CAPITOLO
1
Il
soffice rumore del vento invernale si mischiava al regolare graffiare della
penna sul foglio, mentre Strawberry lavorava sui suoi compiti, il volto
contratto in una smorfia di concentrazione. Rilesse nuovamente l’equazione: y x/25 +
43/(5x+1).
“Pensa...
pensa... pensa... OH, MA CHI SE NE FREGA?” (e chi sei, Winnie the Pooh? ndme )
Si appoggiò allo schienale della sedia con un lieve sospiro.
Non
c’era alcun senso nello scrivere y,
almeno non quando i recenti eventi bruciavano così vivamente nella sua testa:
‘Mark.... grazie al cielo....’ Stava bene. Dopo tutto quello che era accaduto,
dopo quel terrificante scontro, quel momento di puro terrore quando quel
proiettile di Acqua Mew... non riusciva a ripensarci senza rabbrividire. La cosa
più importante era che lui stava bene, loro stavano bene, anche dopo la sua
ingarbugliata confessione.
Quei
pochi secondi, quei piccoli momenti cruciali da cui era stata tanto tormentata,
erano passati. Lui sapeva tutto ed il mondo non era caduto nell’oblio. Il suo
cuore non si era spezzato in due. Tutto era meraviglioso.
Allora
perché non c’era pace in lei?
Ghish….
Ogni
volta che chiudeva gli occhi, il volto tormentato dell’alieno l’assaliva.
Non poteva dimenticare la visione del suo corpo esanime che si accasciava contro
di lei, la sensazione di quella disperata pressione sul suo braccio, prima che
lui crollasse del tutto.
Più
di tutto non poteva bloccare il suono di quella voce implorante nella sua
testa.
Quando
era collassato, e anche prima di quello, prima della loro battaglia, la sua voce
la pregava di seguirlo, di capire…..
Di
capire cosa? Che cosa avrebbe potuto capire lei, se non che la sua casa, il suo
mondo, sarebbero stati distrutti se lei fosse andata con
lui?
Quale
altra verità ci poteva essere, se non che le Mew Mew stavano proteggendo il
mondo, mentre gli alieni lo volevano annientare?
Se
era tutto qui, allora perché non riusciva a dimenticare?
Perché
non si poteva trattenere dal mordersi le labbra e dal chiedersi se lui stava
bene?
“Questo
è…” Stupido. Voleva dire che era stupido, preoccuparsi del suo nemico, di Ghish
tra tutti, l’infuriato ragazzo che non avrebbe accettato un “no” come risposta,
che non l’avrebbe lasciata in pace, anche se era evidente che lei amava
Aoyama-kun.
Quando
disperatamente lo voleva dire! Avrebbe dato nuova forza a tutto: alla sua
fiducia di essere una Mew Mew, al suo amore per Mark, a tutti gli scopi che
aveva avuto negli ultimi mesi, eppure, ogni volta che quasi ci riusciva, vedeva
la sua faccia, sentiva l’odore del suo sangue. Aveva sentito la voce sicura di
Lory: “Sembra che anche queste persone
abbiano dei sentimenti.”
Se
loro avevano dei sentimenti… se
quelle persone provavano i loro stessi sentimenti… allora Pai… Tart…
Ghish…
Avrebbe
continuato a guardare il bianco muro vuoto di fronte a lei, se una dolcissima
palla di pelo rosa non le fosse passata davanti interrompendo i suoi pensieri.
Mash svolazzava di fronte a lei, ballonzolando freneticamente su e giù, mentre
squittiva nervosamente il suo ormai troppo familiare
allarme.
“Strawberry!
Alieno! Alieno!”
Alieno,
potrebbe essere…?
La
finestra… doveva aprire la finestra. Perché l’avrebbe dovuta aprire, quando
fuori era freddo e stava nevicando, non lo sapeva
esattamente.
Mentre
gli acuti avvertimenti di Mash salivano di volume, lei sapeva che il prossimo
passo era aprire la finestra.
Con
le dita tremanti per l'eccitazione dell'inconscio, Strawberry aprì la finestra e
scrutò la furia della tempesta che continuava ad aumentare. Il suo sguardo
incontrò unicamente il costante vorticare dei fiocchi di neve. Le accarezzarono
il volto con il loro tocco freddo e leggero, mentre lei squadrava l’oscurità,
con la fronte leggermente aggrottata, mentre Mash continuava a gironzolarle
intorno. I suoi nervi erano tesi per la paura, ma lei non riusciva a muoversi
dal suo posto, anche se da lì era molto vulnerabile. Non poteva trattenersi dal
guardare la tempesta di neve.
“Mash,
dov’è…”
Terminò
la frase con un fievolissimo squittio, mentre sentiva delle dita gelate
afferrarle il mento e farle girare la testa verso il vento gelido, verso un paio
di occhi dorati, che lei avrebbe desiderato non conoscere così
bene.
Il
suo primo pensiero coerente al sentire quelle unghie premute contro la sua pelle
fu di notare quanto erano fredde e come tremavano
debolmente.
Il
suo secondo fu di vedere che i suoi occhi non erano gli stessi di sempre. Non
avrebbe saputo darne una definizione, solo dire che in quel momento erano
diversi.
Che
lo fossero o meno, quelle orbite
sostennero le sue come facevano sempre, mentre le sue labbra (sono screpolate, pensò lei, troppo screpolate) erano spezzate nel
suo solito sorrisetto. Diverso anche
quello. Qualcosa…qualcosa non va.
“Ciao
gattina”.
Note
dell’autrice: allora, che ve ne pare come inizio? Spero che vada abbastanza
bene. Se dunque volete che i vostri commenti vadano all’autrice vera e propria,
fatemelo sapere ok?
Ciao
ciao
Bebbe5