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Autore: Madam Morgana    25/05/2015    6 recensioni
In una generazione all'avanguardia, il futuro dipende solo dalla tecnologia, ed alla famiglia Walker è appena arrivata la Scatola.
Quella che attendevano da tempo, quella che rivoluzionerà la loro vita.
Tutti sono entusiasti, eccetto la loro primogenita: Amira.
Perchè a lei, Ottocentodiciannove, non piace proprio, ed il fatto che i suoi fratelli abbiano deciso di dargli un nome diverso non l'entusiasma affatto.
I suoi occhi sono azzurri, la sua pelle perfettamente bianca, i capelli troppo biondi.
Non vuole avercelo per casa. Non osa immaginarsi la vita, da ora in poi, con lui tra i piedi.
Non osa immaginarsi la vita, d'ora in avanti, con un robot in giro per casa.
Dal testo:
«E' bellissimo papà!» esclama Edward, aggrappandosi alla gamba dell'androide.
«E' spaventoso» è l'unica cosa che riesce a dire Amira, guardando l'umanoide davanti a lei. Certo, è bello e questo non lo può escludere, ma la somiglianza ad un vero essere umano la spaventa tantissimo. Con quei capelli finti e biondi, le palpebre chiuse ed il bottoncino rosso sul lato sinistro del petto.
Genere: Malinconico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Emozioni.

Quando Luke apre gli occhi, si guarda intorno incerto sul posto in cui si trova. Scansiona la stanza, rivelandola come lo sgabuzzino. Scott gli sta ancora sistemando alcune cose, compresi i bulloni ai piedi che gli permettono di camminare.
Alla destra del padre, Amira fissa con attenzione ogni gesto da lui svolto, quasi come se volesse accertarsi che stesse facendo bene il suo lavoro.
«Miss» sussurra l'automa, notando come la sua voce sia tornata naturale.
Amira sbarra gli occhi, mentre un sorriso sornione le contorna le labbra leggermente carnose, avanza verso lui e poi si precipita tra le sue braccia, stringendolo. Scott la fissa turbato, ma non nega che gli piace il modo in cui sua figlia abbia cambiato idea sull'androide. Perché lo sa anche lui, che Luke è buono.
Ed alla fine li lascia da soli, perché crede che parlare a Trevis sull'accaduto del giorno prima sia la cosa migliore. Suo nipote quello, proprio non doveva farlo.
«Luke! Oddio come sono felice che tu stia bene» sussurra, mentre nasconde il viso nell'incavo del suo collo. Questi si permette di accennare un sorriso, inspirando il profumo dei capelli di Amira, che rileva come muschio e miele.
«Sono... felice anche io, Miss» non sa se sia giusto dirlo, perché lui emozioni non ne ha. Eppure avverte uno strano movimento tra gli ingranaggi, come se qualcosa si fosse incastrata al suo interno bloccando la rotazione.
«Tranquillo che Ashton la pagherà cara, non doveva farlo» ringhia, indispettita e sì, anche frustrata. Senza contare che l'ha visto bene, il modo in cui Luke l'ha guardata quando Ashton per poco non la baciava.
Ed ha anche avvertito una strana sensazione angosciante, all'altezza del petto, desiderando solo di giustificarsi con Luke, nonostante non ne avesse realmente bisogno.
«Suo padre mi ha sistemato, Miss, l'importante è questo, no?» chiede, perché forse è giusto così. Che Ashton non paghi le conseguenze perché ormai lui sta bene.
Ma la sua padroncina scuote il capo, perché secondo lei le cose non vanno risolte così, potrebbero solo peggiorare.
«No, Luke, potevi non funzionare più ed io…» si blocca, Amira, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche. Conficca le unghie nei palmi e fissa le punte di entrambe le Converse, come se le trovasse meravigliosamente interessanti.
Non vuole dirlo, Amira, che forse la vita senza Luke non saprebbe più immaginarsela, perché è un bravo robot, o forse un bravo umano. Ha smesso di pensare che avesse un automa in casa quando, quest'ultimo, le aveva intagliato una graziosa ballerina in legno.
Ed allora tutto era cambiato, con Amira che forse una speranza a Luke voleva darla e con quest'ultimo che aveva messo da parte tutte le cose brutte da lei dette in precedenza.
«Miss?» Luke sa che la frase non è finita, che c'è dell'altro però non vuole forzare la sua padroncina, ha smesso di farlo da un bel po'.
Questa alza il capo, mentre le labbra si curvano all'insù, perché è una gioia vedere Luke, sapere che il pericolo è scampato e che non ha bisogno di pensare ad una vita senza lui.
Ma poi perché pensa quelle cose?
«Se dovesse chiamarti di nuovo, Ashton, tu non andarci. Smettila di obbedire, una volta tanto, Luke» ma lui inclina il capo, sbatte le palpebre e la fissa.
«Miss, ma io sono stato programmato per – »
«No Luke, non... non voglio perderti!» sbotta, forse un po' infastidita di quella risposta perché non l'aveva programmata. E' uscita così, di getto, senza la benché minima programmazione. E diavolo parla proprio come Luke!
Si avvicina a lui, gli prende le mani e poi le poggia sulle proprie guance piccole.
L'automa si permette di studiarle, mentre sfiora la pelle color latte della sua padrona. La trova anche morbida e piacevole da carezzare.
«Non mi perderà, Miss» e questo è quanto, ma basta ad Amira per farle sentire una strana sensazione al petto che la porta a sorridere come una stupida. Poi avverte il cuore accartocciarsi ma va bene così, 'ché forse non è una sensazione sgradevole.
«Allora vedi di non prendere più ordini da mio cugino Ashton, va bene?» lui annuisce, sorride e sistema una piccola ciocca di capelli scuri che la sua padrona aveva sul viso.
«Come desidera, Miss» forse è anche un bene che Luke pensi sia un ordine, almeno non lo trasgredirà.

A tavola Trevis, Scott, Eleonor, AnneMarie ed Ashton stanno consumando l'abituale colazione australiana. Si è permessa di cucinarla da sola, il promo pasto mattutino, Eleonor, perché suo marito era troppo impegnato con Luke.
Quando Amira fa capolino in cucina, Ashton le riserva una di quelle occhiate eloquenti e forse troppo perverse, ma lei è furibonda e sicuramente non lo guarderà.
Si accomoda di fronte a lui, come da copione, ma subito lascia cadere dentro la sua tazza una giusta dose di latte che poi si permette di farcire con del cacao in polvere.
«Spero saprai cos'ha fatto tuo figlio, zio» perché Amira non ha dimenticato il comportamento insolente di Ashton, e se suo padre non ha ancora accennato nulla a riguardo lo farà lei.
Trevis si morde le labbra, guarda la sua ciotola semi vuota e poi da una rapida occhiata a suo figlio, che sembra non curarsi di ciò che ieri ha fatto.
Scott è furioso, perché già è bastata la predica a suo nipote ed anche a suo cognato, Amira dovrebbe smetterla.
«Amira, credo che per te si sia fatta l'ora di andare a scuola, che dici?» la rimbrotta suo padre.
Questa rotea gli occhi e si alza da tavola, seguita da Ashton che sembra un mastino da come le va dietro.
Salgono le scale, e lei sta per chiudersi la porta della stanza dietro le spalle, quando suo cugino mette un piede sull'uscio, bloccando la chiusura.
«Amira, aspetta!»
«Non pensare che abbia dimenticato quello che hai fatto, non te lo perdonerò mai» gli delucida, perché lei non ha mai cambiato idea su ciò che pensa, e di certo non lo farà proprio adesso. Con un tipo come Ashton, poi.
«Ti accompagno a scuola, che dici?» ma lui ci prova. Amira ugualmente scuote il capo, gli pesta il piedi e poi si chiude la porta alle spalle.
Non potrebbe mai perdonare una cosa sgradevole come quella ch'è accaduta. Far saltare Luke fuori dalla finestra, per un suo assurdo capriccio poi. Roba da pazzi!
Velocemente si spoglia, rifila qualche maglia forse un po' vecchia e sbiadita, e poi degli skinny neri. Raccoglie i capelli scuri in una crocchia disordinata, afferra lo zaino e poi apre nuovamente la porta, trovandosi Ashton appoggiato al muro, con le braccia conserte.
Quasi certamente la stava aspettando.
«Ancora qui? Ma che vuoi Ashton?» ringhia. Questi si avvicina, la prende da un polso e cerca di trascinarla di sotto. Ma qualcuno blocca tutto quello, perché Luke è sempre stato lì, dall'altra parte del corridoio, a sistemare la stanza di Tyson ed Edward.
Ed allora poggia la mano sulle dita del ragazzo dai capelli ricci, i suoi occhi lo scansionano e poi sbatte le palpebre.
«Accompagno io la Miss a scuola, oggi» delucida. Con una gentilezza che Ashton proprio non merita, pensa lei.
Lei alza il capo, sorride: è felice Amira, che Luke in qualche modo l'abbia salvata ancora una volta.
Ashton rotea gli occhi, con quel sorriso da bastardo che contorna le sue labbra sottili «Non vorrai farmi credere che tu accompagnerai mia cugina a scuola?! Sei uno stupido giocattolo!» ed allora Amira usa l'altra mano per darglielo, un ceffone. Se lo merita.
Spinta dalla rabbia gliene dà un altro, e poi un altro ancora, fino a quando Luke è costretta a spostarla.
«Non osare mai più chiamare Luke in quel modo!» sbotta, frustrata, mentre Luke l'allontana di qualche centimetro da suo cugino.
Ashton si massaggia la mascella, e ride. Amira ha una forza minima rispetto alla sua, ma in qualche modo si fa sentire.
La guarda, le piace, vorrebbe sfiorarla ed averla. Stupido robot «E' assurdo che ti lasci accompagnare da un coso come lui!»
«Il coso sarai tu! Luke non è uno sporco maiale come te!» e fa per allontanarsi, seguita da Luke che un po' ricorda l'angelo custode, accanto a lei.
Ashton li segue, afferra nuovamente il polso di Amira e la volta, perché proprio non può sopportare il fatto che uno stupido automa accompagnerà una bella ragazza come sua cugina a scuola.
«Ammy siamo partiti con il piede sbagliato, dai facciamo pace» chiede, nella speranza di un'altra possibilità. Ma gli occhi iniettati di sangue che sua cugina ha, gli fanno capire che quella richiesta è stata assai stupida.
Ed allora si rassegna, li lascia andare e lui se ne torna nella sua stanza, sfogliando sicuramente qualche rivista.
Per quanto riguarda Amira e Luke, sono già catapultati nella caotica e calda Sydney, quel giorno sicuramente più affollata del solito considerando la bella mattinata.
C'è che a Sydney il sole picchia sempre forte, ed i turisti ne approfittano per fermarsi nella capitale.
Ad Amira non sono mai importate quelle cose, eppure è felice di far notare come le persone si divertano in giro per le strade, agli occhi degli altri l'automa risulta come un comunissimo essere umano.
Ed allora lei non renderà evidente di avere un robot vicino, modo per cui gli afferra la mano e la intreccia con la sua, le dita che si completano come tasselli di un puzzle.
Luke abbassa il capo per notare quella stretta: è piacevole. Non sa spiegarsi perché, non sa capire il motivo per cui i suoi ingranaggi continuano a non funzionare bene, non comprende la ragione di quei strani cigolii. L'unica cosa che sa, è che ha paura di essere sostituito nel momento in cui rivelerà quelle cose al suo padrone.
«Miss?» si guarda intorno, un po' spaesato e, sì, anche sperduto. Se non ci fosse Amira sicuramente dovrebbe fare affidamento ai suoi sensori per ritrovare la via di casa.
«Sì?» lei è felice, invece, forse ha dimenticato tutta la rabbia di poco prima. Perché Ashton adesso è lontano e nessuno può più guastarle la giornata, non con Luke vicino e lontani da casa, poi.
China il capo, nel momento in cui Luke fa lo stesso, e si sofferma sulle loro mani che sono in perfetta sintonia. Amira le scruta, e capisce che forse sono state fatte per ricongiungersi, per incontrarsi, per essere strette in quelle dell'altra.
Si morde le labbra, perché non dovrebbe pensare quelle cose. E poi cosa le sta succedendo?
«Lo fanno le persone che vogliono dare affetto, che vogliono far capire a quella persona ch'è speciale» ed allora Luke annuisce, ed intensifica – sebbene di poco – la stretta, senza fare alcun male ad Amira, «ehi, me la stai stringendo troppo forte!» e si permette pure di ridacchiare.
L'automa sorride, scoprendo la sua dentatura bianca e lucida. «Spero la Miss abbia capito quanto sia speciale per me, allora»
E le guance di lei si colorano di un rosso porpora che, prima, solo Josh era stato in grado di vedere. Quel bastardo che nemmeno la meritava.
Si morde le labbra, e cerca d'intensificare anche lei la stretta, poi alza lo sguardo e fissa il robot.
«Senti, che ne dici se andassimo in giro per la città, oggi? Se marino la scuola mi prometti di non dire nulla ai miei?» Luke s'acciglia, probabilmente per lui non c'è molta differenza da quella domanda e un ordine. E dunque annuisce, perché non vorrebbe mai vedere Amira soffrire per un rimprovero dei suoi genitori.
Cambiano traiettoria, con lei che lo guida dall'altra parte della città e lui che si lascia trascinare perdendosi ad osservare quanto grande possa essere la capitale, abbellita da un sole cocente che picchia sulla testa e da un venticello armonioso che scompiglia i capelli.

«Vengo sempre qui quando ho un po' di tempo libero. Solitamente ci vengo con Cal, ma oggi sono felice di avere te vicino» Amira è stesa sull'erba di un piccolo prato poco conosciuto. Nessuno si spinge fino a tanto. C'è che a Sydney la gente visita i negozi costosi e famosi, non i prati. E lei, ch'è sempre stata rinchiusa da muri troppo alti di negozi sfarzosi, preferisce starsene da sola, attorniata da un po' di verde e dal canto di qualche uccello nascosto dalle fronde degli alberi.
Luke è seduto sull'erba. Vigile, scansiona ogni cosa come a voler rinnovare il suo database, aggiungendo dell'altro ed arricchendolo ulteriormente.
Amira poggia la mano su quella dell'automa, ch'è l'ha affondata nei piccoli fili d'erba, si permette di solleticarla, passando l'indice su tutte le dita, in modo tale che l'altro possa guardarla interrompendo il contatto visivo con la natura.
«E' un bel posto, Miss» perché lo pensa davvero, Luke. Tutto quel verde gli piace, e trova carino il modo in cui gli uccelli cinguettano, fanno da cornice ad un posto tanto bello.
Amira si solleva, allora, sedendosi sul posto, appoggia il capo sulla spalla di Luke e guarda davanti a se, notando come alcuni alberi siano diventati imponenti. Davvero tanto, imponenti.
«Possiamo venirci tutte le volte che vuoi, Luke» e lui annuisce, non chiede né dice altro.
Timidamente e forse un po' titubante, allunga la mano alla ricerca di quella di lei, che poi va a stringere notando come questa ricambi la stretta. E, di nuovo, le loro dita sono intrecciate in un puzzle di vita umana e robotica.
«Miss, crede che io possa provare sentimenti come voi?» la domanda sorprende Amira, però, che posa lo sguardo su quello dell'automa. Non è un quesito che si sarebbe aspettata, perché purtroppo sa bene fino a dove si sia spinta la Department, con gli sviluppi sulla robotica.
Eppure non vuole scoraggiare Luke, perché forse nel suo cuore, brama il giorno in cui un'impossibile realtà possa renderlo di carne ed ossa.
«Non vedo perché non dovresti» sussurra, forse più per convincere se stessa che lui.
«Sono solo un giocattolo di metallo ed ingranaggi, Miss» ed il cuore di Amira si accartoccia nel momento in cui Luke delucida la realtà. Quasi con violenza e crudeltà, senza però darci peso, perché lui continua a non averceli i sentimenti.
Ma a lei fa male, tutte le volte che lo dice il suo cuore si spezza. Ed una metà, giura – se solo potesse – la donerebbe a lui, per renderlo umano.
Perché forse non ha realmente importanza se al suo interno Luke sia ricoperto di filamenti di diversi colori, rotelle, bottoni o altro.
La verità è che lei lo adora così, con quel suo “Miss”, la sua cordialità, la sua incapacità in alcune cose, nonostante sia un robot. C'è che a lei, Luke piace, perché è diverso. E va bene così, non lo sostituirebbe con nessun altro.
Timidamente si sporge in avanti, forse un po' dubbiosa, ma sa che deve farlo.
Posa le mani sulle guance di Luke, che ora la guarda un po' incerto. Poi è un attimo, Amira poggia le labbra su quelle di lui, chiude gli occhi e si lascia trasportare dal vento gentile e dal profumo d'erba. E' come se il mondo tornasse a ruotare nel senso giusto, ogni cosa sembra essersi messa al proprio posto. C'è che è giusto trovarsi lì, in quel posto sperduto da tutti ma non da lei, c'è che è giusto avere Luke vicino, che le sta cingendo il bacino in maniera dolce, quasi come se avesse paura di farle male.
E forse l'unica cosa che potrebbe risultare imperfetta è che Luke un cuore non lo ha, non dovrebbe nemmeno provare emozioni, ma invece sembra tutto il contrario.
Perché anche Amira capisce che quel bacio è stato voluto anche da lui, lo comprende da come l'automa muove le labbra sulle sue, con dimestichezza ma non con prepotenza.
E le piace, terribilmente. Sarà l'atmosfera, il luogo, l'aria, la natura. Ma le piace, tanto.
Si fermano nel momento in cui a lei serve aria, perché probabilmente l'automa avrebbe continuato all'infinito.
Entrambi si stendono, ed Amira poggia il capo sul petto di Luke, immaginandosi di nuovo il battito del suo cuore che va all'impazzata, proprio come il suo.
«E' un bacio, Miss?» anche se, in fondo, sa bene cos'è.
Amira sorride, annuisce e chiude gli occhi. Non potrebbe essere in un posto migliore di quello.
«E' un bacio, Luke»
«Perché me lo ha dato, Miss?» chiede, perché l'ha visto fare qualche volta a Scott Walker con Eleonor.
«Perché volevo dartelo, adesso hai un pezzetto di me, in te»
«Avevo già un pezzetto di lei, Miss» la risposta sorprende la ragazza, che lo guarda stranita. Non si sarà appropriato di qualche indumento intimo, spera.
«E cosa avevi?» gli sussurra, a fior di labbra. E le trova così invitanti, Amira, tanto da desiderarle di nuovo sulle sue.
Luke sorride, le sistema qualche ciocca corvina dietro l'orecchio e poi si avvicina a lei, soffiando sulle sue labbra carnose «Tutte le volte che mi sorride, Miss, mi sento vivo. Non da automa, né da robot tutto fare, ma da umano»
Ad Amira quello basta per farla avvicinare di nuovo, le loro labbra che si ricongiungono, baci e carezze di chi non aspettava altro, rotolati tra l'erba e cullati dal vento.
Si baciano ancora, e poi ancora, come fosse l'unica cosa a tenerli in vita, ormai.

«Ammy, sarà tutto il giorno che provo a chiamarti, ma che fine hai fatto?» Calum è furioso, e, sì, anche preoccupato. C'è che lui, ad Amira, ci tiene davvero. L'ha sempre fatto e vedere come non abbia preso le chiamate né risposto ai messaggi, quella mattina, un po' l'ha sorpreso.
Solitamente la sua amica non lo ignora mai, pertanto deve avere una scusante valida. La sua voce al telefono è squillante, e lei è costretta ad allontanarla prima di potergli rispondere.
Sbuffa, si rotola nel letto e poi sfiora le proprie labbra, ripensando ancora ai baci di Luke e della meravigliosa giornata che hanno trascorso insieme.
«Ho avuto da fare» lo informa, perché non vuole dirgli tutto quanto. Tra l'altro se lo può anche permettere, lui mica le ha detto di Josh subito. Anzi in realtà non l'ha proprio fatto, se non fosse stato per quello spocchioso di Clifford non avrebbe mai saputo nulla, probabilmente.
«Non sei nemmeno venuta a scuola» la riprende, il che è doppiamente preoccupante. Ma Amira non demorde, non dirà né di Luke, né del bacio né tanto meno di aver marinato la scuola. Ed un po' gli sta bene, a Calum, così la prossima volta impara a tenerle le cose nascoste.
«Cal, davvero, ho avuto da fare. Però sto bene. Hanno lasciato compiti?» cerca di cambiare discorso, ma Calum continua.
«Amira perché non vuoi dirmi cos'hai fatto oggi? Che stai nascondendo?» perché tanto di compiti non ne hanno lasciati molti e comunque lei può sempre copiare da lui. Non è questo il motivo della chiamata.
«Ma non sto nascondendo nulla, Cal!» continua, mentre si morde nervosamente le labbra. Sente gli occhi pizzicare perché, lei, la realtà la conosce ma non la vuole ammettere. Non vuole dirlo nemmeno a Calum, che ha baciato Luke.
Ad un tratto la porta si spalanca, rivelando l'automa con una cesta piena di vestiti puliti.
Amira sorride perché forse non ha perso le sue buone abitudini. Le abitudini per cui è stato creato dalla Department.
Lo guarda, lui fa lo stesso, entrambi si fissano per minuti interminabili «Cal, ti richiamo io» e chiude la chiamata, perché non riuscirebbe a ragionare con Luke nella sua stanza.
Dal canto dell'automa, accenna semplicemente un sorriso, mentre posa la cesta vicino alla porta.
«I vestiti puliti, Miss»
Amira si alza dal letto, dirigendosi verso l'androide, poi lo prende per mano e lo dirige verso il letto «Grazie, Luke» esce come un sussurro, quella frase. E dire che, prima, Amira non si sarebbe immaginata proprio di essere così gentile con un'automa. Tanto meno baciarlo e sentire una strana sensazione al petto.
«Suo cugino Ashton vuole vederla, Miss» ed allora tutta la positività di prima svanisce nel momento in cui il biondo enuncia quella frase. Amira incrocia le braccia al petto, rotea gli occhi e sbuffa perché spera solo che i suoi zii vadano via, trascinandosi quell'impiastro fastidioso di suo cugino Ashton.
«Beh, allora digli che ho da fare» sbotta, e Luke scuote il capo. Quasi come se stesse andando contro le regole per cui è stato programmato.
«Miss, credo sia il caso che lei vada» sussurra, avvicinandosi dolcemente alla sua padroncina.
Le guance di Amira si colorano di un leggero rosso cremisi, mentre si morde le labbra per bearsi di quegli occhi cerulei magnifici.
«Luke?» sussurra, a fior di labbra.
«Miss?»
«Baciami» e quello basta per l'automa. Preme le labbra su quelle di Amira in un caldo e casto bacio, mentre poggia le mani sul viso angelico di lei per sfiorarne la delicatezza.
E giura, Luke, che forse in mezzo a tutti quei ingranaggi qualcosa stia andando più veloce. Non sa bene cosa, né perché. L'unica cosa certa è che a lui, Amira, piace. E non sa spiegarsi il motivo, perché lui non aveva valutato la possibilità di avere sentimenti da umano.
Ma non vuole pensarci, non adesso, perché le labbra della ragazza sulle sue, non potrebbero rendere il momento migliore di così. Insieme, solo loro. Solo loro e basta.
 

SBAAAAAAAAAM

Bimbi miei adorati, ammettetelo che siete un concentrato
di fluff e scleratine varie, al momento, eh? Ammettetelo, su!
Anche perché Morgana si sente proprio come voi, in questo
esatto momento.
Diciamo che, finalmente, sembra esserci un po' di tregua, almeno
per il momento.
C'è che Amira mostra il rifugio segreto a Luke, quello in cui si reca quando
vuole riflettere lontano dalla caotica capitale ed allora il biondino
si apre con lei, tanto che alla giovane scatta qualcosa, e, come una molla,
preme le labbra su quelle del robot. Non sono carinissimi? ç___ç
Li adoro, sono dolci!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, confido nelle vostre più dolci parole che,
come sempre, mi spronano a proseguire. Davvero grazie di cuore. Siete i lettori
migliori di sempre.
Un bacione grande.


Madam Morgana.

PS: oggi Morgana è proprio una macchinetta di idee, e beh, se
volete, potete leggere la oneshot che ha pubblicato su Ashton.

Vi lascia il link qui.
   
 
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