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Autore: Liberamilcielo    20/05/2015    1 recensioni
Una ragazza invisibile può tornare ad essere vista da qualcuno di insospettabile?
La storia d'amore più improbabile che possa esistere sarà la spinta che servirà per tornare ad essere vivi, ad emozionarsi e ad innamorarsi.
"Non lasciare che ciò che ti orbita intorno ti eclissi, sei tu il Sole"
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daniel Radcliffe
Note: Lemon, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Mi farebbe piacere se la lettura di questo capitolo fosse accompagnata dall’ascolto di questa canzone che per me, come le parole scritte di sotto, vale molto, e penso che renda al meglio l’idea del sentimento provato dalla protagonista:
Comptine d'un autre été-
Die fabelhafte Welt der Amélie Piano 

 

L’ALBA NEL BUIO


Tornai a casa dal lavoro, stanca, con le mani ricoperte di tempera e i capelli scomposti in una treccia distratta.
Fino a quel momento non ero ancora rimasta sola da quando il suo sguardo aveva allacciato il mio per la prima volta e per la prima volta non avevo avuto più modo di riflettere. Temevo la solitudine come non temevo nessun’altra cosa, rimanere sola significava rimanere in compagnia del silenzio, e dei pensieri, degli incubi. Tutto quando ero sola sembrava scomparire insieme a me, tutto diventava sbiadito, tiepido e poi d’un tratto di nuovo nero, la luce che riuscivo a riflettere durante il giorno grazie ai sorrisi altrui, in casa mia, nel silenzio, scompariva.
Lentamente mi spostai davanti all’armadio per spogliarmi prima di farmi una doccia e fu impossibile non guardarmi allo specchio, fu impossibile non soffermarmi sul mio riflesso ora che mi ero sentita diversa, che mi ero sentita presente, che ero riuscita perfino ad accettare un complimento senza mordermi le guance, che stupida.  Sprofondai.
Come Narciso nel fiume si specchiava e si innamorava di sé stesso fino ad uccidersi per amor suo così io mi riflettevo nello stagno dei miei occhi e annegavo, nell’odio, nel ribrezzo, nello sconforto. E Michelangelo scomparve, le odi e la cappella Sistina, le sinfonie, i poeti.  Scomparve tutto, e tutto venne eclissato dalla rinnegazione. Non potevo essere io in quel corpo orribile. E più rimanevo a fissarmi più l’orlo del precipizio si faceva vicino, l’orlo dei miei occhi si faceva sottile, come se l’azzurro dell’iride potesse d’un tratto colare via lasciando solo il ricordo di si sé stesso. Mi meraviglio, io qui stretta tra le mie braccia, che cerco di costringere insieme i pezzi di qualcosa che è in frantumi da tempo, che goffamente rimane incollato e maldestramente cerca di non far notare agli altri le sue debolezze.
Se è l’amore a renderci tali, inermi, a ridurci sulle ginocchia, in lacrime e col mal di stomaco allora non si merita il suo nome. Se è stato l’amore a rendermi inappropriata e disastrata, a strapparmi la convinzione di poter essere ammirata come qualcosa di meraviglioso, di poter lasciare a bocca aperta, di poter far accendere lo sguardo di qualcuno. Se è stato l’amore a rendere la mia pelle imperfetta e ruvida al tocco di qualsiasi sguardo. Se è stato l’amore a rendere le mie spalle curve sotto il peso dell’insicurezza. Se è stato l’amore a spezzarmi e a rendermi schiava dello specchio e della bilancia. Se è stato l’amore a far si che ogni volta che i miei occhi guardassero sé stessi il mio petto vittima del respiro impedisse alle urla di uscire dalla bocca e le spingesse con violenza fuori da un’altra porta che le rendesse mute, e mi assordassero. Se è stato l’amore a suicidarsi tra il cuore e lo specchio lasciandomi priva del suo calore, del piacere di guardarmi, del voler indossare un vestito, magari blu, come quello che mi piaceva tanto in quella vetrina, ma che una bambina, come me non si sarebbe potuta mettere, ma che una bambina con gli occhi grandi per accogliere grandi sogni non poteva desiderare.
 E se avesse ucciso lui il romanticismo facendomelo agognare ogni giorno, facendomi ogni giorno sospirare guardando l’intimità di un tulipano e la delicatezza delle mani che solo lui può concedersi di sperare. E se mi avesse piegato lui facendomi dimenticare l’immortalità della bellezza, facendomi rompere il vetro, frantumando adesso non solo più la carne ma anche l’immagine di questa, che sprezzante riflette le nocche consumate da quel gesto.
Se è stato l’amore allora anche lui merita di essere imprigionato come lo sono io. Il Sole, dentro un confine stretto che serve solo a fare da frontiera fra quello che è vita e quello che serve per togliersela.
Adesso in casa c’erano due cose distrutte. Il Sole, e il vetro.
Ignorai il disastro che avevo combinato e mi diressi in bagno dove speravo di sciacquare via le ferite con l’acqua calda, e un po’ di bagno schiuma profumato.
Dio solo sa quando desiderassi l’amore, Dio solo sa quanto volessi essere invasa dal suo ardore e quanto volessi rinascere sotto il suo sguardo, quanto le mie mani avrebbero voluto scorrere sulla sua pelle, fra i suoi capelli e intrecciarsi con le loro gemelle, quanto l’abisso dei miei occhi volesse essere letto e sciolto dalla passione dei suoi, quanto avessi bisogno delle poesie sussurrate all’orecchio, Ginsberg magari, o Hemingway .
 I brividi sul collo, che solcano le ossa.
 Una voce da riconoscere in mezzo al coro della folla, un pianoforte personale  per cui io potessi essere il pianista in balia della musica che attraverso di lui si fa strada e; scoppia.
 Dio solo sa quanto io avessi da dare.
L’acqua scorreva e disinfettava i solchi sulle nocche, e sulle guance. Bruciava e rendeva indelebili quei segni che anche se rimarginati non potevano più essere dimenticati.  
Le fondamenta crollano e finalmente con loro tutto il resto. Quello che sembrava salvezza, non era la grazia, ma la condanna per quello che fin’ora, instabile, si era mantenuto su sé stesso e solo ora era libero di crollare completamente. E allora mi guardai di nuovo e vedendomi non pensai alla mia forma, al contorno, che crollando era sparito, ma pensai al contenuto che mai avrei immaginato poter scorgere fare capolino tra le macerie e allora pensai a lui, e al suo sorriso e pensai che forse ciò che è già rotto non può rompersi di nuovo, pensai che allora forse da perdere non restasse nulla, che anche se fosse impossibile che lui potesse vedere la grazia tra le macerie io potevo essere graziata dalla sua luce. E allora pensai che il Sole non ero io, ma che lui potesse essere il mio.
 
  
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