Capitolo 2: This
Is War.
Kuroko sa
quanto ciò sia irrazionale, eppure non riesce ad evitare di sentirsi a disagio
nel sapere che l’ombra del Comandante Supremo incombe su di loro così da
vicino. Lo trova davvero insopportabile.
Il
disagio aumenta nel momento stesso in cui i suoi piedi calcano il suolo
sabbioso di Ishval e sente lo sguardo bicromo di Seijuurou bruciargli sulla
schiena.
«Tetsuya».
E Tetsuya
si gira, perché nonostante interiormente lo stia odiando a causa della guerra
che l’altro non vuole neanche provare a sedare in modo civile, Akashi resta il
Comandante Supremo e lui solo uno dei suoi soldati, seppur un Alchimista di Stato,
seppur un Colonnello.
«Trova
Taiga Kagami e conducilo da me» ordina.
Prova un
lieve moto di ribellione, Kuroko, che tuttavia dura quanto un battito di
ciglia; la verità è che lui non è fatto per prendere ordini e basta, eseguendo
qualsiasi cosa gli venga detto di fare alla stregua di un cagnolino
ammaestrato.
Vuole
sapere il perché di quell’ordine, vuole sapere per quale motivo il primo
pensiero di Akashi appena messo piede ad Ishval sia proprio quello di vedere
l’Alchimista di Fuoco.
“Cos’hai combinato, questa volta?” si
domanda, mordicchiandosi l’interno del labbro inferiore, mentre la sua memoria
torna al ricordo della faccia di Taiga, quando erano entrambi stanziati a
Briggs, nel momento in cui gli è stato riferito che lui, assieme a Kise e ad
Hanamiya, sarebbero stati i primi alchimisti a partire per Ishval.
Reprime
con facilità un sospiro, realizzando che non è così assurdo che quell’idiota si
possa essere sul serio messo nei guai al punto da dover richiedere l’intervento
di Akashi in persona.
Si
congeda subito e inizia a cercarlo per l’accampamento, seguito da un Aomine che
tiene le mani in tasca, con l’aria di chi trova la situazione di una noia
mortale.
«Sono
aperte le scommesse: cos’avrà combinato Bakagami?» domanda Daiki con uno
sbadiglio.
Kuroko si
volta per poco meno di una manciata di secondi, osservandolo con attenzione.
Aomine e Kagami, che lui sappia, si sono incontrati solo una volta e quella è
bastata perché si instaurasse tra loro uno strano rapporto basato quasi del
tutto sulla rivalità, non riesce quindi a capire bene se l’Alchimista Scudo sia
davvero preoccupato per Taiga o se quello non è altro che un modo per tenere la
testa occupata e non pensare al fatto di trovarsi ad Ishval.
Decide
che con tutte le probabilità entrambe le opzioni possono essere considerate
vere a metà, quindi torna a volgere lo sguardo avanti a sé, cercando il
collega.
«Akashi-kun
non gli ha mai prestato molta attenzione» commenta, mentre gli occhi guizzano
attenti in ogni angolo che la vista riesce a raggiungere. Cerca di reprimere la
lieve ansia che, annidata in pianta stabile nel suo petto, sembra essersi
risvegliata nel pensare ad una risposta da dare a Daiki, «Per averne provocato
il pieno interesse come minimo avrà pensato di disertare» conclude, il tono
rimane monocorde, segno che è riuscito a mettere a tacere in tempo la preoccupazione
senza che questa riuscisse ad infettarne la voce.
Daiki
solleva gli occhi al cielo, è già stufo della stupidità altrui senza averlo
ancora incontrato, «Cosa potevamo aspettarci da Bakagami?»
«La vera
domanda è cosa possiamo aspettarci da te, Ahomine».
Entrambi
gli alchimisti si voltano di scatto per trovarsi davanti la figura di Taiga,
forse un po’ più malconcio di quanto si sarebbero aspettati.
«Che
vuoi? Non sono io quello che si piange addosso» commenta Aomine, perché quando
vuole sa essere delicato quanto solo un Murasakibara in astinenza da dolci può
essere. Già immagina di sentirsi addosso lo sguardo di rimprovero di Tetsuya,
tuttavia quando si volta per accertarsene scopre che gli occhi inespressivi del
più piccolo sono ancora fissi su Kagami e le sue spalle sono un po’ più
rilassate, come se bastasse la presenza dell’altro a renderlo un po’ più
sereno. All’improvviso si sente meno in colpa per la frase rivolta
all’Alchimista di Fuoco.
«Nessuno
ha parlato di piangersi addosso. Hai la coda di paglia?»
«No, ma
tu hai tutta l’aria di uno che vuole tornare a casa da mammina».
«E tu hai
tutta l’aria di uno che da casa ci è scappato per dimenticare gli scheletri
nell’armadio».
«Bambini».
Sanno
entrambi di aver tirato troppo la corda e ne è la prova il fatto che al
richiamo secco di Tetsuya tutti e due abbiano taciuto all’istante, per poi
distogliere lo sguardo l’uno dall’altro.
Dura solo
un istante e poi tornano a fissarsi in cagnesco, questo basta a Kuroko per
rendersi conto che tenerli lontani il più possibile è la soluzione migliore.
«Kagami-kun,
il Comandante Supremo ti cerca» dice, quindi. Odia ammetterlo, ma preferisce
gettare Taiga tra le fauci di Seijuurou che vederlo litigare con Aomine,
soprattutto se la loro lite rischia di toccare argomenti tanto delicati per
entrambi. Ne potrebbe derivare una frattura irreparabile tra loro e questo, per
un motivo che Tetsuya non riesce ancora a realizzare, è inaccettabile.
«Che
continui pure a cercarmi» risponde l’altro, bellicoso, storcendo il naso. Dopo
averlo mandato nella fossa dei leoni, il minimo che quel pallone gonfiato può
fare, a parere di Kagami, è scomodarsi per cercarlo di persona al posto di
mandare Tetsuya a fare da messaggero.
Non ha
tempo per pensare ad altro prima di sentire le dita dell’Alchimista di Ghiaccio
ficcarsi crudelmente tra le sue costole, mozzandogli il respiro.
«Non fare
lo stupido, per favore» commenta, per poi afferrarlo per la manica della
divisa, trascinandoselo appresso, «Non ti conviene sfidarlo, è una battaglia
che non puoi vincere».
“Non da solo…” aggiunge
nella propria testa.
Per
assurdo la mente di Kuroko viene attraversata dall’immagine dei due che si
danno battaglia e commette l’errore di indugiare un secondo di troppo su quei
pensieri, giusto il tempo necessario per realizzare che se un conflitto dovesse
davvero accendersi, per quanto disapprovi l’operato di Akashi, lui non sarebbe
in grado di scegliere davvero da che parte stare.
“Sono un’ombra” si dice, stringendo i
pugni e affondando le unghie nella manica di Kagami, “non ho un luogo o uno schieramento, l’ombra è ovunque e da nessuna
parte.”
[…]
La
squadra ricognitiva Kaijou è composta da soli sei elementi, tuttavia a
Kasamatsu a volte pare che siano in troppi. Si fida ciecamente di tutti e
cinque e affiderebbe loro la sua stessa vita sul campo di battaglia, ma si dice
che c’è un motivo ben preciso se ancora non sono riusciti a localizzare la base
operativa del SEIRIN.
“No… le ragioni sono due” pensa
storcendo appena il naso. Il suo sguardo passa da Hayakawa – che sta gridando
come un folle per tutto l’accampamento che “li prenderà tutti” e Kasamatsu
spera con fin troppo ardore che si riferisca al SEIRIN e alla loro cattura –
fino ad arrivare a Kise.
L’Alchimista
di Stato sta importunando Kobori, sembra deciso più che mai a mostrargli tutte
le abilità che è riuscito a copiare e Kasamatsu, per la seconda volta, deve
usare ogni minimo grammo di autocontrollo in suo possesso per ricordarsi che
dopotutto lo ama e quindi che non può ucciderlo nel modo più brutale possibile.
Sta per
intimargli di fare silenzio quando questo all’improvviso tace da solo,
lasciando a metà uno dei suoi abituali deliri.
Segue il
suo sguardo fino ad incontrare la figura di Aomine Daiki, che cammina verso di
loro con gli occhi pieni di nulla.
«…
A-Aominecchi».
Kasamatsu
deve ammettere che è la prima volta che sente Kise balbettare in quel modo
tanto pietoso, ma in un certo senso riesce a comprendere fin troppo bene
l’imbarazzo provato dall’alchimista, dal momento che è lo stesso che percepisce
lui.
Non è un
mistero la discendenza dell’Alchimista Scudo e tutti ne sentono il peso sulle
spalle quando si trovano dinanzi a lui, ma dura solo un istante. Tutti loro
sono soldati, la pietà non è contemplata e nessuno di loro la sopporterebbe se
rivolta alla propria persona; far finta di nulla, decreta Yukio, è la scelta
migliore.
«Tenente
Colonnello Aomine» saluta, tranquillo, «Sei stato assegnato alla squadra
d’assalto Touou, se non sbaglio».
Daiki
annuisce, apprezzando più di ogni altra cosa la completa mancanza di
compassione negli occhi del superiore.
Non ne
può davvero più di leggere pietà nello sguardo altrui, prima Satsuki e Tetsuya
e adesso anche tutti quei cretini della squadra ricognitiva ad esclusione di
Yukio.
«Sì, sì»
sbuffa, pensando a quanta poca voglia abbia di incontrare Imayoshi e Wakamatsu.
Intreccia le mani dietro la testa e si concede uno sbadiglio, sono giorni che
pur dormendo non riesce a riposare davvero, «Stavo cercando Kise. Quell’idiota
di Bakagami si farà davvero impiccare da Akashi, prima o poi».
«Kagamicchi?»
chiede Kise, facendosi più attento. «Cos’è successo?»
«Akashi
gli ha dato il benservito e al posto di tornare a casa con la coda tra le gambe
ha avuto la brillante idea di sparire nel nulla» spiega. Il suo sguardo, poi,
si fa più duro «Anche Tetsu è sparito ma non sappiamo se sia in giro per
l’accampamento e non lo si trova per la sua mancanza di presenza o se sia
coinvolto con Bakagami. Giuro che se sta trascinando Tetsu in uno dei suoi
casini, lo uccido».
Qualcosa
nella voce di Aomine convince Kise che sarebbe davvero in grado di attuare la
minaccia, quindi si sente quasi in dovere di arretrare di un paio di passi,
complice l’aura minacciosa emanata dal collega.
Kasamatsu,
tuttavia, non è uno che si lascia intimidire facilmente, quindi si avvicina di
più all’altro, «Ordini dal Comandante Supremo?»
«Io e
Kise dobbiamo cercare Tetsu e portarlo da Akashi. Voi della squadra ricognitiva
dovete ritrovare Kagami».
«La
nostra priorità non è il SEIRIN?» commenta Yukio, storcendo il naso.
Aomine si
passa una mano tra i capelli con aria stanca e per la prima volta da quando ha
fatto la sua comparsa l’alchimista, Yukio si sente veramente a disagio, «È probabile che trovando quel Bakagami,
troverete anche loro».
[…]
Tetsuya
sa fin troppo bene di non essere una di quelle persone che indulgono alle
emozioni e questa convinzione non deriva solo dal fatto che Aomine prima e
Taiga poi si sono premurati di ripeterglielo fino alla nausea, ma perché ciò è
frutto di un lunghissimo ed estenuante allenamento iniziato nel momento stesso
in cui si è reso conto di quanto il mondo sia pieno di individui che non
aspettano altro di poter usare i sentimenti altrui per affondare il prossimo.
Detto
ciò, è sicuro di non aver mai sentito la rabbia attraversarlo in ondate tanto
dense come al momento attuale, si sente quasi annegare. Deve stringere i pugni
per nascondere il tremore alle mani e avverte lo stomaco chiudersi in una morsa
quasi dolorosa per impedirgli di rigettare ira diluita in bile.
Sa che
non è prudente, non è ancora sicuro di essere in grado di controllarsi,
tuttavia decide di avvicinarsi alla fonte di tutta la rabbia che prova al
momento.
Si
compiace nel notare che le mani sembrano aver smesso di tremare e le ginocchia
reggono i suoi passi, quindi quando si trova faccia a faccia con Ogiwara si
sente un po’ più sicuro di sé. Può farcela.
«Kuroko».
Solo il
sentirsi chiamare da quella voce distrugge il minimo di autocontrollo che credeva
di essere riuscito a recuperare, lo sente sfuggirgli come sabbia tra le dita
nell’udire l’unica voce che non avrebbe mai voluto ascoltare in quel luogo.
«Non
dovresti essere qui» riesce solo a dire, secco, conscio che se avesse aggiunto
un’altra parola con tutte le probabilità questa sarebbe stata un insulto.
Shigehiro
lo guarda e sembra quasi temere che l’amico possa saltargli al collo da un
momento all’altro, non gli ha mai visto gli occhi così dardeggianti di rabbia
ed è sicuro che non scorderà mai uno spettacolo del genere; è ghiaccio che
brucia più dell’inferno, ma il solo ricordare che quello sguardo è indirizzato
a lui riscuote Ogiwara dai suoi pensieri e si ricorda di doversi mostrare
almeno un po’ offeso dalla frase dell’alchimista.
«Chiedo
scusa, ma devo essermi perso il pezzo dove tu ti prendi il diritto di decidere
dove io possa stare o meno» dice, quindi.
«Sei un
civile e questa è zona di guerra. Non dovresti essere qui» ripete Kuroko,
tentato di rispedirlo ad Amestris a calci.
«Sono un
medico e sono proprio dove devo essere. Dove posso aiutare gli altri».
Kuroko si
dice che se Midorima fosse ad Ishval in questo momento, direbbe che di sicuro
ci deve essere qualche congiunzione astrale sfavorevole per il segno
dell’acquario, perché sembra proprio una congiura contro il suo autocontrollo.
Prima Aomine, poi Kagami che sembra più che deciso a farsi uccidere da Akashi e
adesso Ogiwara e la sua insospettabile irresponsabilità.
«Ci sono
tutti i medici di cui abbiamo bisogno all’interno dell’accampamento» nota
Tetsuya e appena finisce di pronunciare la frase viene attraversato dal
presentimento che la risposta che gli darà Shigehiro non gli piacerà neanche un
po’.
«Hai
detto bene: tutti i medici di cui avete bisogno voi».
“Non dirmi che…”
Kuroko entra
rapidamente dentro quella che Ogiwara dichiara essere la propria clinica e ciò che vede lo lascia così
spiazzato che per qualche istante si dimentica perfino di essere arrabbiato. Ci
sono una trentina di barelle e più della metà sono occupate da Ishvalan.
«Tu sei
pazzo» dice, atono, sentendo Shigehiro raggiungerlo.
«Sono
umano» lo corregge l’altro, senza acrimonia nella voce.
L’alchimista
ha giusto il tempo di notare che nessuno dei pazienti dell’amico sembra
allarmato nel vedere un soldato di Amestris che una terza persona entra con
fare concitato all’interno del tendone.
«Ogiwara,
sono passato a prendere le medicine per Kiyos–»
Il corpo di Tetsuya si muove da solo nel
vedere che il nuovo arrivato indossa l’uniforme del SEIRIN; estrae la pistola,
puntandola contro il ragazzo, non prima che l’altro faccia altrettanto. Non ha
neanche il tempo di valutare bene la situazione che Ogiwara si piazza tra i
due, costringendoli ad abbassare nell’immediato le armi.
«Questo
luogo è neutrale» dichiara il medico con voce tanto fredda che per un solo
rapido istante perfino Tetsuya se ne sente intimidito, «non osate tirare ancora
fuori quelle schifosissime cose qua
dentro. Se volete ammazzarvi fatelo fuori».
Con lo
sguardo sfida entrambi a dire qualcosa in contrario e, dopo che hanno
rinfoderato le pistole – controvoglia – concede a tutti e due un sorriso, come
se nulla fosse accaduto.
Si
rivolge al ragazzo. «Le medicine per Kiyoshi, giusto?» domanda, iniziando a
frugare in una scatola, senza attendere una risposta.
Tetsuya
si prende qualche istante per esaminare il ragazzo; a Briggs hanno descritto il
SEIRIN come un gruppo di demoni,
tuttavia la persona che ha davanti sembra in tutto e per tutto un individuo
normale che ha semplicemente avuto la fortuna di poter scegliere da che parte
schierarsi.
Appena si
rende conto della piega che hanno preso i propri pensieri, si dà dell’idiota,
dicendosi che anche lui potrebbe scegliere se solo volesse. Sa che è
contraddittorio, ma sa che la causa di Akashi è sbagliata e sa anche che quel
ragazzino del SEIRIN sta agendo nel giusto, eppure qualcosa gli impedisce di
abbandonare il ruolo che gli è stato affidato.
«Allora?»
La voce dello sconosciuto lo riscuote dai propri pensieri.
«Come,
prego?»
«Mi
fissi. Sembri un fissato per come mi fissi».
Ogiwara
sbuffa una risata, senza smettere la sua ricerca e solo adesso Tetsuya si rende
conto di quanto, in effetti, la situazione sia assurda. Si trova in un tendone
che ha la pretesa di essere un ospedale, gestito dal suo migliore amico che conosce
praticamente dalla nascita. Per di più la clinica
è piena della gente che in linea teorica lui dovrebbe sterminare ed ora si
ritrova a conversare con un esponente
del SEIRIN – che forse ha anche provato a fare un gioco di parole tanto stupido
da essere quasi triste –, tutto questo dopo essersi quasi sparati a vicenda.
«Chiedo
scusa. Mi sono perso nei miei pensieri e non mi sono reso conto di starti
fissando» si risolve a dire, nonostante preferisca mantenere il silenzio fino a
che non potrà parlare di nuovo da solo con Ogiwara.
«Sei un
Alchimista di Stato?»
«Esatto».
«Vi
immaginavo più terrificanti».
«Potrei
dire lo stesso» ribatte, sentendosi un po’ infastidito dal commento dell’altro.
Sente, tuttavia, di non poterlo biasimare del tutto dal momento che poco prima
anche lui stesso si è stupito della normalità sfoggiata dall’altro.
«Ah, cosa
si dice a Central City di noi? Che abbiamo tre teste e pietrifichiamo con lo
sguardo?»
«No, si
dice che siate avversari temibili» risponde con il suo tono più serio, causando
una seconda risata da parte di Shigehiro.
«Izuki,
lascia perdere, Kuroko non ha il senso dell’umorismo» dice con voce tanto
cristallina che Kuroko non riesce neanche ad offendersi per quella
insinuazione. Insomma, lui il senso dell’umorismo ce l’ha, ma la situazione non
gli sembra adatta.
Si
ritrova ancora a pensare a quanto tutta l’atmosfera all’interno di quel tendone
sia assurda: là fuori infuria la guerra, mentre all’interno di questo ospedale
improvvisato, Ogiwara riesce in modo magistrale a mantenere la pace tra
Ishvalan, soldati di Amestris ed esponenti del SEIRIN.
Sospira,
«Se fosse Ogiwara-kun il Comandante Supremo, probabilmente questa guerra non
sarebbe mai neanche scoppiata» dice, attirando su di sé gli sguardi degli altri
due. Nessuno replica alcunché e per qualche secondo l’unico rumore che si sente
è quello di Ogiwara che continua a frugare alla ricerca delle medicine da
affidare ad Izuki.
«Se sei
un alchimista, perché mi hai puntato una pistola addosso?» chiede
all’improvviso il ragazzo e per un secondo Kuroko pensa che l’altro si stia
prendendo un po’ troppe libertà.
“Be’, chiedere è lecito e rispondere è
cortesia, no?” pensa, ma la realtà è che l’atmosfera è talmente leggera che
gli sembra quasi inconcepibile non rispondere ad una domanda che, dopotutto, è
innocua.
«L’Alchimia
non esiste per distruggere, ne consegue che, quando posso, evito di snaturarla»
spiega.
«Non
sembri un fan di questa guerra».
«No, infatto».
Lo
sguardo di Izuki brilla, argenteo. Nessuno è preparato alle parole che
pronuncia subito dopo, ma Kuroko è certo che queste lo tormenteranno nei giorni
avvenire.
«Be’,
allora dovresti unirti a noi».
[…]
Taiga
apre gli occhi, non riuscendo a ricordare il momento preciso in cui li ha
chiusi. Sente le palpebre pesanti come macigni e i pensieri nella sua testa che
si rincorrono confusi e distratti per poi svanire nel nulla, lasciando solo un
fastidiosissimo vuoto che viene colmato subito da piccole stille di dolore alle
tempie, dalla consistenza di tanti minuscoli aghi acuminati.
Il primo
ricordo che gli torna alla mente, nitido, è il viso di Kuroko e lentamente ogni
tassello della sua memoria torna al proprio posto.
«Sei una pedina inutile. Torna a
Briggs, qua ad Ishval sei solo un peso».
Impreca a
bassa voce nel rimembrare le parole che gli ha rivolto il Comandante Supremo
durante il loro brevissimo colloquio. Ricorda di aver provato l’irrefrenabile
impulso di spaccargli la faccia, perché dopo averlo lasciato marcire in
quell’inferno per mesi nessuno poteva osare parlargli in quel modo. Aveva già
la mano destra chiusa a pugno quando gli è tornato in mente ciò che gli ha
raccomandato Tetsuya circa il non mettersi contro Akashi, quindi si è costretto
a tacere, pensando che dopotutto lui stesso non vuole altro che mettere quanti
più strada possibile tra sé e quella guerra.
Sospira e
cerca di ricordare anche il resto: subito dopo essersi congedato si è diretto,
con tutta l’intenzione di non salutare nessuno, neanche Kuroko, verso il
veicolo che avrebbe dovuto ricondurlo a Central, dove avrebbe preso il treno
per North City per poi arrivare a Briggs.
Poi un
lieve pizzicore al collo e più nulla, i suoi ricordi si fermano.
“Pentothal. Bene, sono stato narcotizzato e
rapito come un pivello qualsiasi” pensa, sbuffando, cercando con qualche
difficoltà di mettersi seduto.
Poggia la
testa al muro di pietra che si trova dietro di lui, provando un po’ di sollievo
nel sentirlo quasi fresco in confronto alla temperatura torrida che circonda
ogni cosa.
«Oh, ti
sei svegliato».
Una voce
gli ferisce le orecchie, esuberante a livelli eccessivi per il suo udito al
momento troppo sensibile. Riconosce subito la persona che ha parlato, si sono
scontrati spesso sul campo di battaglia ed un’unica volta nel tendone di
Ogiwara, dove entrambi si sono guadagnati un sonoro pugno in faccia per essersi
attaccati in “zona neutrale”.
«Kiyoshi
Teppei» sospira, reprimendo l’impulso naturale di aggredirlo. Il suo istinto
gli urla di immobilizzarlo, renderlo inoffensivo e poi ottenere delle
spiegazioni convincenti, tuttavia il suo corpo non sembra essere molto
d’accordo con lui, ancora troppo frastornato per poter portare a termine con
successo un attacco, può solo tenere alta la guardia e preservare le poche
energie che è riuscito a recuperare.
«Kagami»
risponde, sorridendo, «Scusa per l’improvvisata, la nostra stratega tende a
farsi prendere la mano».
Gli
sembra un completo idiota, ma è pur sempre un idiota che è stato in grado di
prenderlo alla sprovvista, quindi decide di non abbassare la guardia, «Cosa
vuoi?»
«Che tu
ti unisca a noi».
La
risposta è tanto diretta che Kagami non riesce a capacitarsene e rimane a
guardare l’altro per diversi secondi, con in viso stampata un’espressione quasi
ebete. «Che?»
«Che tu
ti unisca a noi. Il Comandante Supremo ti ha rispedito a casa, giusto? E poi il
tuo atteggiamento verso questa guerra è fin troppo chiaro, tu vuoi che finisca
ma non con lo sterminio degli Ishvalan. Puoi tornartene a casa e fare finta di
nulla o schierarti dalla nostra parte e dimostrare qualcosa a quell’arrogante
di Akashi Seijuurou» spiega Teppei, senza smettere di sorridere, determinato.
Taiga non
può negare a sé stesso che quella proposta sia davvero allettante, ma ancora
una volta la sua testa viene invasa dal ricordo delle parole di Tetsuya. Non ti conviene sfidarlo, è una battaglia
che non puoi vincere.
Sa che
Kuroko non l’ha detto con cattiveria, ma ciò non gli impedisce di provare un
moto di fastidio nei confronti dell’Alchimista di Ghiaccio.
“Non posso vincere, eh?” pensa, mentre un
sorriso deciso, pari a quello di Kiyoshi, gli fiorisce sulle labbra, “E se non fossi il solo a combattere?”
[…]
Kise è
davvero sul punto di mettersi a piangere per la disperazione – l’ha cercato ovunque, maledizione! Ovunque!
– quando finalmente le sue iridi dorate si posano sulla figura dell’Alchimista
di Ghiaccio, seduto su una roccia intento a sfogliare un libro di piccole
dimensioni.
«Kurokocchi!»
trilla, correndo nella sua direzione, sollevato. Si dice che se si trova lì a
leggere tranquillo significa che l’unico motivo per cui Daiki non è stato in
grado di trovarlo sia stata davvero la sua scarsa presenza, quindi non sa nulla
di Kagami e di un possibile suo tradimento.
Le
sopracciglia del più piccolo si aggrottano appena, per poi spianarsi subito;
con un sospiro leggero Kuroko mette tra le pagine il segnalibro e infine alza
lo sguardo verso Ryouta.
«Kise-kun.
Non ci vediamo da un po’ di tempo».
L’Alchimista
Specchio è tentato di far notare all’altro quanto sia riduttivo definire “un
po’ di tempo” ben cinque anni, ma decide di soprassedere; la priorità assoluta
è portare Kuroko da Akashi e dimostrare quindi la sua innocenza.
«Kurokocchi,
Akashicchi ti sta cercando, ti accompagno da lui~» dice, quindi, afferrando il
ragazzo per un braccio e trascinandoselo dietro, ignorando le sue flebili
proteste.
«Sono in
grado di camminare da solo».
«Lo so,
ma così è più divertente~» mente. La verità è che l’idea di Kuroko dalla parte
opposta del campo di battaglia in un certo senso lo spaventa; ha paura che se
lascerà la presa sul suo polso, Kuroko sparirà dalla sua vista – come già
successo innumerevoli volte – solo per ricomparire al fianco di Kagami, che
magari si è davvero alleato con il SEIRIN.
È solo quando
giungono da Akashi che Kise si decide a liberare il polso di Kuroko dalla morsa
in cui le sue dita l’hanno costretto.
Stanno
per mettersi entrambi sull’attenti, ma Akashi li interrompe con un cenno
imperioso della mano e li invita a sedersi.
«Tetsuya,
dove sei stato?» chiede Seijuurou, senza mezzi termini. Lo guarda negli occhi,
imponendogli di non abbassare lo sguardo; se Kuroko dovesse mentire, lui se ne
accorgerebbe subito.
«Posso
sapere il perché della domanda?» si azzarda a chiedere l’alchimista. Non è
saggio eludere un quesito del Comandante Supremo, ma avverte nell’aria
un’atmosfera che non gli piace. Sorregge lo sguardo dell’altro senza problemi,
anche quando una scintilla di pericolo li attraversa, segno che, forse, ha
tirato troppo la corda.
«Rispondi»
la voce di Akashi resta calma, tuttavia Tetsuya decide che la scelta più saggia
sia prima accontentarlo e solo in seguito pretendere spiegazioni.
«Mi sono
recato all’unità a cui sono stato assegnato, la squadra ricognitiva Rakuzan, per ricevere ordini. Mayuzumi-san mi ha detto che
per la giornata di oggi potevo stare a riposo, quindi ho cercato un posto
tranquillo per leggere» spiega, decidendo di omettere la visita a Shigehiro. È
la prima volta che tiene nascosto qualcosa ad Akashi e la cosa gli mette
addosso un po’ di agitazione, che riesce comunque a mascherare dietro la patina
inespressiva di cui sono pregni i suoi occhi.
«Daiki ti
ha cercato e non ti ha trovato».
«Con
tutto il rispetto, Aomine-kun non è in grado di trovarmi se non è ciò che
voglio io».
«E non
volevi?»
«Non amo
essere interrotto mentre leggo».
«Però Ryouta
è riuscito a rintracciarti» nota Akashi, con un sorriso per nulla rassicurante
sulle labbra.
E’ ovvio
che il Comandante Supremo stia cercando di coglierlo in fallo, ciononostante
Tetsuya non riesce a fare a meno di sentirsi molto offeso da quei tentativi
tanto semplici da raggirare. Gli sembra che Akashi lo stia sottovalutando.
“O forse confida nel fatto che io non sia in
grado di mentire. Prima di Briggs sono stato per tre anni ad East City con
Hanamiya-kun, in fatto di menzogne ho avuto un ottimo insegnante”.
«Kise-kun
ha uno spirito di osservazione molto più acuto rispetto ad Aomine-kun»
risponde, tranquillo.
Con la
coda dell’occhio vede l’Alchimista Specchio annuire con vigore, «E poi sono
passato di lì almeno tre volte prima di riuscire a vederlo!» si affretta a
dire, guadagnandosi due occhiatacce gemelle sia da Akashi che da Kuroko.
Se Akashi
trova inammissibile che qualcuno in sua presenza parli senza essere
interpellato, Kuroko è semplicemente preoccupato per il fatto che la frase
pronunciata da Ryouta possa andare a suo sfavore anziché aiutarlo. Non capisce
del tutto la situazione, ma ormai è chiaro che qualcuno deve aver fatto
qualcosa di male e che i sospetti siano caduti su di lui.
«Quindi
le precedenti volte in cui sei passato, Tetsuya poteva essere lì con la sua
scarsa presenza così come poteva non esserci affatto» commenta Seijuurou, «Temo
che al momento attuale sia impossibile scoprire quale delle due affermazioni
possa essere veritiera. Innocente fino a
prova contraria, Tetsuya».
«Posso
sapere di cosa sono accusato?»
«Ho
ordinato a Taiga di tornare a Briggs, ma è sparito senza lasciare tracce. Sono
sicuro che si sia alleato con il SEIRIN» spiega Akashi, osservandolo con
attenzione, in attesa di scorgere una sua reazione. Il viso di Tetsuya,
tuttavia, resta inespressivo.
«Chiedo
scusa, ma in tutto questo io cosa c’entro?»
«Da ciò
che mi risulta, tu e Taiga siete molto legati.
Al momento della sparizione anche tu eri introvabile, quindi c’erano grosse
probabilità che lui ti avesse reso partecipe delle sue intenzioni e che tu
avessi deciso di seguirlo».
«Permettimi
di dire che una deduzione del genere è molto offensiva nei miei confron–»
«Eppure
sei stato tu a fare irruzione nel mio ufficio a sostenere quanto questa guerra
sia inumana, sbaglio? Se non vuoi che
si sospetti di te in situazioni del genere, dovresti imparare a dosare con più
attenzione le parole che dici» lo interrompe Akashi, sorridendo con spietato
divertimento.
Per quasi
un minuto nessuno apre bocca.
«Be’»
esordisce Seijuurou e qualcosa nella sua voce alleggerisce subito l’atmosfera,
sembra che perfino quella non possa far altro che piegarsi al volere del
Comandante Supremo. «Tetsuya, Ryouta, lascerete le vostre rispettive squadre e
vi dedicherete solo alla ricerca del SEIRIN e di Kagami Taiga. Se risulterà
davvero alleato con loro, avete l’ordine di ucciderlo».
I due
alchimisti si guardano per un istante ed entrambi capiscono il vero significato
dietro alle parole di Akashi. L’unico motivo per cui la ricerca è stata
affidata anche a Kise è per tenere sotto controllo Kuroko e, in caso sia
davvero intenzionato a tradirli, eliminare anche lui.
Entrambi
decidono di non prestare attenzione, al momento, a quel sottinteso.
«Akashi-kun,
la mia alchimia è quasi del tutto inutile qui, l’ambiente è troppo secco» nota
Tetsuya con la voce priva di una qualsiasi inflessione.
Il
Comandante Supremo annuisce appena ed estrae dalla tasca due piccole sfere di
un rosso tanto brillante da sembrare fatte di sangue, «L’avevo preso in
considerazione» dice, porgendone una a Kuroko e l’altra a Kise.
«È ciò a
cui stava lavorando Midorimacchi?»
«Sì. La
Pietra Filosofale potenzierà la vostra alchimia e vi consentirà di ignorare lo
Scambio Equivalente» spiega Akashi con un lieve sorriso soddisfatto sulle
labbra. Seijuurou è a conoscenza del fatto che Shintarou stia lavorando per
creare la Pietra senza bisogno di sacrifici umani, nonostante sappia già quanto
sia inutile, ma a lui va bene così; non gli importa se la strada per
l’onnipotenza è tracciata dal sangue di persone che non valgono neanche il
suolo che calpestano.
Tetsuya
osserva la sfera, diffidente, non osando neanche toccarla. «Lo Scambio
Equivalente non può essere ignorato, è alla base di tutto ciò che studiamo e di
tutto ciò in cui crediamo. Come ha fatto Midorima-kun a raggirarlo?» domanda,
guardando apertamente Seijuurou.
Non gli
giunge risposta, quindi si sente più che legittimato ad insistere, «Chi ha pagato il prezzo per le
trasmutazioni che verranno fatte con questa pietra?»
«Tetsuya,
basta».
«No.
Sappiamo tutti qual è il costo per trasmutazioni tanto potenti e voglio sapere
chi–»
Una lama
affilata si allunga dal palmo di Seijuurou e si conficca a poco meno di un
centimetro dalla testa di Kuroko, imponendogli di tacere all’istante. Lo
sguardo del Comandante Supremo è fin tropo chiaro, la prossima volta non
mancherà il bersaglio.
«Il tuo
lavoro non prevede il fare domande. Impara a stare al tuo posto».
Death Note: Ed
eccoci al secondo capitolo! Qui le cose cominciano a prendere forma, Kagami ha
preso la sua decisione e Kuroko è ancora parecchio confuso su quale sia la sua
strada. Le parole di Izuki lo mettono ancora di più nel dubbio, ma basteranno a
fargli prendere una decisione definitiva?
Ho assegnato Kuroko al Rakuzan perché… be’, di sicuro non potevo affidarlo al
Seirin x°D Non so, mi sembrava la più adatta, se
proprio devo infilarlo in una squadra diversa da quella che canonicamente è la
sua.
Spero che questo capitolo vi sia
piaciuto e ricordo che le recensioni sono sempre graditissime (dai, non fatemi
supplicare x°).