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Autore: Malia_    03/01/2009    17 recensioni
Noia.. come ogni lunedì mi ritrovai a braccia conserte sul banco dell’aula di spagnolo. E come ogni giorno, ogni lentissimo giorno, mi sentii trasportare da quei sentimenti di disgusto verso il mondo circostante. Monotonia..Le mie mattinate? Cadenzate da ritmi “normali”, immobili, o forse il termine adatto poteva essere, sì.. “privi di senso”.. la scuola era probabilmente il luogo della mia eterna sopportazione perenne.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Eccomi qui.. questa fic mi prende sempre di più . Faccio BUON ANNO a tutti e ringrazio per i commenti e ovviamente ringrazio anche coloro che seguono questa fic. Io la apprezzo moltissimo. GRAZIEEEE!! Che dire sono veramente contenta che i pensieri di Edward vi interessino e cercherò di non discostarmi troppo dalla trama del libro anche se Edward ovviamente non è l'originiale. Vi lascio subito a leggere. Malia


Invito.



La osservai come un ossesso attraversare il parcheggio della scuola con lo zaino in mano. Controllai attento che non ci fosse alcun pericolo e mi incamminai dietro di lei con le mani in tasca, il giaccone nero sulle spalle. Si girò giusto in tempo per vedermi entrare e il suo sguardo si addolcì improvvisamente, mentre io non diedi segno di averla vista e tirai dritto verso la prima ora di lezione. Vederla mi aveva provocato la stessa fitta allo stomaco che avevo sentito quella notte nella sua stanza, il suo profumo gentile era una vera droga, e i suoi occhi che mi guardavano con dolcezza erano una tortura per il mio cuore… la desideravo. Tuttavia non potevo cedere, non l’avrei fatto. Buttai lo zaino sul banco e mi addormentai per buona parte delle lezioni. Stavo male, soffrivo.. volevo starle vicino. Volevo toccarla..mi piaceva l’idea di sfiorare le sue guance e vederla arrossire. Mi piaceva l’idea di allungare una mano e accarezzarle le labbra rosse e piene. Respirai reclinando la testa all’indietro. “Si può morire per amore?”. Mi spostai terrorizzato verso l’aula di biologia, sapevo che lì ci saremmo sfiorati, che avrei dovuto trattenermi dall’assalirla, ma ora non era solo la voglia di ucciderla che mi stava ossessionando. Era la brama di stringerla, di vederla ridere con me, toccarle gentilmente la pelle diafana, così chiara.. scossi la testa, mettendomi seduto rigido al solito posto. Respirai forte prima di vederla entrare in classe. Ancora quegli occhi.. si posarono su di me pieni di rispetto e fiducia, così chiari, così misteriosi per me. Sì avvicinò lentamente e io mi mossi lontano quando il suo profumo di fresia mi schiaffeggiò e mi eccitò trasformandomi in un predatore. Provai dolore. “Basta..” Cominciai ad odiare la mia natura che mi aveva condannato a quella sofferenza, ma ancora di più mi detestai quando gli occhi mi caddero sul suo seno coperto dalla felpa blu cobalto, molto grande per lei. Eppure.. adorai il modo in cui le scivolava addosso, era sensuale, avevo voglia di infilarle le mani sotto e ..“Cosa stai pensando!” Mi fermai in tempo e mi voltai verso la finestra, senza dare segno di averla riconosciuta.

- Ciao, Edward..-.  Sussultai impercettibilmente. La sua voce era così deliziosa che mi emozionai e il mio cuore esplose di gioia. Voleva parlare con me, proprio con me. Ma io le feci appena un cenno con la testa, senza neanche voltarmi e tornai a fissare insistentemente il giardino della scuola. “Ti amo, dio quanto ti amo. Sta lontana da me, sono un mostro”.
Sentii la sua delusione palpabile, ma non la guardai più.. mai in modo che lei potesse accorgersene. In realtà non la lasciavo un attimo con lo sguardo, assetato di ogni suo movimento, di ogni suo gesto, affascinato da ogni sua più piccola smorfia. Innamorato della propria preda, che stupido. I giorni passarono, ma non mi permisi mai più che un cenno. Le mie notti nella sua camera erano un’agonia continua, il mio corpo desiderava cose che la mia mente non era abituata a pensare e le mie mani vagavano affamate sulle coperte di lei alla ricerca di un segno d’amore. Le “dormivo” a fianco, la fissavo stregato e la scusa che trovavo verso me stesso era stupida e idiota. Proteggerla.. ma da cosa se il primo pericolo ero io? Ogni mattina la osservavo entrare a scuola e la seguivo, non potevo farne a meno, cominciai a intuire i suoi spostamenti, i suoi movimenti nell’edificio, ascoltando i pensieri degli altri, annusandone l’odore come un pazzo. Il mio corpo aveva continuo bisogno di averla vicino e spesso involontariamente le passavo di fianco sfiorandola, morivo.. morivo di sete e di desiderio, ma non lo davo a vedere. Soltanto, volevo toccarla..ne avevo una necessità quasi morbosa. Ma non parlarle, non poter sapere quello che lei pensava di me, non poterle leggere nella mente, mi frustrava, mi lasciava sofferente. Sarebbe stato bello tenerla sulle mia ginocchia e consolarla per qualcosa, aiutarla, amarla.. magari aiutarla a fare i compiti, oppure passarle della musica, leggere dei libri con lei. Ma sapevo quanto sarebbe stato difficile per entrambi, impossibile per me resistere a quel sangue zuccherino, a quel sapore irresistibile. Certo ora era più facile, ma.. non potevo mettermi così alla prova, troppo alla prova. Mi ritrovai improvvisamente di fronte a lei che mi bloccò la strada guardandomi stranamente e io le toccai la spalla passandole avanti e ignorandola, la scossa tra noi passò inaspettata e la mia gola secca bruciò come previsto.
- Perché..-. La sentii sussurrare. Non dissi nulla, le avrei risposto quella notte accarezzandole i capelli e sussurrandole quanto la amassi e non potessi fare a meno di lei.
Le cose sarebbero andate secondo i miei piani se non ci fosse stato un ulteriore problema. La gelosia.. Mike Newton le stava continuamente attorno. Dai suoi pensieri capivo quanto gli piacesse e quanto poco invece sopportasse me. Credeva che il fatto che l’avessi salvata potesse farmi sembrare un eroe ai suoi occhi, un paladino e che lei potesse in qualche modo preferire me agli altri. In classe le stava sempre addosso e mi lanciava occhiate cariche d’odio. “ Sta calmo ragazzino, ti conviene”. Dentro di me ringhiavo invidioso delle sue braccia vicino a quelle di Bella, di come si sporgeva verso di lei, dei suoi modi affabili e gentili. Odioso.. e mi chiedevo cosa “occhi nocciola” provasse per lui. L’ennesimo giorno di pioggia arrivò, altra lezione di biologia da sopportare. Mi accomodai al solito banco e questa volta mi si sedette ancora più vicina. Sembrava volesse cercarmi, volesse sfiorarmi. Le sue mani chiuse a pugno sotto il banco sfioravano le mie dita così prepotentemente che mi sentii male. Mi acquattai al muro spaventato, cercavo aria, cercavo di non guardarla, ma il mio cuore sembrava sussultare nella mia gola come la mia sete. Non potevo resisterle, non ci sarei mai riuscito se avesse continuato a sfiorarmi la coscia. Non doveva starmi così  vicino, non poteva credere che non avrei provato nulla. Non riusciva ad intuirlo quello che si stava creando tra noi? Forse no. Così ingenua, così innocente.. Si accostò ancora di più, alzando lievemente il mento e deglutendo. Non capivo, non capivo cosa avesse intenzione di fare, ma in quel momento arrivò Newton a salvare la situazione e lei si allontanò da me scivolando abbastanza lontano da permettermi un controllo maggiore.
Verrà al ballo con me? Voglio proprio provarci..
“Provaci, e sei morto”. Pensai ringhiando leggermente. Il ragazzo si avvicinò a Bella salutandola intimorito, rosso come un peperone. Non sopportai la sua vista e mi voltai come sempre verso la finestra. Dovevo stare calmo..infondo ero curioso di sapere la reazione che avrebbe avuto alla richiesta di quell’imbecille. Chiacchierarono del più e del meno fino a quando non si decise ad arrivare al punto.
- Insomma..-. disse Newton – Jessica mi ha invitato al ballo di primavera..-.
“E mi chiedo che cosa ci trovi in te di tanto interessante..”. Sogghignai divertito e aspettai con ansia la reazione di Bella.
- Grande.. te la spasserai davvero con lei-. Sfoggiai un sorriso smagliante e stavo quasi per scoppiare a ridere. Capii che non era affatto interessata, ma anzi sollevata dalla notizia.
- Bè- balbettò insicuro- le ho detto che volevo pensarci-.
 “ Smamma Newton, ha detto no”. Pensai furioso irrigidendomi sulla sedia.
- E perché l’avresti fatto?- Lei lo osservò stranita, veramente non ne capiva il motivo?
Probabilmente stava fingendo. La amai ancora di più, splendida.
-Bè..mi chiedevo se non avessi intenzione di invitarmi tu..-.
“Cosa? Dì di no, piccolo Bambi. Caccialo via sto idiota”. Mi voltai di scatto verso di lei e i nostri sguardi si incontrarono. Mi osservò stupita da quell’attenzione, ma distolsi subito gli occhi.
- Mike, credo che dovresti accettare l’invito di Jessica-. A quella risposta, Newton mi guardò furioso.
Scommetto che l’ha chiesto a te, viso pallido..
Sorrisi. “Fa male il suo rifiuto eh..abituati. Si vede che non le piaci”.
Continuò a fissarmi con sguardo omicida – L’hai chiesto a qualcun altro?-.
Ti odio, Cullen. Tu e quella tua faccia da damerino perfetto..
“ L’odio è reciproco Newton. Attento a come parli”.
- No, figuriamoci. Non ci vengo, al ballo-. L’attenzione del ragazzo fu di nuovo attratta da Bella, o meglio dalla sua risposta.
E veramente ero abbastanza stupito anche io. Il ballo di primavera di solito era l’occasione per tutte le ragazze di ammettere i propri sentimenti. Che fosse solo una scusa? Che gli interessasse qualcun altro?
- Perché no?-. Le chiese sospettoso.
“ Già perché no? Sono d’accordo questa volta..”. Non potevo fare a meno di chiedermelo.
- Quel sabato vado a Seattle-. Silenzio.
Sapeva tanto di giustificazione buttata lì sul momento. Troppo.. ma non ne potevo essere sicuro.
- Non puoi rimandare ad un altro fine settimana?-
“Ma allora non lo vuoi proprio capire..”. Bloccai un ringhio sul nascere.
- No, mi dispiace. Perciò non far aspettare Jess: è scortese-.
Sospirai di sollievo. Non riuscivo a sopportare l’idea che lei potesse uscire con un altro, non riuscivo a concepirlo. Mi scoprii molto geloso e possessivo. “Male, non devi, Edward. Ricordati cosa ti sei ripromesso”.
- Va bene hai ragione-. Mormorò lui deluso allontanandosi. Lei si accovacciò sul tavolo chiudendo gli occhi, massaggiandosi le tempie e poi rivolgendo lo sguardo verso di me. Questa volta lo sostenni. “Perché mi guardi. Perché..”. Ci fissammo intensamente e i nostri corpi si avvicinarono lenti.  “Guardami, e rispondi..”. Il respiro le si bloccò improvvisamente nel petto e le sue iridi nocciola sembrarono stregate dalle mie, ormai nere, ma anche io soffocai dal piacere.. poter annegare così sfacciatamente in lei era molto piacevole. Le nostre dita si sfiorarono ancora e tremammo entrambi visibilmente. Il mio mignolo sfiorò leggermente il suo indice e lei sussultò senza lasciare un attimo il mio sguardo. “ Se fossi mia.. dammi la tua anima”. Tremava, ormai il suo corpo tremava scosso dalla mia vicinanza, il profumo dei suoi capelli mi faceva impazzire, la fragranza di fresia del suo corpo mi attirava tantissimo. Sentivo prepotentemente la sua presenza e..
- Cullen?-. Il professore mi chiamo per rispondere alla sua domanda.
- Il ciclo di Krebs..-. “Maledizione, ma che faccio”. Mi voltai dando retta al professore e fingendo di stare attento. La fortuna di essere vampiri.. “Non posso continuare così”.
Con la coda dell’occhio vidi Bella ritrarsi e coprirsi il volto con i capelli. Forse l’avevo spaventata. Si era portata le mani al cuore, che le batteva impazzito, e io non riuscii più a resistere. Dovevo parlarle, dovevo sentire la sua voce dolce rivolgersi a me con amore se non volevo morire di dolore. Fissare i suoi occhi con i miei pieni senza paura almeno una volta. Il veleno mi inondava la bocca avido della sua pelle, ma ignorai quel bisogno e mi concentrai sulle sensazioni che avrei provato quando il desiderio mi  avrebbe sommerso a causa della sua vicinanza. Non potevo fare a meno di quella emozione, non potevo fare a meno di lei.
 La campanella suonò puntuale e io mi alzai fermandomi alle sue spalle e torreggiando su di lei con il mio fisico felino. Si girò leggermente, volgendo poi ancora il capo imbarazzata. Non sarei fuggito.
- Bella?-. mi avvicinai così tanto a lei che il mio torace sfiorò la sua schiena, le mie cosce le sue.
Entrambi rimanemmo sconvolti dalle reazioni che ci colpirono. “ Aria..”. 
- Cosa? Hai deciso di rivolgermi la parola?-. Si voltò totalmente e si allontanò leggermente sbattendo il fianco sul banco.
Non lo sapevo, ma volevo pronunciare il suo nome. Abbozzai un sorriso tirato.
- No, non proprio-.
Non capivo il perché avessi ceduto così facilmente alle mie decisioni, non era così facile farmi vacillare.
Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Le fissai insistentemente il viso, bramando la sua vicinanza, mi schiarii la gola e cercai di riprendermi, impassibile.
- E, allora, Edward che vuoi?-. La voce era tagliente, indifferente.. era arrabbiata con me.
Non aveva ancora aperto le palpebre e io ne approfittai per accostarmi ancora di più..eravamo troppo vicini, più del dovuto.  Il suo respiro accelerò.
- Mi dispiace, sono molto maleducato, lo so. Ma è meglio così. Davvero-. Le mie braccia si sporsero in avanti appoggiandosi sul banco e bloccandole ogni movimento. I miei polsi sfioravano il suo bacino che aderiva al banco. Il suo odore mi stava facendo impazzire. Non sembrò darle fastidio.
- Non capisco che vuoi dire-. Questa volta puntò i suoi occhi nocciola dritti nei miei.
-E’ meglio se non diventiamo amici..-. “Bravo, complimenti. Ma guarda come le stai vicino”. – Fidati-. Tutto doveva fare tranne che fidarsi di me, sperai che lo capisse.
- Peccato che tu non te ne sia reso conto prima- Mormorò fissandomi con astio – non avresti avuto nulla di cui rimproverarti..-.
Corrugai le sopracciglia. Qualcosa ancora una volta mi stava sfuggendo, dove voleva arrivare? Mi spostai di scatto continuando a fissarla. – Rimproverami?- Dissi sorpreso – Rimproverarmi di cosa?-.
- Di non aver lasciato semplicemente che quel furgone mi spiaccicasse-.
Persi il controllo. Lei pensava che io.. io.. mi fossi pentito di averle salvato la vita? Mai.. forse era la cosa migliore che avessi mai fatto. Volevo afferrarle il viso e portare le mie labbra sulle sue, per farle capire quanto mi fossi pentito di averlo fatto. Era l’amore della mia vita, di tutta la mia non-esistenza. Io..
- Vuoi dire che pensi mi sia pentito di averti salvato la vita?-. Ringhiai arrabbiato facendole spalancare gli occhi stupita. Si sporse verso di me sfidandomi.
- Non penso. Lo so-.
Ancora una scossa di desiderio mi attraversò il corpo. La adoravo e lei non poteva credere che io la odiassi. “Stupido, l’hai ignorata. Cosa pensavi che credesse?”. Strinsi i denti e la fissai impazzito.
- Tu non sai niente..-. Sbottai gridando facendola voltare spaventata. Raccolse di fretta tutti i libri e si mosse veloce per allontanarsi da me.
“ No, piccolo Bambi.. ti prego, io..”.
Inciampò di colpo sul piede di un banco e i libri le caddero a terra in una massa indistinta. La vidi mordersi il labbro inferiore e maledirsi. “Come sei comica amore mio”. Mi avvicinai inginocchiandomi con lei e impilai perfettamente tutte le sue cose.
- Grazie..-. Sibilò gelida quando gliele porsi.
- Prego..-. Risposi imperscrutabile. “Piccola..”. Si alzò voltandomi le spalle e scappando via. Io mi appoggiai allo stipite della porta osservandola perso “Non voglio che tu pensi questo di me”.



   
 
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