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Autore: DavidCursedPoet    18/05/2015    1 recensioni
Questa storia parla di un giovine ragazzo, Derek, che ha maturato(ahilui) la convinzione di essere la vittima assoluta di un mondo, a suo dire, troppo crudele e che decide, a suo modo, di provare a cambiare la propria condizione.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo alcuni secondi di raggelante silenzio Berardo riprese: "Tu sai, figliuolo, che un padre ha sempre bisogno di essere rassicurato dai propri bambini..." Distribuì le carte, le raccolsi.  "Ed io, da buon padre di famiglia il quale sono, non posso lasciar nelle tue mani un giocattolo tale senza aver verificato il tuo senso di responsabilità..."
"Non si fida di me, buon signore?" alzai le sopracciglia e feci cenno di cambiare tre carte.
"Non direi che è una questione di fiducia, no. Voglio soltanto verificare che tu non abbandoni tuo padre. Ti proteggerò, sarai sotto la mia ala: rassicurami, tutto qui." Berardo cambiò una sola carta.
"Ecco, ed in che modo, un povero ragazzo come me può dimostrare la propria devozione? Non so se ne sarei in grado, a dire il vero..."   Mostrai a lui il mio tris di regine, un punteggio niente male.
"Dai tempo al tempo. Nessuno ti sta mettendo fretta: pondera attentamente la tua scelta. Non essere avventato in quel che fai: nella mia famiglia siamo tutte persone con un profondo senso del dovere, un religioso rispetto della responsabilità. Non potrai essere da meno." Sbattè le sue carte sul tavolo, chiaramente deluso. "Non è proprio il mio giorno fortunato...Ho perso con due novellini" mormorò.
"Suvvia, si rifarà la prossima volta!" intervenni io, con tono allegro.
"Stasera, figliolo, vorrei che tu fossi ospite a casa mia. Lì, avrai modo di sapere quel che c'è da fare per avere tutta la fiducia ed il rispetto di tuo padre." Dalla giacca immacolata estrasse un biglietto da visita e me lo porse. "Ti aspetto per la cena, mi raccomando, non mancare."
"Ci sarò, non si preoccupi."
Mi avvicinai al bancone e pagai il mio conto, dopodichè, salutai con un leggero inchino il buon signore Bernardo, che mi rispose con un cenno della mano ed un grande sorriso.
 
Durante il tragitto verso casa, stavo riflettendo su quel che era accaduto: certo, quell'uomo si considera come un padre, per me, un mio protettore, ma la verità la sappiamo entrambi: è solo un aguzzino. Sarà il primo a cadere sotto la mia Giustizia, non appena avrò ricevuto la sua fiducia vendicherò tutte le persone che ha ucciso ed ha fatto uccidere, tutti quei poveracci che sono costretti a star sotto di lui, solo per non rischiare di chiudere i battenti, di perdere tutto ciò che hanno. Domina con la paura e con quello che i criminali mafiosi chiamano "rispetto", gliela farò vedere io, si pentirà di tutto quel che ha fatto. Devo pensare ad un modo per essere insospettabile, tuttavia, ma per questo c'è ancora del tempo: chissà cosa vorrà chiedermi stasera.
 
Arrivai a casa, lì, come al solito, incontrai mio padre intento a sfogliare una rivista di automobili. Lo salutai, alzò la testa e mi guardò, senza dir nulla. Un uomo molto riservato, mio padre: ritengo che non si sia mai abituato a vivere in questo posto. Un americano nell'Italia meridionale, più spesso avveniva il contrario; mia mamma, donna di ferro, era riuscita a convincerlo a venire qui. I nonni di mia madre, come moltissimi altri italiani, in quel periodo, erano migrati negli Stati Uniti ed erano riusciti, attraverso il commercio di prodotti tipici delle nostre parti a mettere da parte un bel gruzzolo. I miei nonni, sono nati ed vivono tuttora lì. Mia madre, alla tenera età di ventuno anni si sposò con mio padre. Due anni dopo il loro matrimonio, i miei genitori decisero di tornare qui, ed io fui gettato nel mondo poco dopo il loro arrivo in Italia. Il pegno che mio padre aveva chiesto per il trasferimento era il mio nome: roba da poco, direi. A mia madre chiamarmi "Dè" non è mai dispiaciuto. Invece mio padre finge quasi che io non esista; non posso dire che mi odi o che non mi voglia bene, più che altro, nella sua riservatezza è come me: manca d'affetto e di tenerezza. Non che io senta il bisogno impellente di averne.
 
Posso dunque concludere di non aver mai avuto un padre: l'uomo che in quel momento mi stava di fronte non sapeva nulla di me, se non che ero nato dalla consumazione del suo matrimonio con Bianca. Certo, mio padre naturale e Bernardo, in un certo senso sono molto simili: entrambi rivendicano la paternità su di me, ma nessuno dei due ha idea di chi sia; Bernardo non aveva neppure chiesto il mio nome: in me vede solo un pollo da spennare, un giovane incosciente da derubare. E non erano solo loro: ci sono così tante persone che si definiscono padri senza aver coscienza di chi siano i loro figli, senza sapere cosa si cela nelle loro menti: preti, insegnanti, medici, si sono sempre arrogati, in virtù del loro ruolo sociale, questo appellativo di "padre". A mio avviso, è solo un costrutto creato per dar loro prestigio, poco importa.
 
Dopo che ebbi oltrepassato quell'uomo senza che mi rivolgesse parola, mi recai nella camera mia: si stava facendo ormai sera, dovevo prepararmi per andare presso l'abitazione di Berardo. Decisi di tirarmi a lucido e di vestire elegante: indossai una giacca nera ed una camicia; addirittura indossai la mia unica cravatta. Forse in questo modo avrei attirato l'attenzione di mio padre, che avrebbe iniziato a farmi delle domande: avrei detto che avevo un appuntamento galante, quella sera, mi sembra un'ottima giustificazione. Quando si furono fatte otto, salutai mio padre nuovamente e mi apprestai ad uscire, ma mantenne il silenzio anche questa volta, come precipitato in un sonno catatonico.
 
Mentre camminavo sentivo il mio battito cardiaco accelerare: certo, non capitava tutti i giorni di cenare con una delle persone più temute e rispettate del paese, molti l'avrebbero considerato un onore. Inoltre, non potevo che essere leggermente impaurito per l'incarico che mi sarebbe toccato; speravo, in verità, di non dovermi sporcare le mani e di non correre rischi ancora prima di iniziare a mettere in atto il mio vero progetto, ma, come mi ero già detto "Alea iacta est", non si può più tornare indietro.
 
Arrivato al portone dell'abitazione di Bernardo, suonai al citofono. Poiché non sapeva il mio nome, alla domanda: "Chi è?" risposi: "Sono suo figlio!" "Ah, figliuolo, potresti essere tanto cortese da attendermi giù per alcuni minuti? Non ceneremo qui. Siamo stati invitati ad una piccola festa!" Sebbene sorpreso dalla notizia, risposi di sì. Una festa? Davvero? Che significava? Aveva forse intenzione di introdurmi alla società mafiosa come un suo protetto? Non avrei dovuto permettere che una cosa del genere accadesse. Però era ormai troppo tardi per voltarsi indietro, inoltre, non credo che ad una festa mi sarei macchiato di chissà quali crimini, pur essendo in "buona compagnia".
 
Iniziai a muovermi in tondo, avanti e indietro di fronte a quel portone, meditando più e più volte sulla possibilità di scappare. Non appena fui arrivato alla conclusione che era davvero quella la cosa migliore da fare, la voce di Bernardo irruppe alle mie spalle, annunciandomi: "Questa serata sarà molto piacevole per te, lo garantisco." Poggiando la mano sulla mia spalla con fare amichevole, ci incamminammo. 
   
 
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