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Autore: Nicky Rising    23/05/2015    0 recensioni
L'autobiografia della più grande rockstar degli anni '90, Minnie, in arte Aree Monroe, diventata famosa grazie al suo produttore Axl Rose e alle sue molteplici collaborazioni con i Guns N' Roses. Ripercorriamo insieme alle sue stesse parole le emozioni, e la strada che l'ha portata al successo insieme agli uomini che lei stessa, ancora oggi, definisce come i più importanti della sua vita.
Aree sono io e siete voi: prendendo spunto solamente dai sogni, un personaggio e una storia, che spero vi possano appassionare. Mia prima long degna del termine!
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Axl Rose, Quasi tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Maggio, 1994 “Kansas – Dust in The Wind”


Gli scostai i capelli biondi dal viso addormentato. Le lacrime continuavano a rigarmi il volto. Era assurdo. Attorno a lui, sua madre, io e Axl e gli altri ragazzi distrutti, lui, steso su quel letto d’ospedale, sembrava il più sereno di tutti.
“Dobbiamo andare, ora..”
“No..”
“Minnie.. Forza, tesoro..”
Mi lasciai trasportare da Axl fino al corridoio dell’ospedale, dove iniziai a piangere. Lui mi prese tra le braccia.
“I dottori hanno detto che starà bene! Ti prego, lo sai che odio quando piangi..”
“Non posso perdere anche lui, Ax. Non posso. Non lo sopporterei.”
Mi guardò e provò ad asciugarmi le lacrime con il pollice. Mi diede un bacio sulla fronte.
“Non succederà.”
La telefonata dall’ospedale era arrivata il pomeriggio del 10: il medico preoccupato aveva parlato poco chiaro, ma quando eravamo arrivati in gran fretta all’ospedale di Seattle, città natale del bassista, la diagnosi era stata molto più specifica: pancreatite acuta, indotta da alcol.
In parole povere, una parte del fegato gli era letteralmente esplosa.
L’avevano sottoposto ad un intervento molto invasivo, ma, prima di farlo, gli avevano comunicato che, anche se l’operazione fosse riuscita, cosa non così ovvia, avrebbe dovuto sottoporsi alla dialisi per il resto della sua vita.
Lui, per tutta risposta, aveva detto solo una parola:
“Uccidetemi”.
Quando l’avevo saputo mi ero sentita inutile. Semplicemente, inutile. Davvero Duff, piuttosto che vivere con delle cure, avrebbe preferito morire. Sapevo che ultimamente non stava bene, lo sapevo benissimo, tutti in realtà attendevamo il momento in cui sarebbe successo qualcosa di grave, ma non pensavamo che sarebbe avvenuto così presto.
Dopo che io e Axl tornammo insieme, cercai come prima cosa di ristabilire i contatti con i ragazzi, che avevo perso di vista, ma, nonostante tutto, Duff era stato quello più difficile da rintracciare. A parte il fatto che per tutta quella parte dell’anno era tornato a Seattle per stare vicino a sua madre, a cui avevano diagnosticato due anni prima il Parkinson, la sua continua assunzione di alcool lo rendevano diverso dal solito: non assomigliava nemmeno più al ragazzo che conoscevo, era sempre ubriaco. Eppure in quel momento, mentre io stavo seduta ad attendere sue notizie, lui era steso pacificamente in quel letto d’ospedale, più simile ad un angelo che ad altro, con i capelli biondi spettinati e gli occhi chiusi, con un’espressione serena.

“E se i medici gli avessero dato retta?”
“E’ il loro lavoro, Minnie, sentono queste stronzate tutti i giorni.. Non sono così stupidi da accontentare pazienti sotto shock..”
“Non ha più nessuno, Ax.. Linda non è nemmeno venuta..”
Sospirò e mi diede un bacio leggero.
“Non tutti si meritano quello che abbiamo noi..”
Mi rizzai a sedere e lo guardai male:
“Non puoi parlare così! Sai benissimo che persona meravigliosa è Duff..”
“Lo so, ma so anche come si è comportato ultimamente.. E non dire che non sono state scelte sue..”
Crollai nuovamente sulle sue gambe che stavo usando come cuscino su quelle scomodissime sedie di metallo.
“E se morisse davvero?”
Chiuse gli occhi e sospirò.
“Preferisco non pensarci.. Non.. Non voglio neanche..”
“Non abbiamo pensato neanche a Kurt, ma è successo.”
Mi guardò, ma io, per evitare che ribattesse, mi girai dall’altra parte e finsi di star cercando di addormentarmi, cosa in cui, alla fine, riuscii realmente.

Inutile ricordare quello che successe il 5 aprile dello stesso anno.
Strano come tra le ultime persone che lo videro ci fu proprio Duff, su un volo aereo da Los Angeles a Seattle: il bassista, casualmente, aveva il posto vicino al suo e parlarono per tutta la durata del volo. Arrivati, lui lo perse di vista e non ci ripensò più, almeno non lo fece fino a quando, quattro giorni più tardi, successe.
Io mi trovavo in sala, stavo guardando un film, quando Axl me lo disse.
Aveva ricevuto una chiamata ed era sconvolto. Mi ero spaventata nel vederlo entrare con gli occhi lucidi. Mi disse semplicemente:
“Kurt è morto.”
Era stato come sentirsi stritolare lo stomaco, come cadere nel vuoto. Poi, mi disse che si era suicidato, e, allora, arrivarono anche quegli stupidi e opprimenti sensi di colpa: io ero stata una delle sue migliori amiche per gli ultimi suoi anni di vita, e  nonostante questo, era morto. Non l’avevo salvato, non l’avevo aiutato, non avevo fatto nulla. Non c’era più.
Kurt, il mio migliore amico, il mio dolcissimo amico, che ogni tanto tornava dai tour e mi telefonava e stavamo a parlare per ore e ore, era scomparso. Quelle bellissime telefonate, quegli incontri rari e attesi che ti portavano via dalla routine e dal lavoro, non sarebbero più avvenute.
Rimasi sopraffatta dal vuoto, rimasi svuotata, sciolta, spezzata.
Non reagii in una maniera molto matura, ma in fondo, ero talmente stravolta da non poter nemmeno pensare: mi chiusi in bagno. E ci restai per tre giorni, senza mangiare.
Alla fine, questo mio modo di reagire, che poi si riassumeva nel bisogno di stare sola, finì quando Axl scardinò la porta, mi prese in braccio, mi portò via di lì e mi fece capire nella maniera più assurda che le cose andavano avanti anche senza Kurt: mi chiese di sposarlo.
E io accettai.

Quando andammo al funerale del cantante, intravidi tra la folla Courtney con in braccio Frances, che ormai aveva due anni. Axl inizialmente era titubante ad avvicinarsi con me per fare le condoglianze alla moglie di Kurt, considerando che l’ultima volta che l’aveva vista, lei aveva insultato Stephanie e preso lui per il culo, ma, alla fine, venne con me e, in un certo senso, il dolore ci fece superare i vecchi conflitti.
Guardai Courtney e pensai a quanto chiunque governasse su di noi si stesse realmente prendendo gioco dell’essere umano: l’album delle Hole, band dove la ragazza era frontman, era uscito pochi giorni dopo la morte di Kurt, s’intitolava Living Through This, ed era arrivato in cima alle classifiche. E lei intanto era lì, con le lacrime agli occhi e l’aria assente. E assurdo è dover dire che pochi mesi dopo persino la sua bassista, Kristen Pfaff, morì, per overdose di eroina.
Ci furono due cerimonie: una per i parenti e gli amici stretti, l’altra aperta al pubblico. Durante quest’ultima, iniziai a rendermi conto di quanto Kurt non fosse stato solo un mio amico, anzi, mi accorsi di come la sua morte sarebbe diventata presto qualcosa di una portata gigantesca: il cantante, ora, si aggiungeva a quella lista di famosissime rockstar che, dopo una vita di sregolatezze e di eccessi, morivano prematuramente. Il fatto che lui si fosse suicidato, aumentava ancora di più l’interesse dei fans, e il tutto venne ingigantito dalla lettera di addio che venne ritrovata e pubblicata un paio di giorni dopo. Una lettera bellissima, profonda, triste. Tanto triste.
Come se non fosse stato abbastanza, al tutto venne aggiunta l’età di Kurt: 27 anni, e da allora tutti iniziarono ad accorgersi di un macabro particolare, ossia che Kurt era l’ennesima rockstar che andava ad aggiungersi al club 27, ossia un gruppo di allora più di venti cantanti o musicisti morti prematuramente tutti a quella stessa età, tra cui Jim Morrison, Janis Joplin e Jimi Hendrix. Incredibile dover aggiungere che, oggi, il numero è arrivato a trentaquattro, tra cui è presente anche Kristen Pfaff.
Quando sapemmo della malattia di Duff, la prima cosa a cui pensai, fu Kurt, a come lo avessi perso appena un mese prima e a come forse mi sarebbe potuto riaccadere, questa volta, però, con il mio migliore amico, mio fratello, una delle persone che avevo avuto più vicine negli ultimi anni.

E ora ero lì, addormentata sulle gambe di Axl, che intanto aveva ribaltato la testa all’indietro contro lo schienale e si era assopito come me, in quella stanza d’attesa.
Venni svegliata dagli occhi neri di Slash che mi fissavano: il ragazzo si era seduto a fianco a noi per poi chinarsi vicino a me. Appena aprii gli occhi e mi ritrovai i suoi a due centimetri di distanza sobbalzai, svegliando anche Axl.
“Che cazzo fai, Hudson?!”
“Ax, non urlare, sei scemo? Duff si è svegliato!”
Axl stava già per ribattere qualcosa a Slash, quando entrambi ci rendemmo conto di quello che il chitarrista aveva appena detto: Duff era sveglio.
Scattammo entrambi come due molle e corremmo verso la stanza del bassista, mentre  Slash ci seguiva a ruota. Una volta arrivati, trovammo la madre di Duff, finalmente di nuovo sorridente, nonostante il leggero tremore delle mani. Visto che in giro non c’erano infermiere, ci infilammo senza tante cerimonie nella stanza e, non appena mi accorsi del sorriso debole sugli occhi chiusi del bassista che ascoltava le parole di suo fratello, gli corsi incontro.
“Piano, bambolina..”
Mi ammonì Slash, ma non lo ascoltai e strinsi forte il biondo, che mi parlò con voce rauca:
“Se l’infermiera ti vede qui ad esultare ti caccerebbe fuori a calci in culo”
“Ben tornato”
Lo riempii di baci sulle guance, mentre lui cercava di liberarsi da me ridendo.
“Dai ragazzaccia, lascialo respirare”
Axl mi tirò a sé e mi tenne ferma abbracciandomi.
Bruce, intanto, il fratello di Duff, si avvicinò a noi:
“E non avete sentito l’ultima.. Questo coglione è scampato persino alla dialisi..”
“Sul serio?!”
Guardammo prima lui e poi Duff increduli.
“I medici dicono che è stato come un miracolo, ma.. Sì, è così.”
“Qualcuno sembra volerti dare una seconda possibilità..”
Disse Slash guardando Duff che continuava ad ascoltare beato. A quelle parole, però, riaprì gli occhi:
“Voglio farlo.. Voglio.. Non rovinerò tutto di nuovo.”
Axl annuì soddisfatto, mentre io continuavo a guardarlo, così bello, così felice. Finalmente.

Nei giorni successivi, il bassista si riprese completamente e venne dimesso. Per la gioia di tutti noi, decise di salutare la madre e gli amici della sua città e di tornare con noi a Los Angeles, dove festeggiammo il suo rientro con un ritrovo a casa di Slash.
In quell’occasione, capii subito dal suo disagio che le cose sarebbero cambiate veramente: se fosse rimasto ancora così vicino a noi e avesse continuato a seguire le abitudini degli altri, non sarebbe mai riuscito a migliorare. In effetti da quel giorno, vidi Duff un po’ più raramente, per questi motivi, ma lo sentii spesso a telefono, ed ero comunque tranquilla, perché sapevo che finalmente stava facendo ciò che era giusto per lui. Durante quel periodo, iniziò una disintossicazione totale, che controllò attraverso l’attività fisica, le arti marziali e la meditazione. Quando uscì da quel percorso lo vidi rinato, diverso, uomo.
E quando si staccò dal collo il lucchetto che aveva in ricordo di Sid Vicious, ma anche di quella vita di eccessi che oramai era finita, mentre tutte le fan piangevano per il loro idolo ribelle che avevano perso, io non potevo essere più contenta di aver ritrovato un amico, così perfetto come non era mai stato.

Se Duff quindi, passò il resto del mese e quelli successivi a migliorare così incredibilmente, io mi occupai della mia famiglia, che avevo trascurato molto, visto che, l’ultimo Natale l’avevo passato con Axl e non ero quindi riuscita ad utilizzarlo come occasione di ritorno a casa.
Qualche giorno più tardi, quindi, i miei vennero a Los Angeles per venirci a trovare.
Per me era incredibile rivederli: non li vedevo da più di un anno, un anno durante il quale li avevo chiamati massimo una decina di volte. Tutto quello che avevo affrontato, l’avevo tenuto per me, e se ne avevano sentito parlare, era stato attraverso i media. Per questo mi sentivo allo stesso tempo in colpa, ma anche in pace con me stessa, perché in fondo, non avergli dato il peso di quello che avevo passato con le dipendenze, forse per loro era stato meglio.
Attendemmo il loro arrivo sulla porta, io che continuavo a fissare l’orologio e Axl che tranquillo, con una camicia sbottonata, appoggiato allo stipite della porta, fumava una sigaretta.
“Hai intenzione di accoglierli così?”
“Cosa c’è che non va? Sono troppo sexy?”
Risi:
“Dai, stupido, chissà che diranno quando gli parlerò del matrimonio..”
“Quale matrimonio?”
Mi voltai verso il taxi che non avevo affatto sentito arrivare da cui stava scendendo mio padre, con un bagaglio a mano e un sorriso enorme, che veniva verso di noi a braccia spalancate.
“Papà!”
Lo abbracciai forte, sperando si dimenticasse di quello che aveva appena sentito. Mamma lo raggiunse e allora entrammo nella casa, mentre Axl se ne andava in giro per le stanze per mostrargliele.
Alla fine, ci sistemammo in salotto.
“Minnie, non hai niente di cui doverci parlare, quindi?”
No. Mio padre non si era affatto dimenticato. Axl mi guardò di sfuggita prima di prendere la parola:
“Ahm.. non so esattamente come si.. Cioè, io e Minnie abbiamo deciso di sposarci, ad ottobre.”
Mio padre restò a fissarci con lo sguardo soddisfatto, mentre mia madre rischiò di soffocarsi con la birra gentilmente offertagli dal padrone di casa.
“Così.. Così presto?”
“Mamma, ormai ci conosciamo da tre anni..”
“Sì, ma.. Tesoro, tu ne hai appena venti!”
Grazie al cielo fu papà a risponderle:
“Esattamente l’età a cui ci siamo sposati noi! Anzi, tu cara ne avevi diciannove..”
“E io ne ho ventisette, quindi, insomma.. A cosa serve aspettare..”
Mia madre rimase per la seconda volta a bocca aperta, una volta sentite le parole di Axl, che ora mi guardava come per sapere se avesse detto qualcosa di sbagliato.
“Ah. Pensavo.. Mi ero dimenticata che.. Insomma..”
“Signora, le assicuro che saprò prendermi cura di sua figlia”
Lei sospirò e si rigirò la fede tra le dita, poi riprese il discorso sorridendo:
“Oh sì, suvvia, è vero che noi e Axl ci conosciamo poco, ma credo che alla fine sappiamo di lui tutto ciò che ci serve sapere..”
Axl si avvicinò a me per sussurrarmi:
“Sì, certo, a parte che sono già stato sposato, che sono stato processato, che soffro di bipolarismo e, niente dai, quelle cose lì..”
Gli diedi una gomitata intimandogli a fare silenzio e tornando a guardare i miei con un amabile sorriso.
Alla fine, i miei ci diedero la loro benedizione, facendo affidamento al fatto che, alla loro epoca, mia madre si era fidanzata con un ragazzo che i suoi genitori non apprezzavano per niente, ma che, lo stesso, era diventato mio padre.

Quando io e mia madre rimanemmo sole, lei sembrava un po’ preoccupata e intimidita, tant’è che le chiesi se ci fosse qualcosa che non andava:
“No.. Non.. E’ solo che oggi con te volevo affrontare un discorso un po’.. Impegnativo. Non nel senso di importante insomma.. Solo un discorso che mi pare giusto farti per essere onesti al cento per cento.”
“Di cosa si tratta mamma?”
Lei mi guardò e poi iniziò a spiegarmi:
“Sai, tuo padre.. Anche quando eri piccola, mi aveva sempre detto che tu, sì insomma, eri quella che secondo lui aveva le migliori potenzialità..”
“Io?! Ma se ha sempre avuto attenzioni solo per Andy!”
“Andy aveva una grande tecnica come chitarrista, tu come cantante ne avevi meno, ma la tecnica si impara.. Quello che affascinava me e tuo padre è sempre stata.. La capacità che hai di trasmettere emozioni..”
“Se fossi stata così speciale come dici, avrei vinto almeno qualche concorso..”
“I concorsi sono metodi così stupidi per costruirsi una strada! Loro è ovvio  che considerino solo la tecnica e l’estensione vocale e tutte quelle altre particolarità piuttosto inutili, in realtà, un musicista deve, come prima cosa, saper comunicare..”
Le sorrisi, fiera di essere stata cresciuta in una famiglia che come valori insegnava questi.
“Allora come mi spieghi il fatto che nell’ultimo concorso sono addirittura arrivata in finale?”
Qui si interruppe e si guardò intorno nervosamente:
“Era.. Era di questo che volevo parlarti..”
Restai ad ascoltare confusa:
“Vedi.. Tuo padre era talmente affascinato dalle tue capacità, che decise che effettivamente potevi avere una strada nel mondo della musica e che.. Addirittura se non fosse successo, il pubblico ci avrebbe rimesso tanto.. Ed è per questo che..”
Sospirò e le intimai di continuare:
“E’ per questo che tuo padre si è rivolto alla giuria del concorso e.. Come rappresentante di una etichetta discografica così importante.. Ha chiesto di farti arrivare in finale.”
La fissai senza capire:
“Papà ha sempre detto che non avrebbe mai aiutato nessuno di noi! Che una carriera costruita su dei favoritismi è sbagliata e tutto il resto!”
“Io.. Lo so Minnie, per questo i tuoi fratelli non lo sanno.. Ma in fondo, lui voleva solo farti conoscere un po’, non ha mai chiesto ad Axl di prenderti con sé! Quando lui ti ha visto in finale, ti ha scelto perché gli piacevi.. Gli abbiamo chiesto di partecipare come giudice, ma non gli abbiamo mai detto quale delle concorrenti eri!”
“Gli.. Gli avete chiesto di partecipare come giudice?”
Mamma si accorse di essersi lasciata sfuggire un altro particolare, e ormai, detto troppo, decise di spiegarmi meglio:
“Da quando hai iniziato a raccontarci dei Guns, del loro album e del loro leader, papà ha fatto una ricerca e ha pensato che Axl avesse un grandissimo potenziale, sia dal punto vista tecnico che di scrittura. Abbiamo, quindi, pensato che se lui ti avesse notato, allora avrebbe significato che davvero ti meritavi quella strada..
Noi.. Minnie, in fondo ti abbiamo solo dato una spinta, il talento è il tuo!”
La guardai atterrita. Era vero, in fondo mi avevano solo fatto notare dal mio idolo, cosa che chiunque altro avrebbe considerato come un favore, ma io mi sentii tradita, come se in parte le mie potenzialità non fossero mai state comprese a fondo.
In un attimo, allo stesso tempo, mi si chiarirono tutte quelle situazioni che mi erano sempre sembrate forzate: non era la prima volta che partecipavo a dei concorsi, ma non ero mai stata così apprezzata come quella volta, e mi era parso incredibile che fra tutte le persone che potevano capitare come giudice straniero, avessero scelto proprio Axl.
Nonostante tutto, in realtà, apprezzai tanto il fatto che mia madre alla fine mi avesse spiegato le cose per come stavano, ma in quel momento, complici la sorpresa e lo stupore, me ne andai, e la lasciai sola, per andare dall’unica persona che poteva confermarmi quella versione dei fatti: Axl.

“Non avresti mai fatto il giudice in quel concorso inutile, se i miei non ti avessero chiamato, vero?”
“E se non mi avessero anche pagato così tanto..”
Lo guardai con gli occhi sgranati, sempre più affranta.
Lui si voltò, e quando mi vide così triste, si alzò dal divano e venne verso di me:
“Ehi, guarda che scherzavo..”
“Non c’è bisogno, ora è tutto più chiaro..”
Mi divincolai dalle sue braccia che mi avevano preso per i fianchi, ma mi strinse più forte:
“Guarda che se ti ho portato con me a Los Angeles, un motivo c’era!”
“Certo! Il motivo era che ti piacevo e nient’altro!”
Lui alzò gli occhi al cielo, mentre continuava a tenermi stretta per evitare che me ne andassi.
“E invece il pubblico che ti adora per cosa lo fa? Perché si è innamorato di te anche lui?”
“Ero solo una stupida favorita.. Senza mio padre non sarei mai diventata nessuno! Tutte le volte che ho detto nelle interviste che chiunque potrebbe avere la mia stessa fortuna, erano stronzate!”
“Amore, ti prego.. Non è vero! Il talento ripaga sempre.. Potrai anche essere una favorita, ma un album come Taken non lo scrive una senza talento! La fortuna serve in questo campo, ma non è l’unica cosa.. Credi che se quel giorno al Whisky a Go –Go non ci fosse stato quel talent scout noi avremmo comunque avuto il contratto con la Geffen? Anche quella è stata fortuna..”
Con quelle parole mi calmai e mi lasciai stringere dolcemente da lui.
“E se vuoi saperlo, bambolina, nessuno ti ha raccomandata a me per diventare mia moglie, ma lo diventerai comunque..”
Gli sorrisi e mi diede un bacio leggero.

Alla fine, mi riappacificai con i miei genitori. Lo so, nessuno prima che scrivessi questa autobiografia sapeva di questa storia, nemmeno i miei fratelli, ma quando ho deciso di scrivere la mia vita, ho promess­­o che avrei detto tutto. Tutto quello che il mondo non sapeva e tutto quello che anche le persone più vicine a me non sapevano. Quando ho iniziato a scrivere, ho finalmente capito il motivo per cui Axl nel ’92 avesse fatto quell’intervista con Rolling Stone su cose così private fino ad allora rimaste sconosciute ai fans: il senso di liberazione che si prova, quando finalmente la gente ti può conoscere davvero, è immenso. In più, sapere che la gente può iniziare a criticarti per quello che realmente sei è molto meglio di, come diceva il mio amatissimo Kurt, essere apprezzati per quello che non si è. I segreti nella vita di ognuno sono tanti, a volte le persone si ostinano a tenersi per se alcuni fatti solo perché si è egoisti delle proprie cose, a volte condividere tutto spaventa, ma se c’è una cosa che ho imparato dalla vita è che alla fine, se sei sincera, la gente lo apprezza.
Mi dispiace se alcune persone, leggendo queste parole, si sentiranno tradite, deluse, shockate, ma credo che ognuno abbia bisogno della verità, per una buona volta. Il mondo, i media e le persone ci privano troppo spesso della conoscenza, io, questa volta, non voglio farlo.

Le persone mi conoscono come cantante, come artista, come madre, come moglie, come sognatrice e come donna che c’è riuscita. Questo ultimo particolare è stato un nome con cui sono stata chiamata tante volte: The woman that made it, colei che ce l’ha fatta.
E’ vero, ce l’ho fatta, amo quello che faccio, sono felice, ma, in un certo senso, spero di aver fatto capire quanto la vita mi abbia tolto prima di darmi quello che volevo.
La morte di un amico, la partenza di un altro, la scomparsa di un altro ancora, una lontananza da una famiglia che ti ama talmente tanto da soffrire infinitamente per te, la paura continua di fare scelte sbagliate, le dipendenze, l’overdose, la riabilitazione.
Alcune persone pensano che tante esperienze, seppur dolorose, stiano alla base di una vita ricca e degna di essere vissuta, che tutto questo è meglio della monotonia. Non ne sono sicura.
Anche io la pensavo allo stesso modo, ma la lontananza che a volte sento da Kurt mi lascia interdetta.

Non ho più rimpianti. Non ho più paura. Sono un’artista, ma quello che spero di avervi dimostrato è che sono, soprattutto, un essere umano. Persona. Fragile.
Polvere nell’aria, aspetto un nuovo vento.


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Nota dell’autore: Siamo giunti al penultimo capitolo, il prossimo sarà l’epilogo unito ad una piccola sorpresa. Sono felicissima di aver potuto condividere con voi questo mio piccolo sogno, di cui non vado completamente fiera, ma che ho imparato ad apprezzare.. Come al solito, aspetto con ansia un vostro parere, poiché è l’unico modo che ho per sapere se mi merito l’attenzione di un pubblico minimamente ampio.. Vi saluto, e, per l’ultima volta, ci vediamo al prossimo aggiornamento **
Nicky
  
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