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Autore: Marss    19/05/2015    2 recensioni
*dalla storia
Appoggio la mia schiena sul suo torace e cerco di riordinare i mille pensieri che mi affollano la mente.
-Cosimo?
-Si?
-Ti amo.
Sorride. -Anche io, da morire.
Detto questo, ci addormentiamo insieme.*
Milano. Alice 17 anni, Cosimo 31. Alice ha una grande passione per il mondo rap, e Cosimo ne fa parte. Alice e Cosimo, due persone diverse, che in comune hanno la voglia di amarsi.
Questa, è la loro storia.
Recensioni sempre gradite!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Mi rigiro ancora tra le coperte. Il suo profumo, rimasto impresso nel cuscino, continua a tormentarmi. Il sole è ormai alto nel cielo, illumina completamente la stanza, ma io non riesco a trovare la forza di alzarmi. Mi bruciano gli occhi, già immagino le profonde occhiaie che sicuramente mi solcano il volto. Ho dormito davvero pochissimo questa notte, continuavo a fare incubi e più di una volta mi sono svegliata di soprassalto, grondante di sudore e terrorizzata.
A fatica mi libero delle lenzuola e mi metto a sedere, guardandomi attorno. Le cose di Cosimo sono sparse per tutta la stanza, vestiti e costumi sono buttati in ogni angolo. Sento gli occhi inumidirsi per l’ennesima volta, ma non ho voglia di piangere, non più. Decido di alzarmi, mi butto addosso una delle magliette del mio ragazzo e scendo, trovando gli altri in veranda a fare colazione.
-Buongiorno tesoro- esclama Simona appena mi vede, venendomi incontro e abbracciandomi forte
-Non è rientrato, vero?- mi domanda cauto Joe, seduto al tavolo
-No… e a voi non ha scritto nulla immagino…
-Negativo- risponde Jack. –Forza, vieni a mangiare! Hai una faccia che fa spavento!
Sorrido, in effetti non devo avere proprio un bell’aspetto. Non ho fame, ovviamente, ma mi sforzo di ingoiare almeno qualche biscotto e un caffè, per cercare di svegliarmi.
Dopo aver fatto colazione mi accoccolo su una delle sdraio a bordo piscina, gli occhi fissi sul telefono. Continuo a chiamare Cosimo, ma ha il cellulare staccato, così gli lascio mille messaggi in segreteria. Jack e Alberto fanno la stessa cosa, chiamando ogni due minuti l’amico.
-Raga, spiaggia?- propone J A
-Io resto qui. Voglio vederlo tornare a casa- dico, senza staccare gli occhi dal cellulare
-Ali, continuare ad angosciarti non porterà a nulla. Vedrai che sta bene, si sarà addormentato in qualche locale e tra un paio d’ore al massimo ci raggiungerà in spiaggia.
Simona mi affianca, accarezzandomi affettuosamente un braccio
-So che è difficile, tesoro, ma J A ha ragione. Restare qui a fissare il telefono non cambierà la situazione. Siamo tutti preoccupati, ma le cose ormai non possono cambiare.
Mi sento come un macigno sul petto. L’ansia per Cosimo mi sta uccidendo, continuo ad avere la sensazione che gli sia successo qualcosa.
-Non so ragazzi, ho un brutto presentimento…
-E’ normale, siamo in ansia anche noi!- mi dice Jack. Insieme a me sembra essere quello maggiormente preoccupato, forse perché lui e Cosimo sono migliori amici da una vita.
-Dai, andiamo, ci facciamo un bagno rinfrescante e poi torniamo a controllare!- esclama J A, tendendomi una mano per aiutare ad alzarmi.
Preparo velocemente l’occorrente e raggiungo gli altri, continuando a voltarmi verso la villa per tutta la durata del tragitto.
 
-Vado a fare un giro- annuncio, un’oretta più tardi. I ragazzi si erano fiondati in mare appena avevano toccato la sabbia bollente, proprio come dei bambini. Io e Simona eravamo rimaste a guardarli dalla riva, ridendo. In effetti, stare con loro mi faceva bene. Avevo ancora quella brutta sensazione addosso, ma ridere per le loro stupidate faceva sembrare quel peso un po’ più leggero.
-Vuoi compagnia?- mi chiede subito Simona
-No tranquilla, vado da sola.
Mi avvio lentamente verso il bagnasciuga, affondando i piedi nell’acqua fresca e guardando l’orizzonte, schermandomi gli occhi dal sole con una mano. Lascio correre il flusso dei pensieri, non provo nemmeno a fermarli. Mentre cammino nell’acqua bassa ripenso ai mesi trascorsi con Cosimo. Ripenso alla sera in cui ci siamo conosciuti, alla nottata passata insieme in quel motel. Alle farfalle nello stomaco che ho sentito quando mi ha scritto il suo numero sul braccio, il mattino seguente. Alle cene fuori, alle serate con i miei amici e a quelle con i suoi, quando ha cominciato ad inserirmi nel suo gruppo, quando mi ha presentato i ragazzi che considera la sua seconda famiglia. Alla magnifica notte a casa sua, quando abbiamo fatto l’amore per la prima volta. Quello è stato il momento in cui ho capito di amarlo davvero, nonostante fossero passati appena pochi mesi. Ripenso alle giornate passate insieme, a giocare con la Play nel suo appartamento, a quando è venuto a casa mia e ha sfidato il mio fratellino. A quando abbiamo organizzato le vacanze, sognando di passare insieme ogni secondo. A tutte le volte che abbiamo fatto l’amore qui in Sardegna. Ai forti sentimenti che sento di provare per lui. Tra le sue braccia mi sono sentita per la prima volta nella mia vita a casa, non sono mai stata così bene con un ragazzo.
Mentre sono immersa in questi pensieri, sento una voce chiamarmi alle mie spalle. Mi volto, anche se ho già riconosciuto il proprietario.
Andrea mi corre in contro, agitando la mano per farsi notare in mezzo alla marea di gente che popola la spiaggia.
-Ali! Ho provato a chiamarti un sacco di volte prima!- dice, appena mi è vicino. In effetti avevo sentito ogni singola chiamata, ma avevo lasciato squillare il telefono a vuoto. Non ho assolutamente voglia di parlargli, sono troppo arrabbiata con lui. Non riesco a fare a meno di ritenerlo colpevole, se Cosimo è sparito è colpa sua e del suo stupido gesto.
-Sì, ho visto- dico, con tono indifferente
-Volevo… ecco io…- comincia, balbettando.
Lo guardo accigliata, sbuffando. L’ultima cosa che voglio è stare qui a perdere tempo con lui.
-Volevo scusarmi per ieri sera. Non so cosa mi sia preso, davvero! Insomma, avrai sicuramente capito che mi piaci, ma sono perfettamente consapevole che ami Cosimo. Non volevo rovinare le cose tra voi, ero ubriaco e non ragionavo più. Mi dispiace davvero- dice tutto d’un fiato, tenendo gli occhi incollati a terra.
Le sue scuse, in realtà, non mi toccano granché. Ormai il danno è fatto e lui non può certo sistemare le cose tra me e Cosimo.
-Già, beh direi che è un po’ tardi. Potevi pensare a queste cose ieri sera, prima di baciarmi.- dico, impassibile
-Lo so, e mi dispiace da morire, lo giuro. Fammi parlare con Cosimo, voglio spiegargli la situazione, non deve assolutamente prendersela con te.
-Cosimo non è in spiaggia con noi. – pronunciare quelle parole mi fa tornare l’ansia per il mio ragazzo. Chissà dove si è cacciato…
-Ah.- dice, leggermente deluso. –comunque, Ali, vorrei davvero che tu riuscissi a perdonarmi.
-Non so se riesco, Andrea. Soprattutto perché con il tuo gesto hai rovinato le cose tra me e Cosimo, non so se riuscirà a tornare tutto come prima.
-Non volevo, davvero.- sembra seriamente dispiaciuto. Continua a guardarsi attorno, imbarazzato, cercando di evitare per quanto possibile il mio sguardo.
Resto a fissarlo in silenzio, valutando la situazione. Continuare a tenergli il muso migliorerà le cose? Probabilmente no. Anche perché non riesco a restare arrabbiata a lungo con le persone, qualunque cosa abbiano fatto.
-Va beh, diciamo che potrei valutare la tua richiesta di scuse…- dico, abbozzando un sorriso.
Andrea solleva finalmente lo sguardo, scoppiando a ridere e stringendomi in un forte abbraccio, sollevandomi da terra.
-Grazie, grazie, grazie, grazie!- continua a sussurrare nel mio orecchio, tenendomi stretta. Mi irrigidisco leggermente, così mi lascia andare, facendomi toccare nuovamente il terreno.
-Devo tornare dagli altri, ma sono contento che mi hai perdonato. Spero di potervi rivedere in questi giorni…
-Dubito che Cosimo vorrà vederti! Ma ci teniamo in contatto, al limite ci vediamo a Milano!
Lo saluto con la mano e lo osservo allontanarsi, pensando che, dopo tutto, gli voglio ancora bene. Lo conosco da una vita e so che non riuscirei a tenergli il muso troppo a lungo. Passeggio ancora una manciata di minuti, poi faccio ‘dietro front’ e mi avvio verso il nostro ombrellone. Quando raggiungo gli altri, noto immediatamente che qualcosa è cambiato. Sono tutti seduti vicini sulle sdraio, confabulano tra loro a bassa voce, guardandosi attorno con un’aria strana. Simona si copre la bocca con una mano, le guance rigate dalle lacrime.
L’ansia mi assale e la terribile sensazione che mi aveva accompagnata per tutta la mattina torna a farsi sentire. Mi avvicino velocemente, in silenzio, provando a percepire qualcosa della loro conversazione
-Come facciamo a dirglielo? Darà i numeri!- sussurra Jack agli altri
-Non possiamo tenerglielo nascosto, è il suo ragazzo!
-Giusto, ha il diritto di sapere- concorda J A
Di che stanno parlando?
-Ho il diritto di sapere cosa?- chiedo, spuntando alle loro spalle. Li vedo sussultare, Simona mi guarda disperata, continuando a piangere.
-Ecco… - comincia Alberto, guardandomi con compassione.
-Vieni, siediti – J A si alza e mi fa accomodare sulla sdraio, sedendosi nella sabbia accanto a me.
-Ragazzi che succede?- chiedo, sempre più preoccupata. Questi continuano a guardarsi l’un l’altro, probabilmente cercano di mettersi silenziosamente d’accordo su chi deve cominciare a parlare –qualcuno vuole cortesemente degnarsi di spiegarmi?
-Ali, hanno chiamato dall’ospedale di Alghero.- dice Jack tutto d’un fiato.
Non capisco, l’ospedale? Che centra l’ospedale? Notando la mia faccia perplessa, Jack continua
-Abbiamo parlato con un’infermiera, ci ha dato solo poche informazioni visto che non siamo suoi parenti… che poi, che stronzata è mai questa? Insomma, siamo suoi amici! Siamo la sua seconda famiglia, dovrebbero dirci cos’ha senza fare troppe storie!
-Jack!- urlo, esasperata –Puoi smetterla di divagare e arrivare al punto?- inconsciamente so già quello che il ragazzo sta per dire, ma ho bisogno di sentire quelle parole uscire dalla sua bocca
-Cosimo ha avuto un incidente. Pare abbia perso il controllo dell’auto, andava troppo veloce ed è finito contro un albero. Ora è in terapia intensiva, le sue condizioni sono molto gravi.- interviene J A in aiuto dell’amico. Guardo i due ragazzi, poi cerco lo sguardo di Simona, come conferma. I suoi occhi sono ancora pieni di lacrime, riesce a stento a trattenere i singhiozzi. Joe la stringe forte, accarezzandole la schiena. Alberto si è avvicinato a Jack e J A, le mani sul viso e lo sguardo affranto.
Rimango immobile, completamente spiazzata. Sono confusa, ho la mente annebbiata, continua a balenarmi davanti agli occhi il momento in cui Cosimo è salito in macchina ed è partito a tavoletta, ieri sera. Provo ad alzarmi ma sento le gambe cedermi, sono improvvisamente debole e devo aggrapparmi al braccio di Jack, accanto a me. Tutti mi si stringono attorno, Simona mi abbraccia forte, ma non sento più nulla. Non sento nulla, solo un’enorme voragine nel petto.
-Tutto bene?- mi chiede nell’orecchio, tenendomi stretta. Non annuisco nemmeno, non ne ho la forza. Cosimo, il mio dolce e amato Cosimo. Come può essergli successa una cosa del genere? Come può aver perso il controllo, guida sempre così bene… doveva essere davvero arrabbiato con me. E’ colpa mia, solo colpa mia.
-Voglio vederlo.- dico semplicemente, lo sguardo fisso nel vuoto.
Tutti si alzano e mi danno una mano a fare altrettanto, raccogliendo le nostre cose e dirigendoci nuovamente verso la villa.
Mi cambio come un automa, mi butto addosso le prime cose che mi capitano a tiro, e poi mi precipito in salotto ad aspettare gli altri.
Recuperiamo la seconda auto noleggiata due settimane prima e partiamo verso l’ospedale. Un silenzio pesante cala sopra di noi, nessuno ha il coraggio di dire nemmeno una parola. Guardo fuori dal finestrino, mentre le lacrime continuano ad invadermi le guance. Non provo nemmeno a fermarle, so che sarebbe totalmente inutile.
 
Una ventina di minuti più tardi siamo nel parcheggio. Schizzo fuori dall’auto senza aspettare gli altri e mi precipito nell’ingresso, guardandomi intorno spaesata. I ragazzi mi raggiungono in un lampo, poi J A ferma un’infermiera di passaggio e le chiede informazioni. Pochi minuti dopo, ci ritroviamo davanti alla stanza 307 della terapia intensiva. Il vetro sulla porta è oscurato da un tenda, quindi non riesco a vedere niente. Provo ad entrare, ma un medico mi ferma immediatamente, venendoci incontro.
-Voi siete i parenti del signor Bianchi?- chiede, con voce gentile.
-Io sono la sua ragazza, loro i nostri amici. La prego, mi dica come sta
-Non posso rivelarle nulla signorina, mi dispiace. Posso parlare solo con i parenti stretti del ragazzo…
Scoppio nuovamente in lacrime mentre Jack prende ad inveire contro il medico.
-Jack, per l’amor di Dio calmati!- Alberto prova a tenerlo fermo, mentre Simona e Joe si scusano per il comportamento dell’amico
-Tranquilli, sono abituato a comportamenti del genere…- risponde lui. Sembra un uomo estremamente paziente e gentile, si vede che è abituato a stare a contatto con la gente, non si scompone per nulla di fronte all’esagerata reazione di Jack.
-La prego, solo poche informazioni. Voglio solo assicurarmi che guarirà in fretta, mi sento in qualche modo responsabile- mi metterei in ginocchio pur di ricavare qualche notizia da lui. Lo guardo supplichevole, il viso sicuramente in fiamme e gli occhi umidi di lacrime.
Vedo la fermezza dell’uomo vacillare leggermente
-E va bene! Ma io non vi ho detto niente, intesi?- dice, sorridendo leggermente. Quasi gli getto le braccia al collo! Incredibile come, anche in una situazione del genere, ci siano persone in grado di farti stare un pochino meglio.
-Il signor Bianchi è arrivato in ambulanza questa mattina presto, dopo un grave incidente d’auto. E’ stato trasferito immediatamente in reparto, ha riportato un grave trauma cranico, oltre alla frattura di qualche costola e del braccio sinistro. Abbiamo sistemato le ossa, ma per il momento è in coma farmacologico, per evitare che il cervello si danneggi ulteriormente. Speriamo di poterlo svegliare tra qualche giorno.
Mi copro la mano con la bocca per impedirmi di urlare. Il sorrisino che mi era spuntato prima è svanito, al suo posto sono arrivate per l’ennesima volta le lacrime. Anche gli altri rimangono parecchio sconvolti alle parole del medico, che ci guarda con una nota di compassione.
-Se la caverà, vero? Insomma, lui non può morire, lui è il mio uomo, è tutta la mia vita! Non sta accadendo davvero…- sbiascico, lasciandomi cadere su una sedia nel corridoio.
-Le sue condizioni non sono delle migliori, al momento non mi sento di fare delle previsioni. Dobbiamo aspettare qualche giorno ancora…- dice
Nessuno osa parlare, rimaniamo tutti fermi, lo sguardo fisso nel vuoto. Ho una tale confusione in mente, riesco a formulare un solo pensiero sensato:
-Posso vederlo?- chiedo, rivolta al medico. Sento gli occhi gonfi di lacrime, le guance in fiamme, sono distrutta. Devo fare davvero pena, perché l’uomo cede velocemente, permettendomi di andare. Indosso il camicie verde e la mascherina, divisa obbligatoria nelle stanze della terapia intensiva, ed entro titubante.
 
Cosimo è sempre stato allegro e pieno di vita. La sua risata è estremamente contagiosa, il suo fisico è perfetto, tutto di lui risplende. Ma ora, disteso su quel letto d’ospedale, è spento.
Osservo il corpo del ragazzo che amo disteso sul materasso e coperto da un rigido lenzuolo bianco. Il respiro sembra essere regolare, ma perdo il conto dei tubi che escono dal suo corpo. È collegato a tantissime macchine che emettono un rumore sinistro ed inquietante.
Per un tempo indefinito resto immobile a fissare il suo corpo inerme, senza pensare a niente, senza più nemmeno piangere.
Non può essere successo davvero, non a lui. E’ tutta colpa mia, non avrebbe dovuto finire così, avremmo dovuto completare nel migliore dei modi la nostra vacanza, la nostra vita insieme. Se solo non mi fossi avvicinata ad Andrea, se solo mi fossi accorta prima di quello che aveva intenzione di fare, se solo fossi riuscita a spiegare a Cosimo com’erano andare realmente le cose…
La mia mente è un unico turbinio di rimpianti. Mi siedo rigidamente sulla sedia accanto al letto e lo osservo. Stento quasi a riconoscerlo, con quel camice verde, il gesso al braccio, le fasciature sull’addome e tutti quei macchinari rumorosi. Il sorriso beffardo, quello che tanto amo, è completamente scomparso dal suo viso, che sembra comunque rilassato, quasi sereno.
Mi sembra quasi un bambino addormentato, vederlo in quelle condizioni mi mette i brividi. Prendo la sua mano tiepida e la stringo più forte che posso, sperando che possa sentire la mia presenza accanto a lui.
-Ti amo.- sussurro, mentre le lacrime ricominciano a scorrere sul mio viso. –Ti amo talmente tanto… e mi dispiace, giuro non sai quanto mi dispiace! E’ tutta colpa mia.
La mia voce è rotta da violenti singhiozzi che mi sconquassano il petto. Resto in quella posizione a lungo, il capo chino e la mano stretta nella sua, nella speranza che si risvegli prima del previsto. In cuor mio so che non è possibile, ma non smetto nemmeno un secondo di sperarci. 
-Signorina, l’orario di vista è terminato, mi dispiace.- il medico entra nella stanza, intimandomi ad uscire
Alzo la testa di scatto, fissandolo con gli occhi sgranati. –La prego, mi faccia restare. Non lo lascerò da solo un’altra volta
-Sono davvero dispiaciuto, ma questa volta non posso fare nulla, davvero.
Stringo ancora più forte la mano del ragazzo, rifiutandomi categoricamente di uscire
-Signorina, la prego…- la voce dell’uomo trema leggermente, sento che sta cercando di mantenere la calma e di non sbottare
Continuo a non muovermi, non ho alcuna intenzione di lasciare solo il mio ragazzo. Il medico sospira rumorosamente ed esce dalla stanza. Qualche istante dopo, J A e Joe entrano nella camera, fermandosi sulla soglia ad osservare la scena. Rimangono parecchio sconvolti alla vista del loro amico, ma si riprendono velocemente e mi vengono accanto.
-Ali, adesso dobbiamo davvero andare.- mi dice Joe con tono gentile
Non lo guardo nemmeno in faccia, appoggio la guancia sulla mano tiepida di Cosimo e chiudo gli occhi. Desidero solo essere lasciata in pace, sono stanca e il calore del mio ragazzo è l’unica cosa che riesce a confortarmi.
-Alice.- la voce di J A è impassibile, ma lo ignoro deliberatamente. Spazientiti, i due mi afferrano per le braccia e mi sollevano di peso, trascinandomi fuori dalla stanza
-Lasciatemi! Lasciatemi stare, voglio restare con lui- urlo, infischiandomene della gente che, nel corridoio, si volta a guardarci.
Mi fanno sedere su una sedia di metallo e si parano di fronte a me, impedendomi di alzarmi.
Li guardo in cagnesco, ma non reagisco, accorgendomi solo ora di quanto tutta la faccenda mi abbia prosciugata.
-Mi dispiace, ma non potevamo lasciarti lì dentro, sono le regole.- il tono di J A si è addolcito, si inginocchia di fronte a me e mi posa una mano sulla gamba, stringendomela leggermente in segno di conforto.
Tengo la testa china, gli occhi sono secchi e mi bruciano da morire, faccio quasi fatica a respirare e l’unica cosa che vorrei fare è dormire. Ma so che non appena mi addormenterò Cosimo apparirà nei miei sogni, e mi sento troppo in colpa per poterlo sopportare.
-Forza, torniamo alla villa tesoro. Ti preparo un bagno e qualcosa da mangiare…- questa volta a parlare è Simona.
-Io non lo lascio- è l’unica frase che continuo a sussurrare, senza guardare in faccia nessuno. Non ho alcuna intenzione di lasciare questo ospedale fino a che Cosimo non si sarà risvegliato.
-Alice non fare la stupida, non puoi restare qui!- Jack non risparmia mai i commenti, il suo tono di voce è alto ma visibilmente agitato e preoccupato.
-Io. Non. Lo. Lascio.- scandisco bene le parole, alzando lo sguardo e puntandolo negli occhi di tutti i presenti, affinché capiscano una volta per tutte che sono serissima.
Nessuno mi risponde, si scambiano occhiate dubbiose e preoccupate
-E va bene, resto io con te- dice Simona alla fine, sedendosi accanto a me.
-Restiamo tutti, allora.- dice Jack, accomodandosi a sua volta.
Uno alla volta, tutti i ragazzi si siedono vicino a noi. Restiamo in silenzio per molto, molto tempo, fissando la camera di Cosimo. Ogni tanto qualche infermiera di passaggio ci lancia un’occhiata, ma nessuno di noi ricambia mai gli sguardi.
Cala lentamente la sera, il corridoio si svuota e rabbuia lentamente. Seduti uno accanto all’altro, in religioso silenzio, ci addormentiamo, ognuno avvolto dai suoi pensieri. 
  
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