Il Vento. Il suo soffio leggero e violento insieme,
ripulisce la terra dalla sporca sabbia [macchiata di sangue].
Minato.
Rin.
L’Acqua.
Pura e incontaminata, fresca e scintillante, distrugge il fuoco quando divampa
senza controllo.
Obito.
Il
Fuoco. Indomabile e orgoglioso, non guarda in faccia i suoi avversari, e le
ceneri della sua distruzione si mischiano al vento.
Kakashi.
“E
il Vuoto? Kakashi sensei, manca il Vuoto!”
“Go
Dai”
-I
Cinque Grandi-
Un
Fanatico. Un Pagliaccio. Una Croce Rossina.
Questo
è quello che vide Minato Kamikaze quando gli misero davanti quei tre
ragazzini.
Lo
capiva con una semplice occhiata che erano uno diverso dall’altro. E che loro
erano terribilmente diversi da lui.
Era
un caldo pomeriggio di luglio, così diceva il calendario. Era appena tornato da
una missione impegnativa [seccante]; tornato a casa, affamato e distrutto, non
aveva trovato niente da mangiare, nemmeno un misero ramen precotto [molto
seccante]; Kushina non lo aveva nemmeno salutato, non degnandolo nemmeno di un
sorriso [molto, molto seccante].
Quel
pomeriggio di luglio, così diceva il calendario, non aveva proprio niente di
buono, e quei tre marmocchi che gli avevano affidato non aiutavano certamente a
rallegrare la giornata.
Minato,
comunque, era conosciuto per la sua enorme pazienza e gentilezza, e con un
sorriso tirato e forzato, decise di conoscere quei tre bambini [gli sembravano
scriccioli, quanti anni potevano avere?].
Li
incontrò su una collinetta fuori Konoha, dove il vento soffiava leggero, l’erba
era sempre verde e gli uccellini cantavano spesso.
Partendo
da destra, un ragazzino smilzo e dalla faccia seccata, guardava con ostinazione
i fili d’erba, come se tutto quello che lo circondasse non fosse importante; i
suoi capelli argentati erano familiari, ma sicuramente il dettaglio che più si
evidenziava agli occhi era quella maschera blu che copriva la parte inferiore
del volto, rendendo il ragazzino del tutto inespressivo.
È
un Hatake, bell’affare. Pensò
con un sospiro il futuro Hokage.
Al
centro, una graziosa bambina dai capelli chiari gli sorrideva bonaria, forse la
più propensa a fare amicizia dei tre. Era molto timida, e come a confermare ciò,
si contorceva la manine sottili e delicate, guardandosi furtiva intorno,
sbirciando i comportamenti delle persone intorno a lei. Era mingherlina e
portava un sacco di cerotti sulle gambe graffiate.
Si
allena molto, un punto per la piccina. Fu
il pensiero che prese forma nella mente di Minato.
Ultimo
a chiudere la riga a sinistra, un bambinetto tutto broncio e niente sorriso.
Aveva un’espressione completamente infastidita e guardava in tutte le direzioni
possibili, tutte tranne al giovane Hatake. I suoi foltissimi capelli neri e i
profondi occhi color pece, non misero alcun dubbio sulla sua
identità.
Un
Uchiha, ma tutti a me sono capitati?.
A
vedere quel gruppo [ricordiamo che sono il Fanatico, il Pagliaccio,
Non
era facile fare gli allenamenti, i primi tempi fu quasi impossibile portarne a
termine uno senza che Obito insultasse almeno tre volte Kakashi, e che
quest’ultimo lo prendesse in giro sul fatto che ancora non possedeva lo
Sharingan, e che Rin cercasse in qualsiasi modo di intavolare una conversazione
di senso compiuto con Kakashi.
Un
circo, così lo aveva definito Jiraya, una sera che era tornato in città per fare
una visita al suo allievo.
-
Anche tu eri così, cosa ti credi?-
-
Come così? Fra quei due c’è troppa rivalità, non riusciranno mai a fare un serio
lavoro di gruppo!-
-
E tu cerca di eliminarla.. sei il futuro Hokage, Minato, puoi fare questo ed
altro..-
-
Secondo lei come dovrei comportarmi, maestro?-
-
Hai letto il mio libro.. chiediti cosa avrebbe fatto
Naruto.-
-
Voi e Kushina vi siete messi d’accordo?-
-
Perché?-
-
Dite le stesse identiche cose..-
Il
Vento. Il suo soffio leggero e violento insieme,
ripulisce la terra dalla sporca sabbia [macchiata di sangue].
I
genitori di Rin erano morti durante la guerra, un’operazione d’assalto ai danni
della Pioggia.
Il
giorno del funerale, Minato trovò la piccola ragazzina a piangere davanti a due
lapidi bianche, candide come la neve. Dei fiori, dei girasoli, stonavano
terribilmente con l’atmosfera che aleggiava tra i presenti, ma nessuno ci fece
più di tanto caso.
Obito,
stretto nel suo abito nero, teneva una mano sulla spalla dell’amica, in
silenzio. Non sapeva cosa dirle, ma voleva in qualche modo farle capire che lui
c’era, se avesse avuto bisogno.
Kakashi
se ne stava in disparte, tendendo lo sguardo vacuo e indifferente su tutte
quelle persone che piangevano, non capendo il significato che poteva avere una
lacrima; lui non ne aveva mai versate, nemmeno per suo
padre.
Minato
si avvicinò alla ragazzina, che ancora scossa da pesati singhiozzi, ormai sola,
stava in piedi come una statua davanti alle foto dei suoi genitori, chiedendosi
il perché di tutto quello.
Lo
stesso perché che rivolse al suo maestro, quando si accorse della sua presenza
dietro di lei.
-
Erano ninja, sapevano cosa facevano. Tutti noi, quando andiamo in missione,
corriamo il rischio di non tornare e non ci lamentiamo, perché è la vita che
abbiamo scelto, giusta o sbagliata che sia.-
-
Mi sembra tutto talmente ingiusto..- singhiozzò la ragazzina, passandosi una
mano sopra gli occhi rossi.
-
Niente è giusto e niente è sbagliato, Rin. Ma questo, quello che è accaduto ai
tuoi genitori, la tua sofferenza, le tue lacrime.. ti possono servire, per
andare avanti.-
-
Come? Io non ho più nessuno..-
-
Tu vuoi bene a Kakashi? A Obito?-
-
Sì.. anche a lei sensei..-
-
Allora fa in modo di proteggerli, perché loro, noi
non meritiamo queste lacrime..-
Rin
aveva guardato per lunghi istanti il suo maestro, non capendo appieno il
significato di tali parole; ma il sorriso caldo e sincero che l’uomo le riservò
la investì come un venticello estivo, in modo piacevole.
La
Terra. Fredda
e umida; come una madre col suo bambino,
coccola tra le sue sponde il veloce scorrere dell’acqua.
Notte.
Una
notte scura, fredda e inquietante.
La
pioggia stava scrosciando da parecchie ore, rendendo il terreno scivoloso e
melmoso.
La
piccola Rin aprì lentamente un occhio, ancora assonnato e lo richiuse
subito.
Lo
riaprì una seconda volta, questa volta di scatto, come se qualcuno l’avesse
chiamata. Si alzò frastornata dal caldo giaciglio del sacco a pelo, portandosi
una mano dietro i capelli corti, arruffandoli ben bene. I suoi occhi, che
cercavano di abituarsi al buio di quella piccola capanna, vagavano per tutta la
stanzetta, passando in rassegna i tre sacco a peli di fianco al
suo.
Due
pieni e uno vuoto.
Qualcosa
non tornava.
Si
sporse verso destra, notando il viso di Kakashi profondamente addormentato con
ancora la maschera tirata fino al
naso e il maestro, che con la bocca spalancata emetteva un leggero
russare.
Obito
mancava all’appello.
Molto
lentamente la ragazzina uscì dal sacco a pelo, indossando i sandali e prendendo
l’impermeabile di un assurdo giallo limone, mettendoselo con precisione; uscì
dalla capanna sbadigliando, sotto la pioggia che non accennava a diminuire,
l’alba ancora lontana.
Obito
si stava allenando sotto le fronde di un grande albero, mezzo bagnato e le mani
ricoperte di graffi.
-
Che stai facendo, Obito-kun?- domandò Rin avvicinandosi al bambino che solo in
quel momento si voltò verso di lei.
-
Mi alleno.-
-
Ma piove, Obito-kun!-
Obito
sembrò non sentire l’ultima frase e continuò ancora ad allenarsi contro
l’albero.
Rin
gli si avvicinò e aspettò che il ragazzino cadesse a terra sfinito prima di
parlargli di nuovo.
-
Perché fai tutto questo? Ti farà male!-
-
Devo essere più forte!-
-
Ma tu sei già molto forte! Ti ho visto combattere, Obito, e sei un ninja molto
valido..-
-
Ma non ho lo Sharingan.. undici anni e ancora quel maledetto occhio non si è
sviluppato.-
Ah.
Rin
si morse il labbro, si mise in ginocchioni accanto al bambino che era sdraiato
sul suolo fangoso. Delle lacrime gli uscivano prepotenti dagli occhi, ma lui
cercò in tutti i modi di bloccarle.
-
Io.. non so perché.. mio padre, dice che non sono un vero Uchiha..- lo disse con
voce spezzata.
-
Oooh.. Obito, io non..-
-
E sai una cosa Rin? Non è bello tutti i giorni sentirsi dire di essere una
nullità. Ma io ci provo, giuro che ci provo davvero a sviluppare lo Sharingan, e
sebbene mi alleni più degli altri.. le cose non cambiano..-
Obito
scoppiò a piangere, cercando di nascondere il viso tra le mani, tirando su col
naso.
Rin
allora gli prese la testa con delicatezza quasi materna e la poggiò sulle sua
ginocchia bianche, accarezzandogli i capelli scuri e
umidi.
Le
sue carezze erano delicate, Obito non aveva mai sentito niente di più
piacevole.
-
Un ninja non si misura da quello che ha, ma da quello che fa. Guarda il maestro,
non ha abilità innate, ma è molto forte. Tu sei forte, Obito, e oltre a essere
un valido ninja sei anche un buon amico e un ragazzo gentile. Un po’
confusionario..- disse Rin mostrando uno dei suoi sorrisi più belli -.. ma
estremamente gentile.-
Obito
la guardò rapito, mentre l’acqua della pioggia continuava a cadergli sul
viso.
L’Acqua.
Pura e incontaminata, fresca e scintillante,
distrugge il fuoco quando divampa senza controllo.
Obito
passeggiava saltellando per le vie di Konoha, mentre con allegria leccava un
cono gelato al cioccolato.
Accanto
a lui, la piccola Rin teneva in mano una coppettina alla menta e si guardava
intorno sorridente.
Kakashi,
pochi passi dietro di loro, li seguiva in silenzio; nessun cono e nessuno
coppettina era tenuta nella sua mano, seguiva in suoi compagni passivamente, non
facendo quasi notare la sua presenza.
Il
gruppetto superò dei bambini un po’ più piccoli di loro che giocavano chiassosi
per la strada, quando uno di questi si fermò improvvisamente, guardando storto
Kakashi.
Il
ragazzino, sentendosi osservato, voltò la testa verso il bambino e per un
momento i suoi occhi avevano espresso curiosità.
-
Tu.. tu sei Hatake..- disse il bambino, senza alcuna nota interrogativa, quella
era un’affermazione.
-
Sono io.-
-
Tuo padre si è suicidato.-
-
... -
-
Perché aveva fatto morire in missione il mio.-
I
volti di Rin e Obito si voltarono all’unisono, preoccupati e scioccati dalle
parole del bambinetto. Kakashi rimase impassibile, cercando di tenere a freno la
rabbia.
1
2
3
Doveva
stare calmo, era un bambino piccolo, certe cose non poteva
capirle..
4
5
-
Tuo padre ha ucciso il mio..-
6
7
-
Tuo padre è un assassino.-
Rin
urlò facendo cascare a terra la sua coppetta di gelato.
Kakashi
teneva per il bavero il bambino che si dimenava furioso, i suoi occhi sputavano
fiamme. Portò quasi automaticamente il braccio indietro, pronto a colpire quel
poveretto che aveva deciso di provocare la persona sbagliata, ma una mano più
veloce fermò il pugno di Kakashi, bloccandolo in tempo.
-
Sei per caso impazzito, pezzo di idiota?!-
-
Lasciami fare, non sono affari che ti riguardano, Uchiha!-
-
Kakashi, per carità, è un bambino! Mollalo! Lascialo, Kakashi, adesso! –
Il
giovane Hatake rimase colpito dal tono severo del compagno e lentamente rimise
in terra il bambino che spaventato corse via piangendo.
-
Cosa credevi di fare?- gli urlò contro Obito fuori di sé.
-
Lui.. mio padre.. era uno sciocco. Si è suicidato per..-
-
Lo so come è morto, grazie tante!-
Kakashi
adesso guardava Obito con rabbia. Non aveva alcun diritto di rivolgersi a lui in
quel modo.
-
Ed è ora che affronti la cosa, gran uomo di ferro! Tuo padre si è suicidato per
un motivo che forse reputi stupido o forse che non comprendi nemmeno e
sicuramente non se n’è andato come un grande ninja. Ci saranno sempre persone
che sparleranno di lui, che ti insulteranno, che ti ricorderanno di chi sei
figlio! Ma tu, ricordalo, sei Kakashi, non Sakumo Hatake!-
Rin
osservò i due compagni. Obito era l’unico a calmare Kakashi, nonostante fossero
tutti e due delle teste calde.
Il
Fuoco. Indomabile e orgoglioso, non guarda in faccia i suoi
avversari,
e le ceneri della sua distruzione si mischiano al vento.
Kakashi
cascò a peso morto sul terreno arido, alzando un sacco di polvere intorno a
sé.
I
cadaveri dei suoi nemici giacevano sparsi per la radura, tutti coperti di sangue
e polvere. Uno spettacolo raccapricciante.
Arricciò
il naso, infastidito da quel tanfo di morte che gli dava il volta stomaco, un
odore nuovo per lui e che lo avrebbe accompagnato da quel momento in poi per
tutta la vita.
Era
la sua prima missione da chunin e poteva dire di averla portata a termine senza
intoppi.
Una
figura alta e familiare si avvicinò a lui, sedendogli stancamente a terra con un
tondo accanto.
Kakashi
guardò il suo maestro accigliato, notando l’espressione grave che aveva in
volto. Sembrava che avesse visto un fantasma.
-
Minato sensei, tutto bene?-
L’uomo
si voltò lento verso l’allievo, che se ne stava tutto felice [per quanto si
poteva capire con la maschera a metà volto] ad asciugarsi la
fronte.
-
Non essere felice per ciò che hai fatto.-
-
Perché non dovrei?-
-
Non è bello uccidere.-
-
Ma erano nemici.-
-
Sono comunque esseri viventi.-
-
Se io non ammazzo loro, loro ammazzano me.-
Il
sensei sospirò, portandosi le braccia dietro la testa e sdraiandosi a terra, lo
guardo perso verso le nuvole del cielo.
-
Hanno, abbiamo, ucciso una giovane
donna. Con il suo bambino.-
Kakashi
osservava il maestro, adesso spaesato.
-
Perché lo avete fatto? Non era un ninja!-
-
Faceva parte del paese della Roccia..-
-
Ma non era un ninja!-
-
Poteva essere una spia..-
-
Lei sa che non è così,
Minato-sensei!-
L’uomo
sorrise, rimettendosi a sedere e guardando il giovane Hatake negli
occhi.
-
Ora che hai detto questo, dimmi la differenza tra i ninja che hai ucciso e
quella donna.-
Kakashi
non seppe che rispondere, anzi, non capì proprio la domanda del
maestro.
-
Senza il coprifronte, senza le armi, quegli uomini sono semplici umani, come me
e te. Perché loro possono essere uccisi e la donna no?-
-
E’ diverso..-
-
Credimi, niente è diverso quando si decide di fare il ninja, niente è diverso
quando si toglie la vita ad altre persone.-
Kakashi
rimase leggermente spiazzato e si guardò intorno, osservando quei corpi morti
che giacevano sporchi e martoriati sul terreno. Nessuno probabilmente sarebbe
arrivato a prenderli, quella radura era difficile da
trovare.
-
Devi farti medicare, Kakashi. Andiamo, Rin ci sta
aspettando.-
Minato
si alzò e il ragazzino lo imitò, seguendo il maestro con aria pensierosa. E
mentre lo seguiva, i volti di quei cadaveri gli invadevano la
mente.
-
Lei si ricorda di chi ha ucciso?-
-
Ogni giorno della mia vita.-
Kakashi
non disse più niente, perché sapeva che quei volti lo avrebbero accompagnato
fino alla morte.
°°°°°
-
Alla fine è stato un bel gruppo..- Tsunade si scolò tutto d’un fiato un
bicchierino di sakè, mentre le guance le s’imporporavano di
rosso.
-
Il migliore, peccato poi per come è finita..- disse Jiraya, guardando
attentamente il prezioso tris d’assi che teneva in mano.
-
Erano tutti diversi, caratteri completamente opposti. Ma c’era qualcosa che li
rendeva speciali, una specie di forza..-
-
A me ricordavano tanto gli elementi della natura..-
-
Ma quelli sono cinque, Jiraya: il Vento,
-
Sei preparata sull’argomento..- disse Jiraya, puntando i suoi soldi al centro
del tavolo.
-
Ti vedo..- rispose Tsunade invitando il compagno a mostrare le sue carte.
-
Comunque i cinque elementi sono perfetti per identificarli. Ecco qua,
tris..-
-
E il Vuoto? Manca il Vuoto, quello non c’è… accidenti, brutto porcello, mi hai
battuto!- disse Tsunade mostrando la sua misera coppia di Re. Jiraya sorrise,
spostando lo sguardo dal suo tavolo all’esterno del locale, notando proprio in
quel momento un uomo che leggeva un suo famoso libro passeggiare in
solitudine.
-
Ti sbagli, Tsunade. Il Vuoto c’è.. ed è anche visibile..-
“E
il Vuoto? Kakashi sensei, manca il Vuoto!”
“Il
Vuoto c’è..”
“E
dov’è?”
“Per
tua fortuna, non puoi vederlo..”
“Perchè?
Lei lo vede?”
“Ogni
giorno della mia vita..”
“…”
“..
senza loro.”
The End
*La
storia dei cinque elementi (Vento, Fuoco, Terra, Vuoto e Acqua) fanno parte
della filosofia giapponese. Alcune informazioni sono state prese da
Wikipedia.it.
Note
autrice:
Questa
fic ha partecipato al contest sui team “Team Yondaime” dove poi i giudici sono
scomparsi. È dall’aprile 2008 che aspetto i risultati. Mi sono rotta e quindi
pubblico. Finalmente.
Grazie
e arrivederci.
Lee
Naruto
© Masashi Kishimoto
Go
Dai – I cinque grandi © Coco Lee