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Autore: crystalemi    03/01/2009    5 recensioni
[Terzo Posto al contest "Quello che ti viene in mente all'improvviso" indetto da Ghen]
Quando sei un ESP ti accorgi fin da bambino che il mondo è diverso, ai tuoi occhi.Natale 1992, il più brutto della sua vita, decisamente.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Terza classificata al contest "QUELLO CHE TI VIENE IN MENTE ALL'IMPROVVISO" indetto da Ghen



Little Secret
~ X-Mas Story ~



Quando sei un ESP ti accorgi fin da bambino che il mondo è diverso, ai tuoi occhi.
Per esempio, ti accorgi in fretta che quell'alone luminoso lo vedi solo tu, attorno alle persone.
E, anche da bambino, capisci che è meglio non dire nulla: non è una cosa normale, non verrebbe accettata da coloro che tu vedi così strani.
Ma, alla fine, ci si fa l'abitudine, al silenzio. Ciò che veramente strazia è osservare un bambino dall'aura accecante seduto in una sala piena di giochi.
In un ospedale e il giorno di Natale, per di più.
Sorridere dolcemente e invitarlo a giocare con te è quasi una reazione ovvia, logica.
"Carlo? Sei venuto anche oggi?" E' il medico che stupito, ti guarda. Forse non ha mai visto un volontario a Natale.
"Sì dottore... lo faccio volentieri!" aggiungi un candido sorriso.
"Ascolta, quel bimbo è qui perché il fratello sta male. Fallo divertire un po': ha nemmeno due anni ma sembra aver capito tutto..." Quell'uomo si incupisce un attimo e poi torna al suo giro. E tu al bimbo.
Ti piace pensare che potrebbe essere come te. Sì, anche lui sa cosa c'è di diverso.
Ma è piccolo, non potrebbe esserne in grado... scuoti la testa, tristemente.
Non può e basta.
Sarebbe troppo bello, altrimenti, no?
"Come ti chiami?" domandi dolcemente. Dovrebbe saper parlare, no?
Ma il piccolo scuote il capo. Forse non ne ha voglia, ti rassicuri, nascondendo la delusione con un occhiolino e il tuo nome.
Però giocando un dubbio va verso la certezza.
Forse non può parlare. Non ha voce.
Eppure avresti detto che un bimbo così dolce di certo possedeva una voce splendida.
Candida, come la neve fuori dai vetri dipinti.
Lo osservi disegnare: ha i capelli dorati e degli occhi azzurro brillante, la pelle pallida e il nasino piccolo.
E' paffutello, ti ricorda i bimbi delle pubblicità: è perfetto.
"Si chiama Matteo" Ti giri verso la porta della saletta: una donna dai brillanti capelli rossi è stancamente appoggiata ad un muro, mantenendo nonostante tutto una certa regalità. Ma sono gli occhi che ti catturano: come quelli del piccolo ma spenti. Tristi.
La donna emana un'aura davvero banale. Né pura né sporca, come ne vedi tante... se puoi vederle, ovviamente.
"E' un bel nome." Ribatti pacato guardando il bambino annuire al suo nome.
"Sì. Andiamo Matteo. Saluta." Quella donna ti irrita. Come può un'anima tanto pura esser nata da una simile scocciatura?
Però lui ti prende la mano e ti fa abbassare. Un leggero bacio si stampa sulla tua guancia.
Rimani sorpreso, incredulo. Però pacatamente sorridi e gli metti nelle manine una stecca rossa e bianca, classicamente natalizia.
Lui la stringe e la mostra alla madre che ti sorride e ringrazia, perdendo per qualche attimo la sua aria di superiorità.
Li osservi andar via, e non sai ancora se quel bimbo era un angelo o un ESP.

"Che mal di testa... ho avuto un'altra visione..." gemette un ragazzo dai capelli rossi e scompigliati, alzandosi di malavoglia dal letto.
Stavolta però ho capito di cosa trattava...
Meditabondo si alzò dirigendosi verso il bagno del piano.
Natale 1992, il più brutto della sua vita, decisamente.
Andando a casa quella sera, i suoi genitori avevano avuto un incidente.
L'unico sopravvissuto era lui. Nemmeno una settimana dopo era morto suo fratello.
In generale, il peggior periodo della sua vita.
Frizionò i capelli con una leggera rabbia. Se ci ripensava gli veniva da urlare.
Dopo la doccia, colazione e poi ospedale!, si disse cambiando repentinamente discorso mentale.
In un certo senso, era la prima volta che andava in ospedale durante le feste.
E a dirla tutta, aveva rimesso piede lì dentro solo quell'anno. Precedentemente, si era rifiutato anche solo di sentirne parlare.
Aveva odiato stupidamente gli ospedali per una vita, questo fino a quando, in settembre inoltrato, il suo compagno di stanza lo aveva trascinato lì.
Ma la parte bella era stata sentirsi dare del volontario!
Non che odiasse le persone tristi, nonostante lo rattristassero senza saperlo, ma era proprio il posto a dargli la nausea.
Forse i suoi poteri potevano c'entrare qualcosa. Anzi, di sicuro metà della colpa era loro.
E c'è chi li vorrebbe! Credo che le mestruazioni delle donne non siano nulla a confronto!, pensò seccato attardandosi sotto il getto bollente dell'acqua.
In ogni caso, non aveva fretta: il dormitorio era vuoto.
"Andiamo, è Natale!" Disse ad alta voce solo per sentir parlare. Si stava cominciando a sentire vagamente solo...
Uscì dalla doccia e si guardò allo specchio. Delle iridi di un azzurro innaturale lo salutarono tristemente. La pelle ancora lattea e vellutata come quando era bambino era ora arrossata per il calore e i capelli... non si era mai pentito per averli tinti. Certo, quel biondo dorato era splendido ma... voleva sentirsi almeno un po' vicino alla sua famiglia. E loro avevano tutti i capelli rossi.
Suo padre rosso carota, sua madre rosso sangue, suo fratello rosso cupo. Ancora si chiedeva per quale motivo lui fosse nato biondo.
Alla fin fine stava bene anche così.
Annuì deciso e indossò l'accappatoio e con naturalezza uscì dal bagno, diretto in camera.
Si vestì velocemente e mise il camice in uno zainetto, chiudendo poi la porta alle sue spalle con due giri di chiave.
Scese le scale e andò direttamente in cucina: la mensa di certo era chiusa!
"Ciao Matteo, come va? Buon Natale!" chiese sua zia. Era il capocuoco. Afferrò una mela e sorrise.
"Bene, Auguri anche a te! Starò in ospedale tutto il giorno, salutami gli altri!" La donna annuì e gli diede un piccolo bacio sulla fronte.
Rispettava la sua scelta di non festeggiare. D'altronde, sua sorella e il marito erano morti proprio quel giorno...
"Non ti affaticare troppo, ok?" si raccomandò dolcemente, fissandolo uscire con la giacca in spalle.
Andare fino in ospedale era stato tranquillo. La metro era vuota, così come le vie che aveva percorso.
Ma a lui non importò. Stava comunque bene.
Sì, quell'anno era in pace con se stesso.
Niente rabbia, pianti isterici... nulla.
Si sentiva malinconico, sì, ma era solo un vago senso secondario che gli aleggiava attorno senza realmente disturbarlo.
Non si chiese troppo a lungo il motivo del suo benessere.
Sentiva che quel giorno sarebbe accaduto qualcosa di speciale e lui difficilmente sbagliava.
In ospedale si perse a cercare il medico ma non ne fu in grado.
Non aveva nulla da fare, quel giorno.
La pediatria era vuota - fortunatamente - e in medicina dormivano tutti.
"Tu sei...?" Gli chiese una voce alle spalle. Sobbalzò. Era certo che qualcuno gli fosse dietro ma quella voce l'aveva colpito.
Era clada, familiare in un certo senso.
Eppure non ricordava chi fosse il possessore.
Era un uomo alto, capelli e occhi castani, un sorriso di circostanza, il camice bianco e un cartellino che recava scritto "Dr. Annoni".
"Sono un volontario" Disse muovendo faticosamente gli angoli della bocca verso l'alto.
Come poteva non riconoscere il possessore di simile voce?
"Ok, dammi una mano con dei documenti. Oggi non c'è nulla da fare, per fortuna. Burocrazia a parte, ovvio!"
Il medico sulla trentina lo guardò curioso e lui annuì soltanto, seguendolo poi quando quello lo condusse in chirurgia.
"Come ti chiami, ragazzo?" Domandò l'uomo e un leggero mal di testa colpì il rosso.
"Matteo Donelli" mugugnò.
L'uomo seduto ora davanti a lui lo guardò stupito.
"Tu pensa. Anni fa - ma parlo di davvero quasi una vita fa! - incontrai un bimbo con quel nome. Arrivò qui dopo un incidente."
Matteo sgranò gli occhi...
Impossibile. Nessun medico era così quando era bambino.
"Comunque, ricordo che i medici parlavano di una specie di miracolo... penso riguardasse la voce. Non rammento altro."
Il rosso continuò a fissare sconvolto l'uomo.
Cazzo sì... quella volta era veramente stato un miracolo. Durante l'incidente lui aveva acquisito la voce!
Ma quel medico era troppo preso dalle carte per accorgersi di quel ragazzo che respirava a fatica.
Era sconvolto. Aveva capito.
"Carlo?" Chiese timidamente, leggermente spaventato.
Lui era stato la prima persona che l'aveva capito, gli era stato vicino quando suo fratello stava male e poi quando lui aveva perso i genitori.
L'aveva coccolato per giorni e giorni...
Non l'aveva davvero riconosciuto...
L'uomo alzò il volto al suo nome e lo guardò scettico.
"Come sai il mio nome?" chiese irritato. Matteo si zittì e scosse il capo più volte.
"Io... nulla, non riesco a capire cosa devo scrivere in questo spazio qui" disse indicandogli sul foglio uno spazio vuoto in cui sapeva già andava il codice del farmaco.
Il Dottore scrollò le spalle e gli mise davanti una confezione vuota da cui copiò per l'ordine. Pochi secondi dopo lo invitò a cena per ringraziamento.
Matteo accettò e si chiese se glielo avrebbe mai detto, il suo piccolo segreto. Forse... più in là... perché no?



Postfazione: Non ne sono pienamente soddisfatta. Doveva finire in altro modo ma vabbeh, è carina lo stesso. Forse troppo corta, ma le mie oneshot sono sempre troppo rapide.


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