“Mi
annoio”
ammise il bambino, guardando altrove.
“Concentrati!”
sbuffò Shion “Quel che ti sto spiegando,
è molto importante!”.
“Ma
sono
sempre le stesse cose!”.
“Che
devi
imparare bene”.
“Uffa..”.
Non
riusciva proprio a concentrarsi. Fuori il tempo era così
bello! Voleva giocare!
“Guarda
il
piccolo Aiolia!” lo rimproverò ancora,
velatamente, Shion “Si sta allenando con
suo fratello e non si lamenta!”.
“Ma
sono
stanco! Questi cosi sono pesanti!”.
“Sono
indispensabili per riparare le armature e solo tu puoi imparare come
fare”.
“E
perché?
Non puoi insegnarlo a Saga, che è grande ed ha
già l’armatura? Così la smette
di fare strane facce quando nessuno lo guarda?”.
“Non
so di
che parli ma, ad ogni modo, sei tu quello che lo deve imparare! E
adesso fammi
vedere quel che hai capito”.
Il
bambino
sospirò rassegnato. Davanti a sé aveva
un’armatura di bronzo danneggiata. Quando
era più piccolo, quegli oggetti lo affascinavano. Shion lo
teneva in braccio e
gli diceva che sarebbe stato un grande cavaliere con un ruolo
fondamentale e
lui si sentiva importante. Ora però, che erano trascorsi
degli anni, fare la
stessa cosa ogni giorno era diventato troppo noioso. Inoltre sentiva la
mancanza di casa. Chissà come stava la sua mamma? A volte
andava a trovarla, ma
era triste senza di lei. Guardò quasi con fastidio
quell’armatura ed iniziò a
lavorarci, con gli strumenti che aveva davanti e un po’ di
polvere stellare. Il
danno era lieve e quindi non dovette usare il sangue. Le vestigia
brillarono e
ripresero la forma originale. Shion sorrise, orgoglioso del suo piccolo
allievo.
“Sei
quasi
pronto..però ancora ti manca qualcosa per poter essere un
cavaliere”.
“E
che
cosa?” domandò il bambino.
“Lo
scoprirai”.
“E
se non
lo scopro?”.
Shion
non
rispose. Passò una mano fra i capelli lilla
dell’allievo e continuò a
sorridere. Il piccolo lo fissò perplesso. Perché
non rispondeva? Poi il
sacerdote tornò serio.
“Devi
fare
ancora esercizio” parlò l’uomo.
“Ma
ci sono
riuscito! Ho riparato l’armatura!”.
“Sì,
ma
ancora devi raggiungere lo stato ideale per divenire cavaliere.
Esercitati. Ora
torno alle mie mansioni e spero per te che non ti metterai a giocare
appena
distolgo lo sguardo”.
“No.
Farò
esercizio” sospirò di nuovo il bambino, fingendo
entusiasmo.
Non
appena
rimase da solo, il piccolo si esercitò ancora un
po’. Poi si distrasse. Pensò a
quanto fosse bello giocare con gli altri bimbi, se solo al tempio ci
fosse
qualcun altro oltre a lui e Aiolia! Aiolos e Saga erano grandi e
noiosi, sempre
seri. Deathmask, Aphrodite e Shura stavano per conto loro e lo
ignoravano.
Pensò fosse meglio andare a fare un giro e si
teletrasportò a casa.
“Mamma!”
sorrise, raggiungendo la donna “Sono qui!”.
“Oh,
piccolo mio!” lo accolse lei, abbracciandolo
“Ma..Shion sa che sei qui?”.
“No.
Non
crede che io possa teletrasportarmi fino a qui”.
“Sei
un
piccolo fenomeno. Ma devi tornare subito al Grande Tempio!”.
“Ma
no,
mamma. Lasciami stare qui almeno un po’. Sai, oggi sono
riuscito a riparare
un’armatura!”.
“Ah,
allora
sei pronto”.
“Shion
dice
ancora di no..”.
“Sei
piccolo. Hai solo sette anni..”.
“Non
voglio
diventare cavaliere, mamma”.
La
madre
guardò il bambino, non aspettandosi quella frase. Gli
accarezzò i capelli,
cercando di consolarlo.
“Perché
non
vuoi, piccolo mio? Non essere triste..”.
“Io
voglio
stare qui con te. Aiutarti. Voglio stare qui..”.
“Piccolo,
sono fiera che tu ami così tanto il tuo luogo
d’origine, ma il tuo destino non
è qui”.
“Ma
perché
io? Perché proprio io devo diventare cavaliere? Non
è giusto che un bambino
stia senza mamma”.
“Sei
stato
scelto dalle stelle. Dovresti esserne felice”.
“Che
si
estinguano le stelle!”.
“Non
dire
così! Anche io sono triste se sei lontano da me, ma sono
così orgogliosa del
fatto che il mio bambino sia il prossimo cavaliere d’oro di
Atena che..”.
“Ad
Atena
cosa serviamo? Perché noi Lemuriani dobbiamo riparare le
armature?”.
“Perché
solo noi, fin dal tempo del mito, abbiamo imparato certe cose. Ed uno
solo di
noi ha l’onore di divenire cavaliere e servire la
Dea”.
“E
morire..”.
“Smettila di fare
i capricci! E segui la tua
strada. Io ti voglio bene, ma sarei la donna più felice del
mondo se un giorno
tu venissi qui con indosso l’armatura
d’oro”.
“Anche
tu
vuoi questo..”.
Il
bambino
era deluso. Perché tutti volevano la stessa cosa? E se non
ne fosse stato in
grado?
“Dove
vai?”
chiese la madre, vedendo il piccolo che si allontanava.
Non
volendo
tornare al tempio, l’apprendista camminò per il
piccolo villaggio. Loro
Lemuriani erano in pochi e molti di loro vivevano solitari. Forse
doveva farlo
pure lui..rifugiarsi in qualche montagna del Tibet ed ignorare il
Mondo! Al
centro della piazza, una statua si ergeva, leggermente coperta di neve.
La
fissò.
“Sai
chi è quello?”domandò
un uomo, avvolto da un pesante mantello, avvicinandosi.
“No
e non
mi interessa”.
“Quello
è
il primo Lemuriano a servizio di Atena. Lui per primo ha difeso tutti
noi”.
“Difeso?”.
“I
cavalieri di Atena combattono per difendere i deboli. Quando scoppia la
guerra
santa, i cavalieri di Atena difendono l’umanità. E
pensa come mai sarebbe
possibile questo se non ci fosse uno di noi in grado di riparare e
costruire le
armature! Tu sei il bimbo scelto per servire il santuario. È
un compito
fondamentale”.
“Fondamentale,
tu dici?”.
“Certo.
Pensavi forse di no?”.
“Al
tempio
c’è Shion. È più forte e
bravo di me. Io non servo”.
“Shion
è
anziano, ormai. E stanco. Quando lui non ci sarà
più, tuo sarà il compito di
sorvegliare la casa dell’Ariete dai nemici e riparare le
sacre vestigia”.
“Tutto
da
solo?”.
“Non
ti
spaventare. Ne sarai di certo all’altezza, perché
Atena stessa ti ha scelto”.
“Capisco.
Però..mi manca tanto la mamma”.
“Tua
madre
è viva ed è qui, che ti aspetta. Vienila a
trovare tutte le volte che vuoi, ma
ricorda sempre il tuo ruolo. Come rappresentate del popolo Lemuriano,
non puoi
scoraggiarti”.
Il
bambino
osservò con più attenzione la statua. Che sguardo
fiero aveva!
“Ci
proverò” disse, a se stesso ed all’uomo
che aveva accanto.
“Bravo”
si
sentì rispondere e l’incappucciato gli
spettinò i capelli.
Il
bambino
ridacchiò e poi si voltò. L’uomo non
c’era più.
“Geia
sas!”
salutò Milo, sorridendo a chi aveva di fronte.
“Bonjour..”
rispose il nuovo arrivato.
“Io
sono
Milo, cavaliere d’oro dello Scorpione. Sono appena arrivato.
Anche tu?”.
“Camus.
Sì,
sono appena arrivato”.
“Sei
un
cavaliere?”.
“Sì.
Acquario”.
“Andiamo
a
cercare gli altri” sorrise lo Scorpione.
Tornato
al
tempio, con un po’ più di convinzione, il piccolo
si rimise al lavoro su alcune
armature. Poi sentì un rumore e si fermò.
“Chi
c’è?”
domandò.
Fuori
dal
tempio, due grandi occhi azzurri lo fissavano. Rispose allo sguardo ed
inclinò
la testa.
“Aiolia?
Sei tu?” insistette e qualcuno rise.
“Non
paragonarmi a lui! Io sono molto più bello”
ghignò Milo, mostrandosi.
Dietro
di
lui, Camus si guardava attorno con curiosità.
“Che
cosa
fai?” chiese proprio l’Acquario
all’apprendista di Shion.
“Io?
Mi
esercito. Così imparo a riparare le armature”.
“Davvero?!
Mi fai vedere?”.
L’allievo
annuì, stupito da quella richiesta. Riparò un
piccolo pezzo di un’armatura e
Camus lo osservò con grandi occhi ammirati.
“Sei
bravissimo!” commentò ed il Lemuriano
arrossì.
“Sei
un
cavaliere d’oro?” si aggiunse Milo.
“No,
non
ancora. Ma ci provo, così la mia mamma sarà fiera
di me”.
“Mamma?
Hai
ancora la mamma?” parve stupito lo Scorpione.
“Sì.
Voi
no?”.
Acquario
e
Scorpione scossero il capo.
“Io
non me
la ricordo” ammise Milo “Non so nemmeno il suo
nome”.
“Nemmeno
tu
ricordi la tua mamma?” chiese educatamente
l’apprendista, guardando Camus.
L’Acquario
distolse lo sguardo ed i due bambini capirono che era meglio non
entrare di
nuovo in argomento. Il Lemuriano fissò i suoi strumenti.
Saga, Aiolos, Aiolia,
Milo, Camus..erano tutti senza la mamma! Eppure erano lì,
con l’armatura d’oro!
Solo in quel momento il bambino si rendeva contro di quanto fortunato
era
perché, infondo, aveva sempre una mamma che non vedeva
l’ora di vederlo con
addosso le sacre vestigia! E lo incoraggiava, lo consolava e lo
sosteneva.
“Perché
hai
quelle strane sopracciglia?” si incuriosì Milo,
toccandole “Perché sono
tonde?”.
“Sono
tipiche del mio popolo. Io sono Lemuriano”.
“Coloro
che
vivevano nel mitico continente Mu?” si stupì
ancora Camus.
“Sì.
Ora
stiamo fra le montagne della catena dell’Himalaya. Ma non
posso dirti dove,
perché è segreto”.
L’apprendista
arrossì, imbarazzato. Mai nessuno lo aveva guardato con
simile ammirazione e
curiosità!
“Scusatemi..”
sorrise il Lemuriano “Devo andare adesso. Ma torno
subito!”.
“Maestro!”
chiamò l’apprendista “Maestro, siete
qui?”.
Entrò
cautamente alla tredicesima dimora, quella del Gran Sacerdote e vi vide
un uomo
incappucciato.
“Maestro!”
lo riconobbe il bambino “Eravate dunque Voi? Voi mi avete
spiegato la storia
legata a quella statua al villaggio!”.
“Sì,
piccolo mio” ammise Shion, togliendosi il pesante mantello.
“Ma
quindi..sapevate che andavo da mamma teletrasportandomi? E non mi avete
sgridato?”.
“Una
madre
è un dono prezioso, mio caro. Il suo amore è
importante. Non posso certo
sgridarti se vuoi vederla, anche se preferirei che non mi tenessi
nascoste le
cose”.
“Non
lo
farò più. Io..diventerò un cavaliere
d’oro! Ora ho capito!”.
“Hai
capito?”.
“Sì.
Ho un
ruolo importante. Io devo divenire cavaliere d’oro e
difendere il Mondo,
affinché non ci siano più i cattivi.
Diventerò cavaliere d’oro per impedire che
ci siano altri orfani. Voglio che tutti i bambini possano ricevere
l’abbraccio
di una mamma. Inoltre, trasmetterò il sapere della mia
gente, che in tempi
antichi ha giurato fedeltà ad Atena!”.
Shion
sorrise. Si avvicinò al bambino ed annuì.
“Hai
capito. Sei un vero cavaliere” commentò.
“Davvero?”
mormorò il piccolo, piuttosto stupito.
“Sì.
L’Ariete d’oro”.
“Maestro
io..io..può il mio nome da cavaliere essere Mu?”.
“Mu?”.
“Sì,
come
il continente mitico da cui veniamo”.
“Mi
piace.
Mu, cavaliere d’oro dell’Ariete. Suona
bene”.
“Un
fratello, dici? Che bella notizia” sorrise Aldebaran.
“Non
lo è
affatto” scosse la testa Mu “Io ho solo dodici
anni! E mia madre è morta per colpa
di quel bambino..”.
“Questi
discorsi mi disgustano. Non me li aspettavo da te” si
intromise Aiolia,
fissando l’Ariete d’oro con rimprovero
“Anche mia madre è morta in seguito alla
mia nascita, ma mio fratello Aiolos si è preso cura di
me”.
“Aiolos
il traditore?”
sbottò Deathmask “Non è un gran
bell’esempio”.
“Quel
bambino innocente non ha colpa” ringhiò Aiolia
“Merita di ricevere affetto come
tutti gli altri bambini. E tu, Mu, sei il suo fratello maggiore! Hai
l’obbligo
di prenderti cura di lui!”.
“Ma
sei un
drogato?! Tu avevi l’aiuto di Shion. Io che dovrei fare? Sono
un adolescente,
dopotutto, e dalla notte degli inganni il mio maestro non è
più lo stesso”.
“Siamo
tutti adolescenti ma, prima di questo, siamo cavalieri. Ed è
nostro compito
prenderci cura degli indifesi. Per quel che riguarda il maestro
Shion..”.
“Vi
mancano
i baci e gli abbracci di Shion?” sfotté il Cancro,
che sapeva bene che in
realtà il posto di Gran Sacerdote non era più
occupato da Shion da anni.
“Non
è
quello il punto!” sbottò Mu “Dico solo
che quel bambino ha ucciso mia madre”.
“Ma
è tuo
fratello!” protestò ancora il Leone “Vai
almeno a vederlo! Poi decidi. Fra i
Lemuriani ci sarà chi si prenderà cura di lui, se
tu proprio non ci riesci”.
L’Ariete,
seppur controvoglia, raggiunse il suo popolo. Appena arrivato,
udì subito il
vagito di un neonato. Era qualcosa di strano e raro per quel luogo.
“Ben
arrivato” lo salutò un’anziana
“Vieni. Il tuo fratellino ti aspetta”.
Mu
tentennò
ma la signora era piuttosto insistente e lo tirò per il
braccio, trascinandolo
in casa. Dentro una semplice culla, si udiva un pianto disperato.
“Ah,
fa
casino come un Orco!” storse il naso Mu.
“Un
orco
dalle nobili origini” ridacchiò un’altra
donna, che stava in piedi accanto alla
culla.
“Un
orco
terribile. Che uccide le donne venendo al mondo..”.
“Non
dite
queste cose, Signor Mu!”.
L’Ariete
si
avvicinò alla culla ed il piccolo smise di piangere, di
colpo. Tutti i presenti,
i curiosi del paese, si stupirono. Lo sguardo dei due fratelli si
incrociò e Mu
tacque. Rimase fermo, in silenzio, ad osservare quel minuscolo bambino
dai
capelli arancio.
“Ha
gli
occhi di vostra madre” commentò
l’anziana.
“Sì,
lo
vedo” ammise Mu.
Il
ragazzo
raccolse il coraggio e prese in braccio il fratellino. Era impacciato,
perché mai
prima d’ora aveva avuto a che fare con bambini
così piccoli, e si sentiva
decisamente imbranato. Quello sguardo..così innocente!
Quella creaturina così
vulnerabile aveva bisogno di qualcuno che la proteggesse e chi meglio
di lui,
cavaliere d’oro, poteva farlo? Ma capì che non lo
avrebbe portato al grande
tempio.
“Non
è
posto per te, quello” commentò Mu “Vi
è qualcosa di strano, anche se non
capisco che cosa. Troverò un posto solo per me e te e ti
insegnerò tutto. Tu che
dici? Ti piace l’idea, fratellino?”.
Kiki
ovviamente non aveva capito quanto detto dal fratello maggiore e rimase
a
guardarlo con la stessa espressione.
“Lo
farò
per la mamma. E per il maestro Shion”.
Mu
aveva
sentito parlare di un luogo, fra le montagne del Tibet, dove il suo
maestro da
giovane si ritirava. Era stata una gran fatica ma, alla fine, era
riuscito a
scovare quella torre senza porte.
“Ti
piace,
Kiki? Qui ti terrò al sicuro, anche se qualcosa mi dice che
diventerai un
piccolo furfante. Ti insegnerò quel che so e
chissà..magari un giorno sarai
cavaliere pure tu!”.
Piccolo
Mu terminato. Chiedo perdono se a
questo cavaliere non ho fatto affrontare prove particolari, se non
quella di
accettare il fatto di essere nato per fare il cavaliere. Mu
l’ho sempre visto
come un tipo pacifico e tranquillo, con poca voglia di fare. Per quanto
riguarda la definizione che dà di Kiki, deriva dal
significato del nome. Kiki infatti
significa (secondo certe interpretazioni) “nobile
orco” (o “terrificante/terribile”).
Solo nella versione italiana è il fratello di Mu ma amavo
troppo l’idea di “imparentarli”