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Autore: Lara Ponte    24/05/2015    1 recensioni
L'ambientazione è una delle più classiche del genere 'Fantasy'.
Lo spettro di una probabile guerra e un'importante vita da salvare.
Il giovane protagonista, Alster, vive come ospite nella casa di una famiglia di mercanti...
Questa mia storia in realtà è un edita della fine del 2013.
L'avevo rimossa per correggerla e revisionarla. Ma alla fine ho anche cambiato il titolo.
Trovate tutti i dettagli nelle note a fine capitolo.
Buona lettura.
Lara
Genere: Fantasy, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IV

Amore & Rancore


 

Il giorno seguente alla loro confessione, i due giovani non riuscirono quasi a vedersi. Lady Eleanor aveva sequestrato Kyrase di prima mattina per aiutarla a distribuire vestiti e provviste ai poveri nel quartiere del tempio ed erano tornate alla villa soltanto per l'ora di cena.

Fatta eccezione per i piccoli, tutti mangiarono in silenzio. Il mercante aveva uno sguardo serio e preoccupato e sua moglie pensò che qualcosa non andasse troppo bene negli affari. Lei per prima era abbastanza stanca dalla giornata appena trascorsa, inoltre conosceva bene suo marito, se avesse provato in quel momento a farlo parlare, avrebbe soltanto peggiorato il suo umore.

Quando le cameriere finirono di sparecchiare si ritirano tutti nelle rispettive camere. Kyrase invece decise di passare in cucina.

“Che accidenti vuoi a quest'ora!” Sbraitò un uomo alto e robusto, sentendo la porta che si apriva alle sue spalle. In quel momento era chino su una tinozza a ripulire una grossa pentola di rame.

“Scusa il disturbo Norbert, so che non è un buon orario...”

“Che mi venga un...!” Il cuoco, un uomo grosso e burbero, ora non sapeva come scusarsi per le sue maniere. “Mi perdoni lei signorina. Credevo fosse quell'impiastro di Kass.” Mentre parlava strusciò le mani callose sul vecchio grembiule che a stento gli copriva la pancia. Era un gesto automatico, lo faceva tutte le volte in cui si sentiva imbarazzato. “Cosa posso fare per lei?”

“Ero venuta a cercare una tisana. Non si preoccupi, faccio da me”

“E' rimasto un infuso all'arancia proprio nella vetrinetta lassù.” Disse indicando un mobile di fronte al grande cammino dove si cucinavano gli arrosti. Approfittò di quella pausa per asciugarsi il sudore dalla pelata con un panno logoro. Nella cucina a legna intanto bolliva una pentola di acqua pulita che sarebbe serviva per il restante delle stoviglie.

“Posso prenderne un po'?” Chiese la ragazza dopo averla indicata.

“Ma certo! Nessun problema.”

Dopo aver preparato la tazza, Kyrase salutò e andò via portandosela appresso. Arrivata in camera sua non indossò la vestaglia da notte, non aveva alcuna intenzione di mettersi a dormire. Si sedette al piccolo scrittoio vicino alla finestra e si mise a bere la tisana. Per poco si strozzò mentre sputava subito quel primo sorso. 'Che schifo... Ho dimenticato lo zucchero!'

 

Sempre più spesso si chiedeva se non fosse meglio fuggire di casa (magari prendendosi quanto le spettava del patrimonio) e cercare di realizzare il suo sogno piuttosto che fare la “Brava ragazza” sposando il partito scelto dal patrigno. Alla sola idea un brivido gelido le attraversò la schiena. 'Meglio morire di fame sotto un ponte!'

Poteva anche essere una pessima lady ma quanto ad erbe mediche ed anatomia, ormai ne sapeva più del loro vecchio guaritore. Era certa che anche da sola, avrebbe trovato un modo rispettoso per guadagnarsi da vivere. Si avvicinò alla finestra pensando ad Alster. Aprì un'anta e si sporse a guardare verso la dependance, sentiva il bisogno impellente di parlargli. Guardò un attimo l'orologio a pendolo vicino alla porta della camera, ricordò che a breve ci sarebbe stato il cambio turno tra le guardie e quello sarebbe stato il momento buono.

Quando fu tutto tranquillo, come aveva sempre fatto fin da piccola, spalancò del tutto gli scuri e uscì sul tetto. Aveva un po' di freddo ma non le importava. La luna quasi piena l'aiutò a trovare l'immenso albero rampicante che aveva usato mille volte come scala. Scese con leggerezza senza farsi notare e restando nascosta nelle ombre strisciò fino alla casetta poco distante.

'E se fosse addormentato?' Si chiese Kyrase dopo aver bussato piano alla finestra della sua camera. In quel momento si sentì stupida ed infantile, aveva agito senza pensare e probabilmente avrebbe fatto l'ennesima figuraccia. Invece il ragazzo aprì subito le imposte.

“Kyra?! Ma cosa...”

“Chiudi il becco e fammi entrare, fra poco ripassa la guardia!” Lo zittì saltando subito il davanzale per poi richiudere velocemente le ante.

“Non dovresti essere qui... eppure sono così felice di vederti!”

“Nemmeno tu riuscivi a dormire, vero?” Non era una vera domanda, la ragazza aveva visto che anche lui era ancora vestito di tutto punto. Si sentiva un po' in imbarazzo e per fortuna fu Alster a riprendere.

“Credo che dovremmo parlare.” Farfugliò, quando invece l'unica cosa che pensava era quella di abbracciarla e tenerla stretta a se. 'Follia...' Si disse, sforzandosi di mantenere la ragione.

“Non voglio più rimanere in questa casa...” Confessò lei, con gli occhi lucidi dalla rabbia.

“Ti rendi conto di cosa dici?”

“Tu non conosci Theodore. L'unico motivo per cui non c'è stata ancora la festa di fidanzamento è perché prima vuole risolvere il tuo mistero. Doveva incontrare la famiglia Galinar di ritorno dalle Alberne, ma lungo la strada ha trovato te. Non so se sia stata la mia benedizione o un'altra maledizione.”

“E tua madre?” Vedere la sua sofferenza era straziante, ma in quel momento non sapeva che fare.

“Lei crede sia arrivata l'ora che io metta la testa apposto!”

Anche se non conosceva bene quelle persone si rendeva conto che la ragazza diceva il vero. Lady Eleanor sembrava una donna semplice, nulla di strano che fosse convinta che la felicità per sua figlia fosse di fare un buon matrimonio. Ripensava a quanto s'erano detti l'altro giorno e ciò non fu certo d'aiuto. Forse anche lei ci pensò, perché nessuno dei due osava tirar su lo sguardo.

“Io... Potrei anche essere un delinquente. Ci hai mai pensato a questo?”

“Hai perso i tuoi ricordi, non il tuo cuore. Sono convinta che certe cose non cambino così facilmente...”

Senza rendersene conto si erano presi le mani e sugli occhi di lui comparve la debole traccia di una lacrima che voleva ricacciare indietro a tutti i costi. 'Perché mi sento così? Che diritto ho di fare questo?' Ogni tentativo di ragionare era perfettamente inutile. In quel momento erano troppo vicini e appena alzarono il viso si scambiarono un tenero abbraccio, poco più che fraterno.

“Cosa dovremmo fare?” Le chiese intuendo già cosa avrebbe risposto.

“Andare via insieme, tu e io... Non importa cosa sei stato in passato, ciò che ha importanza è quello che sarai da adesso in poi.”

A quelle parole il suo cuore riprese a martellare frenetico, ma questa volta arrivò anche un mal di testa tremendo. Il solo pensiero gli fece venire la pelle d'oca. Non aveva mai provato emozioni tanto forti, anche se aveva perso la memoria, era certo di questo. Tuttavia la sua coscienza, continuava a ripetergli che non poteva tradire così l'ospitalità appena ricevuta.

'E la mia di famiglia?' Ne ho ancora una ?' Si chiese. “Dammi ancora qualche giorno... vorrei prima ricordare. DEVO ricordare. Non ci siamo solo noi, lo sai. Magari da qualche parte ho anch'io una madre che mi cerca.” Nel momento in cui pronunciò la parola madre, ebbe un malore tale da costringerlo a piegarsi sulle ginocchia per non cadere.

“Alster!” Esclamò Kyra allarmata.

“Non è niente. Ora è meglio che torni in camera, prima che qualcuno si accorga della tua assenza.”

Non le diede il tempo di protestare, gli appoggiò l'indice sulle labbra e poi le sfiorò per un secondo con le sue.

'Ricorda presto!' Pensò lei, mentre con le guance ancora in fiamme, fuggiva via silenziosa com'era arrivata.
 

***
 

A notte fonda Alster continuava a sentirsi irrequieto. Troppi sentimenti si agitavano in lui facendolo rigirare da una parte all'altra del materasso. Alcune immagini avevano cominciato a riaffiorare nei suoi ricordi, ma ancora non riusciva a dar loro un senso. Quella frase, '...ciò che ha importanza è quello che sarai da adesso in poi', lo aveva tormentato da quando lei era tornata in casa. All'improvviso udì chiaramente nella sua testa una voce: la voce di un uomo che sapeva di conoscere fin troppo bene. 'Edward.... è tempo di ricordare.'

Si mise a sedere sorpreso di non provare alcuna paura. Una parte di se sapeva che sarebbe successo, era solo questione di tempo. Un sorriso malizioso apparve per un attimo sul suo volto. 'Finalmente, non ce la facevo più...' Ascoltò incredulo se stesso pronunciare quelle parole, chi era davvero? Si chiese mentre spostava lo sguardo verso il comodino in penombra, un raggio di luce lunare illuminava debolmente la stanza.

Continuò ad osservare fino a quando arrivò ciò che attendeva: un tenue bagliore azzurro nel quale apparve la forma di un pugnale. Dapprima si era manifestata trasparente come vetro fuso, poi acquisì lentamente una consistenza sempre più reale fino a diventare di metallo. Riconobbe subito la piccola e mortale Spina di Woodstone. Un'elsa d'argento di appena dieci centimetri cui era attorcigliata una decorazione a forma di serpente, che dalla bocca socchiusa liberava la lama: sottile acciaio rivestito di una patina d'argento incantato.

'Devi solo prenderla. E' tua di diritto' Disse la voce nella sua mente.

“Padre...” Sospirò il ragazzo chiudendo gli occhi.

Allungò la mano verso la piccola arma e prima ancora di toccarla, una valanga di ricordi si riversò nella sua testa, togliendogli il respiro. La prima cosa che mise a fuoco fu il volto di sua madre. In realtà era un'immagine sbiadita, perché era morta quando lui aveva appena sei anni. Ricordò subito l'amore che gli aveva trasmesso e le parole che gli ripeteva sempre 'Agisci sempre secondo coscienza'.

Ne aveva compreso appieno il significato durante l'adolescenza, se egli per primo non avesse potuto rimproverarsi nulla, nessun altro avrebbe dovuto metter naso sulle sue scelte. Ma in realtà non gli era mai stata data una gran possibilità di scegliere granché, almeno non fino a quel momento.


Il duro addestramento del padre lo aveva reso forte nel fisico e nella mente. Per padroneggiare le arti più semplici bastava un po' di concentrazione, ma per piegare la potenza degli spiriti elementali occorreva una volontà di ferro. Per lungo tempo il loro era stato un rapporto di odio e amore. Solo col senno di poi comprese che l'uomo Ulrick Woodstone, era stato costretto dal suo stesso senso del dovere ad agire secondo le regola del 'Fare quel che è giusto e non quel che si vorrebbe'.

Non se la sentiva di condannare la sua condotta ma continuava a pensare che Meyar sarebbe stata la scelta migliore per la successione alla guida della gilda.' Al diavolo la regola del sangue!' Imprecò tra se come faceva da ragazzo.


Osservava adesso le sue mani, alla destra reggeva il piccolo pugnale e teneva la sinistra col palmo rivolto verso l'alto. Per spezzare del tutto il sigillo che bloccava i suoi poteri e gli altri ricordi doveva solo fare una piccola incisione. 'Desidero davvero ricordare tutto quanto?' Domandò a se stesso.
Ricordava perfettamente la sua missione, sapeva cosa doveva fare e la cosa non gli piaceva.


 

  
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