CAPITOLO 15:
La svolta
“Non
ci posso credere … Sei qui … “
Una piccola
lacrima abbandonò l’occhio sinistro e
accarezzò la mia guancia.
“Si,
ora sono qui”
Lo Stregone
si avvicinò lentamente e si sedette accanto a me, sul letto.
Mi guardò
intensamente attraverso i suoi grigi occhi, come se volesse leggermi
nel
pensiero. Alzò una mano rugosa e la poggiò sulla
mia liscia guancia.
“Cosa
è successo Ery?” mi chiese con estrema
serietà.
Esitai
un attimo, mi feci forza e parlai.
“Il
marchio ha iniziato a farmi male, molto male. Era un dolore accecante,
mi faceva
male la testa. Ho cercato di resistere ma poi ho perso i
sensi”
“Cosa
è successo prima?”
Non
risposi. Avevo paura di rievocare quelle immagini nella mia mente, non
volevo
che si materializzassero ancora davanti ai miei occhi.
“Eryn,
dimmelo”
Iniziai
a tremare.
“Parlarne
ti aiuterà. Parlarne è essenziale”
Ancora
silenzio.
“Eryn,
dobbiamo capire”
Chiusi
gli occhi e trassi un profondo respiro. Mi feci coraggio e parlai.
Raccontai al
vecchio Stregone cosa avevo visto la notte in cui gli incubi si erano
ripresentati e poi tutto quello che era successo nei giorni successivi.
Tremavo,
tremavo come una foglia scossa dal vento gelido. Come mi ero aspettata
rievocare quelle visioni mi terrorizzò molto. Avevo gli
occhi appannati e le
lacrime minacciavano di uscire. Gandalf mi prese le mani tra le sue
cercando di
placare un po’ il mio stato d’animo. Mi guardava
con occhi penetranti, con uno
sguardo austero e scrutatore, come se cercasse di più tra le
mie parole.
Quando
ebbi finito anche il tremore cessò. Uno strano silenzio
calò tra di noi.
Sfinita appoggiai la testa sul cuscino e mi
riaddormentai all’istante.
***
Le
malinconiche note riempivano la mia stanza e danzavano
nell’aria con
leggerezza. L’arco
del violino, guidato
dalla mia mano, sfregava dolcemente sulle corde. Avevo abbandonato la
testa sulla
mentoniera, inclinata a sinistra. Le dite della mano si muovevano
fluidamente
lungo il manico.
LA,
RE, LA, RE, SI, LA, FA, LA, FA, SOL, FA, SOL, LAAA …
Mi
lasciavo cullare da quei suoni carichi di dolore liberando ogni mio
minimo
sentimento. Con l’immaginazione ero tornata nella mia stanza,
la mia vera
stanza, quella nel mondo che avevo lasciato per compiere il mio
destino. Ero
tornata alle ore di esercitazione con quel magnifico ed elegante
strumento. Il
volto di Chiara, la mia istruttrice, galleggiava nella mia mente. Le
volevo
molto bene.
Avevo
dedicato così tanto a quello strumento che ormai avevo
stampato in testa ogni
spartito studiato: nota per nota, pausa per pausa, sfumatura per
sfumatura.
La
musica aveva rappresentato per me un altro rifugio in quei bui giorni.
E anche
in quel momento lo rappresentava: una via di uscita da quegli incubi.
Suonavo
in base al mio umore, e quel giorno era un umore malinconico, scioccato
dalle
visioni, pieno di tristezza. E quella melodia lo rispecchiava
perfettamente: note
potenti, scioccanti,
tristi, commoventi …
Avevo
suonato mille volte quella colonna sonora ma mai così
intensamente e mai come
in quel momento mi aveva toccata.
Sentii
la porta cigolare ma continuai a suonare ignorando chi fosse entrato.
Continuai
a farmi cullare dai suoni che scaturivano dalle sottili corde tenendo
saldamente chiusi gli occhi. All’apice della melodia alcune
lacrime bagnarono
le mie guance arrivando a baciarmi il collo. Piano piano mi avviai a
concludere.
Diminuii l’intensità delle note fino a quando non
si dissolsero nell’aria.
Rimasi
per qualche secondo con gli occhi ancora chiusi assaporando il rimbombo
di
quelle note nella mia testa. Mi decisi poi a girarmi e trovai
Massimilian e
Arwen seduti sul mio soffice letto che mi guardavano intensamente. Max
aveva
uno sguardo serio, Arwen gli occhi lucidi.
“E’
bellissima” disse l’incantevole elfa.
“Si lo
è” continuò Massimilian.
Annuii
leggermente e mi misi davanti a loro seduta su una sedia.
“Di
cosa parla?” chiese Arwen, “ Ogni melodia racconta
qualcosa: una storia, un
sentimento …”
“Emmm
… è difficile da spiegare, e anche
lunga” dissi con voce flebile.
“ Non
mi importa. Sapete quanto le vostre storie mi interessino. Ti
prego” supplicò
dolcemente.
“Okay.
Ma è una storia veramente molto triste e
terribile” disse Massimilian.
“L’avevo
intuito dalle note malinconiche” rispose lei.
“Vediamo…
da dove iniziare?”
“ E’
la colonna sonora di un film” accorse in mio aiuto Max,
“ ti ricordi cos’è un
film?”
“Si”
rispose l’elfa, “E’ la rappresentazione
di una storia, giusto? La storia prende
vita attraverso le persone che la raccontano”
“Si,
più o meno. Bene, questo film parla di uno degli avvenimenti
più importanti,
devastanti, crudeli della storia dell’uomo, della storia del
Nuovo Mondo.
Secondo
il nostro calendario è avvenuto, cioè
avverrà …non so mai come parlare del
mondo da cui proveniamo, se col futuro o il passato” disse
seccato Massimilian.
“Comunque”
continuai io “ Secondo il nostro calcolo è
avvenuto durante il ventesimo
secolo, in modo più preciso tra il 1939 al 1945. Visto che
ogni vostra Era dura
all’incirca 3000 anni direi che l’evento
è accaduto nella Prima Era del Nuovo Mondo.
Allora, dal ’39 al ’45 ha avuto luogo la Seconda
Guerra Mondiale, un evento che
ha coinvolto molti paesi, in particolar modo europei”
Fortunatamente
avevamo passato molto tempo nei mesi precedenti a raccontare alla
curiosa Arwen
tutto sul Nuovo Mondo, arrivando pure a disegnare una semplice cartina
dell’assetto
geografico del globo. Così l’elfa non
faticò ad orientarsi.
“
Europa è dove vivete voi, giusto? Dove si trova il vostro
paese”
“Si
esatto. Viene chiamata seconda perché pochi anni prima si
era verificata la
Prima Guerra Mondiale. E’ come se la Terra di Mezzo entrasse
in conflitto con
altre regioni di Arda, più o meno. Durante questa guerra
venne messo in atto lo
sterminio di un popolo, quello Ebreo. Una popolazione sparsa per tutta
Europa che non
aveva una patria. Contro di loro
Furono fatte moltissime atrocità. Furono
perseguitati e uccisi nei campi di
sterminio. Furono spogliati della loro identità, dei loro
diritti, furono
trasformati in una massa senza volti. Un tale odio fu riversato su di
loro, un
odio che li portò a tragiche morti. Un vero e proprio
crimine contro l’umanità.
Un genocidio che ha segnato profondamente la storia del nostro mondo.
Un gesto
inspiegabile, ingiustificabile che ha causato la morte di circa
6.000.000
persone innocenti.”
“6.000.000
persone spogliate dei loro diritti, delle loro vite, della loro
umanità.”
“E’
una cosa terribile” disse con voce spezzata Arwen.
“Si lo è. E il
film, a cui la colonna sonora che stavo suonando appartiene, parla
proprio di
quel periodo. Parla di un tedesco che, rendendosi conto di quello che
stava
succedendo, salvò moltissime vite.”
“Quanta crudeltà dilaga nel
Mondo”
disse Arwen.
“Molta”, risposi,
“Se l’intento di Ilùvatar era quello di
ridar vita a un nuovo mondo per spazzare via il male, beh …
ha fallito. Nel
Nuovo Mondo c’è tanta crudeltà quanta
nel Vecchio, forse di più”
“Non sapremo mai la volontà
del sommo Eru” constatò
dolcemente la bellissima elfa.
“Mai”
“Senti Ery, sei veramente bravissima a
suonare. Mi
faresti sentire altre melodie provenienti dal Nuovo Mondo?”
“Certamente”
Passammo l’intero pomeriggio tra melodie
e racconti. Suonai
la colonna sonora di Braveheart, di Titanic, de Il Gladiatore, de Il
Padrino,
suonai la Primavera, l’Ave Maria, Canon in D e moltissimi
altri componimenti.
Ogni volta Arwen mi chiedeva di raccontare la loro storia.
***
“Me lo affidarono prima di
morire” disse Gandalf
guardando l’arcaico volume.
“Erano passati molti anni dalla loro fuga. All’inizio
non sapevamo
quanti altri cambiamenti avesse causato il potere
dell’anello,ma scoprimmo
presto che tra di questi vi era un accorciamento della vita. I tuoi avi
vissero
altri cento anni prima che abbandonassero definitivamente questo
mondo”
“Ma perché darti il libro?
Non potevano tramandarlo come
hanno fatto con il ciondolo?” chiesi perplessa.
“Avranno reputato che sarebbe stato
più al sicuro con
me. Il ciondolo sarebbe stato innocuo fino a quando non sarebbe
arrivato al
Prescelto. Se invece il libro fosse caduto in mano a sconosciuti non
sarebbe
stata una cosa buona. Questi incantesimi hanno come una piccola
autonomia. Nel
senso che se pronunciati anche da qualcuno senza i tuoi poteri
potrebbero
causare qualcosa. Non so cosa, ma sicuro niente di buono”
“Ma spiegami: perché non ti
hanno consegnato anche il
ciondolo?”
“Il ciondolo serviva per riconoscerti,
per riconoscere
il Prescelto. Ricordi?”
“Oh si! Che stupida!”
“Si, un po’ lo sei!”
Guardai lo Stregone fingendo di essermi offesa.
Scoppiammo a ridere, finalmente a ridere.
“Comunque” disse,
“Ora mi dovrai far vedere quello che
hai imparato e da adesso in poi ti eserciterai con me!”
***
Passarono altri cinque mesi. Io continuavo ad
esercitarmi con i miei poteri, e insieme a Massimilian
nell’arte della guerra.
Apprendemmo sempre più cose riguardanti il Vecchio Mondo:
storie, leggende,
fatti reali, i diversi popoli, le lingue, la natura …
Gandalf non passava tutto il tempo a Gran Burrone,
a
volte spariva per settimane, non sapevamo il perché.
Il mio potere crebbe, e anche le mie
abilità belliche.
Ormai sia io che Max ci eravamo abituati a vivere in quel luogo fatato
e
avevamo fatto.
Ci legammo molto ad Arwen, Elladan ed Elrohir, un
grande
affetto ci univa a loro. Più noi imparavamo cose sul Vecchio
Mondo più loro le
imparavano sul Nuovo.
I giorni scorrevano tranquilli e spensierati
insieme a
loro.
Ormai Gran Burrone era diventata un seconda casa,
e i
suoi abitanti una seconda famiglia.
Non avevamo contatti con il mondo esterno, per noi
esisteva solo Imladris, le sue cascate, i suoi alberi, la sua flora e
la sua
fauna.
Erano ormai passati diciassette mesi, dal giorno
in cui
eravamo arrivati, quando un evento segnò la fine della
permanenza a Gran
Burrone.
Non ricordo il giorno preciso, ma sicuramente era
intorno al 20 Ottobre del 3018.
Era una notte scura e pesante, mi ero appena
svegliata
da uno dei miei incubi, ed ero uscita sul grande terrazzo per prendere
una boccata
di aria fresca. All’improvviso sentii delle grida
raccapriccianti, terribili e
spaventose librarsi in aria. Delle urla che mi fecero provare un grande
terrore.
Poco tempo dopo il rumore di zoccoli in corsa
rimbombarono per la vallata.
Improvvisamente il marchio iniziò a
farmi male, molto
male. Sembrava stesse andando a fuoco. Più il rumore degli
zoccoli si
avvicinava più il dolore cresceva.
Sentii dei passi provenire fuori dalla mia stanza,
passi
frettolosi. Decisi di uscire, volevo capire cosa stava succedendo.
Elrond si precipitava all’ingresso del
grande portone
accompagnato dai figli e da uno sfinito Gandalf, era appena tornato da
una
lunga assenza più stanco che mai. Lo Stregone si
girò e mi vide.
“Cosa ci fai sveglia Eryn?” mi
chiese sbrigativo lo
Stregone.
“Ho sentito delle orribili urla, e poi
rumore di
zoccoli. Il marchio mi fa molto male. Aumenta! Cosa succede?”
chiesi affannata.
“Tutto sta cominciando. E’
arrivata l’ora”
Bam! Uno schiaffo in faccia, una secchiata di
acqua
fredda. Ecco che i miei incubi stavano per prendere vita. In quei mesi
avevo
cercato ancora di allontanare quella terribile verità,
nonostante ogni giorno
passato lì me la ricordasse. Ma non potevo più
obliarla, rifiutarla. In quella
notte mi resi conto realmente di quello che mi aspettava, non potevo
più
scappare.
Arrivata nel grande piazzale vidi un elfo scendere
da un
bianco cavallo, era Glorfindel. L’avevo intravisto poche
volte, ma mai ci avevo
parlato. Solo quando scostò il lungo mantello dal petto
notai con stupore che
reggeva una piccola figura svenuta. Aveva folti capelli bruni e una
carnagione
cadaverica. Sotto gli occhi chiusi due enormi occhiaie riempivano il
volto. Non
riuscii a vedere altro perché Elrond e Gandalf si
affrettarono a prenderlo
preoccupati e lo portarono non so dove.
“Dobbiamo fare in fretta Elrond, il suo
tempo sta
finendo”
Rimasi con Arwen e i due gemelli a fissare le due
alte
figure che si allontanavano. Il dolore stava diminuendo, ma da quel
momento non
cessò più.
Chi era? Cosa stava succedendo? Cosa gli era
capitato?
Non seppi niente fino al mattino seguente.
Ovviamente non riuscii a chiudere occhio.
L’immagine di
quella piccola creatura mi tormentava senza tregua: il volto
sofferente, il
corpo minuscolo, le orecchi a punta, gli enormi piedi. Avevo capito che
si
trattava di un Hobbit, ma chi era? Aveva qualcosa di familiare, ero
sicura di
averla già vista da qualche parte, ma dove?
Frugai nelle mie memorie ma non trovai niente.
Quando le prime luci del mattino sfiorarono le
cime
degli alberi decisi di uscire dalla mia stanza.
Uno strano silenzio dilagava nella vallata, tutto
era
stranamente calmo. Vagai per la dimora elfica alla ricerca di qualcuno,
ma non
trovai anima viva.
Abbandonai la struttura e mi inoltrai nel bosco
diretta
alla mia radura.
Qualcosa di brutto era accaduto la notte
precedente, lo
sentivo nell’aria. Gli uccelli non cantavano, e neanche gli
elfi.
Mi sedetti su un grosso masso, tirai su la manica
del
braccio sinistro ed osservai il marchio. Mi bruciava ancora, ma era un
dolore
sopportabile. Però qualcosa non andava. Il colore del
simbolo era leggermente
cambiato. L’azzurro aveva perso la sua intensità,
e aveva acquistato delle
sfumature rossastre.
Non appena lo sfiorai con le dita, due piccole
scintille
fuoriuscirono da esse. Spaventata ritrassi velocemente il braccio.
Non era mai successa una cosa del genere.
Riprovai, e quella volta piccole fiammelle si
accesero e
si spensero. Continuai così per non so quanto, mentre il
marchio diventava
sempre più rosso.
Quando ormai il sole splendeva alto sulla vallata
ritornai nella dimora elfica.
Più mi avvicinavo più
sentivo dei mormorii.
Salii l’imponente scalinata e davanti ai
miei occhi
comparvero tre minuscole figure. Due erano seduti su una delle
panchinette, il
terzo camminava avanti e indietro preoccupato.
“Starà bene Sam”
disse uno degli Hobbit seduto, “Gli
Elfi lo aiuteranno!”
Neanche lui però sembrava molto
convinto.
Sam era un Hobbit rotondetto dai folti ricci
biondi. Aveva
un viso paffuto ed enormi occhi marroni.
Gli altri due mezz’uomini gli
assomigliavano molto, ma
erano più magi. Uno aveva un naso grosso, l’altro
più sottile
Non si accorsero della mia presenza fino a quando
Gandalf non urlò disperato il mio nome.
“Eryn! Dove diamine eri
finita?!”
“Io … io ero alla
radura” risposi un po’ perplessa.
Non era solo, al suo fianco c’era un
uomo.
Era molto alto e di bell’aspetto. I suoi
capelli erano
scuri con qualche sfumatura di grigio qua e là. Anche i suoi
occhi erano grigi,
occhi intensi e profondi.
Vestiva di abiti logori e consumati; un verde
mantello
col cappuccio gli copriva le spalle e la maggior parte del corpo.
“Ti abbiamo cercata per ore! Devi venire
subito con me”
“E dove?” chiesi irritata.
“Questa notte volevi sapere cosa stava
succedendo, giusto?”
Annuii.
“Bene, allora seguimi”
Senza esitare corsi dietro allo Stregone e al bell’uomo.
Salimmo i gradini e ci
inoltrammo nei numerosi corridoi del palazzo elfico. Più mi
avvicinavo al luogo
in cui lo Stregone voleva portarmi, più il dolore al marchio
aumentava. Finalmente
Gandalf si fermò davanti a una porta dorata e si
girò verso di me, il dolore
era al culmine.
“Ti ricordi la creatura che hai visto
tra le braccia di Glorfindel
ieri? Elrond è riuscito a curarlo, ma è ancora in
stato di incoscienza”
Due grosse lacrime fuoriuscirono dai miei occhi.
“Eryn cos’hai?” mi
chiese preoccupato.
“ Da ieri … da quando abbiamo
sentito quelle urla
terribili … il polso … ha iniziato a bruciarmi
… e non ha più smesso. All’inizio
era molto forte … poi … durante la notte
è diminuito … ma adesso … non riesco
…
a … sopportarlo. Mi fa malissimo Gandalf!”
Crollai a terra tra lamenti e urla.
L’uomo si affrettò a
prendermi, e mi rimise in piedi
cingendomi le spalle con un braccio. Mi prese dolcemente il braccio
sinistro e
scostò la manica.
“Per tutti i Valar! Gandalf
guarda!”
Dal polso fuoriusciva del sangue, era rovente.
Urlavo
come mai avevo fatto, il dolore era insopportabile, non avrei mai
immagino che
se ne potesse provare così tanto.
Il mio volto era inondato di lacrime, il mio polso
di
sangue.
“Presto Aragorn, dobbiamo portarla da
Elrond!”
Aragorn mi prese in braccio e iniziò a
correre seguito
da Gandalf.
Non capivo più niente, ero disorientata
dal dolore,
intravedevo solo macchie confuse che non riuscivo a distinguerle. La
corsa mi
sembrò interminabile.
Finalmente Aragorn si fermò e mi
posizionò dolcemente su
un morbido letto.
“Cosa succede?” la voce
preoccupata di Arwen suonava
distante.
“Il marchio! Sta sanguinando,
è rovente. Chiama tuo
padre, in fretta!” la voce dell’uomo era ferma e
autoritaria.
“… M-m- max”
farfugliai.
“Max” riuscivo a malapena a
parlare.
“Max!” urlai e altre lacrime
mi bagnarono il volto.
Qualcosa mi strinse la mano.
“Sono qui, ora sono qui!” mio
fratello parlava con voce
spezzata.
“Sono qui, tieni duro Ery. Tieni
duro!”
“Mio Dio! Gandalf cosa le sta
succedendo” urlò disperato.
Fu l’ultima cosa che sentii prima di
sprofondare tra le
tenebre.
Angolo
dell’Autrice:
Ed eccoci alla svolta decisiva. Aragon e i quattro
Hobbit sono arrivati a Gran Burrone. Ma qualcosa non va, più
Eryn si avvicina a
Frodo, più il marchio le fa male.
Nel prossimo capitolo scoprirete il
perché ( ma credo
che l’abbiate già capito ) e avrà luogo
il consiglio di Elrond!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto,
aspetto
con ansia i vostri pareri!
Alla prossima!
Anna J