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Autore: Cira    04/01/2009    2 recensioni
Creò la sua maschera a poco a poco, con dei colpi leggeri, dipinse il collo, le guance,
la fronte, cerchiò gli occhi con maestria e celò ogni imperfezione che la rendeva comune ad ogni altra donna.
Rifinì le proprie sopracciglia con il carboncino nero e depose sulle proprie labbra un lieve sorriso rosso
carminio che risaltava in tutta quella neve.
Anko adocchiò l'ultimo arrivo ancora piegato tra la carta di riso,
accarezzò la seta blu oltremare ed i vari petali argentati che s'intravedevano lungo le pieghe morbide;
slacciò la corda velocemente, investita da uno strano senso d'euforia e curiosità.

[ Orochimaru x Anko ][Alternative Universe]
Genere: Generale, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anko Mitarashi, Orochimaru
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Hypnosis




Il fumo grigio dell'incenso salì lento aromatizzando l'aria fresca d'una delle stanze del più importante okiya di Kyoto.
La ragazza seguì i vaghi disegni aerei con una certa attenzione prima di intingere minuziosamente il pennello nel pigmento biancastro alla sua destra.
Creò la sua maschera a poco a poco, con dei colpi leggeri, dipinse il collo, le guance, la fronte, cerchiò gli occhi con maestria e celò ogni imperfezione che la rendeva comune ad ogni altra donna.
Rifinì le proprie sopracciglia con il carboncino nero e depose sulle proprie labbra un lieve sorriso rosso carminio che risaltava in tutta quella neve.
Anko adocchiò l'ultimo arrivo ancora piegato tra la carta di riso, accarezzò la seta blu oltremare ed i vari petali argentati che s'intravedevano lungo le pieghe morbide; slacciò la corda velocemente, investita da uno strano senso d'euforia e curiosità.

«Se non ti muovi faremo giorno e non puoi nemmeno immaginare quanto lui odi aspettare.»

La mora si girò verso la ragazza dai lineamenti occidentali vestita da un semplice yukata di bassa qualità.
Tayuya era una rarità per le strade polverose di quel quartiere rinomato in ogni angolo del Giappone.
Era una perla rossa, come i suoi capelli indomabili, affascinante ma proibita visto il nome altisonante del suo padrone che le aleggiava intorno come un muto avvertimento.
La vide scartare il prezioso kimono con gesti meccanici e srotolare l'infinito obi nero, sentì le spalle appesantirsi di colpo, sbuffò, quanto tempo le rimaneva?

«Tayuya... »

«Hmn?»

«Lui... com'è?»

La rossa le gettò uno sguardo accigliato accompagnato da un grugnito su possibili ritardi e punizioni, solamente dopo pensò ad una risposta fissando imbarazzata il soffitto.

«Orochimaru-sama è... strano, interessante sì, ma ti lascia sempre uno strano senso d'inettitudine addosso»

«Bello?»

«Oh,beh... » iniziò a giocare con il tessuto che aveva tra le dita sottili ma al tempo stesso rovinate dai troppi lavori, scese di nuovo verso gli occhi nocciola della ragazza pieni d'aspettativa «Kami-sama, Anko vuoi toglierti quella dannata espressione trasognante dalla faccia?!»

Personcina graziosa Tayuya, sì, finché non apriva bocca.


____________



Le piccole lanterne, appese ai tetti delle case, rischiaravano la via tracciando la strada più veloce per raggiungere l'alta abitazione del suo futuro danna; le osservò ad una una rimanendo sempre incantata dalla loro semplicità e bellezza.
Anko non prestò attenzione alla serva che stava amabilmente discutendo con il cocchiere per il prezzo della corsa, inspirò una ingente boccata d'aria fresca e si rilassò contro il legno della carrozza.
Mentalmente ripassò ogni lezione di danza, i movimenti lenti e tutti i suggerimenti per indossare la maschera d'apatia tanto amata dalle maestre d'alto rango.
Sbuffò e come sempre si lasciò andare alle confortanti onde dei ricordi infantili e alle corse che le piacevano tanto...ai dolci che amava assaporare ancora caldi e pieni di sapori intensi.
Ora invece le rimaneva solo una ciotola di riso, razionata fino all'ultimo chicco, da spiluccare di tanto in tanto con delle bacchette decoratissime e preziose con cui era impossibile mangiare decentemente, insomma, un incubo per il suo povero stomaco.
Ogni volta che le lagne severe delle sue insegnanti le ricordavano i doveri di una geisha, Anko si domandava perchè quella boriosa vita era toccata proprio lei: amante delle ginocchia sbucciate, delle mani impastate di fango e delle semplicità che una vita contadina sapeva donare.
Inutile dire che non seppe mai rispondere, non prima di quella sera.


____________



La villa era alta, antica tra le decorazioni e il legno che ne esprimevano tutta la grandezza.
Silenziosi serpenti di giada scendevano lungo le colonne del porticato, certi avevano le fauci aperte quasi per minacciare ogni possibile nemico presente sulla soglia.
I soffitti erano alti, il legno di mogano laccato dava vita a fiori e foglie cristallizzati nella loro massima bellezza, l'aria fredda.
La ragazza seguì l'eco dei passi di Tayuya e si perse nel contemplare tutto l'antiquariato presente nei lunghi corridoi.
Quando si fermarono davanti ad una porta, scrutò i due ragazzi dai capelli argentei, si muovevano contemporaneamente, con gesti meccanici, comunicarono qualcosa alla rossa e poi afferrarono le due maniglie scure.

«Carina la ragazzina» sentì appena sorpassata la soglia.

«Ukon è merce del padrone, non puoi toccarla» una smorfia le arricciò il labbro inferiore a quelle parole sussurrate appena.
Merce.
Onorata dell'invulnerabilità, ma nessuno poteva considerarla un oggetto, nemmeno un signorotto pieno di soldi.
Strinse le mani, torturandosi i palmi con le unghie curate e abbellite da un leggero smalto bianco perla, incurante del lieve dolore.

«Orochimaru-sama ritarderà di qualche minuto»

Anko fissò il soffitto, irritata: non solo la voleva usare, ma ritardava.
Il rispetto altrui sembrava così lontano tra quei muri silenziosi e intrisi di severe gerarchie.
Sbuffò non ritenendo necessario rispondere alla ragazza, sperava solamente di terminare tutto in fretta.


____________



La fecero sedere in una stanzetta, confortevole nel suo piccolo abbraccio, su dei preziosi tatami ed in fianco ad un tavolo basso gremito di una larga scelta di thé aromatizzati e acqua sempre bollente.
Ogni cinque minuti una donna passava per controllare la situazione e informarla sulla posizione del suo futuro danna.
Stava incominciando ad odiarla, ad odiare la sua andatura traballante e lenta, la sua voce rauca e gracchiante, la scia di marcio che lasciava ad ogni passo.
Dannato karasu.
Stava ancora squadrando il kimono nero della serva, così simile alle piume di quell'uccello del malaugurio, quando le venne annunciato il padrone di casa.
Stava ancora maledicendo quella donna quando la sua voce la richiamò con un sibilo sensuale.

«Konban wa, Anko»

La prima cosa che vide furono i suoi occhi dorati, le pupille strette e feline, piccole scaglie di metallo prezioso splendevano di una luce ipnotizzante.
Rapita dalle iridi incorniciate dalla pelle pallida, ma truccata, dischiuse le labbra per lasciar sciogliere le parole che si erano gelate su di esse.
Si toccò il viso con la punta delle dita, ringraziando il trucco che celava ogni suo rossore.
Seguì ogni suo movimento, le spalle venivano liberate dal tessuto pesante da un ragazzo di cui riuscì solo a scorgere la larga montatura degli occhiali, provò un cenno d'invidia in quel contatto così singolare, quasi intimo: le mani del giovane scivolavano sulla schiena del padrone ancora rinchiusa tra il kimono e la giacca, poi presero i baveri di quest'ultima dopo aver scostato i lunghi capelli corvini.
Anko si sentì di troppo in tutta quella muta ammirazione.

«Konban wa, Orochimaru-san»

La voce le tremò appena alla fine della frase, quando intravide un ghigno solcargli le labbra.

«Kabuto lasciaci soli»


____________



Le sue mani erano fredde, aghi di ghiaccio le percorrevano il collo scoperto.
Sentì il respiro sulla guancia, ma non assaggiò mai quelle labbra di marmo, ne lui assaporò la sua pelle.
Era un lento gioco di sensazioni, di ipnosi reciproca, della malizia dei suoi sguardi ambrati che la mettevano in soggezione facendole scordare il semplice respiro.
Si sentiva un patetico burattino tra i fili di seta corvini, ma non riusciva a scappare, a fuggire da quei sussurri caldi e melliflui.
Quando le cinse la vita avvicinandola al suo corpo, incominciando a spogliarla dal kimono blu oltremare che aveva adorato quella sera, fermò un sospiro troppo rumoroso per quella battaglia.

«Orochimaru-san... io non»

Lui la zittì un dito, sorridendo delle sue debolezze.

«Sei un banchetto troppo interessante, per essere degustato fino in fondo in una sola portata»

Sciolse il lungo obi, con gesti veloci, ma sapienti, artigliò i bordi del kimono per crearsi un strada verso i suoi seni, sotto la sottoveste di lino.
La pelle calda rabbrividì sotto i polpastrelli dell'uomo.
I muscoli si tesero e la ragazza non riuscì a bloccare dei gemiti per quelle carezze glaciali.
Le dita disegnavano cerchi, giocavano con il corpo nudo e vulnerabile, di loro proprietà, degustavano i respiri, che le dilatavano il petto, veloci.
Quando entrarono dentro di lei, Orochimaru, sentì le mani della ragazza cercare le sue spalle e il suo profumo gli inebriò i sensi, fermando la sua lenta tortura per incidere nella mente quella fragranza di fiori d'arancio e miele.
Chiuse gli occhi per un secondo ricordando i vari motivi per cui si doveva fermare quella sera.
Continuò a toccarla, sentendo via a via quel tiepido piacere, bagnargli le dita.
Respirò un'altra ventata di profumo dai suoi capelli ormai sciolti e le sollevò il mento per incontrare i suoi occhi nocciola più scuri che risaltavano in quell'oceano di bianco puro e le labbra rosso scarlatto.
Un ottimo acquisto.
Mentre la sentì tremare attorno a sé le sussurrò parole prive di significato, molto più simili ai suoni dei flauti incantatori che ipnotizzavano il proprio serpente che a frasi di senso compiuto.


____________



Poco dopo, l'aveva lasciata sola.
L'aveva fatta rivestire, aiutandola con le parti dell'abito più complicate, accarezzandole il corpo sempre con quel ghigno sarcastico sulle labbra.
Era confusa.
Dopo aver seguito con lo sguardo la sua figura uscire dalla stanza si era risdraiata sul pavimento ed ora non riusciva a staccare gli occhi dal soffitto non capacitandosi della sua risposta.

«Ritornerò, Anko»

«L'aspetterò sicuramente, danna»



NdA - Un po' di note per le parole in giapponese:
-okiya: la casa dove risiedevano le Geishe.
-yukata: kimono leggero.
-obi: cintura del kimono.
-danna: signore, protettore e finanziatore di una Geisha.
-karasu: corvo.
-Konban wa: Buonasera, qua non sono molto sicura sulla risposta, ma passatemela.

Scritta di fretta per farla partecipare al concorso di Sky, spero non sia uscita male.
Non sono proprio una fan di questo pairing però devo ammettere che sono interessanti.
A tutti gli amanti della coppia. (:
  
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