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Autore: ladyAmaryllis    19/05/2015    0 recensioni
Magari avrete letto e sentito mille storie simili a questa: una ragazza normale, con una vita normale, improvvisamente viene a conoscenza di un mondo che credeva esistesse solo nei film. La storia di Emily è una storia d'amore, ma anche di guerra; è una storia sul capire la differenza tra bene e male, sul commettere degli errori e imparare da essi. In fondo è solo la storia di come una ragazza diventa donna, in un mondo più complicato di quello che sembra.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Mio padre tornò quella sera, ma ero talmente concentrata a leggere tutte quelle informazioni che avevo trovato su internet che neanche sentii la porta d'ingresso che si apriva e chiudeva. Quando bussò alla porta di camera mia sobbalzai:
«Emy? Sono tornato! Sei lì dentro?». Spensi tutto, misi quello che avevo stampato in un cassetto della scrivania e corsi ad abbracciarlo.
«Scusa non ti ho sentito, ero concentrata su...ehm...una ricerca per letteratura». Chiusi la porta dietro di me e lo seguii giù in cucina.
Mentre lui si metteva il suo grembiule (la cucina era una delle sue passioni) mi sedetti e mi presi un momento per osservarlo: mi aveva sempre stupito quanto poco gli assomigliassi, lui era alto e ben piazzato, i capelli che una volta erano stati castano chiaro ora erano brizzolati, aveva gli occhi scuri e intensi, mi sorrise mettendo in luce qualche timida ruga agli angoli della bocca e intorno agli occhi. Mi aveva sempre detto che ero la copia sputata di mia madre, anche se i miei ricordi di lei erano vaghi.
«Come stai, piccola? Ti vedo sovrappensiero». Mi riscossi:
«Bene, davvero, tutto normale», dissi cercando di fare un'espressione tranquilla. Tutto a posto, papà, ho solo scoperto dell'esistenza di una razza sovrannaturale. Scacciai quel pensiero dalla mia testa, quando sentii il telefono vibrarmi in tasca. Erano una chiamata di Noemi. Oddio mi sono scordata di risponderle al messaggio!
«Pronto Noe?», mi spostai in salotto.
"Emily ma che cazzo! Non ti sei presentata a scuola, non mi rispondi per tutto il giorno, pensavo ti fosse successo qualcosa!"
«No, scusa, non mi sono sentita bene e...», ma non mi faceva parlare, quando si arrabbiava era un fiume di parole, solo che sapevo che aveva ragione.
"Prima mi dici che pensi di aver visto quel Matt trasformarsi in Dio sa cosa e che sei spaventata, poi sparisci per tutto il giorno, guarda Emily se lo rifai...", questa volta fui io ad interromperla:
«Noe non l'avrai mica detto a nessuno? Di quello che ho visto alla festa?»
"No, no, figurati, ma mi hai fatto preoccupare..."
«Perfetto. Non farlo. Non dirlo mai a nessuno, anzi perché da ora in poi evitiamo di parlarne? Ormai sono sicura di essermi immaginata tutto, quindi dimentica quello che ti ho detto, okay? Ora devo andare, è tornato mio padre, scusami se ti ho fatto preoccupare, ci vediamo domani».
Chiusi la chiamata e strinsi il telefono al petto. Mi sentivo così male a mentirle, ma Matt era stato chiarissimo sul non dirlo a nessuno. Come avrei fatto a nasconderle una cosa del genere?
Poi il telefono vibrò di nuovo. Un altro messaggio di Matt: "Mi devo preoccupare?" e una faccina di un lupo. Volevo essere arrabbiata, ma mi scappò un sorriso. Almeno ci scherzava su. Digitai: "Tutto ok. Ho fatto qualche ricerca, ho delle domande. E come cavolo hai trovato il mio numero?!".
Rispose quasi subito: "Un uomo deve pur avere dei segreti. Passo da te e ti chiarisco qualche dubbio?".
Risposi: "Perché ora sai anche dove abito? Lascia stare, non voglio saperlo. Non importa, chiarirai a scuola. Buonanotte", spensi in telefono e decisi di godermi una serata tranquilla con mio padre.
 
 
Sono nel bosco, nella foresta dietro casa mia. Non so come ci sono arrivata. È buio, quindi deve essere notte, ma riesco a vedere gli alberi intorno a me. Alzo gli occhi al cielo: c'è la luna piena. Il cuore comincia a battermi forte. Non è un buon segno, non dovrei essere nel bosco da sola con la luna piena. Mi guardo intorno cercando di trovare la strada di casa, quando lo vedo: una sagoma nera che si avvicina lentamente, senta fare rumore. Sembra che il cuore voglia uscirmi dal petto, guardo in quegli occhi verdi, familiari eppure sconosciuti, cercando di capire se vuole farmi del male, ma quando sento un ringhio basso e primitivo provenire da quella creatura, mi rendo conto che non ho scampo. Come in automatico mi volto e comincio a correre, ma i miei movimenti sono rallentati, è come se mille elastici mi stessero trattenendo, inoltre sono scalza, sento che i miei piedi si riempiono di infiniti piccoli graffi, ma non posso fermarmi, quella bestia è dietro di me, sempre più vicina, posso sentire il suo respiro quasi sfiorarmi la nuca, quando improvvisamente inciampo, e mi ritrovo sdraiata a faccia in giù. Mi volto giusto in tempo per vedere un ombra scura che piomba su di me. Matt, NO!
 
C'era qualcosa che non andava, qualcosa di sbagliato. Sentivo la luce del mattino attraverso le palpebre chiuse, ma proprio non volevo aprire gli occhi. Quel sogno assurdo mi aveva sfinito, era come se avessi dormito su un letto di spine, non mi ero riposata affatto.
Però sentivo freddo, forse avevo lasciato la finestra aperta? Tastai con la mano di fianco a me per cercare le coperte, ma quello che sentii non era il mio materasso, ma cos'era? Foglie?!
Spalancai gli occhi e mi tirai su di colpo, e non potevo credere a quello che vedevo. Mi ero appena svegliata in mezzo al bosco. La calma che sentivo intorno a me, gli alberi immobili, il cinguettare di un uccellino solitario, quasi mi mettevano rabbia. Come ero finita lì? Mi tirai su cercando di calmarmi ma ero terrorizzata, che diavolo era successo? Indossavo ancora il pigiama, possibile che fossi finita lì in un attacco di sonnambulismo? E poi dov'era "lì", dove mi trovavo?
Sentii il respiro accelerare, come se un macigno mi fosse appena caduto sul petto, il cuore batteva a mille e sentivo il panico crescere. Oh no, no, no, non adesso. Mi devo calmare.
Mi accovacciai per terra e misi la testa tra le ginocchia, cercando di fare respiri lenti e lunghi, immaginando un posto sicuro, mi concentrai su mio padre, e dopo qualche minuto riacquistai la calma.
Non sapevo dov'ero, né che ore fossero. Dovevo essere razionale, per prima cosa dovevo cercare una strada, una casa, o qualunque segno di presenza umana.
In lontananza il rumore di una macchina mi fece sobbalzare, mi misi a correre in quella direzione, ignorando il dolore ai piedi scalzi già coperti di graffi. Finalmente tra gli alberi intravidi la strada, la macchina veniva da destra. Senza pensare mi lanciai in mezzo alla corsia agitando le braccia.
Il pick-up nero che mi veniva incontro suonò il clacson e rallentò fino a fermarsi di fianco a me.
«Emily?!», esclamò Chris guardandomi come se avesse appena visto un fantasma.
«Oh, Chris, grazie a Dio sei tu», dissi quasi senza fiato. Corsi dal lato passeggeri e salii in macchina sbattendo la portiera.
«Ma che diavolo ci fai in mezzo alla strada a quest'ora? È successo qualcosa a casa?», disse preoccupato.
«No, no, tutto a posto, davvero. Senti portami a casa e ti spiego, okay?»
«Certo, certo. Mi hai fatto venire un colpo spuntando così dal nulla».
Mi voltai a guardarlo ringraziando il cielo che stesse passando proprio di lì, quando mi resi conto che non indossava la maglietta. Guardai l'ora sul display della radio: le 5 e 37.
«Scusa e tu invece che ci fai in giro a quest'ora? Senza maglietta poi!». Lo vidi arrossire leggermente, toccarsi una lieve traccia di barba sul mento.
«Ero...ehm...da un'amica...». sorrisi tra me e me.
«Tranquillo ho capito, non devi spiegarmi niente».
«Bé tu invece devi spiegarmi un po' di cose, signorina»
«Sì hai ragione, il punto è che non so nemmeno io cosa sia successo. Aspetta no, non portarmi a casa mia, non voglio far preoccupare mio padre, gli manderò un messaggio e mi inventerò una scusa. Possiamo andare da te?»
«Sì forse è meglio», così dicendo fece inversione e ci dirigemmo verso la parte sud della città.
 
Mi era sempre piaciuta casa di Chris: sembrava una vecchia casa di campagna, ed era di una particolare tonalità di blu, completamente in legno, con una bella veranda e un grosso giardino. E mi era sempre piaciuta anche la famiglia di Chris: lui e la sorella minore vivevano con la nonna, anche se non mi aveva mai voluto raccontare la storia dei suoi genitori, ma sapevo che erano morti in un incidente quando era piccolo.
Mentre entravamo cercando di non fare rumore dalla porta sul retro, incrociai le dita sperando che nessuno fosse sveglio, e così fu: salimmo fino alla sua camera al piano di sopra e una volta chiusa la porta mi rilassai.
«Posso usare il bagno? Penso di aver dormito nel bosco, vorrei darmi una ripulita»
«Certo fai pure, sai dov'è l'interruttore della luce. E tieni», mi disse passandomi una delle sue magliette del football, «Mettiti questa, e butta via quel pigiama, è tutto strappato».
Lo ringraziai e procedetti nel bagnetto privato che fortunatamente aveva in camera sua. Mi spogliai e mi infilai nella vasca chiudendo la tenda.
Lo sentii aprire la porta del bagno e alzai gli occhi al cielo:
«Chris che diavolo fai? Non mi sembra il caso!»
«Tranquilla, non guardo, volevo solo chiederti che ti è successo. Emily, va tutto bene?»
Mi rilassai. In fondo eravamo stati in intimità non molto tempo prima.
«Te l'ho detto, non so cosa sia successo. Sono andata a letto ieri sera, tutto normale. Poi ho fatto un sogno stranissimo su...ehm...niente, un sogno molto strano e inquietante in cui correvo nel bosco», dissi insaponandomi i capelli, «E poi mi sono svegliata poco lontano da dove mi hai trovata. Non ho idea come ci sia finita. Forse sono sonnambula», dissi alzando le spalle, anche se non poteva vedermi.
Lo sentii sospirare:
«Emily, baby, è davvero strano. Io ero appena uscito da casa di Rachel quando ti ho trovato, e casa sua è a qualche chilometro dalla tua. Come hai fatto a fare tutta quella strada dormendo
In effetti era inquietante, e ci avrei pensato a tempo debito, ma non volevo coinvolgere Chris.
«E così è Rachel la tua "amica"?», mi misi a ridacchiare, avevo sempre saputo che aveva una cotta per lui, ma era stata abbastanza corretta da tenerselo per sé quando io e Chris stavamo insieme. Spensi l'acqua e allungai una mano fuori dalla doccia per prendere un asciugamano. Sentii Chris tossicchiare e uscire dal bagno, socchiudendo la porta. Lo sentii dire:
«Senti Emily, questa cosa tra me e Rachel...non è proprio di dominio pubblico. E non è neanche niente di serio. So che voleva parlartene lei prima di dirlo a chiunque altro, per correttezza sai...»
Mi vestii in fretta con la maglietta che mi aveva dato e uscii dal bagno strofinandomi i capelli.
Chris mi aspettava seduto sul bordo del letto, guardandosi le mani. Sembrava un cucciolo che qualcuno aveva appena sgridato.
Mi sedetti accanto a lui e sorrisi per tranquillizzarlo:
«Nessun problema, davvero. Sono contenta che io e te siamo ancora amici, ma tra noi è finita da un po'. La cosa non mi da fastidio».
Gli diedi un leggero bacio sulla guancia e lo vidi sorridere.
«Ora», aggiunsi tirandomi su, «Mi serve qualcosa da mettere per andare a scuola».
 
 
Dopo aver svegliato la sorella di Chris e averle chiesto aiuto per i vestiti, ero riuscita ad entrare in un paio di suoi vecchi jeans strappati sul davanti (non avrei mai capito la moda che seguiva quella ragazza) e Chris mi aveva prestato una sua felpa che a lui non stava più, anche se io avevo dovuto tirare su le maniche per non sembrare una bambina nella felpa di suo padre.
Arrivammo insieme a scuola dato che non avevo avuto modo di passare da casa, e per prima cosa incontrai Noemi, che non appena mi vide mi corse incontro lanciando un'occhiataccia a Chris, che ci salutò velocemente e corse alla sua lezione.
«C'è qualcosa che mi devi dire, Emily?», disse Noemi puntami addosso il suo sguardo inquisitore, «Non ci sarai cascata un'altra volta?»
«No, figurati», le risposi prendendola sotto braccio e dirigendomi verso l'aula di letteratura, «Stanotte mi è successa una cosa assurda...», le raccontai del sogno, tralasciando che quella cosa che mi aveva attaccato era Matt, del risveglio nel bosco, di Chris e tutto il resto, e senza rendermene conto eravamo entrate in aula e ci eravamo sedute al nostro solito posto.
Lei mi guardava con la bocca spalancata:
«Emily ma è assurdo!»
«Non so cosa mi sta succedendo, Noe, forse sto impazzendo»
«Oh, tesoro...», disse abbracciandomi. Mi presi un momento per sentire il suo profumo così familiare, e tutto sembrò andare a posto per un secondo. Poi sentii la voce di Matt alle mie spalle:
«Scelta di abbigliamento curiosa, miss Parker», disse con quel suo mezzo sorriso. Volevo dirgli di lasciarmi in pace ma l'entrata del professore mi interruppe, così mi voltai e non gli rivolsi l'attenzione per tutto il resto dell'ora.
E così andò anche il resto della mattina, cercavo di evitarlo parlando con altri o correndo da una classe all'altra al cambio dell'ora, ma arrivata all'ora di scienze non potevo più scappare.
«Allooora», disse sedendosi accanto a me, «Che succede? Mi stai evitando di proposito?».
In effetti era proprio quello che stavo facendo. Quel sogno era sembrato così reale, come una specie di avvertimento, come se il mio istinto stesse cercando di mettermi in guardia da lui. E di solito ascoltavo il mio istinto.
Anche quella volta l'entrata del professor Carlson mi salvò. Mi concentrai su di lui per tutto il tempo, mentre cercavo di eseguire alla perfezione una serie di reazioni. Ma la mia mente girava come una trottola, chiedendomi perché mi succedevano tutte quelle cose strane. Insomma nel corso degli anni ne erano successe un po', come vedere piccole cose che avevo desiderato diventare realtà, o come quella volta che dei parassiti avevano distrutto l'orticello che mia madre teneva in giardino e mi era bastato smuovere un po' la terra per veder rifiorire tutto, ma quella della sera prima era veramente troppo, cosa dovevo aspettarmi per il futuro? Chi poteva sapere cosa mi stava succedendo?
Ma il corso dei miei pensieri fu interrotto dalla mano di Matt sul braccio, che mi fece sobbalzare: di nuovo sentii un brivido come la sera che l'avevo conosciuto e mi aveva stretto la mano, e dallo spavento lasciai cadere la provetta che tenevo in mano, ma non appena toccò terra, mentre si rompeva in mille pezzi, prese improvvisamente fuoco.
Feci un balzo all'indietro e Carlson accorse subito a spegnere quel piccolo incendio, dicendo a tutti di calmarsi e che non era successo niente, ma mentre l'attenzione di tutti era concentrata su di lui, io guardai Matt, e vidi che anche lui mi fissava con uno sguardo indecifrabile. Ma che diavolo sta succedendo?!
 
 
Per tutto il resto della giornata tirai avanti col solo pensiero di poter andare a casa e rilassarmi un po'. Rifiutai l'invito di Noemi ad andare con lei e altri ragazzi al pub dove ci incontravamo di solito, e presi l'autobus per tornare a casa.
Una volta dentro vidi mio padre sul divano che leggeva un libro. Sentendo chiudersi la porta si voltò a guardarmi e mi sorrise:
«Ehi piccola. Quella non è una vecchia felpa di Chris?», disse facendomi l'occhiolino.
«No, cioè sì, la felpa è sua, ma me l'ha solo prestata, non c'è niente tra di noi», dissi sorridendo e avviandomi su per le scale.
«Bé non ci sarebbe niente di male. Lo sai che mi è sempre piaciuto quel ragazzo»
«Sì, lo so. Senti ho avuto una giornata pesante, non cucinare anche per me okay? Penso che andrò a letto presto»
«Come vuoi tesoro», così dicendo rimise gli occhiali e si rituffò nella lettura.
Decisi che rimuginare su quello che era successo non mi avrebbe portato a niente, magari era davvero sonnambulismo, non dovevo fasciarmi la testa cercando spiegazioni assurde. Così cercai di mettermi in pari con i compiti: erano quelle le cose importanti, la scuola era importante, ero all'ultimo anno, e dovevo dare il massimo se volevo entrare in una buona università.
Passai il resto del pomeriggio concentrata sulle reazioni che Carlson ci aveva dato da studiare, ma verso sera la voce di mio padre dal piano di sotto mi interruppe:
«Emily? Puoi scendere un momento?»
«Andiamo pa', ti avevo detto che non volevo cenare...» dissi tra me e me mentre scendevo le scale con passo pesante, ma una volta arrivata in fondo mi bloccai: Mio padre mi sorrideva accanto alla porta di casa, spalancata su un altrettanto sorridente Matt sulla porta. Indossava una semplicissima felpa grigia e dei jeans scuri, eppure riusciva a rendere attraente anche quell'abbigliamento. Lo guardai con aria interrogativa.
«Ciao Emily», disse entrando, «Sono venuto a portarti quella relazione che mi avevi prestato. Robert, è stato un piacere conoscerla», disse rivolgendosi poi a mio padre.
«Il piacere è mio, Matthew. Vi lascio soli, se mi vuoi sono nel mio studio, tesoro», disse superandomi sulle scale. Quando sentii la porta del suo studio che si chiudeva corsi giù quei pochi gradini rimasti e diedi un colpo a Matt:
«Ma che ci fai qui?!»
Lui non perse il sorriso, e iniziò a guardarsi intorno:
«Mi piace casa tua, molto raffinata. Camera tua è di qua giusto?» disse avviandosi su per le scale. Lo seguii correndo, ma si era già infilato in camera e quando entrai era seduto sul letto, completamente a suo agio.
Chiusi la porta dietro di me e mi voltai a guardarlo:
«Non puoi presentarti qui e fare come se fossi il padrone del mondo! E se non volessi vederti?»
Si alzò in piedi e mi venne incontro, facendomi indietreggiare fino a che mi ritrovai con le spalle al muro.
«Emily scusa se te lo dico, ma sei stata un po' insensibile con me»
«Ma di che stai parlando?!»
«Bé io vengo a rivelarti il più grosso segreto che qualcuno possa dirti, una cosa che solo poche altre persone al di fuori del mio branco sanno, ti dico la verità su chi sono, e la reazione che ricevo è di essere evitato? Non ti mentirò, mi hai ferito»
«Te l'avevo detto che avevo bisogno di tempo per metabolizzare la cosa»
«Si ma poi mi hai detto che hai fatto delle ricerche e avevi delle domande da farmi»
Sospirai, e andai a sedermi sul letto. Lui fece lo stesso. Mi morsi il labbro come facevo quando mi sentivo a disagio. Non sapevo se potevo fidarmi di lui, quel sogno mi aveva davvero condizionato, ma in effetti fino a quel momento si era dimostrato un ragazzo come altri, anzi più speciale di molti altri, non mi aveva dato nessun motivo di avere paura di lui. I timori che avevo erano dovuti a pregiudizi miei, ed io non ero mai stata una che cedeva facilmente ai pregiudizi.
Mi feci coraggio e gli raccontai del sogno. Mi ascoltò attentamente, e una volta che ebbi finito mi prese la mano in un gesto così spontaneo che non mi sembrò il caso di fare resistenza. In effetti aveva le mani molto calde, ed era piacevole quel tocco, mi infondeva tranquillità.
«Mi dispiace che questo sogno assurdo ti abbia condizionato, ma, Emily, davvero mi hai evitato tutto il giorno per un sogno? Come puoi pensare che potresti mai ritrovarti in una situazione del genere? Anche se dovessi mai trasformarmi di fronte a te, non potrei mai farti del male», aggiunse fissandomi dritta negli occhi, «Potevi parlarmene subito e avresti evitato di stare in ansia tutto il giorno».
«Lo so hai ragione, mi sono comportata da stupida, ma c'è di più...il fatto è che stamattina...mi sono svegliata davvero nel bosco, a chilometri da qui, e sono andata un po' fuori di testa. Cerca di capirmi»
Corrugò la fronte in un'espressione confusa:
«Bé questo è strano davvero. Ma magari c'è una spiegazione, magari hai solo camminato nel sonno. Saresti sorpresa di vedere cosa riesce a fare la gente mentre dorme».
«Sì hai ragione, non c'è motivo di preoccuparsi, non ci sono altre spiegazioni, no?», chiesi cercando conforto. Volevo solo sentirmi dire che era tutto a posto.
Mi sorrise, e mi bastò. Ritirai la mano e mi andai a sedere sotto il davanzale della finestra:
«Comunque in ogni caso non è carino invadere la casa delle persone senza aver almeno telefonato prima», scherzai. Rise anche lui e si passò una mano nei capelli.
«Hai ragione, forse ho esagerato. Ma prima non stavo scherzando, c'ero rimasto davvero male che mi avessi evitato tutto il giorno. Avevo anche pensato...», disse mordendosi il labbro, cosa che fece accelerare un po' i miei battiti, «visto che sei arrivata a scuola con Williams, indossando la sua felpa...ho pensato che foste tornati insieme, e per questo cercassi di starmi lontana». Mi osservava studiando la mia reazione. Alzai le spalle:
«E se anche fosse? Non vedo come la cosa potrebbe interessarti», lo stuzzicai.
«Oh invece mi interessa, eccome», disse abbassando la voce, e venendosi a sedere accanto a me, «Abbiamo una questione in sospeso, io e te, ricordi?», sussurrò portandosi sempre più vicino.
«Oh...», sospirai col fiato corto, «Ricordo...ma...», balbettai cercando una scusa per non cedere.
«Sì?...», mi esortò lui, sfiorando il mio naso col suo, studiando il mio volto così vicino.
Chiusi gli occhi e appoggiai la fronte alla sua, prendendomi qualche secondo per raccogliere l'autocontrollo necessario. Poi mi allontanai quel poco che bastava per guardarlo negli occhi:
«Senti Matt...», assaporai quel nome, «Stanno succedendo un sacco di cose tutte insieme, e ho avuto una giornata piuttosto di merda. Non vorrei complicare ancora di più le cose, almeno per ora...»
Sorrise e si leccò le labbra, cosa che mi fece pentire per un secondo di quello che avevo appena detto.
«Nessun problema, lo capisco».
Si alzò lentamente e andò a sdraiarsi sul letto, tirando su un braccio dietro la testa e accavallando le gambe.
«Allora, avevi delle cose da chiedermi?»
Mi riscossi e andai alla scrivania a prendere tutti i fogli che avevo stampato il giorno prima, poi mi sedetti a debita distanza e cominciai a bombardarlo di domande.
Passò tutta la sera a chiarire ogni mio dubbio. Mi spiegò che a quanto ne sapeva i licantropi erano sempre esistiti. In passato erano molto più attaccati alla loro identità e molto più crudeli e non curanti di essere scoperti, mentre col tempo si erano adattati alla vita "umana" e tramandavano le tradizioni discretamente. A seconda del territorio si dividevano in branchi, anche se c'era sempre qualche individuo che preferiva trascorrere la vita per conto proprio. Lui proveniva da una lunga stirpe di licantropi, quasi tutta la sua famiglia lo era, tranne qualche lontano zio o cugino che si erano innamorati di umani e avevano deciso di ridurre al minimo i contatti con la famiglia e col branco. Scoprii che in ogni branco c'era un alpha, un capo assoluto che non veniva eletto ma si prendeva la posizione con una lotta o dimostrazione di forza, ma in ogni caso c'era solidarietà tra tutti loro, anche tra branchi diversi, era difficile che si scatenassero lotte interne.
Mi rivelò che la trasformazione era dolorosa, come se ogni osso e muscolo e cellula del corpo si scomponesse per ricomporsi in una nuova forma, e che da lupo ragionava diversamente da quando non era trasformato, più istintivo, ma rimaneva sempre sé stesso. Tranne quando c'era luna piena ovviamente.
Per tutto il tempo rispose pazientemente ad ogni mia domanda, fino a che entrambi cominciammo a sentirci stanchi. Ma io volevo saperne sempre di più:
«Quindi i tuoi sensi sono iper-sviluppati anche quando non sei trasformato?»
«Non esagerare, non sono "iper" sviluppati», disse mimando le virgolette, «però riconosco molto bene gli odori, direi che l'olfatto è il mio senso dominante. Una volta che ho annusato qualcosa mi si imprime nella memoria come una foto, e posso riconoscerla ovunque. Poi come avrai notato la mia temperatura corporea è più alta del normale»
«Sì, l'ho notato», dissi arrossendo un po', «Ma senti, come ho fatto a capire subito che c'era qualcosa di diverso in te?»
«Non ne ho idea. Magari sei solo molto perspicace», disse strizzandomi l'occhio.
Poi si alzò in piedi e si stiracchiò:
«Emily sono molto contento che tu l'abbia presa bene e sia così curiosa nei miei confronti, ma sono veramente distrutto. Alla prossima puntata?», disse aprendosi in un sorriso.
«Un'ultima cosa, per favore. Ripensavo al fatto di non dire niente a nessuno...»
«Sì, non si discute su quello»
«No, certo, lo so. Ma pensavo, se lo dicessi solo ad un'altra persona? Una persona di cui so di potermi fidare ciecamente, e che...», ma non mi fece finire. La sua espressione rilassata e un po' assonnata si fece improvvisamente vigile, e mi inchiodò con lo sguardo:
«No, assolutamente no. Ti ho detto quanto siamo riservati, nessun altro deve saperlo. Ti ho dato tutta la mia disponibilità, sono qui per qualsiasi tuo dubbio, ma nessun altro deve saperlo»
Annuii rassegnata. Avrei dovuto trovare il modo di tenerlo nascosto a Noemi.
Lo accompagnai giù fino alla porta di casa:
«È stato un vero piacere passare la serata con lei, signorina. Spero che riconsideri la mia proposta di riaprire le questioni in sospeso tra noi due»
«Ci penserò», dissi sorridendo. Mi fece l'occhiolino si avviò verso la sua macchina.
Per tutto il tempo che era stato con me, non avevo più pensato a tutte le cose strane che mi stavano succedendo, era come essere stata in una bolla a un metro da terra, lontana da tutto il resto. Forse potevo davvero riconsiderare la sua proposta. 
  
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