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Autore: bradbury    20/05/2015    9 recensioni
"Non pensavo che fare un regalo potesse essere così faticoso" decretò Castiel, posizionando meglio il pacchetto sulle gambe.
"Già, amico, nemmeno io. L'ultima volta che mi sono sentito così stanco abbiamo evitato l'Apocalisse."
(missing moment della 10x20 "Angel Heart"; spoilers per chi non ha ancora visto l'episodio)
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
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***************************************** NOTE*************************************
Non potevo non scrivere qualcosa su questo episodio, proprio non potevo. Lo so, sarebbe stato meglio se avessi risparmiato a tutti la tortura di imbattersi in questa OS (che giuro, originariamente sarebbe dovuta essere decisamente più corta) ma purtroppo per colpa di Robbie Thompson e della sua mente geniale, il mio cervello è stato sopraffatto dalle emozioni e ha prodotto idee. Quindi, eccomi qui, quattomilatrecentotrentuno parole dopo. Come al solito spero di aver preservato al meglio la natura dei personaggi e di non aver scritto qualcosa di completamente orribile. Se vi va, fatemi sapere la vostra opinione e mi renderete un essere umano felice. 







Forse Dean non avrebbe dovuto dire a Castiel quelle cose, non in un momento così delicato almeno. In realtà non capiva come mai fra tutte le migliaia di alternative a disposizione avesse scelto proprio quelle esatte parole per comporre il suo discorso, che anziché farlo stare meglio, avevano sortito l'effetto contrario. Perché era un idiota, suppose.
Perlomeno non gli aveva mentito. Dean pensava sul serio che Castiel non dovesse avere alcuna pretesa nei confronti di Claire. Non era sua figlia, non era tenuta a prestargli ascolto o ad accettare la sua presenza solo perché lui aveva la faccia e il corpo di Jimmy Novak. Se non voleva restare, Castiel avrebbe dovuto lasciarla andare per la sua strada senza intromettersi. Certo, Claire era ancora una ragazzina ma sapeva il fatto suo. Crescere priva della guida dei suoi genitori per quanto fosse triste, l'aveva resa più forte e resistente della maggior parte dei suoi coetanei. Non aveva bisogno che Castiel vegliasse su di lei.
"Oggi è il compleanno di Claire" disse Castiel dopo essere rimasto in silenzio per una buona decina di minuti. Dean gli lanciò uno sguardo di traverso non sapendo bene cosa rispondere.
"È il suo diciottesimo compleanno" ripeté l'amico, pensieroso, "dicono sia il più importante ma non capisco perché. Cos'ha di diverso rispetto agli altri?" chiese a Dean, voltandosi a guardarlo con quel solito cipiglio confuso che nonostante gli anni non lo abbandonava mai.
"Significa che adesso è maggiorenne ed è ufficialmente entrata a far parte del merdoso mondo degli adulti" gli spiegò Dean, "tradotto, vuol dire prendersi le proprie responsabilità" continuò, sperando in quel modo di distoglierlo dal preoccuparsi del futuro di Claire.
"Anche per te ha significato questo?" Castiel aveva la straordinaria capacità di porre sempre le domande più scomode. Dean si mosse a disagio sul sedile, afferrando più saldamente fra le mani, il volante dell’Impala.
"Scusami, non vol-" si affrettò a intervenire Castiel, rendendosi conto di essersi spinto in un campo troppo personale e doloroso per Dean, ma il cacciatore lo interruppe prima che potesse finire di parlare.
"No, Cas. Io sono diventato un adulto quando avevo quattro anni, compierne diciotto non ha fatto alcuna differenza. Ho sempre dovuto cavarmela da solo" il Marchio gli diede una fitta, ma Dean la ignorò.
"Inoltre, nessun regalo, nessuna festa, dannazione, l'unico a farmi gli auguri è stato Sam" ricordò Dean, riportando alla mente l'immagine di suo fratello - nella gloriosa epoca in cui il più basso del duo era lui - che lo abbracciava impacciato, senza sapere dove mettere le mani. Era stato imbarazzante, anche se restava una delle memorie più belle che Dean conservava.
"E tuo padre?"
Dean sorrise. Un gesto ricco di amarezza. Avrebbe sempre voluto bene a John Winchester, ma doveva riconoscere che in varie occasioni il suo vecchio non si fosse comportato come il padre dell'anno. O in generale, come un padre.
"Quel giorno era fuori a caccia, un branco di licantropi, se non sbaglio. Quando tornò mi disse soltanto che se non avessi fatto attenzione e gli sbirri mi avessero beccato, avrei dovuto trovare il modo di tirarmi fuori dai guai da solo, perché lui non aveva tempo da perdere. Poi mi ha infilato un fucile in mano e ho trascorso il resto del mio compleanno a sparare in faccia a degli schifosi fantasmi. Bello, eh?" ammiccò, irradiando sarcasmo da ogni poro.
"È davvero orribile" disse Castiel a bassa voce, poggiandogli una mano sulla spalla, in segno di conforto. Dean non si mosse, tenne gli occhi fermi sulla strada davanti a sé, anche se riusciva a percepire quelli dell'altro puntati su di lui.
"Ci ero abituato, non mi aspettavo un trattamento diverso, Cas."
Per un tratto di strada entrambi rimasero zitti in compagnia delle loro menti e delle notizie di cronaca che venivano trasmesse alla radio. Castiel se ne stava con la testa rivolta verso il finestrino a tormentarsi un'asola del trenchcoat mentre Dean provava a non dare troppo peso al bruciore che il Marchio irradiava dal suo avambraccio. Giorno dopo giorno sentiva aumentare la sua influenza ed era spaventato a morte. Prima o poi prendere a calci in culo i mostri non gli sarebbe più bastato.
Guardò Castiel attraverso lo specchietto retrovisore.
Non l'avrebbe ucciso, non poteva ucciderlo. Caino si era sbagliato, Dean non era come lui, non avrebbe condannato a morte le persone a cui più teneva. Avrebbe resistito all'impulso ad ogni costo e Castiel e Sam sarebbero sopravvissuti.
"Dean?" chiamò Castiel, riportandolo alla realtà. Il cacciatore distolse lo sguardo dalla figura riflessa dell'angelo prima che capisse di essere osservato.
"Uhm?"
"Lo so di non essere il padre di Claire ma..." Castiel lasciò cadere il discorso, "niente, lascia perdere è una sciocchezza"
Dean fece una smorfia di disappunto.
"No, adesso sputi il rospo. Io ti ho raccontato del mio invidiabile passato e tu adesso mi dici cosa ti passa per la testa. È la regola, amico" Dean si sforzò di sorridere e bastò quello a convincere Castiel a condividere i propri pensieri con lui.
"Credo di dover fare un regalo di compleanno a Claire."
Castiel attese impaziente la reazione di Dean, che consisteva in un profondo sospiro rassegnato e un paio di occhi alzati al cielo.
"Ti avevo detto che era una stupidaggine." disse Castiel. Dean notò che le orecchie gli si erano leggermente arrossate.
Cristo santo, possibile che quell'imbranato riuscisse sempre a coinvolgerlo contro la sua volontà con la sola forza dell'ingenuità? Si sarebbe pentito amaramente di quello che stava per fare ma dopo tutto l'aiuto e il sostegno che Castiel gli aveva dato, assecondarlo in certe sciocchezze era il minimo con cui potesse ricambiarlo.
"Okay. Allora, hai già qualcosa in mente?" chiese, con l'atteggiamento burbero tipico da Bobby Singer.
La gioia che illuminò il viso di Castiel, riscaldò il cuore ammaccato di Dean. Non riuscì a fare a meno di godersi quell'espressione e di sentirsi orgoglioso di essere stato lui a provocarla. Erano sensazioni che fino a un anno prima aveva finto di non provare e che ancora lo confondevano.
"A essere onesti non ho la più pallida idea di cosa possa piacere ad una ragazza dell'età di Claire" confessò Castiel.
"Potresti regalarle una pistola" suggerì prontamente Dean, guadagnandosi un'occhiataccia di rimprovero da parte dell'altro.
"Che c'è? Mi sembra piuttosto utile, specialmente vista la tendenza che ha di mettersi in pericolo. "
"Dean, non se ne parla."
"Ma-"
"No. Non metterò un'arma nelle mani inesperte di una ragazzina, potrebbe ferirsi."
"Tecnicamente è un'adulta..." borbottò Dean a mezza voce.
Passarono la successiva mezzora a discutere animatamente, su quale fosse il regalo più appropriato per una diciottenne, finché dopo l'ennesima critica di Castiel per i pessimi gusti di Dean, il cacciatore si arrese.
"Sai una cosa, Cas? Sei un fottuto, incontentabile, rompipalle."
Castiel aveva tutta l'aria di essersi offeso, infatti aprì la bocca per ribattere ma Dean lo bloccò sul nascere, puntandogli un dito contro.
"Ora ti dico cosa faremo. Ti accompagnerò in uno di quei negozi che vanno tanto di moda e in cui Charlie non fa altro che spendere un patrimonio. Dopodiché tu sceglierai il tuo dannato regalo, torneremo da Sam e Claire e io potrò poggiare il culo su una sedia, a bere la mia più che meritata birra. Ovviamente solo se Sua Maestà è d’accordo."
Castiel non rispose. Chi tace acconsente, pensò Dean, sollevato. Sfortunatamente aveva fatto male i suoi conti.
"Dean"
"Cosa!" esclamò spazientito.
"Perché dovremmo chiedere l'approvazione della regina Elisabetta?"
 
***
 
Hot Topic non era un negozio qualunque, era il paradiso dei nerd. A Sam sarebbe venuto un infarto se avesse messo piede in quel posto. Dean invece si ostinava a ostentare indifferenza quando in realtà desiderava disperatamente comprare la maglietta con il logo di Batman esposta in bella vista sullo scaffale di fronte a lui. Castiel era sparito, immerso fra le centinaia di cianfrusaglie che affollavano l'ambiente.
Dean diede un'occhiata intorno per individuarlo, finchè non intravide la sua testa spuntare da dietro una pila di vestiti orrendi, ancora a mani vuote.
Ti prego Cas, datti una mossa, sto invecchiando qui dentro, pensò.
"In questo caso pregare non ti servirà a niente, Dean. Non possiamo andarcene se non trovo un regalo per Claire" disse Castiel, raggiungendolo.
Dean avrebbe voluto accasciarsi a terra per la disperazione e quasi iniziò a sperare che all'improvviso spuntassero dei demoni incazzati, così da ammazzare il tempo anziché se stesso.
"Non è possibile che qui dentro non ci sia niente che ti piaccia. Insomma, guardati intorno..." gesticolò con le mani, "non ho mai visto tanta roba in vita mia."
"Lo so Dean, ma perché la gente dovrebbe voler acquistare qualcosa del genere?" domandò perplesso Castiel, mettendogli davanti un'action figure del vecchio mago dalla barba a punta, morto schiantandosi giù da una torre, che Dean aveva visto in Harry Potter il giorno in cui Charlie l'aveva praticamente minacciato e costretto a sorbirsi tutti e otto i film, uno di seguito all'altro.
Dean scrollò le spalle. Quella statuetta era davvero inquietante e si trovò a concordare con Castiel.
"Possiamo provare da un'altra parte" suggerì, andandogli incontro.
"No, qui va bene, sono sicuro che riuscirò a trovare qualcosa di appr-"
"Se ti azzardi a dire la parola appropriato ancora una volta, mi sentirò autorizzato a tirare un pugno sul tuo bel faccino" lo ammonì Dean, rendendosi conto troppo tardi di quello che aveva detto.
Bel faccino? Tanto valeva ammettere che aveva anche un culo fantastico, per quel poco che era riuscito a notare le rare volte in cui Castiel non portava addosso quello stupido trenchcoat. Oppure poteva direttamente informarlo di quanto vederlo calato nel ruolo di padre alle prime armi, lo rendesse terribilmente sexy.
Era strano, la ragazza al bancone non aveva fatto altro che flirtare da lontano, dal preciso momento in cui aveva varcato la soglia di quel negozio, e lui non l'aveva degnata nemmeno di uno sguardo. Dean si domandò quando avesse iniziato a perdere interesse in quelle dinamiche di ordinaria amministrazione.
Due occhi blu si materializzarono nella sua testa e risposero alla sua domanda.
Non era come se il genere femminile non lo attraesse più dal punto di vista sessuale, più che altro c'era stata un'espansione di orizzonti.
E di chi era la colpa? Di Castiel.
"Se provassimo a chiedere un consiglio alla commessa?"
Dean impallidì e scosse la testa con foga. Avrebbe preferito amputarsi un piede piuttosto che sostenere una sessione di sguardi ammiccanti con quella donna, non ne aveva voglia neanche per finta.
"Lascia perdere Cas, andiamo da quella parte, mi arrivano vibrazioni positive" disse Dean, afferrando l'avambraccio di Castiel e trascinandoselo dietro verso una parete piena zeppa di peluche.
Castiel si mise a curiosare fra le centinaia di variopinte possibilità, concentrato al massimo, come se da quella scelta dipendesse la sorte dell'intera umanità. Dean si soffermò ad osservarlo, permettendo ad un angolo della sua bocca di sollevarsi. Era incredibile come Castiel fosse diverso rispetto alla prima volta in cui si erano incontrati in quel fienile sperduto nel nulla. In lui c'era ancora il combattente di sei anni prima ma ormai era oscurato da un altro lato, uno più nuovo e grezzo: quello umano. A poco a poco, Castiel aveva sviluppato la sua personalità, non quella imposta dal Paradiso, e Dean aveva imparato a conoscerlo, a distinguere il suo stato d'animo semplicemente dal modo in cui corrugava la fronte o serrava la mascella o si mordeva le labbra. Per esempio, adesso si stava grattando distrattamente la base del collo, in preda allo sconforto.
"Cas, qual è il problema?" gli chiese Dean, dandogli un colpetto sulla mano e tirandogli la manica del trenchcoat per costringerlo a girarsi. L'angelo sospirò.
"Dovrei rinunciare, ti ho fatto perdere già abbastanza tempo. Ci sono cose più importanti di cui occuparsi" ed era davvero dispiaciuto mentre lo diceva.
"Ah-ah è fuori questione, torneremo da Sam e Claire solo quando avrai trovato il regalo dei suoi sogni. E comunque..." Dean si sforzò di risultare il più disinvolto possibile, cominciando a vagare con lo sguardo e indirizzandolo ovunque tranne dalla parte di Castiel. "Mi sto divertendo. Da quanto non passiamo del tempo insieme? È bello averti fra i piedi, Cas."
Per un attimo gli era sembrato che Castiel si fosse inclinato in avanti e che fosse ritornato sui suoi passi ancor prima che lui avesse l’opportunità di sbattere le palpebre. Perciò, doveva averlo immaginato. Le allucinazioni erano un effetto collaterale che non aveva considerato. L’aver represso l’impulso di baciarlo da quando erano saliti in macchina gli stava fottendo il cervello al punto di riflettere in lui il suo desiderio.
Eppure il modo in cui Castiel lo stava guardando non poteva esserselo inventato. C'era una luce particolare in quelle iridi blu che non riusciva a definire, sapeva solo che il suo stomaco si contraeva e provava la bizzarra sensazione di voler allo stesso tempo correre via e rifugiarsi in quegli occhi per il resto della sua miserabile vita. Merda, era così patetico.
Dean si schiarì la voce e la bolla intorno a loro scoppiò, catapultandoli nella realtà senza il minimo rispetto.
"Cas, uhm...dovremmo darci una mossa. Si, insomma, prima o poi dovranno chiudere e siamo rimasti solo noi."
Cas annuì, rinvigorito e Dean notò - avrebbe potuto giurarlo sui capelli da levriero di Sam -  come Castiel avesse accorciato la distanza fra loro: gli urtava casualmente la spalla con la propria, toccava il suo braccio per farlo spostare, un paio di volte gli aveva sfiorato la mano con le dita e a ogni tocco, per quanto insignificante apparisse dall'esterno, il battito cardiaco di Dean aveva raggiunto picchi di pulsazione vergognosi, neanche fosse una ragazzina con gli ormoni impazziti.
Dean, si passò una mano sulla faccia per schiarirsi le idee e concentrarsi sull'obiettivo e no, non era farsi Castiel sul sedile posteriore dell'Impala entro i successivi cinque minuti. Assolutamente no, quel pensiero non gli aveva sfiorato la mente nemmeno per un secondo. Mai.
Dean si trascinò per l'ennesimo corridoio pieno delle ennesime maledette cose, invocando la morte. Di quel passo c'erano più probabilità di trovare una cura per il Marchio che non uno stupido regalo di compleanno.
"Dean, penso di averlo trovato" annunciò Castiel da un punto indefinito alla sua destra.
Allora Dio esisteva, non li aveva abbandonati. Dean si girò per poter ammirare il fortunato prescelto e...
"Fa schifo!" esclamò senza riuscire a trattenersi davanti al muso imbronciato del peluche a forma di gatto più brutto mai stato creato dall'uomo. Non esisteva la remota possibilità che a Claire potesse piacere qualcosa del genere.
Castiel gli riservò uno sguardo che in genere dedicava solo a Crowley e non era di tipo amichevole.
"Allora vorrà dire che dovrò continuare la mia ricerca..." disse con un tono falsamente neutrale ma che suonò chiaramente come una minaccia. Dean imprecò mentalmente.
Castiel, fece per rimettere a posto quel peluche orribile ma lui glielo strappò di mano e mancò poco che lo lanciasse in direzione della cassa.
"Stavo scherzando, è fantastico. Paghiamo."
Il cacciatore si avviò a passo di marcia verso il bancone, prima che Castiel cambiasse opinione sul serio, e non si accorse del sorrisetto divertito che attraversava il volto dell'angelo alle sue spalle.
 
***
 
"Non pensavo che fare un regalo potesse essere così faticoso" decretò Castiel, posizionando meglio il pacchetto sulle gambe.
"Già, amico, nemmeno io. L'ultima volta che mi sono sentito così stanco abbiamo evitato l'Apocalisse." disse il cacciatore, di buon umore come non si sentiva da giorni.
"Suppongo capiti quando non si conosce abbastanza la persona che deve riceverlo" anche se nella voce di Castiel non si percepivano note di tristezza, Dean sapeva quanto il desiderio d’instaurare un legame più solido con Claire lo facesse soffrire. In un certo senso lo capiva. Dean era il re dei rapporti superficiali e a lungo andare non era piacevole dover ricordarsi costantemente di non affezionarsi troppo ad una persona perchè alla fine l'avrebbe messa in pericolo a causa di ciò che faceva. Eppure, a volte sentiva la necessità di avere vicino qualcuno che non fosse suo fratello e resistere dal provare affetto per qualcun'altro diventava impossibile.
"O forse vuol dire che ci tieni e preferiresti non fare la figura dello stupido" aggiunse Dean, sperando di rincuorarlo e dimostrare che non era un amico pessimo come appariva l’ottanta percento delle volte.
"Può darsi" Castiel non era convinto, "ma ho la sensazione che se il regalo fosse stato per te, trovarlo sarebbe stato molto più semplice" riflettè serio.
Dean sollevò un sopracciglio in segno di scetticismo, nonostante il suo stomaco avesse fatto un triplo salto mortale.
"Ah si? E sentiamo, cosa mi avresti comprato?" la risatina che produsse serviva per dissimulare la curiosità.
"Qualcosa per la tua macchina o inerente alla musica. Forse un dvd di quei film con le immagini senza colori" cominciò ad elencare Castiel sicuro di sé, "oppure la maglietta nera col pipistrello che fissavi ipnotizzato da Hot Topical"
"Hot Topic" lo corresse Dean distrattamente mentre una piacevole formicolio s' irradiava dal centro del petto fino alla punta dei piedi.
Castiel lo ignorò. "Ho ragione?" gli chiese, carico d’aspettativa.
Dean non rispose subito, attese qualche secondo prima di annuire.
"Hai indovinato solo perché sono un uomo di poche pretese" lo prese in giro Dean, leggermente sopraffatto. Non se lo aspettava.
"Ho indovinato perché ti conosco bene, anche tu saresti in grado di farlo con me" replicò Castiel.
Davvero? Dean non ne era certo. Era stato sempre così preso dall'allontanare gli altri che non si soffermava più su certi dettagli. A che scopo perdere tempo a domandarsi su quale fosse il regalo di compleanno o di Natale migliore per la sua ristretta cerchia di amici, se non era nemmeno sicuro che li avrebbe rivisti la settimana successiva. Solo che Castiel non era come gli altri, era un combattente, l'amico migliore che avesse mai avuto, era il suo angelo e in qualche modo tornava sempre da lui.
Cosa diavolo avrebbe potuto regalare ad un angelo del Signore? Cosa poteva piacere a Castiel? Improvvisamente Dean si sentì estremamente colpevole e imbarazzato.
"Uhm, veramente è qualcosa su cui non avevo mai riflettuto" confessò a mezza voce, sperando che Castiel non ci restasse male. Porca puttana, era un amico peggiore di quanto credesse. "Voglio dire...mh, non è che tu abbia mai accennato al tuo compleanno, non ho-"
"Gli angeli non hanno un giorno in cui festeggiano la propria nascita, Dean. Semplicemente esistiamo dall'inizio dei tempi. Da quando ci ha creato Dio" raccontò Castiel, con la stessa enfasi di un conduttore su Discovery Channel.
"Meglio così allora, o non ci sarebbe abbastanza spazio per le candeline sulla torta" scherzò Dean e Castiel gli sorrise di rimando.
Erano più facili i tempi in cui Castiel non sapeva nemmeno cosa significasse il termine sorridere, perché era un motivo in meno per volergli saltare addosso e baciarlo.
Ma c'erano questioni più urgenti dell'immaginarsi la sensazione delle labbra di Castiel contro le proprie. Dean non trovava giusto che gli angeli non avessero una data di nascita, che Castiel non sapesse quando era stato creato. Come se non fosse importante, come se la sua vita non contasse e fosse uguale alle altre centinaia in Paradiso. I sacrifici che aveva fatto, le conseguenze che aveva pagato per essersi ribellato agli ordini di Dio, tutte le volte in cui era morto e resuscitato per salvare lui e Sam, lo rendevano pienamente in diritto del suo fottuto giorno di gloria.
"Diciotto settembre..." mormorò Dean sovrappensiero, ripescando quella data dalle profondità della sua memoria.
"Dean, credo siamo nel mese di maggio" gli fece giustamente notare Castiel, il quale, quando si trattava di mettere in evidenza l'ovvio vinceva sempre a mani basse.
"No, ascoltami. Il diciotto settembre mi hai tirato fuori dall'Inferno" continuò Dean, senza dargli troppa corda.
"E quindi?"
"Chiudi il becco Cas, ci sto arrivando" si spazientì Dean, "quello è stato il giorno in cui ti sei manifestato per la prima volta, ricordi? Vetri esplosi, interferenze elettroniche, dolore ai timpani, e questo perchè sei stonato come una campana."
Castiel corrugò la fronte, "mi ricordo, ma non ti seguo."
Nel frattempo avevano raggiunto il motel dove Sam e Claire li stavano aspettando da oltre tre ore. Dean parcheggiò l'Impala, sfilò la chiave dal cruscotto ma non si mosse. Come faceva ad esternare a Castiel che aveva necessariamente bisogno di una scusa valida per dimostragli quanto fosse speciale per lui, senza destare troppi sospetti?
Castiel lo fissava in attesa, Dean prese un respiro profondo.
"Il diciotto settembre sarà il giorno del tuo compleanno, che ne dici Cas?"
Quella volta fu il turno dell'angelo di rimanere in religioso silenzio.
Il cacciatore era sempre stato maledettamente bravo a esprimere i propri sentimenti passando inosservato, spesso non se ne rendeva conto neppure lui stesso. Ma Castiel era un altro paio di maniche, con lui quei giochetti non funzionavano.
Dean lo guardò e dilatò impercettibilmente gli occhi. L'ultima volta che gli aveva visto fare quell'espressione era stato prima di attaccare i Leviatani e finire in Purgatorio.
"Preferirei avere te, maledetto o no" gli aveva detto Dean.
Ora come all'epoca, non riusciva dare una definizione al modo in cui Castiel lo stava guardando, ma qualcosa suggeriva che quel bastardo comprendesse le emozioni umane molto meglio di Dean, e allora non restava che distogliere lo sguardo, prima che le barriere cedessero definitivamente ed eliminassero la poca distanza che li separava.
"Come non detto, pessima idea" sviò Dean, aprendo lo sportello della macchina. Castiel lo fermò, serrandogli le dita intorno al braccio, proprio nel punto in cui era inciso il Marchio.
Le fitte cessarono.
"No, non lo è" disse Castiel con gli occhi blu carichi di significato inespresso, "è stato molto gentile da parte tua, Dean."
"Si, come ti pare"
"Ti sarei grato comunque, se non sprecassi i tuoi soldi per farmi un regalo."
"Non ti riguarda cosa faccio con i miei soldi, perciò non spetta a te decidere."
"Dico sul serio, Dean, i tuoi gusti sono piuttosto discutibili."
Dean lo guardò oltraggiato e ferito nell'orgoglio, e si sorprese ancora di più nel vedere Castiel girare la faccia dall'altra parte per nascondere un sorrisetto. Quell'impertinente figlio di puttana si stava divertendo a prenderlo per il culo da quando erano partiti. Era arrivato il momento di metterlo al suo posto. Si protese in avanti e afferrò il volto di Castiel fra le mani.
Più tardi, Dean avrebbe dato sicuramente la colpa al Marchio di Caino per quello che aveva fatto, perché non c'era altra spiegazione alla sua fottuta impulsività. Al momento invece, l'unica cosa su cui riusciva a focalizzarsi erano le labbra di Castiel. 
Erano ruvide, come Dean aveva sempre sospettato fossero ma sorprendentemente soffici. E immobili. Merda.
Ritrasse il viso con uno scatto ma Castiel rafforzò la stretta della mano sul suo braccio. Dean aprì gli occhi e si ritrovò riflesso in due grandi, meravigliosi, occhi blu. All'interno dell'Impala era sceso il silenzio, l'unico suono nell'abitacolo era il fruscio dei loro respiri, uno rapido, uno lento.
"Non muoverti" sussurrò Cas, "fallo ancora."
Dean non se lo fece ripetere due volte. Fu un bacio diverso rispetto ai soliti che aveva sempre dato e ricevuto. Era lento, calibrato. Entrambi si presero il loro tempo  per esplorare l'altro. Dean fece scivolare le dita fra i capelli alla base del collo di Castiel, che reagì gemendo contro le labbra del cacciatore.
Era ancora meglio di come se l'era immaginato nella sua testa. Castiel si lasciava baciare, assaporare e toccare, completamente assuefatto da Dean, e ogni volta che lui si fermava per riprendere fiato, Castiel lo incoraggiava a continuare strofindo la punta del naso contro la sua.
All'ennesimo gemito dell'angelo, Dean attorciglò la mano intorno alla sua cravatta, tirandolo ancora di più verso di lui, spingendo ancora più in profondità con la lingua. Castiel in tutta risposta si aggrappò alle sue spalle.
La situazione iniziava a surriscaldarsi e il cavallo dei pantaloni a stringersi. Dean temeva che a breve avrebbero dovuto trasferirsi sul sedile di dietro.
"Dean..." mormorò senza fiato Castiel, quando lui gli morse il lobo dell'orecchio.
"Mmh"
"Dean...credo..." riprovò ma perse il filo del discorso perchè Dean si era spostato e stava gli tracciando un linea di baci lungo il profilo della mandibola.
"Stai...schiacciando il-il regalo di Claire..." riuscì finalmente a concludere Castiel, frapponendo una mano fra i loro corpi pericolosamente serrati ed esercitando una leggera pressione per farlo scostare.
"Inoltre per quanto preferirei continuare questa approfondita sessione di esplorazione anatomica con te, sono costretto a ricordarti che Sam e Claire ci stanno aspettando e che si staranno chiedendo dove siamo finiti."
Dean sbuffò e si lasciò sfuggire un lamento di protesta mentre poggiava la fronte nell'incavo del collo di Castiel.
"Ah, sempre prima il dovere e mai il piacere. È la storia della mia vita."
"Mi dispiace" disse Castiel, dopo avergli scoccato un rapido bacio sulla testa.
"No, hai ragione, abbiamo del lavoro da svolgere. Andiamo."
Dean uscì dalla macchina con un peso in meno da portare sulle spalle. Era stato facile, più o meno, mettere da parte le sue insicurezze e fare per una volta quello realmente voleva. Non era ancora certo di essere pronto a dirlo a Sam, quel passo avrebbe richiesto altro tempo, anche se sospettava che il fratello non fosse totalmente impreparato alla notizia.
Lui e Cas camminavano fianco a fianco, come facevano sempre, come avrebbero sempre fatto. Dean si ripromise di combattere fino all'ultimo e di vincere la sua battaglia contro il Marchio di Caino, non poteva arrendersi proprio ora che aveva conquistato la sua fetta di meritata felicità. Avrebbe trascorso con Castiel il resto dei suoi giorni, affrontato le difficoltà che si sarebbero frapposte sul loro cammino e soprattutto, avrebbero festeggiato il maggior numero di compleanni possibili. Insieme.
Arrivarono alla porta, Castiel si bloccò e cominciò a ciondolare sul posto. Dean scosse la testa.
"Non essere nervoso" lo rassicurò, avvicinandosi per accarezzargli una guancia.
"E se non le piace?" disse Castiel, guardando per terra, "potrebbe arrabbiarsi perché le ho comprato un regalo, dopotutto non ne avevo il diritto e-"
"Cas. Cas, rallenta. Andrà benissimo, fidati di me. Sarà contenta."
"Ne sei sicuro?"
Dean annuì con forza.
"Andrà bene, Cas"
Andrà tutto bene.




 
 
   
 
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