha detto che voleva adottarmi-
-Ma a noi hanno detto che non c’era nessuno in lista- disse mio padre, io sorrisi
-Sì, ma non è così. Lui ha lasciato l’orfanotrofio perché doveva occuparsi di suo figlio e della figlia che stava per nascere e lo stipendio non gli bastava, ma aveva intenzione di tornare per adottarmi appena fosse riuscito a stabilire il bilancio della casa-
-Cosa è successo?- chiese mio padre appena notò il mio improvviso silenzio
-E’ tornato per vedere come stessi, ma gli hanno detto che ormai ero stato adottato” risposi guardando il pavimento
-Come sono andate le cose tra voi?- chiese mia madre
-Non potete immaginare. All’inizio andava tutto bene, andavamo d’accordo, ma dopo il suo incidente ci siamo resi di conto di conoscerci. Dopo esserci confrontati è stato difficile, non riuscivo a credere a ciò che mi aveva detto, ma dopo qualche giorno mi sono reso conto di volere comunque un rapporto con lui, quindi l’ho perdonato e ora abbiamo un bel rapporto” risposi sorridendo
-Magari un giorno potremmo andare lì. Mi farebbe piacere che lo incontraste- ripresi sorridendo
-Vedremo- rispose mia madre scompigliandomi i capelli
-Ma come? Io gli ho promesso di presentargli i miei genitori, che figura ci faccio?- borbottai io
-Magari questa estate- rispose mio padre sorridendomi. Io gli sorrisi, accorgendomi poi dei suoi occhi leggermente lucidi.
-E poi..- iniziai io, era arrivata la parte più difficile. Dovevo prendere coraggio e parlargli di Rein.
-Ancora? Dicci!- mi incitò Milky mentre si sistemò comodamente sulla sedia  con le mani incrociate sulla gambe.
Sorrisi guardandola, mi era mancata terribilmente, mi erano mancati i suoi tentativi di sembrare un’adulta
-Sì, ma vieni qui- le dissi allargando le braccia affinché lei si potesse accomodare sulle mie gambe. Avvolsi le mie braccia attorno a lei e la strinsi forte a me, odorando il suo solito profumo di mela che aveva tra i capelli.
-Non so come dirlo- mi lamentai io, nascondendo il viso tra i capelli di Milky
-Dillo come ti viene- mi incoraggiò mia madre
-Ecco.. vi ricordate di Rein?- chiesi retorico
-Rein? La ragazza che è venuta qui?- chiese mia madre, io annuii
-Beh, andiamo molto d’accordo e abbiamo stretto un forte legame. E so che per voi sarà sciocco, ma a me piace davvero e vorrei avere un rapporto con lei-
Mia madre stava per parlare quando Milky si intromisi: “ tu intendi il rapporto che papà ha con mamma?” chiese mentre si voltò per guardarmi
-Beh, più o meno- risposi
-Vuoi trasferirti in Italia?- chiese secco mio padre
-No. Vogliamo vedere prima come va. Vogliamo passare un po’ di tempo insieme, tenerci in contatto- spiegai io -Non so, io vado a trovare lei e viceversa-
-Rein, eh?- chiese mia sorella “Mmh.. si potrebbe fare, mi sembra una ragazza simpatica” concluse poi sistemandosi sulle gambe, io le sorrisi
-Una volta mi ha anche accompagnato al parco qui fuori- mi disse sorridente.
 
Dopo un lunga conversazione con i miei, in cui si erano assicurati di farmi arrossire e imbarazzare, mi sedetti  sul letto aspettando che Rein si collegasse su Skype.
Non sapevo come i miei genitori avessero preso la mia scelta riguardo Rein, avevo messo in conto che non sarebbero stati felici o che comunque non avrebbero fatto i salti di gioia, ma dal loro volto non traspariva alcuna emozione, nulla.
Dopo aver atteso quindici minuti, arrivò la sua chiamata e l’accettai
-Ciao Shade- sentii la voce entusiasta di Rein e poco a poco apparì davanti a me il suo volto
-Ciao Rein. Come stai?- chiesi io
“Bene, grazie. A te com’è andato il volo?-
-Molto bene, mi hanno fatto anche una festa a sorpresa. All’inizio pensavo si fossero dimenticati di me, all’aeroporto non c’era nessuno” gli spiegai io, lei sorrise
-Ehi cognatino, da quanto tempo!- esclamò Chris
-Ciao Chris, come stai?-
-Un po’ demotivato, tu non sei qui ed io non so con chi prendermela- rispose lui facendo ridere Rein.
Rimasi un po’ a fissarla mentre sorrideva
-Vabbé, vi lascio. Ciao cognatino- salutò lui agitando la mano.
-Ancora non ci credo che sia così tranquillo- disse Rein guardando suo fratello andare via -Com’è andata con i tuoi?-
-Non so. Credo abbiano paura che io voglia trasferirmi in Italia. Ho parlato loro di tuo padre e di te e l’unica cosa che ho visto è paura- risposi
Ecco, i loro occhi, il loro volto non mostravano disaccordo o delusione, niente di tutto questo, mostravano solo tristezza e paura.
-Ma non sai com’è stato bello vedere gli occhi di mio padre inumidirsi quando li ho chiamati genitori- risposi sorridendo -E’ stato bellissimo abbracciarli di nuovo-
-Posso immaginarlo. Tua sorella?- chiese
-Mia sorella l’ha presa con la leggerezza di una bambina. Ha solo capito che voglio con te un rapporto come quello di mamma e papà-
-E cosa ha detto?- chiese lei sorridendo
-Ha detto che si può fare perché sembri simpatica- iniziò a ridere
Avrei voluto poterla abbracciare, avrei voluto poterla tenera la mano o stare semplicemente sdraiati sul letto senza dire niente.
-Devo andare, ci sentiamo domani- disse Rein
-Certo, ci sentiamo domani- le risposi mandandogli un bacio
-Ciao cognatino!- sentii un grido mentre Rein stava chiudendo la chiamata.
 
 
Dopo  un’intera giornata passata con i miei, mi godetti un momento di relax sdraiato sul letto.
Mentre aspettavo di addormentarmi mi guardai intorno la mia stanza, sentii la porta cigolare e alzai il capo e vidi Milky avvicinarsi al mio letto
-Shade, posso dormire qui con te? Mi è mancato dormire con te-
-Certo- rispoai spostandomi facendole posto
-Come ti sono andate queste tre settimane senza di me?- chiesi io
-Molto lente. Sembravano non finire mai- sussurrò lei
-Adesso sono qui- le risposi, stringendola un po’ di più al mio petto “Te quiero” le sussurrai dandole un bacio sulla guancia
-Te quiero- rispose lei sbadigliando
-Domani parleremo di te- sussurrai poggiando le mie labbra sulla sua fronte.
 
Avere Milky tra le braccia mi fece capire quanto mi fosse mancata la mia famiglia.
Quanto mi fossero mancati i consigli di mia madre, le giornate allo stadio con mio padre e addormentarmi abbracciato con mia sorella.
Sembravano delle piccole cose, ma quando mi ci ritrovai senza, mi accorsi di quanto fossero importanti nella vita di tutti i giorni.
Erano una parte importante di me.
 
***
-Sono felice di vederli di nuovo così- disse Maria
-Già, sono felice di poterlo avere di nuovo con noi- rispose Daiki
-Cosa ne pensi della storia di Rein?- chiese poi Maria, Daiki scrollò le spalle, mentre avvolse un braccia attorno alla vita di sua moglie
-Niente. Per il momento sono troppo contento di sentirlo ancora chiamarmi‘papà’- rispose Daiki.

 
 
  
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