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Autore: Piperilla    26/05/2015    1 recensioni
Mai fermarsi alla superficie delle cose.
Questa è una verità più importante di quanto si possa credere: sotto l'aspetto ordinario, infatti, molte persone nascondono capacità fuori dal comune: quella che permette loro di governare i quattro Elementi fondamentali.
In un luogo sperduto vengono riunite queste persone speciali: separati contro la loro volontà da parenti e amici, segregati in quella che è più una prigione che una scuola, viene insegnato loro tutto sul loro potere e su come padroneggiarlo: gli anni si susseguono in una serie infinita di lezioni e addestramenti fino a quando, nelle mente dei prigionieri, non rimane più nulla delle loro vite precedenti. Fino a quando non diventano strumenti nella scalata al potere bramata dai quattro Maestri che dirigono quel luogo.
Ma proprio come la lava ardente, la ribellione si agita appena sotto la superficie.
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga degli Elementi'
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Blaze e Costa passeggiavano nervosamente nella grande sala che fungeva da mensa. Viola e Gloria avevano dipinta sul viso un’identica espressione preoccupata, così come Laurence, che però cercava di mascherare l’inquietudine che lo agitava. André e Friedrich, poco discosti dagli, parlottavano tra loro, lanciando di quando in quando un’occhiata a Gregory che sembrava essere irritato, in colpa e preoccupato al medesimo tempo.
   «Dici che se n’è andata senza dire nulla, ma non è da lei» chiese André, sospettando già la risposta.
   Gregory lo guardò male. «Abbiamo avuto un diverbio».
   «Riguardo a cosa?» incalzò il giovane francese. Gregory lo ignorò.
   «Sono passate già tre ore» notò Blaze preoccupato. «Non c’è proprio niente che possiamo fare per rintracciarla?»
   «Non abbiamo niente su cui lavorare, Blaze. Non possiamo sparpagliarci per il mondo e cercarla» disse André corrucciato. Condivideva la sua preoccupazione, ma non vedeva come potessero scoprire dove si trovava Sofia.
   «Potremmo... potremmo chiedere a Nabeela di portarci dove l’ha lasciata» tentò Viola. «In fin dei conti le Fenici sono animali molto intelligenti, sono certa che capirebbe quello che vogliamo»
   «Lo capirebbe, sì» intervenne Laurence «ma non ci aiuterebbe comunque. Nabeela risponde solo a Sofia».
   «Vale comunque la pena fare un tentativo» disse Gregory, attirandosi gli sguardi rancorosi degli altri Maestri. Non sapevano perché avessero litigato, ma di una cosa erano ormai certi: era colpa di Gregory, se Sofia se n’era andata senza dire nulla a nessuno.
   André si affacciò alla finestra. Su un albero di fronte a loro era appollaiata la Fenice, in attesa.
   «Nabeela» chiamò. La Fenice scosse le piume della coda; a parte quello, non si mosse.
   «Nabeela, ti prego. Portaci da Sofia, siamo preoccupati» tentò Gregory.
   La Fenice, voltandosi, emise un grido stridulo, drizzò le due lunghe piume – una rosa e una azzurra – che le ornavano la testa e si slanciò verso l’uomo, facendo scattare il becco. Lui si tirò indietro appena in tempo, schivandola per un soffio.
   Compiendo una giravolta in aria e schiaffeggiandolo con la coda, Nabeela tornò sul ramo da cui era partita. André fissò l’uomo.
   «Mi pare evidente che anche Nabeela ti ritiene responsabile della sparizione di Sofi» disse gelido, ignorando la smorfia irritata dell’altro.
   «Lascia stare, André. Abbiamo un altro problema» dissero Costa e Laurence in coro, indicando la finestra.
   Pur restando dov’era Nabeela si dimenava, agitatissima, scuotendo la coda e la testa e sbattendo con forza le ali. Di tanto in tanto, emetteva un piccolo verso roco.
   Tutti la osservarono preoccupati. L’agitazione della Fenice si spiegava in un solo modo: Sofia non era al sicuro. Ma se era in pericolo, perché Nabeela non volava da lei?

*

Senza quasi rendersene conto Sofia si ritrovò dentro una casa immersa nella penombra.
   Sempre senza fiato, capì che era l’Aria a comprimerle i polmoni; concentrandosi, mandò il Fuoco che scorreva in lei a consumare e scacciare quel nemico invisibile.
   Mentre riprendeva a respirare, la mano che l’aveva afferrata poco prima la prese per la gola e la spinse violentemente contro un muro: la ragazza sentì un rumore di vetro che andava in frantumi prima che le schegge le graffiassero la schiena, lacerando la stoffa e la carne.
   Dopo un momento di panico schiaffeggiò il suo aggressore, con la mano coperta di Fuoco; sentì la presa sul suo collo allentarsi e si spostò di lato con un balzo, riflettendo rapidamente. La persona che aveva davanti era senza dubbio un Portatore dell’Aria, ma l’Aura che emanava le era del tutto sconosciuta. Un istante più tardi percepì un’altra Aura, stavolta di un Portatore della Terra, anch’essa sconosciuta. Sentì la volontà di attaccarla crescere nel secondo aggressore e fu pronta a difendersi: evocò una parete di Fuoco di fronte a sé e le catene luccicanti che le erano state spedite contro si liquefecero, appena entrarono in contatto con la sua difesa.
   Uno sbuffo d’Aria, invisibile ma solido come il metallo, si strinse attorno ai polsi di Sofia; dalle sue mani aperte scaturì immediatamente uno sciame di scintille, che ricoprendo il flusso d’Aria lo rese ben riconoscibile. Con un po’ di fatica le fiammelle lo divorarono, liberando la ragazza che dovette subito passare a occuparsi della pietra che, apparsa dal nulla, le avviluppava i piedi impedendole di scappare. Mentre il Fuoco correva veloce lungo il suo corpo, difendendola e tentando di liberarla, la rabbia di Sofia esplose.
   «Ma chi siete? Si può sapere che diavolo volete da me?» strillò.
   Con un grugnito, il primo aggressore la sbatté di nuovo contro il muro, mandando in frantumi altre cornici; Sofia sentì il sangue scorrerle lungo la schiena e inzupparle la maglia ormai ridotta a brandelli.
   «Come hai fatto a imitare quest’Aura?» le gridò una voce maschile, mentre un forte vento la spingeva indietro, tenendola schiacciata contro il muro, e la pietra arrivava a bloccarle le gambe fino alle ginocchia.
   «Io non sto imitando nulla! È la mia Aura, da sempre!» urlò la ragazza in risposta, allentando la presa della morsa invisibile che la stringeva, costringendola a socchiudere gli occhi, e mandando il Fuoco a sbriciolare la pietra che la teneva bloccata al pavimento.
   «Bugiarda!» gridò di nuovo la stessa voce, afferrandole la testa e sbattendogliela con forza contro la parete; Sofia, furiosa, concentrò il Fuoco nella propria bocca e lo sputò sulla mano dell’aggressore, bruciandolo.
   L’uomo si scostò con un gemito di dolore. Sofia ne approfittò per rispedire indietro quel che restava del vento che la colpiva e, dimenando le gambe, finì di sbriciolare la pietra.
   Appena si fu liberata, dalla sua mano destra esplosero delle fiammelle sottili che andarono a bloccare l’uomo nascosto dalla penombra, mentre con la mano sinistra formava uno scudo di Plasma di Fuoco a proteggersi da eventuali attacchi del secondo aggressore.
   «Allora, cosa volete da me?» chiese di nuovo con rabbia, aumentando la potenza del Fuoco e bruciando quello che fino a un istante prima era stato il suo aguzzino. Sforzandosi di mantenere un tono di voce che non tradisse il dolore che provava, l’uomo riprese a gridare.
  «Voglio sapere come hai fatto a imitare quest’Aura, e soprattutto perché!» urlò prima che le fiamme aumentassero la stretta, togliendogli il fiato.
   Sofia aggrottò la fronte, al suono di quella voce che finalmente ascoltava bene. Parò un attacco scagliatole contro dal secondo aggressore – arrivato sotto forma di un nugolo di aghi – e si rivolse al Portatore della Terra.
   «Attaccami di nuovo e uccido il tuo amico!» gridò furiosa. Sentì la seconda Aura ritirarsi sotto la sua minaccia, e si rivolse di nuovo alla persona che aveva immobilizzato.
   «Ti ripeto che non sto imitando niente! L’Aura di ogni Portatore è unica e dipende da caratteristiche intrinseche, non si può in alcun modo replicare!» gli disse.
   «Invece evidentemente si può!» fu la risposta furibonda che l’uomo le scagliò contro, tentando di liberarsi. «Perché la Portatrice cui apparteneva davvero quest’Aura è morta dodici anni fa!».
   «Questo non è possibile! Dodici anni fa ho scoperto di essere una Portatrice, ed emanavo quest’Aura già da tempo!» urlò Sofia, ormai più sorpresa che arrabbiata, anche se i tagli sulla schiena le facevano male e sulla testa le stava crescendo un gran bernoccolo, là dove l’uomo gliel’aveva sbattuta contro il muro. «Devi avermi confusa con qualcun altro» disse poi, allentando la presa del Fuoco sul suo corpo.
   Lui si liberò immediatamente e saltò in piedi, attaccandola di nuovo.
   «Non mi sbaglio! Riconoscerei quest’Aura tra milioni, era l’Aura della mia figlioccia... e lei è morta!» disse con voce strozzata.
   Inchiodata di nuovo contro il muro, Sofia gridò.
   «Maledizione... Claudio!» strillò incredula. «Sei un Portatore dell’Aria, ecco perché quando mi portavi al parco il mio aquilone volava sempre, anche se non c’era vento... lo dicevo, io, che eri tu a fare qualcosa di strano!» esplose, nonostante il vento che la schiacciava la privasse dell’ossigeno.
   L’Aria che la bloccava scomparve immediatamente; un uomo di circa sessant’anni le corse incontro e l’abbracciò con tanta forza da toglierle di nuovo il fiato.
   «Claudio... ahia, mi fai male!» si lamentò Sofia mentre le braccia del suo padrino le conficcavano più a fondo nella carne le schegge di vetro.
   «Oh, Sofi, sei viva... non ci posso credere, eravamo convinti che fossi morta...» singhiozzò lui, sordo ai suoi lamenti. «Cornelia... CORNELIA! Vieni qui, è lei, è davvero Sofia!» urlò.
   Una donna di qualche anno più giovane di lui corse fuori dall’ombra.
   «Oh tesoro non è possibile... sei proprio tu...» disse, unendosi all’abbraccio.
   «Zia Cornelia...» disse la ragazza con gli occhi lucidi; ritrovare il suo padrino e Cornelia – che per lei era una zia a tutti gli effetti – era una cosa che non si sarebbe mai aspettata.
   Sentendo un liquido appiccicoso bagnargli le braccia, Claudio lasciò Sofia.
   «Ma... stai sanguinando!» esclamò sconvolto.
   «Chissà come mai» rise la ragazza. Non le importava nulla delle ferite; avere davanti due persone che avevano sempre fatto parte della sua vita e della sua famiglia agiva su di lei come un balsamo, fisico e mentale.
   «Piccola mi dispiace tanto...» esordì lui, facendola voltare per esaminarle la schiena. «Ma eravamo davvero convinti che fossi morta in quell’incendio...» disse con voce incrinata.
   Cornelia annuì, con gli occhi lucidi.
  «Mhhh... Cornelia, portami la borsa» ordinò, dopo aver inforcato gli occhiali e aver osservato con attenzione le ferite della sua figlioccia.
   La donna corse via. Mentre aspettavano il suo ritorno, Claudio prese un paio di forbici e finì di tagliare la maglietta di Sofia, dopo averla fatta sedere.
   «Per fortuna sei un medico» disse lei, appoggiando le braccia sull’alto schienale della sedia e cercando di sbirciare oltre la propria spalla, dopo aver spostato i lunghi capelli. «Cos’hai intenzione di fare?» gli domandò, mentre Cornelia tornava e metteva tra le mani del fratello la borsa che le aveva chiesto.
   «Prima di tutto devo estrarre le schegge. Poi pulirò le ferite e. sì, di sicuro ci vorrebbero anche dei punti» snocciolò lui.
   «Troppo complicato» replicò Sofia. «Togli i frammenti di vetro, al resto ci penso io!».
   «Quindi sai anche guarire?» disse stupito l’uomo, iniziando a estrarre le schegge.
   «Un po’» rispose lei, trattenendo una smorfia di dolore.
   «Un po’ è sempre meglio di niente» rispose Claudio. «Magari posso aiutarti a migliorare, essendo un medico ho sviluppato molto le mie capacità di guarire con gli Elementi».
   «Sarebbe fantastico» disse Sofia. «Ma parlatemi di mamma e papà... non ho più saputo niente di loro».
   Claudio non rispose, concentrandosi su quello che stava facendo. Cornelia esitò.
   «Be’ tesoro... è stato difficile per loro» iniziò titubante.
   «Ti prego zia, non c’è bisogno di indorare la pillola. Dimmi cos’hanno passato».
   «Sono arrivati a un passo dal divorzio» disse mesta la donna. «Quasi non si parlavano più. Sono andati avanti così per tre anni... poi hanno ricominciato ad avere degli sprazzi di normalità... e tua madre è rimasta incinta. Quando è nato Benjamin hanno ricominciato a comportarsi normalmente, a uscire... a vivere insomma» concluse in fretta, come se temesse di dare un dispiacere alla ragazza che, però, sorrise.
   «Ne sono felice. Mi dispiace solo che ci sia voluto tanto... quanti anni ha Benjamin?» domandò curiosa.
   «Ne ha sette ormai» rispose Claudio «e non ti somiglia per niente».
   Sofia scoppiò a ridere. «Questa mi sembra un’ottima cosa!».
   «Non vuoi sapere se è un Portatore?» le domandò l’uomo. Lei scosse la testa.
   «Non ha importanza... non gli accadrà quello che è capitato a me».
   «Perché tu sarai lì per impedirlo» affermò con sicurezza il suo padrino.
   «Claudio, io non tornerò a casa. E voi non dovete dire nulla di me ai miei genitori» disse Sofia.
   Entrambi la fissarono. Poi Claudio estrasse dalla schiena della ragazza un frammento conficcato particolarmente in profondità.
   «Non puoi chiedermi questo» disse, continuando a estrarre schegge. L’aveva conciata proprio male.
   «Non te lo sto chiedendo».
   La determinazione nella voce di Sofia lo costrinse a fermarsi.
   «Se vuoi che non dica niente a Thobias e Tamara, devi darmi una spiegazione. Sul perché non vuoi tornare a casa e sul perché sei tanto convinta che Ben non sarebbe in pericolo, se anche fosse un Portatore» disse Claudio con altrettanta determinazione.
   Dopo averlo scrutato per qualche istante si voltò di nuovo in avanti, verso Cornelia, scegliendo con cura le parole. Quando parlò la sua voce suonò neutra, impersonale, come se raccontasse la storia di un altro. Rapidamente disse loro come Giovanni l’aveva rapita e parlò della sua vita negli ultimi dodici anni. Non omise nulla – l’unico a cui avesse raccontato l’intera storia era Gregory, e ora che si sentiva tradita da lui avvertiva il bisogno di parlarne con qualcun altro.
   Quando terminò il racconto, Claudio tirò le pinze sul tavolo. Con un brutto suono metallico, rimbalzarono sulla superficie di legno e caddero a terra.
   «Quel bastardo!» gridò. Si passò le mani nei capelli candidi, arruffandoli. «E pensare che Tamara e Thobias si fidano di lui, è persino il padrino di Benjamin!».
   Cornelia era stupita e arrabbiata quanto lui. Si torceva nervosamente le mani, come se desiderasse stringerle intorno al collo del loro compatriota.
   «Per questo stai trattenendo l’Aura, per non essere individuata» disse a Sofia, che annuì.
   «È già una fortuna che nessuno mi abbia percepita mentre lottavamo. Altrimenti sarebbe già arrivato qualcuno» spiegò. Poi si rivolse al suo padrino. «Claudio, hai finito con le schegge?».
   «Cosa? Ah, sì, sì... le ho tolte tutte» rispose lui distrattamente.
   La ragazza si concentrò e, dopo aver condensato il proprio potere, lo spedì verso le ferite. Il fluido rosso brillante con strane sfumature dorate si immerse nei tagli, insieme a quello candido che scaturiva dalle mani del suo padrino, richiudendoli e cancellando le cicatrici, come se la pelle liscia non fosse mai stata intaccata.
   «Però» disse Claudio ammirato. «Bel lavoro... sei diventata davvero una Portatrice di grande talento. Fuoco, eh?».
   Lei sorrise. «Già».
   «Il Fuoco è un Elemento particolarmente violento, da controllare e sopportare» proseguì l’uomo. «È difficile che ve ne siano Portatrici donne... e che arrivino al grado di Maestro».
   «Nonostante tutti i suoi difetti, Giovanni è stato un ottimo insegnante» rispose Sofia scrollando le spalle. «E poi sono stata addestrata anche da quel Maestro che mi ha aiutata quando ero ferita».
   «Quello che ancora non capisco, però» le domandò ancora lui «è come tu faccia ad essere tanto sicura che Giovanni non prenderebbe anche tuo fratello».
   «Perché Giovanni vuole bene ai miei genitori, specialmente a papà» disse Sofia. «Si sente in colpa per avermi portata via».
   «Avrebbe potuto lasciarti in pace, a vivere la tua vita, senza ricorrere a un gesto tanto estremo». Claudio sembrava ancora più arrabbiato. «A quanto pare neanche il suo presunto affetto per Thobias è riuscito a fermarlo... non vedo perché per Benjamin dovrebbe essere diverso!».
   «Non è così semplice, Claudio. Il legame tra me e Giovanni è un po’ speciale...».
   «Speciale?». A quelle parole, l’uomo si strozzò con l’acqua che stava bevendo; tossendo e lacrimando, scrutò con aria truce la sua figlioccia. «Che diavolo significa speciale?» chiese con un ruggito.
   Sofia alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. Era stufa di dover spiegare a tutti che tra lei e Giovanni non c’era mai stato quel tipo di legame.
   «Non di tipo sentimentale. Rilassati» disse, battendogli una mano sulla schiena per farlo smettere di tossire. Mentre lui si calmava, Cornelia finalmente parlò.
  «Tesoro sei tutta sporca di sangue e di polvere... vieni a fare una doccia» le disse con uno sguardo significativo.
   Sofia la seguì su per un stretta scala di legno.
   «Bella casa» disse ammirata, osservando le travi del soffitto di legno scuro e il caldo color giallo ocra delle pareti dove, di tanto in tanto, c’erano delle piccole isole di mattoni.
   «Dammi i vestiti» le disse Cornelia, facendole strada in una bella stanza arredata sui toni del verde. «Per la maglietta c’è poco da fare, ma il resto possiamo lavarlo e intanto andrò a comprarti un’altra t-shirt».
   «Grazie, zia» disse Sofia, uscendo dal bagno con addosso un accappatoio bianco e i vestiti in mano.
   La donna li prese scuotendo la testa. «Per me sei come una figlia, Sofi. Non devi ringraziarmi» disse, andandosene.
   Sofia torno nel bagno e s’infilò sotto la doccia. Mentre insaponava i capelli sporchi e scompigliati sentì gli ultimi residui di tensione scivolarle via di dosso e si chiese da quanto tempo fosse lì. Poi si ricordò dei suoi amici alla Valle.
   «Accidenti» borbottò, finendo rapidamente di lavarsi e uscendo dalla doccia come una furia.
   Nella stanza, trovò Cornelia ad aspettarla.
   «Ti ho portato qualcosa da metterti» le disse, indicando una tuta da ginnastica di cotone celeste. «Vestiti e fatti aiutare con quei capelli» proseguì con un sorriso.
   La ragazza ubbidì e, un minuto dopo, era seduta sul pavimento, mentre Cornelia afferrava una spazzola e iniziava a districarle la lunga, setosa massa castana.
   «Sembri preoccupata» disse dopo qualche minuto, vedendo la giovane silenziosa.
   «Stavo pensando» replicò lei. «Vi ho detto che ho discusso con quel Maestro e… be’, me ne sono andata senza avvertire nessuno. Non sanno dove sono, né se sto bene...».
   «Devi andare via» concluse Cornelia, annuendo tra sé e sé e comprendendo i sentimenti della ragazza. Non voleva lasciare loro, dopo averli finalmente ritrovati, ma non poteva neanche abbandonare i suoi amici.
   «Sai tesoro» disse, dopo qualche istante di riflessione «stavo pensando anch’io... hai detto che state continuando l’addestramento di quelle duecento persone che sono fuggite con voi, giusto?».
   Sofia confermò.
   «Sai, mi chiedevo... magari vi farebbero comodo un paio di Maestri in più» disse titubante.
   La ragazza si voltò e la guardò senza capire.
   «Tu... tu e Claudio verreste con me? Alla Valle?» chiese lentamente.
   La donna sembrò a disagio.
   «Sì, lo so, è un’idea stupida e tu non hai tempo da perdere con noi... però sai, era solo un’idea, se non vuoi non fa niente...».
   «Non voglio?» ripeté Sofia, sempre più incredula. «Sarebbe la cosa più bella del mondo!» gridò, saltando in braccio a Cornelia e abbracciandola con tutta la forza che aveva.
   Claudio, sentendo gridare, entrò nella stanza.
   «Che succede?» chiese placido.
   Le due donne lo guardarono.
   «Sofi deve tornare dai suoi amici. Le ho detto che potremmo andare con lei e aiutarla, insieme agli altri Maestri, ad addestrare tutti quei Portatori» disse Cornelia.
   «Mi sembra un’ottima idea» replicò suo fratello, uscendo dalla stanza. «Vado a prepararmi».
   «Per cosa?».
   «Per il viaggio ovviamente!».
   La porta si chiuse alle spalle dell’uomo.
   Zia e nipote si fissarono stupite.
   «Se non lo conoscessi, direi che stava origliando la nostra conversazione» disse Cornelia ridendo. Quando tornò seria osservò attentamente Sofia.
   «Spiegami meglio questo tuo rapporto con Giovanni» le chiese.  La ragazza s’infilò le mani tra i capelli ancora umidi.
   «Non credo sia possibile» rispose confusa. Cornelia la guardò, poco convinta. «Dico sul serio, zia. In dodici anni non sono mai riuscita a definire cosa ci spinge l’uno verso l’altro. Tutti pensano che sia amore, o qualcosa di simile»
   «E non lo è?» chiese la donna, con una vaghissima traccia d’ilarità nella voce. «Non ci sarebbe nulla di cui vergognarsi... non scegliamo noi, di chi innamorarci»
   «Lo so. Ma non è amore... anche se in qualcosa gli somiglia. È più come... una necessità».
   «Una necessità?» ripeté Cornelia. Quella non era certo la definizione che si aspettava. Sofia annuì.
   «Non c’è mai stato amore nel senso classico del termine, tra me e lui: abbiamo convissuto pacificamente, ci siamo scontrati, ci siamo quasi uccisi a vicenda. Qualunque sentimento io provi verso Giovanni, il Fuoco che è dentro di me lo chiama, sempre, in ogni istante. L’ho detestato, odiato, ma il Fuoco continuava a chiamarlo: anche ora che sono scappata, continuo a sentire il bisogno di averlo accanto. E quando lui è vicino, tutto è più intenso: non per un’emozione, ma fisicamente. Il mio Elemento si scatena, quando c’è lui, diventa più potente. C’è stato anche dell’affetto, è vero, ma anche quello è scaturito dal bisogno che abbiamo l’uno dell’altra, da quel richiamo che non cessa e non mi dà tregua. E a Giovanni capita la stessa cosa. Per questo mi ha rapita, dodici anni fa; temeva che, se avesse spiegato come stavano le cose, avrebbero frainteso e non l’avrebbero più lasciato avvicinarsi a me».
   «Hai detto che il tuo Elemento lo chiama» notò Cornelia. Sofia annuì di nuovo.
   «Non ho mai incontrato nessun altro che abbia provato una cosa simile, quindi non posso esserne certa, ma credo ci sia un rapporto di dominanza tra i due Elementi. Il mio Elemento sovrasta il suo; per questo io reagisco meglio al distacco. Giovanni, invece, se non sta attento e non si allena ogni giorno, rischia di spegnersi».
   «Ne parli come se una simile eventualità potesse portarlo alla morte».
   «Perché è così. Certo sai meglio di me che in un Portatore l’Elemento è parte della sua linfa vitale. Ho trovato racconti, in alcuni vecchi testi, di Portatori che per un motivo o per l’altro hanno lasciato morire il proprio Elemento. Una volta che il potere svaniva definitivamente, i Portatori non sopravvivevano a lungo. Pochi mesi, a volte un anno».
   Cornelia la guardò stupita. Sofia sembrava essere a conoscenza dei più oscuri segreti sui Portatori.
   In quel momento, Claudio entrò di nuovo nella stanza.
   «Allora, Cornelia? Hai intenzione di prepararti o no?» disse.
   «Non avete bisogno di molto, alla Valle riusciamo a procurarci tutto quello di cui abbiamo bisogno, inclusi i vestiti» spiegò Sofia con un sorriso. «Personalmente vi consiglio di prendere le cose a cui siete più affezionati». Poi guardò l’orologio. «Già le sei?» esclamò sorpresa. Non si era resa conto dello scorrere del tempo. «Claudio ha ragione, è meglio muoverci in fretta... credete di poter essere pronti tra un’ora?» chiese.
   «Ma certo» rispose Cornelia, accarezzandole una guancia. «Tu riposa un po’ mentre ci aspetti... più tardi ti porto i vestiti» aggiunse, uscendo dalla stanza insieme a suo fratello.
   Finalmente rilassata, Sofia si distese sul letto. Poco dopo, si addormentò.

*

«Non si è mossa» disse Blaze, lanciando un’occhiata verso la finestra.
   Lui e gli altri Maestri erano lì ormai da ore. Soltanto Gregory si era allontanato, circa due ore prima, non sopportando gli sguardi torvi che gli rivolgevano gli altri, ma non era stato via più di dieci minuti.
   «Ormai è calma da un’ora e mezza» considerò Laurence parlando della Fenice che, dopo essersi agitata per più di mezz’ora, si era improvvisamente tranquillizzata. Al momento sonnecchiava placida appollaiata su un ramo, con la testa nascosta sotto l’ala.
   «Quindi Sofia sta bene» disse Costa, sollevato.
   «Oppure è morta» puntualizzò André brutale. «Altrimenti perché non avrebbe richiamato Nabeela per tornare qui?».
   «Magari è ancora arrabbiata» disse Viola. Persino la sua gemella la guardò scettica.
   «Stare allo scoperto così a lungo, anche trattenendo l’Aura, è troppo pericoloso. Anche se fosse ancora arrabbiata non sarebbe così imprudente da rischiare tanto» spiegò Laurence alla donna.
   «Potrebbe non essere mai uscita dalla Valle» disse Friedrich, pur sapendo che nessuno sarebbe stato d’accordo con lui.
   «D’accordo, ora basta. Dobbiamo andare a cercarla» decise Blaze alzandosi in piedi.
   André sospirò. «Blaze, smetti di fare lo stupido. Non abbiamo la minima idea di dove sia. Non c’è modo di trovarla, devi accettarlo».
   «Non capisco come puoi star qui, tranquillo, senza fare nulla. Potrebbe essere in pericolo, avere bisogno di noi!» rispose arrabbiato.
   «Io sono preoccupato!» esplose André. «Ma non posso aiutarla in nessun modo, e neanche tu!».
   In quel momento, dei colpi risuonarono alla porta. Poi Emma entrò nella stanza, seguita da Fernando e Ailie. Tutti e tre si guardarono intorno per qualche istante, prima che sul volto della prima si dipingesse un’espressione dispiaciuta.
   «Non è ancora tornata?» chiese a Gregory.
   «Chi?» replicò lui.
   «Ma... Sofia» rispose Emma, come se fosse ovvio.
   «Perché ci chiedi se è tornata? Dove mai dovrebbe essere andata?» disse Friedrich. Tutti i Maestri, infatti, si erano trovati d’accordo sul nascondere il più a lungo possibile la sparizione di Sofia.
   «Dov’è andata non lo so, ma di certo non è alla Valle» rispose la ragazzina con sicurezza.
   «Scusa Emma ma... come puoi sapere una cosa del genere?» le domandò Gregory, gettando alle ortiche ogni cautela.
   «Be’... ho percepito la sua Aura, è ovvio. Era troppo lontana perché si trovasse alla Valle» disse confusa.
   Gli otto Maestri la fissarono sconcertati. Nessuno, infatti, riusciva a percepire le Aure che si trovavano al di fuori della Valle; questo perché le barriere protettive che erano state poste intorno a quel luogo funzionavano anche da scudo tra le Aure di chi si trovava all’interno e quelle dei Portatori all’esterno.
   «Sei assolutamente certa che fosse l’Aura di Sofia?» chiese Blaze eccitato.
   Emma lo guardò male. «Che domande fai? Non padroneggerò un Elemento, ma almeno le Aure le so percepire! E poi, conosco troppo bene quella di Sofia».
   In un attimo le furono tutti addosso.
   «La senti anche ora?» le domandò André. Lei fece cenno di no la testa.
   «L’ho sentita un’ora e mezza fa per l’ultima volta».
   «E qual era il suo stato d’animo?» incalzò Gregory.
   «È stato strano» disse Emma, perplessa. «Prima era furiosa, ho avuto l’impressione che tentasse di controllare l’Aura ma non ci riuscisse... poi si è calmata» ricordò la ragazza «ma a quel punto non ha neanche cercato di reprimere l’Aura... era intensa ma molto tranquilla, quasi neutra, se parliamo di emozioni. Almeno, questo è quello che sono riuscita a percepire... c’erano come delle interferenze, sembrava che qualcosa bloccasse sia la mia Aura che la sua e la sentivo a stento. Poi all’improvviso... circa due ore fa... ha espanso l’Aura al massimo. Me lo ricordo bene perché la percepivo perfettamente, come se nulla si frapponesse più tra le nostre Aure».
   «Ha espanso l’Aura? Ma perché?» chiese Gloria a Laurence. Emma la sentì.
   «Non credo potesse fare altrimenti, visto che la stavano attaccando» spiegò.
   Gli altri la guardarono sconvolti, compresi Ailie e Fernando. Emma se li era tirati dietro, mentre cercava Sofia, senza riferire loro i dettagli di quello che aveva percepito.
   «Be’, non fate quelle facce!» esclamò scuotendo la testa. «Lo scontro è andato avanti per una mezz’ora, poi Sofia li ha sopraffatti».
   «Li? Ma quanti erano?» chiese André preoccupato.
   «Oh, solo due. Un Portatore dell’Aria e uno della Terra» rispose con noncuranza la ragazzina. Aveva la massima stima nelle capacità di Sofia e non aveva temuto neanche per un istante, mentre sentiva i tre poteri scontrarsi, che la ragazza potesse essere sconfitta.
   «Dici che Sofia ha vinto lo scontro... e poi la sua Aura è svanita?» disse Costa.
   Emma annuì. «Più o meno. L’ho percepita ancora per un minuto, prima che la reprimesse. L’Aura era sempre intensa – e anche quelle dei suoi aggressori – però non erano più ostili... sembravano felici» rispose, di nuovo confusa.
   «Felici? Tutti e tre?». Come gli altri, Viola sembrava non credere alle sue orecchie.
   Emma annuì di nuovo.
   «Be’, almeno sappiamo che non è morta» disse André a Blaze e Laurence, sottovoce.
   «A questo punto, proprio non abbiamo alternative: possiamo solo aspettare» notò Gregory con una punta di sconforto.
   Non dovettero attendere a lungo. Solo mezz’ora dopo, Nabeela intonò un tremulo canto e si dissolse nel solito sbuffo di fuoco.
   «Avete visto? Nabeela se n’è andata!».
   Tutti si precipitarono alle finestre, seguendo Andrè; i minuti scorrevano lenti, come se un folletto dispettoso avesse stregato le lancette degli orologi, che venivano consultati di continuo tra sbuffi d’impazienza e di preoccupazione. Alla fine...
   «Una fiamma!» gridò Ailie.
   Aveva ragione: a pochi metri da dove si trovavano, una fiamma divampò accecante. Un istante dopo, aggrappate alla coda della bella Fenice, apparvero tre persone.
   «Sofia!». Gridando come un pazzo, Blaze scavalcò la finestra e corse incontro ai nuovi arrivati, seguito da André. Gli altri preferirono passare per la porta.
   Arrivato di fronte a Sofia, il giovane americano la prese tra le braccia e iniziò a girare su se stesso, facendole sventolare i capelli come una bandiera al vento.
   Quando si fermò, i capelli della ragazza erano completamente arruffati.
   «Blaze, accidenti a te... guarda che hai combinato!» si lamentò lei.
   «Pensi troppo ai tuoi capelli» fu la risposta.
   «Ah sì?» chiese Sofia con un ghigno malefico. Un istante dopo saltò addosso al ragazzo e gli affondò le mani nei capelli neri. In meno di cinque secondi, Blaze se li ritrovò tanto scompigliati da far pensare che avesse infilato la testa in un tornado.
   Mentre Blaze si tastava la testa con un’esagerata smorfia di orrore, André abbracciò Sofia.
   «Smetterai mai di sparire così?» le bisbigliò.
   «Certo. Quando saprò che non proverai più a fermarmi» rispose lei sorridendo e notando gli altri avvicinarsi.
   Quando furono tutti arrivati, Sofia si sciolse dall’abbraccio e si preparò a fare le presentazioni. Un’esclamazione sorpresa, però, la anticipò.
   «Claudio?».
   «Gregory!» rispose l’uomo, facendosi avanti e abbracciandolo.
   «Forse qualcuno deve darci delle spiegazioni» disse Laurence a una sconcertata Sofia.
   
 
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